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Autore: Non_ho_idee    28/05/2019    1 recensioni
Questa è una leggera rivisitazione della puntata 4X02 di Sherlock.
Ellie è amica di John e Sherlock e vive con loro al 221B di Baker Street.
Arriverà il momento in cui si formerà un a crepa nel rapporto tra quei due e la ragazza cercherà di riportare tutto a come era prima.
Ce la farà?
Piccolo estratto:
Non so se lo faccio per me o per Sherlock, se gli grido contro perché sono io che ho bisogno di fermare quell'orribile e disturbante risata o se voglio dare tregua al povero uomo davanti a me che non sa più dove posare gli occhi.
"SMETTILA DI RIDERE! SMETTILA SUBITO!" Urlo a quel ratto schifoso che sta facendo impazzire il nostro detective.
John mi guarda stupito ed io vorrei urlare anche contro di lui, è colpa sua se Sherlock si è ridotto in questo stato, ma mi trattengo, ora devo occuparmi del detective, aiutarlo a calmarsi ma come?
Buona lettura e buona immedesimazione.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Culverton Smith, John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Mi dispiace signor Holmes, io non mi sono mai neppure avvicinata al suo appartamento".

Due semplici frasi fanno scattare tutto.

Io e John ci guardiamo mentre quel killer psicopatico ride di Sherlock e di una sua evidente difficoltà.

Lo vedo prendersi le tempie tra le dita e fare scatti con le mani e col corpo. Questi gesti mi fanno capire che sta entrando ed uscendo continuamente dal suo palazzo mentale.
Ha bisogno di aiuto ed io non so cosa fare.

Il suono della risata è strano, gracchia e stride contro le mie orecchie. Mi infastidisce e non riesco a pensare. Mi perfora il cervello trovando alloggio nel cuore della mia concentrazione.

Non so se lo faccio per me o per Sherlock, se gli grido contro perché sono io che ho bisogno di fermare quell'orribile e disturbante risata o se voglio dare tregua al povero uomo davanti a me che non sa più dove posare gli occhi.
"SMETTILA DI RIDERE! SMETTILA SUBITO!" Urlo a quel ratto schifoso che sta facendo impazzire il nostro detective.
John mi guarda stupito ed io vorrei urlare anche contro di lui, è colpa sua se Sherlock si è ridotto in questo stato, ma mi trattengo, ora devo occuparmi del detective, aiutarlo a calmarsi ma come?

Tento di avvicinarmi ma lui si passa le mani tra i capelli, umidi di sudore, e poi le riporta alle tempie, a quel punto inizia ad inveire contro Culverton, accusandolo di avere un bisturi nascosto dietro la schiena ma, più tutta questa situazione va avanti, più mi rendo conto che sta diventando ingestibile, quel piccolo ratto deforme non ha nessun bisturi e vederlo nelle mani di Sherlock mi paralizza.
Mi spiazza perché so cosa sta per succedere e non voglio che gli altri lo vedano come un drogato con paranoia delirante rivolta ad un personaggio pubblico', come tanto gentilmente l'ha apostrofato il serial killer in questa stanza, ma non so come fare per far credere il contrario.

Gli eventi continuano a precipitare, uno dietro l'altro, ogni gesto, porta ad altri fraintendimenti, altro caos, altra confusione, paura, troppe emozioni negative tutte insieme.

"Sherlock ti prego, mettilo giù" provo a dire con voce calma e bassa, per nasconderlo agli altri o per far credere che non stia succedendo nulla, che sia tutto sotto controllo. Un sussurro che non doveva essere sentito.

Intorno a me, nel frattempo, sono esplose voci e sospiri di stupore e paura.

Maledizione!

"Sherlock, cosa devo fare? Dimmi cosa devo fare?" Lo chiedo perché in realtà non so più a cosa credere, sembra impazzito ma Sherlock non impazzisce mai, ha sempre un piano da seguire; lui non perde il controllo così, lui sa sempre cosa sta succedendo perché deduce sempre tutto, perché è sempre stato chissà quanti passi avanti a tutti, non può essere semplicemente sconvolto e disturbato dalla situazione, quindi io mi affido a lui ed aspetto che mi dica cosa fare, che mi dica qual è il prossimo passo, ma probabilmente sto sbagliando, forse sto confondendo, sto fraintendendo, sto ponendo troppa fiducia in un genio, certo, ma pur sempre in stato delirante per la morfina, cocaina o chissà quale altra strana sostanza.

O forse non mi ha sentito.

"LA SMETTA DI RIDERE DI ME! LA SMETTA!"

"Non sto ridendo".

"Non sta ridendo Sherlock".

John è preoccupato ma la sua rabbia ricopre, come un lezuolo troppo spesso, ogni altro sentimento e carica il nome di Sherlock con così tanto odio che quasi ferisce anche me.

Forse è stato questo a farlo scattare ma il giovane Holmes mi appoggia una mano sul braccio e spinge con forza di lato nel tentativo di raggiungere l'uomo che ora è leggermente più lontano. Per poco non cado, inciampando sui miei stessi piedi, ma la mano di Sherlock è stata stranamente precisa e salda, fosse stato, anche di poco, più violento, probabilmente sarei caduta veramente.

La mia mente non fa davvero in tempo ad elaborare questi dati perché l'attacco di Sherlock viene fermato da John che lo disarma e lo sbatte contro le porte di metallo dietro cui dormono corpi ormai freddi da tempo.

"John! Che fai? Fermati!" Lo urlo ma neanche lui mi ascolta più.

Vedo gli eventi continuare ad andare a rotoli e non riesco a riprenderli, non riesco a riposizionare tutto nel giusto ordine, non riesco a riportare raziocinio in nessuno di loro.

"Basta ora. Smettila subito!" Sono le parole urlate tra i denti del medico militare ed il rumore di Sherlock che sbatte su quelle strane ante mi disturba.

"Cosa stai facendo?! Svegliati!" Continua ad urlare ed improvvisamente uno schiaffo colpisce gli zigomi particolarmente sporgenti del detective e, la sua pelle tirata, il suo volto emaciato e dal colorito stranamente olivastro e pallido allo stesso tempo, si arrossa, poi un pugno ed il suo corpo cade pesante a terra.

"Cos'è? Un gioco per te?"

Troppa confusione e mi ritrovo a comprendere la mente geniale del detective offuscata o amplificata, come dice lui, dalle droghe, disturbata dai rumori e dai dettagli che si affollano. Non riesco a pensare e mi sento una bambina in balia degli eventi.

Poi un calcio ben assestato e Sherlock inizia a sputare sangue, a quel punto mi risveglio dallo stato di trance e mi butto sull'uomo che ormai non riconosco più.

"John smettila! Gli stai facendo male".
Lo afferro per le braccia e continuo a sentirmi piccola, la mia voce e le mie stesse parole suonano infantili. Lo sa anche lui che gli sta facendo male e probabilmente era questo lo scopo ma la mia mente non è riuscita a partorire null'altro.
Cerco di tirarlo indietro, mettere più distanza possibile tra i due ma niente, non riesco a fermarlo, i calci continuano a colpire il corpo già provato di Sherlock.

Culverton osserva la scena estasiato, godendo nel vedere questa sofferenza, la figlia invece si muove a disagio, sta pensando a cosa dovrebbe fare mentre tenta di non guardare.

Devo fare qualcosa.

Non so come sia successo di preciso fatto sta che mi ritrovo con i polmoni svuotati da qualsiasi molecola d'aria e un dolore lancinante che si propaga dallo stomaco a tutto il corpo mentre i cervello non sa più come coordinare ogni cosa.

Sento delle voci, quella di John ma anche di persone che non riconosco.

"Santo cielo stai bene?" La domanda del medico militare è piegata dalla preoccupazione per me e dalla fatica per lo sfogo ma io ancora non riesco a metterlo a fuoco, i margini del mio campo visivo sono sfogati ed anche la parte centrale fa fatica a concentrarsi su qualcosa ma riesco comunque a notare due uomini tirarlo in dietro, lontano da noi.

Dietro di me Sherlock è agonizzante e non so come faccia ad essere ancora vivo dopo tutti i calci che ha sopportato.

L'unico da cui sono riuscita a difenderlo mi sta procurando qualcosa che non riesco neanche a chiamare dolore perché non sento nulla. Sento la mia gabbia toracica schiacciata, le mie braccia strette intorno allo stomaco come a volerlo tenere fermo, come se potesse rovinare al suolo da un momento all'altro, la testa gira ma non sento nulla, come se fossi sospesa nel vuoto.

Dopo poco arriva il dolore ma questo mi permette di riassumere il controllo della mia mente e del mio corpo.
Inizio infatti a notare come il mondo sia sia inalzato, mi sembra di vedere tutto dal basso all'alto, forse sono davvero tornata bambina.
A smentire questa mia ipotesi arriva il freddo sotto di me, lo sento passare attraverso la stoffa dei pantaloni, sono seduta per terra e, sotto le mani, ora poggiate a terra, il pavimento è freddo e duro.

"Mi dispiace Ellie" sussurra sconvolto, sa il dolore che può causare un calcio di una potenza simile e la sua rabbia probabilmente non gli ha fatto percepire quanta forza ci stesse mettendo realmente, si sente in colpa, i suoi occhi trasmettono tutto ma io riesco solo a guardalo in cagnesco, non certo per il calcio però.

"Per favore! per favore niente violenza. La ringrazio signor Watson ma credo che non sia più un pericolo. Lo lasci stare." Ci guarda entrambi e la sua voce imita perfettamente quella di qualcuno profondamente dispiaciuto, mortificato per l'accaduto e la sua finta compassione mi logora il raziocinio. Questo verme è intervenuto all'ultimo momento così che potesse godersi lo spettacolo il più a lungo possibile.

Mi fa schifo.

"Allontanati." Ringhio tra i denti non sopportandone la vicinanza.
La mia schiena è ancora premuta sul fianco di Sherlock, per questo lo sento muoversi, tentare di alzarsi ed allo stesso tempo liberarsi dalla morza creata dal mio corpo contro il suo, a sua volta premuto contro la parete.

Mi volto verso di lui e, per la prima volta, dopo tutto questo casino, riesco a vederne davvero il volto, con gli occhi stanchi e distrutti, rossi per le lacrime e per il dolore, non solo fisico, con del sangue che cola dalle sue labbra, che va a macchiare un pavimento che dovrebbe essere asettico.

"No..." le sue labbra si muovono lentamente e tutti attendiamo che continui.

Le mie orecchie contemplano e venerano questo silenzio come un dono dopo il caos nella mia mente, e in quella di Sherlock.

"Va bene così. Faccia quello che vuole, ne ha tutto il diritto..." è completamente rassegnato; io mi sono presa un calcio per lui e l'unica cosa che gli viene in mente di dire è 'lasciatelo fare'? Per lui il mio sacrificio è stato di troppo? Non ha avuto valore?

La rabbia torna ad offuscami la vista mentre Sherlock sposta il suo sguardo dal pavimento al suo migliore amico.

"Ho ucciso sua moglie." Continua a guardalo, nei suoi occhi color ghiaccio vedo tristezza e speranza, riesco a vedere il suo desiderio di essere smentito dallo stesso uomo che per anni ha tentato di sorprendere con le sue deduzioni e che gongolava quando l'altro era costretto a dargli ragione. Ora non vuole più quella ragione, vuole che gli dica il contrario, vuole che si impunti e che gli urli contro che questa volta ha torto marcio ma, come sempre, la risposta di John non tarda ad arrivare e le speranze del detective crollano, anche queste, una dietro l'altra: "Sì. È vero."

A quel punto, distrutto definitivamente, nel corpo e nel cuore, torna ad abbassare lo sguardo, sconfitto e vuoto.

Io, invece, non riesco a fare a meno di urlare. Urlare senza un senso per poi tramutare quelle grida di frustrazione in parole. "Come puoi dirlo?" Mi alzo anche se faticosamente. Tengo una mano sulla pancia ma delicatamente perché il solo sfiorarla mi manda scosse di dolore.
Fisso quegli occhi celesti ormai tendenti al grigio, così distanti, così rabbiosi ma assenti.
"Dopo tutti questi anni..." non può ridursi tutto a questo giusto? "Tu sai che Mary ha scelto volontariamente di fare ciò che ha fatto! Non è stata colpa di Sherlock." resto un attimo in silenzio, convinta di aver terminato, ma, dopo pochi istanti, un'ultima frase passa direttamente dal cuore alle le corde vocali: "Maledizione John lo hai chiesto tu il suo caso!" Vedo gli occhi dell'uomo farsi confusi ma poi ricorda ed io con lui; neanche ho pensato a dell'evento di mesi prima in cui John aveva appena scoperto che la sua neo moglie era un sicario e voleva costringerla a comportarsi come un cliente, mi è tornato alla mente subito dopo aver pronunciato quella frase ma non ho tempo di chiedermi come ha potuto il mio cervello anticiparmi così.

Sono tutti senza parole ed io non riesco a fermare il fiume delle mie.

"Maledetto! Guarda come la tua rabbia ingiustificata l'ha ridotto! Abbiamo avuto tutti rispetto per il tuo dolore, per la tua perdita, ma tu non lo stai avendo di lui.
Potevi non seguirlo questa mattina, invece l'hai fatto! È stata una tua scelta quindi non ti azzardare mai più a trattarlo così o ad incolparlo per cose che non dipendono da lui."

Ogni parola è stata scandita e so che sono arrivate alle orecchie del destinatario, lo vedo dalla sua espressione sconvolta.

Sherlock ha sbagliato, non avrebbe dovuto ridursi in quello stato, non avrebbe dovuto fare uso di droghe, soprattutto non in dosi così massicce ma John non avrà mai il diritto di fare quello che ha fatto.

"E tu, brutto patetico bastardo che non sei altro, come hai osato presentarti in queste condizioni?" Torno a puntare gli occhi su di lui e, anche se non me lo aspettavo, il diretto interessato solleva i suoi, questo mi da solo maggiore forza per urlare la mia rabbia.
"Venire qui in questo stato? E noi idioti che ti siamo venuti dietro! Non mi importa quale sia il tuo piano, funzionerà, sicuramente, ma non ti azzardare a ridurti mai più così! Trovane un altro la prossima volta! Stronzo!" E come con John anche le parole per Sherlock sono urlate. Io e Molly abbiamo passato settimane a fare da yo-yo tra questi due, lanciate da una mano e ritirate in dietro senza darci la possibilità di dire la nostra e vederli così mi ha distrutto e fatto esplodere, ha eroso anche l'ultima riserva di pazienza che avevo. La scena a cui ho appena assistito e il calcio ricevuto l'hanno alimentata e liberata.

E niente, è arrivata la polizia il secondo dopo in cui avevo smesso di sfogarmi, proprio mentre Sherlock cadeva svenuto ed ora, davanti a me, c'è Lestrade che mi osserva.

Tengo le braccia incrociate sul petto in attesa che dica qualcosa mentre quello stupido registratore continua a fare un rumore fastidioso.

Mi prendo questi pochi secondi di silenzio per riportare sotto controllo le miei emozioni, come ho visto fare per molti anni a Sherlock.
Prima di adesso non ho avuto la voglia e soprattutto le condizioni per riprendermi dalla sfuriata di, ormai, più di un'ora fa.

Passa altro tempo e l'uomo dai capelli grigio topo non dice niente così riprendo io la parola.
"Forza Greg! Quando mai ha sbagliato? Ci dev'essere qualcosa sotto" vedo la sua convinzione dovuta all'interrogatorio con Watson traballare così, prendendo atto del mio potenziale vantaggio, continuo: "inoltre... c'era qualcuno nel suo appartamento, qualcuno che l'ha ingannato".

"Può essere stata colpa della droga, gli avrà fatto vedere cose che non c'erano".

"E tu ci credi veramente?"

"È l'opzione più plausibile".

"È l'opzione sbagliata".

Non ribatte, spegne il registratore, un uomo entra e mi mostra un video di Culverton che ringrazia John per il suo tempestivo intervento, "mi ha salvato la vita". Ma per piacere...

Vorrei strappare lo schermo al computer e buttarlo per terra. Irrigidisco il corpo così da non permettere a nessun muscolo di muoversi senza il mio permesso.

Un particolare mi coglie: 'porterà Sherlock nella sua stanza preferita'. Questa cosa non mi piace ma scelgo di non dire niente.

"L'avete fatto vedere anche a John?"

"Sì".

"Bene". Mi convinco che anche lui deve averlo notato.

"Puoi andare". Si alza, e io con lui. Mi apre la porta, lo supero ma mi fermo, lo guardo negli occhi e prima di riprendere a camminare gli faccio una domanda che lo lascia di sasso ma era ciò che mi aspettavo, era quello che volevo... "Quando avete smesso di credere in Sherlock?"

Il livido sulla mia pancia impiegò intere settimane a guarire ma in quel lasso di tempo Sherlock aveva già salvato John e viceversa. Quest'ultimo non so quante scuse mi porse, quante attenzioni mi riservò e non so per quanto tempo andò avanti il suo tentativo di farsi perdonare da me.
Lo stesso, a modo suo, fece Sherlock, impacciatamente mi abbracciò, o fui io a fare il primo passo? Non ricordo. Fatto sta che mi ringraziò per avergli evitato quell'ultimo calcio.
Io però non sono mai stata arrabbiata, non ho mai dovuto tenere il broncio, a nessuno dei due, non ho mai neanche dovuto perdonarli per qualcosa perché oggettivamente a me non avevano fatto quasi niente, la mia era solo preoccupazione per quei due scemi che riescono sempre ad incasinarsi, come se mancasse un pezzo del puzzle e, finché anche questo non verrà trovato e posizionato, non potranno mai capirsi realmente.

Quindi io, nel frattempo, resto qui, al 221b di Baker Street, gli do una mano a trovare quel tassello mentre mi scuso e mi vergogno per la botta di isteria avuta quel giorno e godendomi un po' loro che fanno altrettanto per il loro comportamento.





 

Spazio autrice:

Allora... Mi rendo conto di aver toccato un duo intoccabile, aggiungere così un terzo individuo è stato blasfemo da parte mia ma cosa vogliamo farci? Volete linciarmi? Fate pure.
Ma per calmare gli animi diciamo che quella di Ellie potrebbe essere la reazione di qualsiasi fan alla quinta stagione e che, volendo, ognuno di voi può immedesimarsi.

Per il resto adieu.😘

   
 
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