Prologo
-
-
Il
prof di Storia è in ritardo.
Aspetto
senza guardarmi intorno. Come se non facessi parte di questa scuola.
Come se
non avessi diciotto anni. Non mi interessa ascoltare le chiacchiere
degli
altri. La partita di lacrosse, la festa di tizio, la nuova coppia della
settimana. Non mi importa. Io non ho amici. Voglio andare
all’università e per
farlo devo subirmi il liceo. Ma non devo socializzare per forza.
Basta
andare bene a scuola e io so di essere la migliore, qui.
Quando
entra il prof, si siede in cattedra e mi sorride. Per forza, ho il
posto
davanti a lui. Scelgo sempre il posto davanti. Per non farmi distrarre
e
prestare la giusta attenzione alla lezione. Quando suona penso di
essere
l’unica a lanciare al prof un cenno di saluto, tutti gli
altri scappano fuori
come se avessero il diavolo alle calcagna.
Esco
dalla classe per ultima e vado verso l’armadietto per
prendere i libri della
lezione di Inglese.
Nel
corridoio quasi mi scontro con un ragazzo. Dev’essere nuovo,
non l’ho mai
visto. Gli lancio un’occhiata mentre mi allontano. Ma lui non
si muove: mi
guarda e mi sorride.
Sorride
a me? Mi volto indietro, deve aver visto qualcun altro. No, non
c’è nessuno.
Possibile che sorrida proprio a me? Mi
rivolto e lui è ancora lì che mi fissa. Ora quasi
mi preoccupo.
Raggiungo
il mio armadietto un po’ stranita, ma quando prendo i libri
per la lezione, non
ci penso più. Fino a quando non chiudo
l’armadietto e lo vedo accanto a me.
Ma
che intenzioni… Lui si avvicina con il viso e mi sorride
ancora. Cavolo, ha dei
begli occhi. E io non noto mai l’aspetto degli altri.
“Sei
stata scelta, ne hai dieci.”
Mi
allunga un biglietto e se ne va. Che cavolo ha detto? Chi mi ha scelto?
E dieci
cosa? Apro il bigliettino che mi ha dato e sbuffo.
-
Deve
essere uno scherzo idiota. Però è strano, di
solito nessuno osa farmi scherzi.
Non che si prendano mai la briga di farlo. Di solito passo inosservata.
Come se
fossi invisibile. E a me sta bene così. Neanch’io
guardo gli altri, sono una
che si fa gli affari suoi.
La
campanella suona e infilo il biglietto nella tasca dei jeans. Chiudo
l’armadietto e mi precipito in classe. Per colpa di quel
ragazzo e del suo
maledetto biglietto ho perso tempo.
Vorrei
riuscire a sedermi al posto
davanti alla cattedra. Al mio posto
preferito. Quando entro noto che tutti sono seduti, ma il mio posto
è libero.
Che fortuna. O forse a nessuno piace stare lì.
Mi
siedo e aspetto la professoressa di Inglese. Quando entra, ci saluta un
po’
esaltata e ci comunica che vuole fare un compito a coppie. Dannazione.
Odio
lavorare con altri. Mi guardo intorno. Chi potrei scegliere? Con chi
potrei
fare questo compito? Ma la prof ci sorprende ancora e ci dice che non
potremo
scegliere noi il nostro compagno.
Sbuffo
e digrigno i denti senza accorgermene. Così è
peggio. Dovrei scegliere io con
chi passare il mio tempo. Il mio prezioso tempo.
E
poi, vorrei non incappare in un idiota.
O forse sì? Farei tutto io e sicuramente prenderemmo una A.
Sono ancora lì che
ci penso, mentre la prof ci spiega cosa dobbiamo fare e infila la mano
in un
vaso per sorteggiare i nomi delle coppie.
Sento
gridolini estasiati da alcune ragazze. Mi guardo di nuovo intorno
cercando di
capire perché sghignazzino come oche. La Allen, che
è una Cheerleders con più
seno che cervello sta guardando di traverso Tim Marshall, il nerd che
l’anno
scorso faceva chimica con me. Lui è abbastanza intelligente
da riuscire a far
il progetto da solo, ma ha il vizio di non alzare mai lo sguardo quando
ti
parla, così sono contenta che non sia capitato con me. Tanto
con la Allen avrà
da guardare per un bel po’.
Quando
la prof fa il mio nome, torno a guardarla cercando di non farmi
distrarre dalle
ragazze dietro di me e resto in attesa di sentire chi sarà
il mio compagno.
Mandy Anderson. Sono con Mandy. Quasi sorrido. Non è un
genio, ma neanche
un’idiota. Sono stata fortunata. Le faccio un cenno e lei
sorride. Molto
fortunata.
***
Quando
arrivo in mensa, cerco i soldi per pagare il pranzo e salta fuori il
biglietto.
È appallottolato. Strano, di solito tratto bene le mie cose.
Ripenso
al tipo incontrato in corridoio e mi attardo alla cassa. Dietro di me
qualcuno
mi urla di sbrigarmi, così cerco di far presto. Pago e
afferro il vassoio con
ancora in mano il pezzo di carta.
Mi
siedo al primo tavolo libero che incontro e lo sbircio. Il biglietto
sembra
diverso. Lo apro e lo guardo. È diverso da prima!
-
#1 Posto
preferito
#2 Scelta
compagno
Cosa?
Leggo esterrefatta. Sembra… quello che ho desiderato
all’ora di Inglese.
Impossibile.
Mi guardo intorno, pensando a uno scherzo. Il tipo nuovo mi sorride e
mi fa un
cenno con il capo. Solo lui. Non mi calcola nessun altro. Ma non
può essere
vero. Queste cose non esistono. È stato un caso.
Credo
nella scienza. Queste cose non esistono, mi ridico ancora. Ma sono
curiosa. Ed
è nella mia natura, devo provarci, devo provare, devo
testare. Cosa
succederebbe se volessi che… Dannazione! Megan,
mi dico, pensa a qualcosa di impossibile
e saprai come stanno le cose! È semplice.
Ok… vediamo… Mi guardo intorno e
vedo i vari gruppi di studenti. Poi vedo la squadra di lacrosse al
completo in
fila alla cassa. Sorrido. Ecco il modo migliore per testare
il biglietto.
Vorrei
che Cooper, il popolarissimo capitano
di lacrosse, si prostri ai miei piedi.
Mi
giro e ghigno all’indirizzo del ragazzo nuovo, come se fosse
una gara e fossi
certa di vincere. Ma certo che vincerò. Non
succederà mai.
Poi,
Trevor Cooper inciampa davanti al mio tavolo e lo ritrovo
sdraiato… ai miei
piedi. Spalanco gli occhi prima di rendermene conto. Non lo aiuto
neanche ad
alzarsi da tanto sono stranita. Butto un occhio al biglietto che ho
ancora in
mano.
Non
leggo altro. Ne faccio una palla, lo metto in tasca e mi fiondo fuori
dalla
mensa. Non ho neanche mangiato ma tanto non sarei riuscita a mandar
giù niente.
Entro
nel primo bagno che incontro e sulla porta mi scontro con una ragazza
del terzo
anno che mi guarda malissimo. Me ne frego e mi dirigo verso i
lavandini. Mi
assicuro di essere da sola e poi rido come una scema.
Mi
guardo allo specchio e sono così gasata da non riuscire a
stare ferma. Respira, Megan, respira.
Dopo
almeno dieci minuti in cui non riesco a fare nient’altro che
passarmi le mani
fra i capelli e aprire e chiudere l’acqua senza scopo, riesco
a calmarmi.
Potrei provarci… Guardo il biglietto. C’è il sette. Quel sette che prima era un otto e prima ancora un dieci. Non me lo sto inventando, giusto? Alzo i biglietto controluce e c’è solo il sette. Ok. Allora ne ho ancora sette. Cos’altro potrei desiderare? Sorrido allo specchio convinta: Harvard!
-
-
-