Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: XShade_Shinra    25/06/2019    2 recensioni
Elizabeth incrociò le braccia al petto. «Scommetto che non hai ancora capito chi ti ha mandato quella lettera», disse, mettendo su un tenero broncio.
Il fratello annuì, prendendo un altro biscotto dalla tavola imbandita.
«E lo sai perché, vero?», incalzò lei, rispondendosi da sola: «Perché hai chiesto a tutti tranne che a
lui».
[ Hogwarts!AU – Edward/Snake ]
[ Fanfiction classificata 1° al Contest "Ti odio tanto che potrei morirne" indetto da Setsy sul Forum di EFP ]
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Edward Midford, Elizabeth Middleford, Snake
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Shall we Dance?
Elizabeth incrociò le braccia al petto. «Scommetto che non hai ancora capito chi ti ha mandato quella lettera», disse, mettendo su un tenero broncio.
Il fratello annuì, prendendo un altro biscotto dalla tavola imbandita.
«E lo sai perché, vero?», incalzò lei, rispondendosi da sola: «Perché hai chiesto a tutti tranne che a
lui».
[Hogwarts!AU – Edward/Snake]
Fanfiction classificata 1° al Contest "Ti odio tanto che potrei morirne" indetto da Setsy sul Forum di EFP

 
Titolo: Shall we Dance? 
Autore: XShade-Shinra
Fandom: Kuroshitsuji / Black Butler
Personaggi: Edward Midford, Snake (Slytherin), Elizabeth Midford, Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Pairing: Edward x Snake (Edwake)
Genere: Commedia, Sentimentale, Fluff
Rating: Giallo
Avvisi: Hogwarts!AU, E se..., H/C, Shounen-ai, Crack pairing
Capitoli: Oneshot
Wordcount: 4133 parole
Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
Note: Buonasera a tutti. Ebbene, che ci crediate o no, Edward e Snake sono la mia OTP, il mio faro nel mare di lacrime che Kuroshitsuji ci regala, volenti o nolenti.
Mi sono sempre piaciuti tantissimo fin dalla prima volta in cui si sono incontrati: li trovo molto affini dal punto di vista caratteriale, inoltre li adoro a livello grafico (Edward è sempre perfettino, mentre Snake ha un corpo “imperfetto”). Ma ci sarebbero altre decine di motivi sul perché li amo!
Per questo contest ho scritto sull’AU che più amo per loro due: Harry Potter. A mio parere, tutti i personaggi di Kuroshitsuji sono perfetti per essere trasportati nell’universo della Rowling – io e Gala, la mia collega di RRS, abbiamo scritto insieme una storia da almeno 80’000 parole ambientata in una Hogwarts!AU (del tutto scollegata da questa mia One Shot) –, e dopo la saga di Weston College non ho più avuto dubbi in proposito.
– Per chi non segue il manga, nessun timore: non ci sono spoiler sui PG (sono solo nominati due personaggi della saga della strega verde), e non ci sono rivelazioni sui personaggi che vadano oltre il film “Book of the Atlantic ”.
– Oltre alla coppia da me prediletta, troverete dei riferimenti alla relazione canon Ciel/Lizzie che faranno da contorno alla storia (avviso, sapendo che purtroppo Lizzie non è un PG molto amato… sob…). 
– Ho tenuto i nomi originali delle casate di Hogwarts (Gryffindor, Hufflepuff, Ravenclaw e Slytherin) perché “Serpeverde” sarebbe stato cacofonico in questo contesto, avendolo usato come cognome per Snake. Tutti gli altri termini inerenti alla saga di Harry Potter sono rimasti con la traduzione italiana con la quale siamo abituati.
– Sono consapevole del fatto che durante l’epoca vittoriana il Torneo Tremaghi era già stato cancellato da tempo, appunto per questo mi sono permessa di aggiungere nelle note l’avviso “E se…”, proprio in riferimento a “E se il Torneo Tremaghi fosse stato riproposto prima dell’edizione del 1994?”.
– Come noterete dal testo, nonostante il periodo storico, non ci sono riferimenti all’omofobia. Per questa scelta mi sono rifatta ad alcuni tweet/interviste rilasciati dalla Rowling (che mi sono andata a cercare e di cui ne confermo l’esistenza), nei quali afferma che Hogwarts è un posto sicuro per le persone LGBT e che tra maghi non ci sono discriminazioni date dalla sessualità (è più il sangue, per esempio, a discriminare). Vi lascio il link alla wiki.
– L’illustrazione che trovate in apertura è stata commissionata ad amerutan, che quando si tratta di Fluff e “roba vittoriana”  è una garanzia! *^*
Detto ciò, troverete qualche altra nota a fine storia.
Buona lettura! ^^


 
Shall we Dance?





La domenica del ventuno dicembre, Elizabeth Ethel Cordelia Midford aprì gli occhi ancor prima di sentire il dolce suono della sveglia. Amava l’inverno – era la stagione che le permetteva di sfoggiare i suoi maglioncini più carini e di rispolverare quel cappotto di lana color confetto che tanto amava –, e voleva festeggiarne il solstizio a Hogsmeade con il fidanzato, a passeggiare tenendosi a braccetto per le romantiche strade innevate.

Si alzò, accorta nel non far rumore, e posò magicamente i propri dolcevita sul letto per scegliere quello che meglio si abbinava alla sciarpa Gryffindor, quando un origami a forma di farfalla si intrufolò nel dormitorio delle ragazze, passando da sotto la porta, e volò poi fino a lei, adagiandosi su un maglione bianco.

Gli occhi verdi della ragazza si innalzarono al cielo, come il suo profondo sospiro.

Sapeva a chi apparteneva quella missiva e da ormai una settimana ringraziava dal più profondo del cuore i fondatori di Hogwarts per aver fatto in modo che i maschi non potessero accedere al dormitorio delle ragazze. Anche se, a quanto pareva, il tedioso fratello diventava molto creativo, pur di riuscire a contattarla.

Lizzie spiegò l’origami con un colpo di bacchetta, leggendone le poche parole: “Ho passato la notte in bianco, vieni a fare colazione?”.

Sospirò di nuovo e, mossa a compassione, decise di scegliere proprio quel capo di abbigliamento chiaro per scendere giù alla Sala Grande da Edward. Era stanca di quella storia, ma più che insistere sull’ovvio per cercare di aprirgli gli occhi non poteva fare.


*


Appena Elizabeth arrivò al luogo d’incontro e prese posto a sedere accanto al fratello maggiore, il quale fissava il muro della stanza tenendo a mezz’aria metà di un biscotto – mentre l’altra parte giaceva ormai affogata nel tè –, capì che il ragazzo non poteva continuare così o lei sarebbe diventata figlia unica entro Natale.

«Edward...». Nonostante l’avesse chiamato piano, lui sobbalzò, facendo volare via la parte di dolcetto che teneva tra le dita.

Si girò verso la sorellina, salutandola a mezza voce. «Ciao, Lizzie».

Elizabeth incrociò le braccia al petto. «Scommetto che non hai ancora capito chi ti ha mandato quella lettera», disse, mettendo su un tenero broncio.

Il fratello annuì, prendendo un altro biscotto dalla tavola imbandita.

«E lo sai perché, vero?», incalzò lei, rispondendosi da sola: «Perché hai chiesto a tutti tranne che a lui».

Edward sussultò, rompendo il povero biscotto – forse era destino che non ne dovesse mangiare quel giorno. Si guardò attorno, facendo particolare attenzione alle persone sedute al tavolo verde-argento opposto al loro. «Ti ho detto che non è lui», sibilò a bassa voce, non volendo che qualche Slytherin dall’orecchio oblungo intercettasse i loro discorsi.

«Certo», annuì sarcastica lei, con le braccia conserte e gli occhi a mezz’asta.

«Ne abbiamo già parlato: non è lui, ti dico».

«Non glielo hai chiesto, come puoi esserne sicu—».

«Lo so e basta!», esclamò, non riuscendo a tenere a bada la propria tempra focosa.

La sorellina si limitò a scuotere il capo, facendo ciondolare le sue vaporose codine bionde a tortiglione. «Come vuoi, Edward», disse stremata. «Ti ripeto che a me non dispiacerebbe come cognato: mi sta simpatico e ha ritrovato il mio puffskein». Ormai era da una settimana che stava combattendo contro di lui, non sperava certo di risolverla in una discussione spiccia dopo una sua notte insonne.

Proprio in quel momento, l’attenzione dei fratelli Midford fu catturata da uno scalpiccio poco distante. «Allora, hai scoperto chi è il tuo spasimante, cugino?». Ciel Phantomhive – delfino della famiglia Phantomhive e Campione di Hogwarts di quel Torneo Tremaghi – sembrava ancora più basso accanto a Sebastian Michaelis, nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure per quell’anno accademico.

Edward guardò il parente con aria di sfida. L’odio atavico che provava nei suoi confronti, per essere il futuro sposo della sorella, era stato additivato con il cianuro da quando il Calice di Fuoco aveva estratto il suo nome, mentre il proprio si era consumato in quelle fiamme magiche: la prestigiosa possibilità di partecipare al Torneo gli era stata rubata da un ragazzetto di terza!

Trattenendosi con tutto se stesso per non lanciargli una fattura pungente, Edward sospirò: «Sono arrivato alla conclusione che si tratti di uno scherzo di qualche buontempone», disse con un’alzata di spalle.

Lizzie si sollevò, avvicinandosi a Ciel per guardargli il viso. «Ti vedo sciupato...», disse preoccupata.

«Ho passato l’intera notte nell’ufficio del professor Michaelis per studiare, in vista delle prove del Torneo. Inoltre, sembra che la Campionessa di Durmstrang, Sieglinde Sullivan, abbia un debole per me: sarebbe auspicabile averla come alleata, piuttosto che come entità ostile».

«Quindi…?», domandò Lizzie, assottigliando lo sguardo.

«Mi farebbe piacere che voi due facciate amicizia, oggi a Hogsmeade», rispose Ciel, prendendo in contropiede la fidanzata, che non si aspettava di certo una risposta del genere.

Tutta l’ostilità di Lizzie si dissolse in una bolla di sapone. «Certo! Se posso aiutarti, conta pure su di me!», trillò allegra.

Sebastian sorrise con fare compiaciuto. «La signorina Sullivan parla inglese in maniera fluida, ma verrò con voi, nel caso serva un interprete», spiegò, guardando poi Edward. «Signor Midford, perché non si unisce a noi? Magari può invitare anche il signor Slytherin».

Gli occhi di Edward si sbarrarono a quella domanda. «Pe-perché dovrei invitare Snake!?», chiese sulla difensiva, rosso in volto. Bastò uno sguardo al cugino, che sghignazzava sotto i baffi, per capire tutto. «Oh, Ciel! Perché lo hai detto a un professore!?», chiese ad alta voce, alzandosi in piedi.

Sebastian fece un passo in avanti, come a mettersi a protezione dell’alunno Ravenclaw, senza però arrivare a sfoderare la bacchetta. «Il signor Phantomhive mi ha domandato solo se, in quanto Capo della Casa Slytherin, io avessi intravisto qualche movimento sospetto, la mattina che le è stata recapitata la missiva, ma non ho notato nulla, a parte i suoi occhi e quelli del signor Slytherin che continuano a cercarsi in maniera quasi nauseante, durante le mie lezioni», spiegò.

Edward quasi ringhiò. Perché tutti lo prendevano in giro e nessuno lo aiutava!?

«Sentite, non so perché insistiate tanto, ma non può essere Snake, ok? È il discendente diretto di Salazar Slytherin!».

«Non la seguo, signor Midford», disse sincero Sebastian, portandosi una mano al mento appuntito. «Mi risulta che lei sia comunque un purosangue, è un tratto apprezzato dagli Slytherin».

Ciel si intromise: «Non che a Snake importi. È molto amico anche con degli studenti Nati-Babbani, quelli del gruppo dell’orfanotrofio».

Edward fece per rispondere, ma Lizzie lo anticipò con aria annoiata: «Le sue sono tutte scuse perché se la mamma sapesse che gli piace uno della Casa Slytherin lo diserederebbe, figuratevi con lo Slytherin per eccellenza...».

«A me non piace Snake!», insistette Edward con un sussurro rabbioso; per tutta risposta i familiari, e persino il professore, lo guardarono male.

«Oh, come no...», sospirò Elizabeth, prendendo poi il fidanzato a braccetto. «Andiamo, Ciel. Lasciamolo qui a crogiolarsi nelle sue bugie».

Sbuffando, Edward si tracannò il tè ormai freddo, lasciando il mezzo biscotto molle appiccicato al fondo della tazza, e raccolse i due libri che aveva preso dalla biblioteca quella mattina per portarli a casa durante le vacanze di Natale. Anche se era un’uscita pubblica, non avrebbe permesso alla sorellina di stare né troppo da sola, né così appiccicata a Ciel: dopo la piccola deviazione, per tornare alla torre Gryffindor a prendere il mantello e posare i libri, li avrebbe raggiunti a Hogsmeade.

Era intento a seguire la sorella per farle le solite raccomandazioni da fratello maggiore con la sindrome d’attaccamento, che giunsero fino al cortile interno alla scuola. Lì, Edward vide una figura a lui nota, vestita con la livrea Slytherin: Snake era seduto su uno dei bassi cornicioni che formavano il chiostro, con la schiena poggiata contro una delle colonnette. Il ragazzo era intento a leggere, mentre tre dei suoi serpenti riposavano su di lui, facendo vibrare ogni tanto la linguetta biforcuta. Per il regolamento di Hogwarts era possibile portare un solo animale da compagnia, ma lui, in quanto erede di Slytherin e rettilofono, aveva avuto un permesso speciale per tenere ben nove serpenti con sé, a patto che non causassero problemi.

L’espressione torva sul volto di Edward si addolcì nel vedere il compagno di studi, e le gote gli si tinsero di un delicato rosa pastello.

Si sentì addosso degli occhi verdi come i propri: Lizzie lo guardava con espressione determinata, come se gli stesse dando coraggio.

Edward annuì, ricordandosi di essere un fiero Gryffindor: non poteva fuggire per sempre.

Nonostante sostenesse l’esatto contrario, Edward aveva una palese cotta per Snake. Durante i primi anni ad Hogwarts, nonostante fosse molto curioso verso di lui, si erano parlati a stento, pur seguendo insieme numerose lezioni, poiché la madre gli aveva inculcato in testa che i peggiori maghi oscuri provenivano da quella Casa. Man mano che cresceva, però, aveva capito che, in verità, aveva eretto una barriera perché aveva paura di quel sentimento che provava verso di lui, che stava mutando in qualcosa capace di fargli smuovere un nugolo di farfalle nello stomaco. Fino a quel sesto anno, dove ogni volta che lo vedeva sentiva le gambe molli e il cuore in gola – tanto che nei primi giorni temette che gli avesse lanciato una fattura.

Edward si avvicinò allo Slytherin, e notò che uno dei suoi serpenti aveva alzato la testa all’orecchio dell’amico, sibilandogli qualcosa.

«Snake?», lo chiamò il Gryffindor.

Vide le mani del compagno di classe stringersi sulla costina del libro, prima che sollevasse con calma gli occhi gialli dalla pupilla verticale su di lui.

«Edward, sei mattiniero, dice Goethe». Un’altra stravaganza dell’erede di Serpeverde, era il suo modo di parlare: sembravano essere i suoi serpenti a esprimersi, usandolo come ventriloquo. Chissà se qualcuno aveva mai parlato per davvero con Snake.

«Sì, potrei dire lo stesso di voi», rispose Edward, affiancandolo.

«Non stiamo dormendo molto bene queste notti, dice Emily». La voce di Snake era cambiata rispetto a quella che aveva utilizzato per il suo primo serpente: questa era più fine, quasi femminile.

«Mi dispiace, siamo in due».

Edward non sapeva che quegli impiccioni dei suoi parenti e del docente si divertivano alle sue spalle, guardando la scena appostati dietro l’angolo di un muro dal quale sporgevano le loro teste impilate come un totem indiano, in ordine di altezza.

Si schiarì la voce, porgendo allo Slytherin un sorriso impacciato. «Senti, c’è una cosa che volevo chiederti a proposito del ballo di Natale...».

Snake in quel momento si dimenticò come si faceva a respirare e il suo ciuffo ribelle scattò, come se fosse dotato di vita propria. «Dimmi pure, dice Oscar». Un altro rettile, una diversa voce.

Sebastian, Elizabeth e Ciel fecero sbucare un po’ di più la testa dal loro nascondiglio quando Edward porse a Snake una piccola pergamena arrotolata. Poiché da una settimana la teneva sempre con sé, i bordi superiori e inferiori erano leggermente sgualciti.

«Il mio gufo mi ha consegnato questa missiva qualche mattina fa». L’assoluta fermezza delle sue parole si rifletteva anche nelle sue mani, abituate a reggere con decisione una spada, che non riportavano il minimo tremore, nonostante il cuore gli battesse così forte nel petto che credeva si potesse sentire dall’esterno.

Snake, per contro, prese la lettera con polsi instabili e la srotolò piano, fissandola con la sua solita espressione incolore.

Scritta con una calligrafia ordinata ad inchiostro nero, c’era quella che in tutto e per tutto era una dichiarazione:


Mi piacerebbe invitarti al Ballo del Ceppo,

ma so che non accetteresti mai di danzare con me

e ho troppa paura di un tuo rifiuto.

Nella speranza che il mio desiderio ti arrivi al cuore,

Anonimo”.


Oscar guardò la lettera e sibilò qualcosa, facendo comparire una ruga tra le fini sopracciglia di Snake.

Edward si schiarì di nuovo la gola con un colpo di tosse. «Ho provato qualche incantesimo per capire chi l’avesse scritta, ma non c’è stato verso. Non è di certo tratta dal pugno di un Gryffindor: sembra di Hufflepuff nella gentilezza, forse anche di un Ravenclaw, ma tutta questa codardia di nascondersi dietro a una lettera anonima per non mettersi in gioco la vedo più da Slytherin», disse lui, guardando il compagno di classe.

Emily fu veloce a prendere tra le fauci la missiva e sfilarla dalla mano di Snake, vedendola tremolare un po’ troppo, poi si sporse verso lo studente rosso-oro, rendendogliela. Nessuno di loro aveva paura di Edward e il ragazzo stesso non aveva mai avuto motivo di temerli. Snake, per quanto Slytherin, era una persona importante per Edward e quei serpenti erano suoi cari amici, quindi si era affezionato anche a loro.

«Sì, sembra di Slytherin…, dice Goethe», confermò Snake, guardando qualunque cosa che non fosse Edward. Il suo disagio era palpabile, ma era sempre stato una persona con difficoltà a essere al centro dell’attenzione, soprattutto per via dei suoi tratti del Naga che gli avevano macchiato la pelle con piccole squame. Si era sempre sentito diverso, non riuscendo pienamente ad accettare di essere così dissimile dagli altri; se non fosse nato in una famiglia di maghi sarebbe di sicuro finito dietro le sbarre di un circo.

«Snake, per caso, tu...».

«Sì!?, chiede Emily». Snake singhiozzò quel verso, con una fine voce da donna, spostando gli occhi ambrati sul Gryffindor, come fecero anche i suoi serpenti.

«… se dovessi venire a sapere chi mi ha mandato quella lettera, me lo faresti sapere? So che tra Slytherin vi coprite, ma vorrei poter parlare faccia a faccia con quella persona».

La delusione sul viso di Snake fu quasi dolorosa da vedere. «Immagino ti abbia importunato riceverla, magari avevi già chiesto a qualcuno di venire al ballo con te, dice Oscar».

Edward scosse il capo. «No, volevo sapere chi fosse il mittente, prima di chiedere a qualcuno. Tu con chi andrai?».

«Con Wilde, dice Emily». La risposta di Snake fu secca, senza ammissione di repliche, e spiazzò Edward, il quale strabuzzò gli occhi più volte.

«Wilde il tuo amico serpente?».

Snake annuì senza aggiungere altro.

«Wow, scelta bizzarra», disse il Gryffindor, rendendosi poi conto solo dopo che quel termine non era per niente carino in riferimento a Snake. Riusciva sempre a dire qualcosa a sproposito che lo faceva sembrare rude con lui. «Cioè, pensavo avessi ricevuto molti inviti, dopotutto sei l’erede di Slytherin!», aggiunse con una piccola risata imbarazzata, andando ad accarezzare la testolina di Oscar.

Snake si strinse nelle spalle. «Nessuno di loro era la persona giusta, così ho deciso di andarci con un amico, dice Emily».

Edward sorrise appena. «Hai fatto bene. Ora accompagno mia sorellina a Hogsmeade, ci vediamo a cena!».

Alla fine, Edward aveva preso la discussione così alla lontana da aver messo Snake sulla difensiva. Elizabeth non pensava davvero che suo fratello avesse dei deficit mentali così debilitanti. Come poteva essere così cieco!? Non capiva che, messo all’angolo in quel modo, Snake non avrebbe mai ammesso di aver scritto la lettera!? Anche Ciel era sconvolto dalla conversazione alla quale aveva assistito e si chiedeva da quale ramo dell’albero genealogico Edward avesse ereditato un cervello così pigro e l’empatia di un sasso… avevano forse un troll in famiglia!?

«Devo dirglielo?», domandò il professore di Difesa, mentre i due studenti del sesto anno si salutavano e Edward andava verso la Torre Gryffindor, lasciando un malinconico Snake da solo con il cuore da rabberciare. Il docente era l’unico che sembrava divertito dall’accaduto, probabilmente le tragedie lo esaltavano.

«No, forse è la volta buona che smette di sospirare per quello scemo di mio fratello», commentò Lizzie, prendendo poi il fidanzato per la manica della cappa Ravenclaw. «Ciel, andiamo! Voglio passare in infermeria da zia Angelina, prima di andare a Hogsmeade!».

«Dalla zia? Perché!? Ti serve il suo parere di medimago sulla salute mentale di Edward?», chiese cinico Ciel, non capendo le intenzioni della ragazza.

«Perché è una gran chiacchierona ed è molto amica del profe—della professoressa Sutcliff di Babbanologia, che è più comare di lei!».

Ciel continuò a non capire, ma si lasciò trascinare dalla minore dei Midford attraverso il cortile, seguito dal professor Michaelis, il quale rimase volutamente indietro di qualche passo, giusto il tanto di poter dire una cosa a Snake senza essere sentito dalla coppia. «Sa, signor Slytherin, a volte con i Gryffindor ci vuole un approccio più diretto», gli sussurrò di passaggio, con voce vellutata. «Il serpente potrebbe mordere il grifone, prima di scappare, almeno lo azzopperebbe il tanto giusto per una ritirata».

Snake sentì quelle parole come se fossero il sussurro del demonio trasportato dalla tramontana. Pensava di non essere poi così importante per Edward, non avendo ricevuto nessun invito da parte sua di andare al ballo. Ormai stava per convincersi che, nonostante lui fosse l’unico Slytherin con il quale Edward avesse legato, il sentimento che provava per lui non fosse reciproco e che, addirittura, si sarebbe vergognato a ballare proprio con l’erede di Slytherin. D’altronde, proveniva da una famiglia di Auror Gryffindor da generazioni, come dargli torto?

Si disse, però, che non poteva lasciare le cose come stavano, dopotutto anche un serpente esce dalla propria tana quando ha un bisogno disperato di cibo, e per Snake quel cibo si chiamava amore, da bere direttamente dalle labbra di quel Gryffindor che gli aveva fatto da sempre battere forte il cuore.


***


La sera del ventiquattro dicembre arrivò fin troppo in fretta per i gusti di Edward.

Il Ballo del Ceppo si aprì con le danze dei tre Campioni delle scuole di magia contendenti. I loro abiti erano sfarzosi ed eleganti, così come quelli dei loro partner per la serata. Elizabeth era la più bella fra tutti, con quel suo vestitino rosso granata – dai richiami sia Gryffindor, sia natalizi –, in coordinato con l’abito blu zaffiro di Ciel, con la stessa trama di tessuto e passamaneria.

Sieglinde vestiva un abito nero e verde, e aveva ballato con Wolfram Gelzer, il professore che li aveva accompagnati a Hogwarts; mentre Mina, Campionessa di Beauxbâtons, era elegante e raffinata nel tradizionale sari color pesca e oro che ne enfatizzava le origini indiane, e aveva accettato l’invito di uno studente dell’ultimo anno di Hogwarts, Harold West Jeb.

Ormai studenti e professori erano sulla pista da ballo già da parecchi minuti, e quando Elizabeth volle fare una pausa per riposare, andò dal fratello, che era intento a spizzicare qualcosa dal buffet, da solo. «Alla fine non hai trovato nessuno libero, Ed?», gli chiese, rubacchiando un bignè rosa dal suo piattino. «Te lo avevo detto che chiedere l’ultimo giorno è da cafoni, fa sentire tutti dei ripieghi; è ovvio che non avrebbero accettato, anche solo per onore».

«Infatti avevi ragione: mi hanno dato tutti picche, anche quelli delle altre scuole», annuì Edward, senza battere ciglio. Alla fine il mittente misterioso non si era palesato e il Gryffindor aveva cercato un compagno per il ballo proprio all’ultimo, giusto per non andarci da solo, ma quelli ancora liberi avevano rifiutato il suo invito.

«Oh, che peccato...», mormorò Elizabeth, cercando di non far trasparire alcun ghigno a rendere grottesco il proprio bel faccino da bambola. Mettere in giro la voce che Edward odiava gli abiti corti o scollati e che era un pignolo perfettino senza hobby, se non lo sport, era stata una gran bella idea per far allontanare tutti da una serata all’insegna della noia o dai rimproveri per i vestiti in quel giorno di festa. Se Snake non poteva averlo, non lo avrebbe avuto nessun altro.

«Hai visto Snake?», domandò la ragazzina con teatrale finta innocenza, pulendosi la punta di un polpastrello sporco di crema.

«No, non è ancora arrivato», rispose subito l'altro, senza nemmeno bisogno di guardarsi intorno. Come al solito era sempre molto informato sugli spostamenti dello Slytherin.

«Potresti invitarlo a ballare stasera», gli sussurrò lei con un dolce sorriso. «Giuro che non lo dico alla mamma».

Il maggiore fece per sgridare la sorella, quando un cupo sibilo, seguito da una profonda voce alle proprie spalle, lo fece trasalire: «Edward, dice Wilde».

I due Gryffindor si girarono verso Snake, vedendolo vestito in pompa magna con un completo bianco a bordi dorati, che metteva ancora più in risalto il suo albinismo. Sulle spalle portava un mantello verde scuro a ricordare la propria Casa, anche se ciò che lo circondava veramente era Wilde: il pitone reale lo teneva avvolto tra le proprie spire come se fosse una mistica barriera attorno all’amico. In quel momento, a Edward parve che tutta la sala si fosse zittita di colpo, sentiva solo il rumore prodotto dai passi degli stivali neri alti fino alla coscia dello Slytherin. In quelle vesti, Snake pareva un principe, e lui, con solo un formale smoking nero, era quasi invisibile là.

Il ciuffo ribelle di Snake tremò appena, mentre riprendeva la parola: «Mi concedi questo ballo?, chiede Wilde». Sia lui che il pitone si mossero, porgendogli rispettivamente una mano e la coda, rendendo veramente arduo capire da chi venisse la richiesta.

Non ci fu bisogno che Elizabeth spingesse il fratello, poiché quest’ultimo annuì con aria alienata, e accettò l’invito alla nuova musica che era appena cominciata.

«Sei molto elegante, Snake», mormorò Edward, sentendosi le guance imporporarsi. «E anche Wilde», aggiunse, facendo una carezza al corpo del serpente.

«Grazie, anche tu, dice Wilde», rispose lo Slytherin, un po’ in imbarazzo.

Erano una delle poche coppie non miste a ballare, ma non le sole. C’era voluto tanto coraggio da parte di Snake per quell’invito, e fino all’ultimo non credeva che ci sarebbe riuscito, ma la vicinanza con Wilde gli aveva dato la carica che gli mancava, quando gli aveva suggerito che poteva poi dare la colpa a Wilde stesso, se Edward avesse denigrato il suo desiderio. Il serpente volle aiutare ancora il suo amico, e si mosse attorno a loro, stringendoli e avvicinandoli l’un l’altro, fino a farli stringere in un tenero abbraccio, mentre continuavano a ballare.

«Scusa...», soffiò Snake, aumentando appena la presa su Edward. Stavolta non parlava a nome del proprio serpente.

Edward gli sorrise. «Wilde è sempre stato caloroso con me, ci sono abituato». Non era la prima volta che per caso o per fortuna i due venivano stretti l’un l’altro dal pitone, succedeva spesso quando studiavano insieme.

Snake lo guardò commosso, porgendogli un sorriso gentile prima di nascondere il viso contro la sua spalla.

I due danzarono così, in un dolce abbraccio, a respirare ognuno il profumo dell’altro.

Si accorsero del tempo che era passato solo quando la musica cambiò.

«Grazie, Edward, dice Wilde». Si udì un po’ ovattato a causa della faccia di Snake ancora sprofondata contro la giacca del Gryffindor, anche se Wilde era tornato ad attorcigliarsi solo su Snake.

«Vuoi ballare ancora?», domandò Edward, sentendo il proprio cuore battere un po’ più forte. «Era il tuo desiderio, no?», aggiunse, in riferimento alla lettera che aveva ricevuto giorni prima. Ormai nel suo cuore non vi erano più dubbi a proposito di chi ne fosse il misterioso mittente.

Snake, però, scosse il capo. «No, io… sono felice così. Buon Natale, Edward, dice Wilde».

Prima che Edward potesse rispondergli, Snake alzò la testa e posò le labbra sulle sue, rubandogli un bacio amaro come il fiele, che sapeva di tutta la disperazione e l’amore che Snake agognava da lui. La prova che non sarebbe stato ricambiato arrivò quando si separò da quel bacio con uno schiocco, vedendo il viso del Gryffindor segnato dallo sgomento. Snake fece per sgusciare via dalla presa dell’altro, ma Edward sapeva che sarebbe scappato – conosceva la codardia Slytherin, quel sentimento che permetteva loro di mettere l’orgoglio in secondo piano per fuggire e rintanarsi al sicuro, lontano da ogni cosa che avrebbe potuto far loro del male, perfino dall’amore. Tenne stretto il rettilofono tra le braccia, impedendogli di correre via, ed estrasse la bacchetta. Snake quasi temette gli volesse lanciare un incantesimo senza perdono, ma si sbalordì quando, invece, vide crescere magicamente sopra di loro un ramoscello di vischio, germogliato da un ramo dell’abete addobbato accanto a loro.

«Buon Natale, Snake», sussurrò il Gryffindor, con le guance tinte di imbarazzo.

Gli occhi gialli dello Slytherin si riempirono di lacrime ancor prima che le labbra di Edward si riadagiassero sulle sue, con molta più enfasi e dolcezza del bacio precedente, rubandogli un sospiro.

In quell’effusione, Edward aveva trovato tutta la determinazione che gli serviva: l’indomani, una volta a casa, avrebbe affrontato l’intera famiglia, stufo di nascondere i propri sentimenti così deliziosamente ricambiati. Era pronto a scontrarsi anche con l’odio della madre, se ciò significava poter stare con la persona di cui si era innamorato.

L’orologio avrebbe rintoccato ancora una volta, prima che la festa giungesse al termine, e i due ragazzi avevano tutta l’intenzione di rimanere lì fino alla fine delle danze, come a voler recuperare il tempo che avevano stupidamente perduto; cercando di ignorare i parenti di Edward e l’insegnante di Difesa che sghignazzavano soddisfatti dai divanetti, tronfi di avere avuto da sempre ragione in tutta quella storia.


Fine
XShade-Shinra



Note.
– Le puffole pigmee sono state inventate dai gemelli Wisley proprio modificando i Puffskein. Ci tenevo tanto a dare una puffola a Lizzie, ma si è dovuta accontentare della “mamma” (che è comunque deliziosa).
– La frase “Oh, come no” di Lizzie si rifà alla medesima battuta di Queenie in “Animali Fantastici” – anche se lì è scritto “Hogcomenò” per fare un gioco di parole con “Hogwarts” (che in inglese rendeva molto meglio…). Ho trovato una forte affinità tra loro due come personaggi e ci tenevo particolarmente a questa piccola citazione.
– Perché proprio Mina a Beauxbâtons? Alcune città del Bengala prima erano colonie francesi, quindi mi sono basata su questo dato storico per metterla nella scuola di magia francese.

Grazie a tutti coloro che hanno letto! ^^
  
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