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Autore: EleWar    02/07/2019    11 recensioni
"Ed ora?
Cosa avrebbe potuto fare?
Ogni cosa che pensava e faceva si rivelava un terribile sbaglio."
Eccomi qua, nemmeno il caldo m'accoppa! Un altro delirio fresco fresco. Probabilmente avrete e avrò letto qualcosa di simile ma... mi è venuta così lo stesso ^_^ Buona lettura
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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BLUE AIR MESSAGE
 
Un filo di fumo saliva dalla sigaretta lasciata negligentemente in bilico sul posacenere.
Cubetti di ghiaccio, sciogliendosi, rovinavano uno sull’altro, immersi in un liquido ambrato.
L’atmosfera era fumosa e in penombra.
Un uomo era seduto completamente solo, in un comodo divanetto di velluto nero, era lì da quanto?
Se ne stava ad occhi chiusi.
Giungeva ovattata una calda musica jazz, e un saxofono diffondeva note sensuali come bolle di sapone, ma l’uomo non le ascoltava nemmeno.
Si era rifugiato lì, come un animale ferito nella sua tana, e pur non avendo espresso chiaramente il suo desiderio di essere lasciato in pace, nessuno aveva osato disturbarlo… tutti temevano la sua ira, tutti bramavano la sua protezione, non era un signorotto della mala o un tiranno, ma era meglio girargli alla larga in certi momenti.
 
Una bellissima donna, in abiti succinti, si avvicinò al bancone.
Portava un vassoio ingombro di bicchieri vuoti, o con rimasugli di liquido sul fondo, alcuni avevano cicche di sigarette annegate nel ghiaccio sciolto, altri erano sporchi di sgargiante rossetto rosso, orme di donne che avevano assaporato cocktail e liquori, magari con voluttà e studiata sensualità, e poi c’erano ombrellini e bandierine infilati nei bicchieri più strani, ad imitare una festa che, c’era stata davvero? Quel vassoio conteneva tutto ciò che restava del desiderio di qualcuno, di affogare nell’alcol i dispiaceri di una vita meschina, o di raggiungere una felicità effimera, ricorrendo ad una temporanea euforia alcolica.
 
“Ehi Joe, è ancora lì dentro?”
“Sì, è lì dall’inizio della serata…”
“Quando è in quello stato fa quasi paura”
“Già. Girano strane voci…dicono che la sua socia se ne sia andata”
“Be’ sarà contento no? Non vedeva l’ora di liberarsene!”
“Sei un’ingenua… era tutta scena quella…basta vedere come si è ridotto, anche se non lo ammetterebbe mai”
“Era sicuramente meglio prima, quando era sempre pronto a spassarsela con noi… quasi quasi vado di là da lui…”
“Fossi in te non ci proverei, a meno che non ti importi di essere respinta”
“Oh che noia! Ho voglia di divertirmi e poi…non sono pagata per questo?”
“Yuki fai come vuoi, ma dopo non dirmi che non ti avevo avvertito”.
 
La pesante tenda di broccato nero del privée venne spostata, e un’ondata di musica irruppe all’interno del salottino, l’uomo dai capelli neri come la notte, aprì gli occhi e si sistemò meglio sui cuscini del sofà.
La tenda era trattenuta da una piccola mano femminile.
Una figura s’insinuò attraverso il varco lasciato aperto dal pesante tessuto, prima emerse dalla penombra un braccio lungo e affusolato, poi finalmente un corpo, stretto in un vestito nero lucido di seta, con riflessi blu che accentuavano le curve perfette.
Il biancore della pelle risaltava creando una visione surreale.
L’uomo spalancò gli occhi, non aveva mai visto una donna così bella come quella che, sensualmente e lentamente avanzava verso di lui.
Il suo cuore prese a battere all’impazzata, era turbato da quell’apparizione, sentiva il desiderio premere da ogni poro della pelle, gli scorreva nelle vene come lava ribollente, e l’unica cosa che voleva era poterla toccare.
La giovane donna, passo dopo passo, ondeggiando come un giunco sui tacchi altissimi, era ormai di fronte a lui.
Gli si sedette sulle ginocchia, e gli accarezzò una guancia con un movimento lento, calcolato, scivolando sulla barba incolta, indugiando sul mento virile; quel gesto deliberato era un misto di tenerezza e possessività.
L’uomo, completamente in balia di quella donna, per un attimo chiuse gli occhi assaporando quel contatto inebriante. Era totalmente conquistato.
Nel sedersi, lo spacco del vestito gli aveva rivelato una lunghissima gamba squisitamente tornita, e l’uomo,  irresistibilmente attratto da quel corpo così sensuale ed eccitante, allungò la sua mano vogliosa.
Dapprima le sfiorò il ginocchio, poi fece scorrere la mano con voluttà su, su fino ad arrivare alla morbidezza invitante del gluteo nudo.
Quel gesto audace strappò alla giovane un lungo gemito soddisfatto.
Poi lei si abbassò sulle labbra di fuoco dell’uomo, anelanti, ma poco prima che si fondessero in un bacio che prometteva il paradiso, lui sussurrò:
“Kaori, sei tornata da me!”
Ma la giovane donna rispose:
“No, sei tu che tornerai da me”.
 
D’improvviso Ryo spalancò gli occhi e si ritrovò completamente solo.
Non c’era nessuno lì con lui, non c’era nessuna donna, non c’era la sua amata partner.
Fu assalito all’istante da un’ondata di malessere, lo stomaco si contrasse spasmodicamente, provocandogli quasi un conato, la sua eccitazione insoddisfatta era dolorosa, il cuore prese a martellargli nel petto e iniziò a sudare copiosamente.
Afferrò il bicchiere di whiskey ormai caldo ed annacquato e lo trangugiò come fosse un antidoto al dolore.
Si ributtò all’indietro, sullo schienale del divano.
Con gli occhi spalancati si mise a fissare il soffitto.
Inspirò profondamente, si sentiva soffocare in quel dannato privée saturo del fumo delle sue innumerevoli sigarette.
Cosa stava combinando?
Si diede dello stupido per la milionesima volta.
Aveva forse sbagliato tutto?
Sognare Kaori di notte era un conto, ma sognarla anche ad occhi aperti, durante una delle sue serate, era…era preoccupante.
Una delle sue serate? Ma chi voleva prendere in giro? Era uscito per distrarsi, per divertirsi come faceva sempre, o meglio come faceva prima, ma si era rintanato in quel salottino appartato, lontano da tutti e da tutte, in particolare. Nessuna delle procaci donnine del locale era abbastanza per lui, era decisamente di cattivo umore e nemmeno l’alcol era riuscito a fargli cambiare idea.
Perché si sentiva strangolato dal senso di colpa??
Ripensò a tutta la vicenda che lo aveva condotto fin lì, in quel preciso momento.
Ripensò agli ultimi giorni, alle ultime ore, ripensò a…lei.
 
Quella sera era tornato a casa ubriaco, e lei era lì, ad aspettarlo addormentata sul divano. Era così indifesa nel sonno, e così sexy con quel suo pigiama informe, e sorrise ripensandoci…quella sera lui si sentiva così solo, così bisognoso del suo amore, della sua comprensione, delle sue braccia.
Aveva fatto rumore di proposito per svegliarla, voleva vedere i suoi occhi luminosi posarsi su di lui, voleva che lei lo vedesse, che lo amasse con lo sguardo come solo lei era in grado di fare.
Nel momento del risveglio, con i capelli spettinati, gli occhi gonfi del sonno, era così tenera, così adorabile che non aveva resistito, si era precipitato da lei e prendendola fra le braccia l’aveva baciata.
E lei dopo la sorpresa iniziale, si era lasciata andare.
Da quanto tempo aspettava quell’occasione?
Da quanto tempo aspettava lui?
A quel bacio ne erano succeduti altri e altri ancora, e infine era successo perché entrambi lo volevano fortemente.
Da quanto tempo si amavano in silenzio?
Quella notte si erano amati come assettati che finalmente giungessero ad una fonte di acqua pura, si erano amati come se non ci fosse un domani, si erano amati con tutto sé stessi, non si erano risparmiati niente.
 
Eppure…
Lui aveva voluto rovinare tutto, perché risvegliandosi al mattino nel suo letto, con quella bellissima donna stretta a lui, profondamente addormentata, con un’espressione serena e innocente, aveva avuto paura.
Aveva pensato di averla irrimediabilmente sporcata, che non avrebbero dovuto farlo, che era stato un enorme errore perché, perché…cosa le aveva detto di preciso? Cosa aveva usato come scusa?
Lei incredula aveva ascoltato i suoi vaneggiamenti, e ad ogni menzogna si era sentita dilaniare il cuore da mille chiodi arroventati, aveva provato a ribattere, l’aveva blandito, aveva cercato di farlo ragionare, ma lui era stato irremovibile.
Avevano discusso, litigato, urlato, lei aveva pianto tutte le sue lacrime prima di sbattere la porta e andarsene.
Ryo sentiva ancora il tonfo della porta riecheggiare nella sua testa, come se fosse stato il suono del gong che decretava irrimediabilmente la fine.
Avrebbe dovuto sentirsi soddisfatto perché era quello che voleva, no?
Allontanarla da lui affinché fosse felice, con una vita normale e soprattutto lontano dal pericolo a cui l’esponeva ogni giorno.
Ma non era stato così.
La porta continuava a sbattere nella sua testa, dove seguitavano ad accavallarsi immagini sopra immagini, di quella che era stata per lui, indubbiamente, la notte più bella della sua vita, con quelle di Kaori in lacrime, o furiosa, e poi di nuovo seria e ferita a morte. Ed era un po’ come vedersi dall’esterno, lui rigido, impassibile, senza tradire la minima emozione.
Lui aveva deciso così.
Aveva deciso per entrambi.
Quello era il suo volere.
 
Però poi la sua vita aveva iniziato ad andare a rotoli.
Nel lavoro non riusciva più a concentrarsi ed era stato costretto a passare almeno un paio di casi a Mick, prima di mettere a repentaglio la vita della cliente di turno. Già le clienti…perché anche le più belle non destavano più la sua attenzione?
Era arrivato al punto di non andare nemmeno più alla lavagna a vedere se c’era del lavoro per City Hunter, o per quello che ne restava.
La sua casa era diventata un luogo dove tornare per farsi una doccia veloce e nient’altro, di certo non per dormire visto che non ci riusciva più.
Boicottava persino il suo letto, perché inevitabilmente finiva per ricordare e quelle poche volte che vi si era steso, vinto dalla stanchezza, si era girato e rigirato in preda all’insonnia, per poi alzarsi tremante e madido di sudore.
Dormire nella sua stanza era stata una tentazione a cui si era sottratto fin dall’inizio… in ogni caso di lei non era rimasta traccia, perché andandosene aveva portato via con sé tutto ciò che le apparteneva (compreso il cuore dello sweeper), e il buonissimo profumo della sua partner stava lentamente svanendo.
Quando proprio non poteva farne a meno, si buttava su un divano qualsiasi, in cui cadeva preda di angoscianti dormiveglia.
Ecco perché si rifugiava nei soliti night, dove il rumore, la musica, il vociare, l’alcol e il sesso in vendita lo stordivano e non lo facevano pensare.
Anche se…non era propriamente così.
La prova ne era lì, con lui tutto solo da ore, come sempre del resto, giacché non sfiorava una donna da mesi e l’unica che aveva avuto il piacere di toccare, era ora lontanissima da lui.
La prova ne era che sognava un incontro rovente con la sua Kaori, crollato su di un anonimo divanetto, che avrebbe potuto raccontarne di storie sordide…
Si alzò di scatto, disgustato da quel pensiero.
Prese a girare in tondo per la stanza, misurandone lo spazio.
Doveva schiarirsi le idee. Non era ubriaco, ma nemmeno sobrio, perché era completamente frastornato, doveva ritornare lucido.
Non era più lui.
 
Tornò alla domanda iniziale.
Aveva forse sbagliato tutto?
Sì, mentalmente si urlò!! Sì sì sì.
Aveva sbagliato tutto.
Aveva sbagliato a pensare, in tutti quegli anni, che allontanare Kaori, sarebbe stata la soluzione ideale per renderla felice, ben sapendo che lei lo amava e che così avrebbe solo sofferto.
Aveva sbagliato anche quando aveva continuato a tenerla legata a lui?
Aveva sbagliato nel trattarla male, negando la sua bellezza, la sua femminilità prorompente, sminuendola e dandole ad intendere che qualsiasi altra donna le sarebbe stata preferibile, quando invece il suo desiderio per lei ribolliva dentro le vene e non gli dava requie. Se solo Kaori avesse saputo che il suo comportarsi di volta in volta da mandrillo o da seduttore, era tutta una farsa, solo un modo di fare, di dissimulare la verità! Perché non era sua intenzione concludere, perché sentiva già di appartenerle e non voleva nessun’altra a parte lei. Aveva sempre dissimulato, creato una cortina di fumo, non era mai stato chiaro, o meglio, sincero con sé stesso e con lei.
Aveva sbagliato a non dirle mai niente.
Aveva sbagliato quella notte a fare l’amore con lei? Sì l’amore, perché nonostante quello che le aveva fatto poi credere, non era stato solo sesso, frutto di un momento di debolezza, sotto l’effetto dell’alcol. Lui per la prima volta aveva fatto l’amore con una donna perché… perché lui l’amava più della sua stessa vita.
Aveva sbagliato a dirle che era stato un errore…
Aveva sbagliato tutto.
 
Ed ora?
Cosa avrebbe potuto fare?
Ogni cosa che pensava e faceva si rivelava un terribile sbaglio.
 
Kaori, la sua Kaori se n’era andata, non era più lì a casa loro ad aspettarlo, non era più lì a perdonargli sempre tutto, non era più lì a prenderlo a martellate, e a rimetterlo in riga, a sbraitargli contro quando si comportava da idiota, Kaori, Kaori…
Quanto dolore anche solo pronunciare il suo nome.
Era anche troppo orgoglioso per chiedere aiuto, a chi poi? I suoi amici lo avevano isolato, una sorta di morte civile, nemmeno a dirlo che ce l’avevano tutti con lui. E così non aveva nemmeno più notizie dell’ex-socia. Per fortuna la sua rete d’informatori e protetti vegliava su di lei e anche se a distanza poteva assicurarle un minimo di tutela.
 
Gli mancava così tanto che provava un dolore quasi fisico, qualcosa di cui non riusciva più a liberarsi.
Paradossalmente sentiva che solo lei avrebbe potuto risolvere questa situazione, perché lei sapeva sempre come sistemare le cose, gli avrebbe suggerito come comportarsi, cosa dire, lei che era giustamente fuggita da lui e dalla sua cattiveria.
Si mise le mani nei capelli e se li scompigliò, se li tirò, voleva farsi del male…tutto quel male che lui aveva fatto a lei.
L’immaginò in quella casa solitaria, quella che era stata la casa felice dei suoi anni da ragazzina, quando vi abitava con l’adorato fratello, quella in cui anche lui si era sentito amato e accolto. Una casa vuota ormai, senza più un briciolo d’amore.
“Amico, ma che cosa ho fatto?” si recriminò “mi avevi affidato il tuo bene più prezioso e guarda cosa sono stato capace di fare??? Ho calpestato i suoi sentimenti, sono riuscito solo a farla soffrire, prima con la mia indifferenza e adesso… Perché, perché me l’hai affidata??? Lo sapevi che sono un buono a nulla!! Lo sapevi che sono un casinista! Lo sapevi…”
E si lasciò cadere di nuovo sul divano, a faccia in giù, sconfitto, e soffocando le lacrime nel velluto ripeteva “Lo sapevi che mi sarei innamorato, lo sapevi che mi sarei innamorato… lo sapevi che…non potevo…che non avrei dovuto”.
 
Le ore si erano pesantemente trascinate sul quadrante dell’orologio dietro il bancone del bar, e ben presto l’alba avrebbe preso il posto della notte più nera; il locale stava per chiudere, ma nessuno si sarebbe azzardato ad andare a disturbare il grande Ryo Saeba che, all’insaputa di tutti, giaceva annientato in un anonimo privée di un night come tanti.
Dal piano bar giunsero le note di un’ultima canzone, una canzone che anche lo sweeper conosceva bene, e a quel punto si riscosse.
Quante volte l’aveva sentita riecheggiare in casa sua? La sua socia ne aveva il cd e la metteva spesso quando era in vena di romanticismo. E se la sorprendeva a cantarla ce la prendeva addirittura in giro.
Maledizione tutto gli parlava di lei!
La canzone era Blue air message.
Si soffermò su quelle parole, ascoltate distrattamente mille volte, ed ebbe un’idea improvvisa.
Si tirò su dal divano di scatto e con decisione uscì dal salottino.
Già il personale delle pulizie stava discretamente iniziando il proprio lavoro.
Ryo si diresse al bancone del bar, inquieto si guardò in giro, dove era finito il barman? Chiamò:
“Joe? Joe dove sei?”
“Eccomi signor Saeba. Aveva bisogno?” si precipitò l’ometto intimorito. Quando sentiva quel tono di voce era sintomo di guai. Assunse una posa servile.
“Dove posso trovare un telefono?”
“In fondo al corridoio. Basta alzare la cornetta e comporre il numero. E’ il nostro telefono di servizio, ma può usarlo come e quando vuole” concluse con un leggero inchino.
Non aveva fatto in tempo a finire la frase che Ryo era già corso in direzione del telefono.
Compose quel numero che sapeva a memoria anche se erano passati ormai quasi più di dieci anni.
Il suo cuore era in tumulto e non sapeva cosa augurarsi, che qualcuno dall’altra parte del telefono rispondesse, oppure no.
Magari sentendo la sua voce avrebbe riattaccato, ne aveva tutte le ragioni.
Strinse così tanto la cornetta che le nocche sbiancarono.
Tu-tu-tu squillava libero.
Quando Kaori andò per rispondere, sapeva già chi fosse, se lo sentiva...
Nel suo cuore si agitavano sentimenti contrastanti.
Speranza, amore, dolore, trepidazione, preoccupazione immaginando il peggio per Ryo, curiosità su cosa le avrebbe mai detto.
“Pronto?”.
Silenzio.
Solo giungevano ovattate lontanissime note indistinte, e acciottolio di bicchieri.
Non faticò ad immaginare il luogo in cui si trovasse Ryo e fu come ricevere una stilettata in pieno cuore.
Era dunque in uno di quei soliti locali, magari se la stava spassando con l’ochetta di turno e in preda ai fumi dell’alcol si era deciso a chiamarla, per fare cosa?
Già l’alcol, non era iniziato tutto così, dopo una notte di bagordi? Per poi finire come? Con lei che aveva il cuore a pezzi, dopo aver passato una notte da favola, con l’uomo che amava da sempre e che l’aveva ferita come solo lui avrebbe potuto fare.
Perché aveva chiamato? Per infierire ancora? Per farle uno scherzo di cattivo gusto e sghignazzando ridere come uno scemo alle sue spalle, della sua ingenuità, della sua poca avvenenza, paragonata alla bellona che gli si stava strusciando addosso? Sarebbe stato così crudele? Cos’altro voleva dirle? Non aveva già detto e fatto abbastanza?
Però perché non parlava? Non sentiva voci femminili accanto a lui.
Si fece coraggio e chiese:
“Ryo?”
“Kaori…” si costrinse a rispondere l’uomo.
“Cosa c’è? Perché mi chiami a quest’ora, così di mattina presto?”
“Volevo solo chiamarti e …sentire la tua voce”.
Kaori a quelle parole le parve di svenire. Ebbe un capogiro e dovette appoggiarsi al muro per non cadere.
Non poteva dimenticare il dolore che quell’uomo le aveva inflitto con il suo rifiuto, ma il suo stupido cuore continuava ad amarlo e quella frase era molto di più di ciò che si aspettava di sentirgli dire.
Aveva chiamato solo per sentire la sua voce…
Immaginava l’enorme sforzo che lui aveva fatto anche solo per ammettere che le mancasse.
Di fronte al silenzio della ragazza, Ryo riprese:
“So che stavi dormendo e mi scuso di averti svegliato…magari stavi sognando… ma volevo che lo sapessi”
“Ryo…cosa stai cercando di dirmi? Non è cambiato niente e lo sai. Io ho bisogno di andare avanti, tu preferisci che le cose rimangano invariate…”
“No, io voglio, voglio…”
“Ecco” l’interruppe lei “Tu vuoi. Tutto quello che fai va bene solo per te. Tu decidi quello che è giusto e quello che è sbagliato. Tu decidi per la tua vita e per la mia, ma non è così… non puoi disporre di me e della mia vita, non più. Cosa ne sai dei  miei desideri? Ti sei mai chiesto cosa io voglia veramente?”
“Ti prego… Kaori…io, io, non lo so più” ammise con aria sconfitta lo sweeper.
Non era mai stato bravo con le parole e nell’esprimere i sentimenti era un disastro totale. Sapeva però che doveva giocarsi il tutto per tutto, che se voleva riconquistarla, che se voleva ristabilire anche solo un tenue legame, doveva stare attento e scegliere bene cosa dire, o forse doveva solo…ascoltare il suo cuore, per una volta, e soprattutto ascoltare Kaori.
“Dimmi cosa vuoi, dimmelo tu…”
A questo punto Kaori si lasciò scivolare lungo la parete, fino a sedersi sul pavimento, circondò le ginocchia piegate verso il petto con il braccio libero, e raccogliendo tutte le sue forze,  dopo un profondo respiro iniziò:
“Io vorrei…vorrei che quando torni a casa, magari da una missione, o da un semplice giro dai tuoi informatori, io possa saltarti al collo e baciarti, dimostrarti quanto io sia contenta di rivederti, sano e salvo. Vorrei che tu mi stringessi fra le braccia, rassicurandomi. Poi vorrei…vorrei che tu cenassi con me e mangiassi con gusto e appetito tutti i piatti che ho cucinato per te con amore, come ho sempre fatto. Vorrei ridere e scherzare con te, poterci raccontare la giornata, fare progetti per il giorno dopo, vorrei un consiglio su, su, non lo so! Un vestito nuovo da comperare? Cose così. Vorrei chiacchierare con te come se fossimo una vecchia coppia affiatata e felice. Vorrei prepararti un bagno caldo che ti tolga di dosso la stanchezza e il freddo di una giornata passata a fare indagini, di fuori, e poi… e poi…magari raggiungerti” ed arrossì.
Fece una pausa.
Ryo emise un gemito di frustrazione e si decise ad allentare un po’ la presa sulla cornetta prima di spappolarla nella sua morsa d’acciaio.
Kaori riprese:
“Vorrei potermi addormentare fra le tue braccia tutte le sere, risvegliarmi con te accanto dopo una notte passata a fare l’amore. Vorrei poter fare colazione con te, lavorare ad un caso, andare in giro per la città e prenderti per mano o darti un bacio senza dover fingere che fra noi due non ci sia nulla, senza dover scaricare su di te la mia gelosia e la mia frustrazione con le solite martellate, senza dover temere che la prossima bella cliente di porti definitivamente via da me.
Ma più di tutto non voglio, mai più, risvegliarmi un bel mattino, con te che mi dici che tutto quello che abbiamo fatto insieme è stato uno sbaglio tremendo. Non potrei sopportarlo, non un’altra volta.”
Tacque.
Il colpo era andato a segno.
La sua voce, che per tutto il tempo era stata dolce e musicale, non aveva tradito astio o odio, quando aveva pronunciato l’ultima frase, aveva piuttosto mantenuto un’intonazione piana e pacata.
Kaori era decisa, aveva semplicemente detto cosa pensava e cosa volesse per loro due.
Non gli chiedeva di cambiare, non lo metteva alle strette, non lo ricattava, non gli chiedeva niente.
Non pretendeva cose impossibili ma normali, giuste.
Era stata chiara.
 
Ryo aveva ascoltato tutto, profondamente turbato, ogni parola, ogni frase si era radicata in lui, come scolpita a fuoco nella mente. E mentre la sua Kaori parlava, tutte le paure erano evaporate come neve al sole, tutti i dubbi erano spariti, e mano a mano che l’ascoltava si era reso conto che…ciò che lei voleva, erano le stesse cose che anche lui desiderava.
 
La canzone era già finita.
Ryo ruppe il silenzio che era sceso fra loro.
“Kaori, quello che vuoi tu, lo voglio anche io!”
La ragazza però dall’altro lato del filo, rimase in silenzio, allora lo sweeper incalzò:
“Sugar? Hai sentito?? Io voglio stare con te, voglio dividere la mia vita con te, voglio poterti amare come meriti, ti prego…” terminò in tono supplicante.
Infine la ragazza rispose:
“Ryo, sei proprio sicuro? Ho bisogno di certezze…”
“Certo che sono sicuro!! Cosa vuoi che me ne faccia della mia vita senza di te?… dammi... ti prego... dammi un’altra possibilità”
Kaori era sbalordita, il grande Ryo Saeba si era ridotto ad implorarla!! Non lo avrebbe mai creduto possibile.
Si sentì orgogliosa, per un attimo, del grande potere che scopriva avere su quel testone impossibile che, di fronte all’amore, aveva mostrato tutta la sua umanità. Ma subito il ricordo delle ferite che le aveva inferto, tornò ad affacciarsi alla sua mente, e quel sorrisino che l’era apparso sulle labbra, si spense all’improvviso.
Ryo percepì il suo cambiamento di aura e si affrettò a dire:
“Ti proverò che sono sincero…mi farò perdonare, ogni giorno, anche se dovessi metterci mesi, anni…”
A quel punto Kaori si lasciò sfuggire un singhiozzo e in un sussurro disse:
“Va... va bene…”.
Poi si udì come uno schianto e un crepitio.
“Ryo? Ryo ci sei?”
Ma non ottenne risposta.
La cornetta del telefono oscillava appesa al suo filo, mentre Ryo era già lontano, a recuperare la sua Mini rossa.
Era partito come se avesse il diavolo alle calcagna, stava guidando come un matto, mentre ad est il cielo si tingeva di rosa. La notte buia era finita, quella era l’alba di un nuovo giorno.
Stava correndo da lei, sì da lei e dalla vita che voleva vivere insieme alla donna del suo cuore, non voleva perdere ancora altro tempo.
In pochi minuti era già sotto casa sua, inchiodò con uno stridio di gomme, si precipitò alla porta, bussò, bussò e quando Kaori attonita andò ad aprire, se lo trovò davanti, sconvolto.
Si guardarono.
Era come rivedersi dopo anni trascorsi lontani, dovevano riconoscersi, si studiarono, poi i loro occhi iniziarono a sorridere, prima ancora delle labbra.
Ryo era ancora ritto sulla porta, aspettava che Kaori gli facesse segno di entrare.
Lei piegò la testa di lato e il sorriso dolce che gli rivolse, illuminò il cuore tormentato dell’uomo che chiedeva il suo perdono.
 
Le ombre stavano lentamente arretrando di fronte all’avanzare del sole nascente, l’aria frizzantina dell’alba pizzicava la pelle mentre una calda luce rosata colorava tutta la città, che pigramente si stava svegliando.
In quell’ora magica del giorno, tutto sembrava possibile, perfino che i sogni della notte appena trascorsa, potessero diventare realtà.
 
Ryo scalciò le scarpe e si decise ad entrare, e una volta dentro, si produsse in un profondo inchino.
Mai persona al mondo aveva assistito ad un tale atto di sottomissione da parte del famigerato Ryo Saeba. Era troppo per Kaori che gli si slanciò incontro e lo costrinse a raddrizzarsi.
In piedi uno di fronte all’altra si guardarono intensamente, poi lo sweeper disse:
“Perdonami Kaori”
“Ma io ti ho già perdonato” e lo avvolse con uno sguardo d’amore.
Ryo si rilassò visibilmente e un sorriso di gratitudine si disegnò sul suo viso stanco e provato.
La ragazza mossa a compassione, allungò la mano e gli accarezzò la guancia ispida.
Gustandosi quel tocco delicato, socchiuse gli occhi: questa volta non era un sogno però, non se lo era immaginato.
Ma poco dopo li riaprì, per piantarli in quelli della donna che amava e disse:  
“Fra le cose che vorresti….ce n’è una che non ti ho sentito elencare. Te lo chiedo io allora”, fece una pausa e poi aggiunse:
“Vorresti sposarmi?”.
Kaori spalancò la bocca e gli occhi colpita da quella proposta più che inattesa.
Poi lentamente si riprese dallo stupore e volando fra le sue braccia spalancate, ridendo rispose:
“Secondo te?”
“Io non lo so. Devi essere tu a dirmi quello che vuoi” e le fece un occhiolino pieno di sottintesi: aveva capito la lezione!
“Lo voglio, lo voglio, lo voglio!” rispose Kaori, con la forza di un uragano, e lo baciò appassionatamente, senza lasciare spazio ad altri tentennamenti.
Ryo sorridendo nel suo bacio, pensò di essere l’uomo più felice del  mondo e che mai più l’avrebbe lasciata andare via da lui, mai più.
E allungando un piede, con un colpo deciso della gamba chiuse infine la porta dietro di loro.
 
 
 
 
fine
 
Intanto grazie per essere arrivati fino alla fine di quest’altro mio delirio. Questa non è propriamente una songfic perché non ho seguito alla lettera il testo della canzone che dà il titolo alla ff. Però le parole e la musica di questa bellissima canzone mi hanno ispirato tantissimo, e ascoltandola mi immaginavo la scena, le scene, che vi ho appena raccontato. Se ancora non la conoscete vi invito ad ascoltarla, è una delle canzoni che compongono la colonna sonora dell’anime City Hunter ^_^
https://www.google.com/search?ei=Q3QaXbraBYbLwQKG1pHwDw&q=blue+air+message&oq=blue+air+messa&gs_l=psy-ab.1.0.0i22i30l8.1226536.1231388..1234090...5.0..0.148.1953.3j14......0....1..gws-wiz.......0i71j0i67j0j0i10j0i19j0i22i30i19.zms5lclgHzA
 
   
 
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