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Autore: thewickedwitch    03/07/2019    1 recensioni
Immobile da indefinibili momenti, in quella statica corsa cercava una ragione. Un motivo per cui lei fosse lì, quando non avrebbe dovuto. Un motivo per cui continuasse a fissarla, senza muoversi, senza parlare, o cercare un contatto.
E cercava, Regina, nella deserta città che scompariva in una dimensione che non la apparteneva, un motivo per cui lei stessa fosse specchio di ciò che i suoi occhi stavano studiando.
Quando avrebbe dovuto reagire, combattere, uscire dall'ombra e immergersi nella luce di quella notte, solo per affrontarla e dirle che era finita. Che doveva finire. Che tutto quello che era accaduto e accadeva non aveva senso, perchè non si può combattere se stessi.
Genere: Dark, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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//Salve a tutti. Questa breve storia si colloca in un punto imprecisato della prima parte della sesta stagione, e vede come protagoniste Regina e la Regina Cattiva. Mi interessava approfondire in qualche modo il rapporto tra questi due personaggi così unico e speciale. 
Il testo riportato in inglese è quello della canzone "The fighter" del gruppo 'In this moment', da cui la storia prende anche il titolo. 
Non anticipo nient'altro e vi lascio alla lettura. Spero vi piaccia. Grazie a tutti :-)


 

I don't need you to save me
I don't need you to cure me
I don't need you and your antidote for I am my disease
I don't need you to free me
I don't need you to help me
I don't need you to lead me through the light
I will fall and rise above
And in your hate I find love
'Cause I'm a survivor
Yeah, I am a fighter

 
La notte accarezzava il suo profilo con gelida luce lunare che gocciolava scintille tra i suoi capelli d'ebano, disegnando la sua forma in un bagliore sottile, contrastandosela con l'oscurità, che la pretendeva, avanzando imperterrita fino a quella barriera di chiarore,cercando di assorbirla tra le ombre della stanza, e che pure la richiamava, da fuori, ritta sui riflessi dell'asfalto, destreggiandosi nell'aria, tra gli astri suoi nemici che punteggiavano il cielo, in un silenzioso conflitto di luci ed ombre.
 Lei era nel mezzo di quel conflitto, e quel conflitto era in lei, nello sguardo fisso su quell'oscurità, nelle iridi scosse da tremiti di consapevolezza, furiosamente rincorsa da selvaggi pensieri, ogni volta che rivelava il suo nascondiglio e si lasciava da essi sfiorare, per un breve istante, per poi sfuggire di nuovo, tra i meandri della sua mente.
Immobile da indefinibili momenti, in quella statica corsa cercava una ragione. Un motivo per cui lei fosse lì, quando non avrebbe dovuto. Un motivo per cui continuasse a fissarla, senza muoversi, senza parlare, o cercare un contatto.
E cercava, Regina, nella deserta città che scompariva in una dimensione che non la apparteneva, un motivo per cui lei stessa fosse specchio di ciò che i suoi occhi stavano studiando.
Quando avrebbe dovuto reagire, combattere, uscire dall'ombra e immergersi nella luce di quella notte, solo per affrontarla e dirle che era finita. Che doveva finire. Che tutto quello che era accaduto e accadeva non aveva senso, perchè non si può combattere se stessi.
Eppure continuava a fissarla, in silenzio, a scrutare in quegli occhi agitati da nere nubi di potere e densa oscurità, chiedendosi perchè vi scorgesse anche un bagliore di grigio tormento.
Rabbrividì, un ricordo nello specchio, il freddo della notte e dell'antica pietra nelle ossa, un lontano sentore di solitudine, come un promemoria inciso nella bianca luce lunare, si palesava al suo sguardo.
L'unico sguardo, che avrebbe potuto afferrarlo, che era davvero in grado di sostenerlo, lo sapeva.
Ed era questa consapevolezza ad assillarla, a torturarla, a tenerla sveglia di notte. La consapevolezza che lei era l'unica soluzione, e che non c'era soluzione per la sua condanna. Eppure non poteva, non riusciva.
La sua famiglia era la cosa più importante, e doveva proteggerla prima di tutto, no?
Ma non poteva ignorare quel tormento che solo lei riusciva a percepire, di cui solo lei sapeva la ragione, che lei stessa aveva generato, cercando,  nello sprofondare nell'oscurità, un nero più denso e scuro di quello che colorava il suo futuro, per potersi ergere sopra di esso ed avere il potere di tingerlo della sua tonalità. Secondo la sua volontà, finalmente, come non era mai stato.
Non poteva rifuggire dall'essere lei stessa creatrice di quella creatura, condannata allora, liberata adesso nella credenza, no, nella speranza, di potersi liberare di ogni demone che sentiva divorarla dall'interno.
Ma dove erano ora, quei demoni? Nel suo petto, a stringerle il cuore in una dolorosa morsa, nella creatura che la fissava dall'umido della notte, come lei, in cerca di una risposta, convinta di potergliene dare una, convinta di poterla salvare da qualcosa da cui lei non voleva essere salvata, non più.
Nei suoi occhi vedeva la volontà di liberarla, di nuovo, come un tempo le aveva concesso di fare, di portarla attraverso la luce, ma non la vera luce, capace di illuminare il cuore, ma solo il riflesso baluginante sulla lama della gloria, estratta come spada insanguinata dal fodero del dolore altrui.
Ma non era quello di cui aveva bisogno, non era una cura, quella che cercava, perchè la sua malattia era lei stessa. Sapeva di non celare nello sguardo quello stesso, terribile e disperato desiderio di un'anima affine, di una mano amica, o semplicemente di un occhio che rilucesse di dolce emozione e non di paura, soffermandosi sulla sua bellezza maledetta, che vedeva nel suo, forzatamente celato sotto quella volontà.
Capì di aver sempre saputo di non essersi liberata da ogni demone, rinchiudendoli nel suo corpo, ma di aver dato corpo a quei demoni, di aver trovato un capo espiatorio per quella che sarebbe rimasta sempre e comunque la sua colpa. E non avrebbe lasciato che ancora una volta fossero altri, a pagarne il prezzo.
Serrò gli occhi, di scatto, nascondendosi dallo sguardo inquisitore del suo senso di colpa, che neanche la luna potè dissimulare.
Accolse nei polmoni secca aria piena d'ossigeno e priva di vita, diede spazio a quelle ombre, per un istante ancora. Esse le mostrarono la strada più facile, ma questa volta, seppe di non poter accettare.
Lasciò che rassegnazione colma di determinazione la ricoprisse.
Era caduta, ma si sarebbe rialzata. Le avrebbe teso la mano, quella mano che aveva tanto cercato, e nella sua stretta avrebbe racchiuso tutto il sostegno e la comprensione che solo il suo cuore era in grado di darle.
E nel suo odio, avrebbe trovato l'amore.
Sentì un respiro sul collo, un dolce sospiro di tenebra.
Riaprì gli occhi alla luce, ma vide solo ombra.
 

You don't want me to love you
You don't want me to need you
You don't want to look at me for you will turn to stone
You don't want me to hurt you
You don't want me to bite you
You don't want me or my aching soul
For I will only fall and rise again
Your venomous heroine
I'm a survivor
Yeah, I am a fighter

 
La notte avvolgeva la sua figura nella scura coltre di aria umida attraversata da gelida brezza , mai scura quanto quella che avvolgeva il suo cuore, mai gelida come il suo interno, spento come un fiore morente dimenticato dal sole. L'accarezzava lasciva, dandole l'illusione di tenerla a riparo dai raggi lunari che freddi penetravano le sue carni pallide sotto strati di tessuti pregiati. E lei si concedeva di credere a quella bugia, il solo tempo necessario per quel tentativo, forse patetico e disperato, forse sensato e necessario.
Ma sapeva di non essere protetta da quello sguardo , l'unico sguardo in grado di spaventare lei, la Regina Cattiva.
Lei, per sempre anima senza nome, donna dimenticata dalle gesta famose, castello di carte di crudeltà intinte nell'inchiostro più nero e resistente, destinato a finire, piatto, spazzato via nella polvere, da un soffio di vento debole quanto il vagito di un neonato.
Si era chiesta a volte cosa ci fosse, all'origine del  destino, e alla fine dell'inutile ricerca aveva trovato solo empio dolore. Lei stessa, aveva provato a modificarlo, e tutto quello che aveva ottenuto era stato il peso delle catene che l'avevano relegata tra gli abissi della sconfitta.
Trapassava ora con lo sguardo un'atmosfera che non la riconosceva, decisa ad affrontare la sua paura, certa di sconfiggerla, celandosi dietro lo scudo del vanto di essere la Sua salvezza.
Anche se non era quello che Lei voleva.
Lei, povera donna cieca di fronte al suo degrado, volontaria alla sua sottomissione, che non osava guardarla per paura di tramutarsi in pietra, incrociando gli occhi del pentimento che sarebbe sorto quando si fosse accorta della sua libertà, del suo potere.
Quanto ne aveva! Un potere così grande da mettere tutti in ginocchio, da bearsi delle loro urla, bevendo sangue dal fervente calice della vendetta.
Quanto lo adorava! E per averlo, le bastava solo pagare un piccolo prezzo, solo sopportare il freddo che l'avvolgeva nella notte senza luna del suo cuore, eternamente presente, cui oscurità eclissava anche il sole che illuminava il mondo all'infuori di lei.
E poteva tutto, quel suo potere, tranne che su di Lei.
Poteva darle tutto, ma non poteva restituirle quel posto da cui era stata sfrattata, gettata nella crudele realtà senza amore che si erano costruite intorno, sotto sguardi accusatori e muto disgusto, davanti a cui sorrideva, deglutendo l'amaro, estratto di belladonna che le colorava le labbra e le infettava, giorno dopo giorno, il cuore.
Ma era dolce, straordinariamente dolce, e forse se Lei lo avesse assaggiato di nuovo, quella notte, se lo sarebbe ricordato. Lei, che non voleva essere ferita. Lei, che si rifiutava di ritrovare quell'intesa, quell'infinito e deprecabile amore dagli insoliti, eppur familiari, colori, che non voleva più sottostare al suo morso.
Lei, che di tutti era stata il più amaro dei tradimenti.
E ora la vedeva, circondata da tutto ciò che Lei aveva sempre voluto, ma che non le aveva mai dato la possibilità di ottenere, adesso più di allora.
Perchè lei era cattiva, e non ne aveva diritto. Perchè lei avrebbe solo distrutto tutto.
Ma come poteva aver dimenticato, Regina, che c'era stato un tempo in cui insieme avevano scelto di rinunciare a tutto quello, innalzandola come loro unica e suprema volontà, sprofondando tutto ciò che era loro rimasto sotto la terra gelida e amara, che si era aperta ad accogliere il frutto della loro decisione?
Regina voleva superare quel dolore, e quella sua anima che per sempre sarebbe rimasta dolente, perchè era più comodo, perchè le avrebbe concesso di andare avanti e tenere stretto questa volta l'amore della famiglia che la circondava.
Ma non si rendeva conto, che un'anima senza dolore e senza peccato è un'anima debole. Non si rendeva conto, di star cercando la luce sbagliata, perchè creature come loro, ormai prive della loro umanità, non possono seppellire i demoni, perchè lo sono diventate loro stesse. E non possono lasciare che la luce, la luce vera, riscaldi il loro cuore, perchè finirebbe per bruciarlo.
Ma lei, era lì per salvarla. La stava convincendo, nella profondità di quello sguardo che apriva solo un'ulteriore via di contatto alle loro anime già unite.
Sarebbe stata la sua velenosa eroina, e col veleno l'avrebbe salvata, perchè anche se aveva provato a distruggerla, come tutti, restava una parte di sè. 
E sapeva che si sarebbe opposta, ma lei avrebbe saputo come sopravvivere, come rialzarsi, ancora una volta.
Rabbrividì, quando sulle onde della magia che permeava quella notte sentì il suo consenso, pesanti battenti che si aprivano con fin troppa facilità. Sospettò di Lei, d'inizio, ma credette ancora che Loro sarebbero state più potenti, più potenti di tutto.  
Ma quando si trovò davvero protetta dalla luce e dall'umidità della notte, quando si credette finalmente salva, percepì un calore, una consapevolezza.
E si sforzò di ignorarla, perchè accettarla avrebbe significato cadere, e non rialzarsi mai più.
Sospirò di sollievo, per non sentire la paura.
Ma quando riaprì gli occhi al buio, fu colpita dalla luce.
 

I will not hide my face
I will not fall from grace
I'll walk into the fire, baby
All my life
I was afraid to die
But now I come alive inside these flames!
 
 

 
 
   
 
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