Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Nana_13    08/07/2019    0 recensioni
"...Fa male. Un dolore lancinante mi attraversa tutto il corpo e mi sento quasi morire. Però devo resistere. Non posso permettere che lui mi scopra. Non ancora almeno. Devo dare il tempo agli altri di fuggire o il mio sacrificio non sarà servito a niente…"
Come promesso ecco il secondo capitolo della saga Bloody Castle. Claire, Juliet e Rachel hanno dovuto affrontare di tutto per salvarsi la vita. Una vita che ormai, è evidente, non è più quella di tre semplici liceali. Riusciranno a cavarsela anche questa volta? Non dovete fare altro che leggere per scoprirlo ;)
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
img14

Ritorno (Parte 2)


La mattina seguente, Laurenne accettò di accompagnarli alla prigione dove tenevano Dean.

Mark e Rachel volevano accertarsi che stesse bene, oltre a discutere con lui delle prossime mosse da fare. La cosa più importante al momento era riuscire a convincere Jamaal a lasciarlo libero, ma Rachel sapeva che non sarebbe stato un compito facile. Laurenne aveva promesso il suo supporto, ma anche così non era sicura di ottenere qualche risultato.

Come se non bastasse Claire, l’unica a cui Jamaal avrebbe potuto dare retta, si era chiusa in se stessa dalla sera prima e di certo lei non l’avrebbe cercata. Era stata molto chiara quando le aveva detto di non intromettersi più nella sua vita. E poi la sua continua bipolarità l’aveva davvero stancata. Il giorno prima non le importava nulla di Cedric, se fosse vivo o morto, e il giorno dopo eccola a disperarsi per lui. Che si sentisse in colpa poteva anche capirlo, ma non intendeva assecondare le sue uscite di testa. Se avesse avuto bisogno, sapeva dove trovarla.

Arrivati alla prigione, la stessa dove le avevano rinchiuse al loro arrivo, trovarono un paio di guardie a sorvegliare l’ingresso. Come concordato prima di uscire di casa, Laurenne disse che il prigioniero era malato e chiese di poter entrare per visitarlo. Per fortuna, i guerrieri non avevano idea che fosse un vampiro. Gli unici ad esserne al corrente erano loro, Jamaal, Najat e i pochi uomini che erano nella tenda la sera prima, i quali ovviamente erano vincolati alla segretezza. Così, senza fare domande, i due li lasciarono passare.

All’inizio entrarono con cautela, non troppo sicuri che Dean fosse nelle condizioni di ricevere visite.

“Tranquilli. Non mordo.” li rassicurò poco dopo una voce ironica dalla penombra.

Rispetto alla luce accecante dell’esterno, dentro era molto più buio e gli occhi fecero fatica ad abituarsi.
Per ironia della sorte, Rachel si ritrovò in quello stanzone spoglio, privo di arredamento, a parte una panca e un giaciglio fatto di paglia. Alla fine riuscì a individuare Dean, in piedi in un angolo, perché alzò lo sguardo su di loro e i suoi occhi brillarono nella semioscurità. “Ehi.” mormorò sollevata, facendo per andargli incontro.

Laurenne però glielo impedì. “Aspetta, potrebbe essere pericoloso.”

“Non preoccuparti.” Scosse la testa, convinta del contrario e, raggiunto Dean, lo coinvolse in un abbraccio. Nonostante tutto, era davvero felice di rivederlo. “Come stai?”

Dean ricambiò, anche se in modo impacciato. “Considerando che non mi nutro a sufficienza da prima del plenilunio e che non faccio che passare da una prigione all’altra, potrei stare meglio.”

Rachel non poté fare a meno di sorridere. Le era mancata la sua ironia pungente. “Ti tireremo fuori.” gli disse, cercando di apparire risoluta.

Lui si sedette sulla panca, appoggiando i gomiti alle ginocchia e abbandonandosi a un sospiro. “A meno che non troviate qualcosa che mi permetta di nutrirmi, penso convenga a tutti che io resti qui.”

“Ma non esiste qualcos’altro che voi vampiri possiate bere al posto del sangue umano?” gli chiese Mark. “Che so, sangue di…capra? Di mucca?”

Il buio celava il volto di Dean, ma non serviva la luce per immaginare la sua espressione eloquente. “Vuoi  davvero che ti risponda?”

“Se è una vittima che cerchi non la troverai qui.” si intromise Laurenne piccata. “Dovrai andare altrove a sedare i tuoi istinti animali. Ammesso che tornerai di nuovo libero.”

Il tono della sua voce non lasciava spazio a dubbi su cosa pensasse riguardo a Dean e ai vampiri in generale, e Rachel ammise di esserne delusa. Credeva che almeno lei sarebbe riuscita a distinguere il singolo dalla massa, senza lasciarsi accecare dal pregiudizio, invece nelle sue parole c’era lo stesso disgusto e desiderio di vederlo morto che aveva letto nelle espressioni dei guerrieri nella tenda.
D’istinto spostò lo sguardo su Dean, meravigliandosi di scoprirlo per nulla risentito.

Lui infatti non rispose subito, limitandosi a osservare la sciamana come se la stesse studiando. Poi disse qualcosa di inaspettato. “Mi dispiace per qualunque danno ti abbiano arrecato i miei simili. Non ero presente, ma posso comunque immaginare e ti chiedo scusa. Spero un giorno di riuscire a farti capire chi sono, così che tu possa vedermi in maniera diversa.”

Quanto ebbero sentito li lasciò di stucco per alcuni istanti. Dal canto suo Rachel, dapprima spiazzata da quell’atteggiamento così insolito per il carattere algido e tirato di Dean, in seguito non poté fare a meno di pensare che potesse trattarsi di uno stratagemma per portare Laurenne dalla sua parte e convincerla della sua buona fede. Le suonava strano sentirlo scusarsi per azioni di cui non era direttamente responsabile, come se volesse espiare da solo tutte le colpe dei suoi simili.

Lei dovette sospettare la stessa cosa perché, dopo un’iniziale smarrimento, non diede segni di aver cambiato opinione. “Se pensi che questo basti a cancellare i vostri crimini…”

Dean però scosse la testa. “Neanche lontanamente.” la interruppe. “Ti sto solo chiedendo di non giudicare chi non hai avuto modo di conoscere.” concluse lapidario.

Detto ciò, seguì un altro momento di silenzio, prima che la sciamana replicasse: “Smetterò di giudicarti quando dimostrerai di non essere un mostro come gli altri. Fino ad allora, non ti aspettare fiducia da parte mia.” sentenziò, facendo poi per dirigersi all’uscita.

“Te ne vai?” le chiese Rachel.

“Ho dei veri pazienti da visitare. Sarò a casa per pranzo.” la informò impassibile.

Mark le rivolse un’occhiata insicura. “E le guardie?”

Una volta assicurato che ci avrebbe pensato lei, la donna abbandonò la casupola, lasciandoli soli con Dean.
Rachel gli si sedette accanto, abbandonandosi a un sospiro malinconico. “Mi dispiace per come ti ha trattato. Non ti conosce, non avrebbe dovuto…”

Lui però la fermò prima che andasse oltre. “Non pretendevo certo che mi accogliessero a braccia aperte. So cosa è stato fatto a questa gente, è normale che la pensino così.” la rassicurò.

“Credo che tu l’abbia colpita però.” osservò Mark riflessivo.

Dean abbozzò un sorriso di risposta.

“Non saresti dovuto finire qui. È andata decisamente in modo diverso da come avevo immaginato.” disse Rachel con una punta di frustrazione.

“Se pensavi di riuscire a tenerlo nascosto, sei stata ingenua.” replicò lui, senza mezzi termini; poi abbassò lo sguardo, con aria rassegnata. “Comunque, è probabile che glielo avrei detto io. Per come sono messo, non avrei potuto permettermi di girare tra la gente come se niente fosse. La verità sarebbe venuta a galla, prima o poi. Credetemi, è andata meglio così.”

“Che cosa ti hanno fatto?” gli chiese Mark a quel punto, intuendo che dovesse tenersi qualcosa dentro.
“Quando ti hanno portato via.”

Per l’ennesima volta da quando era lì, Dean riportò alla mente quanto accaduto dopo che lo avevano tolto dalla cella dove lo tenevano insieme a Mark e Cedric, ed ebbe un attimo di esitazione. Parlarne non avrebbe portato a niente e comunque non era mai stato tipo da melodrammi, ma alla fine si decise. “Quello che ho fatto…Intendo aiutarvi a fuggire da Bran, ribellarmi a Nickolaij, non poteva restare impunito. Sapevo che non mi avrebbe lasciato tranquillo a marcire in una cella.”

“Ti ha torturato?” chiese allora Rachel preoccupata, ricordando i lividi che aveva notato sulla sua faccia quando era arrivato.

Dean però non aveva voglia di continuare sull’argomento. Le ferite inferte dai colpi dei suoi aguzzini stavano ormai guarendo, molto più velocemente da quando Mary gli aveva fatto bere il sangue. Ora a tormentarlo era un diverso tipo di ferita. “Claire come sta?” chiese, cambiando discorso. “Il suo polso?”

“Lei sta bene.” rispose Rachel sbrigativa. “A parte il fatto che non rivolge la parola a nessuno da ieri.”

Dean annuì. Di certo non poteva biasimarla. “Mi dispiace di aver reagito in quel modo. Quasi non me ne sono reso conto. Quando mi ha aggredito, mi si è annebbiata la vista e non sono più stato in grado di ragionare.” si giustificò. La lunga prigionia, le percosse e la scarsa nutrizione dovevano aver inferto un duro colpo alla sua capacità di dominarsi. Capacità che comunque aveva conservato, altrimenti Claire a quel punto non sarebbe stata neanche più tra loro.

Rachel scosse la testa. “Tranquillo, vedrai che capirà.” minimizzò, tentando di deviare la conversazione da Claire. “Piuttosto, è a Jamaal che dobbiamo pensare. È vitale riuscire a convincerlo che non sei un pericolo pubblico.”

“Dovrete essere parecchio persuasivi. Non mi sembrava molto ben disposto.” ironizzò Dean.

Mark sospirò, incrociando le braccia. “Potrebbe convincersi della tua buona fede se gli spiegassi di persona chi sei e cosa hai fatto per noi.”

“Stai dando per scontato che voglia ascoltarmi.”

Rachel si intromise tra i due. “Conosco Jamaal. All’inizio non si fidava neanche di noi, per via della faccenda di Juliet. Voleva mandarci via, ma poi ci ha ascoltate…”

Dean però la interruppe. “La faccenda di Juliet?” ripeté senza capire. “Quale faccenda?”

La domanda la lasciò per un attimo interdetta. Era vero, lui non sapeva niente. “Giusto…” tentennò. Non sapeva da che parte cominciare, così decise di passare subito al sodo. “Juliet non è più Juliet. O meglio, è diventata un’altra persona.” disse in sintesi. Non che fosse la più esaustiva delle spiegazioni, ma di quello si trattava.

L’occhiata che Dean le rivolse era tutta un programma. Ovviamente non aveva idea di cosa stesse parlando e la squadrò come se avesse perso il cervello.

“Non so come sia successo, Laurenne ci sta lavorando.” Si affrettò ad aggiungere. “So solo che è così da quando siamo arrivate al villaggio.”

“Rachel che vuol dire che è un’altra persona? L’ho vista ieri sera ed era lei. Sono abbastanza sicuro di ricordare come fosse fatta…”

“Sì, sì fisicamente è lei, ma mentalmente è Cordelia Danesti. Una delle sorelle vampire che vivevano a Bran non so quanti secoli fa.” gli spiegò trafelata, lasciandosi trasportare dal suo stesso panico.

Quando Dean cercò conferma guardando Mark, lui annuì. “Lo so, anche a me sembrava assurdo all’inizio. Poi però le ho parlato e mi sono convinto.”

Dean allora tornò su Rachel. “Vuoi dire che Juliet è…”

“No, no! È ancora viva.” lo rassicurò, intuendo al volo dove volesse andare a parare. “Una delle poche cose che Laurenne è riuscita a stabilire è che l’anima di Cordelia ha preso possesso del corpo di Juliet, ma lei c’è ancora. Dobbiamo solo trovare il modo di farla uscire.”

Abbastanza sollevato, anche se non completamente convinto, Dean annuì; poi sembrò rifletterci sopra. “Hai detto che è successo dopo che siete arrivate qui…”

Quel discorso portò Rachel a un altro tipo di quesito. Era da parecchio che voleva saperlo, ma il fatto che lui non fosse lì per darle una risposta l’aveva costretta a restare nell’ignoranza. Ora però voleva sapere. “A proposito di questo. Potresti spiegarmi come abbiamo fatto a finire quaggiù, quando il portale avrebbe dovuto farci tornare a Greenwood?”

Con quella domanda sembrò cogliere nel segno, perché Dean smise di riflettere per conto suo e la guardò, in cerca della spiegazione migliore da darle.

Vederlo titubante la convinse definitivamente di quello che già sospettava. “Quindi tu lo sapevi.” constatò incredula. “Sapevi fin dall’inizio che quel portale non conduceva in America e ci hai mentito.”

Anche Mark interpretò il suo silenzio come una conferma. “Non posso crederci, hai detto che ci avresti riportato a casa! Lo hai giurato sulla tua vita!” esclamò sconcertato.

“Vero. Ma non ho mai specificato quando lo avrei fatto.”

Il suo cinismo e la sua faccia tosta li lasciarono esterrefatti.

“Se penso a tutto il tempo che io e Cedric abbiamo passato a tormentarci, mentre tu sapevi che le ragazze erano al sicuro e non hai proferito parola…”

A quel punto, però, Dean lo interruppe. “Aspetta un attimo, questo lo stai dicendo tu. Io non avevo idea che qualcuno le avesse trovate vive, tantomeno che fossero al sicuro.” precisò, punto sul vivo.

“Perfetto! Meglio ancora!” ribatté Mark, sempre più basito. “Ci stavi mandando completamente allo sbaraglio. Potevamo morire, te ne rendi conto?”

Dean annuì. “Tra una morte certa a Greenwood e una ipotetica nel deserto ho preferito la seconda opzione. Almeno avreste avuto una possibilità. La vostra città ormai sarà piena di vampiri, non potevo mandarvi di nuovo laggiù.” si giustificò.

Il suo ragionamento non faceva una piega, ma Rachel non sopportava il pensiero che avesse rischiato così tanto, giocando con le loro vite. “A questo avevo pensato anch’io. Ciò non toglie che avresti potuto dircelo.”

“Sì, avrei potuto.” confermò lui, restando calmo. “Ma poi avreste accettato di attraversare quel portale senza fare storie? Ricorderai la situazione in cui ci trovavamo. Non c’era proprio il tempo di stare a discutere.”

Come al solito aveva ragione e loro dovettero riconoscerlo, anche se a malincuore.

“L’unica cosa che rimpiango è non essere riuscito a farvi andare via tutti la prima volta.” disse con una punta di amarezza. “Forse a quest’ora sareste tutti qui.”

Mark dovette pensare che stesse insinuando qualcosa. “Con questo intendi dire che Cedric…” iniziò in tono preoccupato.

Dean però scosse la testa. “Sul momento ho creduto che si sarebbero sbarazzati di lui, ma poi ho avuto modo di riflettere a mente lucida.” Fece una pausa. “No, ho buoni motivi per pensare che sia ancora vivo.” concluse.

“E quali sarebbero questi motivi?” gli chiese Mark, che non sembrava sollevato.

Cercando di raccogliere i pensieri, Dean spiegò la sua teoria. “Quando Cedric è rimasto indietro e lo hanno raggiunto, ero certo che lo avrebbero ucciso lì, sul posto. A quel punto a cosa poteva servire ancora? Invece poi, riflettendo, ho capito che forse non è andata così.”

“Scusa, come fai a dirlo?” gli chiese Rachel confusa. “Non hai visto mentre lo catturavano.” Almeno questo lo aveva dedotto da quanto Mark le aveva raccontato. Lui e Dean erano scappati, lasciando che fosse Tareq a occuparsi di Cedric, e visto che nessuno dei due alla fine era tornato non c’era che da trarne le dovute conclusioni.

“Sì, invece.” replicò quindi Dean, rivolgendosi a Mark. “Stavamo per calarci nel pozzo, si è trattato di un attimo, ma l’ho visto. Un vampiro si è caricato Cedric in spalla, mentre Tareq menava fendenti. Nessuno gli ha fatto del male.”

Lui ci pensò su un istante. “Quindi secondo te Ced è di nuovo prigioniero?”

Dean annuì. “Se Nickolaij lo voleva vivo deve esserci una ragione. Lo conosco bene ormai, non lascia niente al caso.”

Anche a Rachel piaceva l’idea che Cedric fosse ancora vivo, ma non riusciva a trovarne la ragione. “Perché continuare a tenerlo in cella, consapevole che non potrà dirgli niente che non sappia già?” chiese confusa.

“Esatto. Di conseguenza, deve per forza servire a qualcos’altro.” Dean sapeva che stessero pendendo dalle sue labbra e poteva sentire gli sguardi di entrambi fissi su di sé. “Credo che durante la nostra prigionia Nickolaij abbia intuito in qualche modo la relazione tra Cedric e Claire, e che ora voglia sfruttare la cosa a suo vantaggio.” spiegò infine.

Rachel rimase interdetta. “Cosa c’entra Claire adesso?”

“Pensavo lo aveste capito quando l’ha rinchiusa da sola nella torre. È lei che vuole, non gli importa di nessun altro. Sospetto che Nickolaij intenda proporre uno scambio, è per questo che sta tenendo in vita Cedric.” Scambiare l’uno per l’altra. Questa era decisamente il genere di soluzione che Nickolaij avrebbe adottato. Senza porsi il problema delle ricadute psicologiche ed emotive, come se si trattasse di un semplice baratto tra oggetti, non tra persone.

Mark e Rachel rimasero a fissarlo per qualche secondo, ancora increduli.

“Ma non capisco il motivo. Perché quel pazzoide sarebbe così ossessionato da Claire? Cosa vuole…” Rachel non riuscì a completare la frase, che un’illuminazione la colse e in un attimo fu come aggiungere un nuovo tassello alla storia.

Mark si chinò verso di lei con aria preoccupata. “Ray?”

Rachel però non rispose, troppo occupata a raccogliere ed elaborare le idee che le vorticavano nella testa. Ripensò alle sorelle Danesti, a Cordelia e poi a Elizabeth, con cui sapevano Nickolaij aveva avuto una relazione a suo tempo. Ora lui voleva Claire, che guarda caso le somigliava in maniera incredibile. A quel punto, non fu difficile fare due più due.
Riemergendo dai suoi pensieri, rivolse un’occhiata allarmata a Dean, che pur nella penombra riuscì a notarla.

“Che c’è?” le chiese spaesato, ma non ci fu il tempo di dargli una risposta, perché di lì a poco uno degli uomini di guardia alla prigione si affacciò all’interno e ordinò perentorio qualcosa in arabo.

Non ci fu bisogno di sapere la lingua per capire che era da troppo che si trovavano lì e dovevano togliere il disturbo. Rachel rivolse un ultimo mezzo sorriso di conforto a Dean e poi si avviò all’uscita.

“D’accordo, ne riparleremo.” fece Mark, prima di seguirla. “Fino ad allora tu cerca di restare vivo.”

Dean annuì appena e, mentre lo guardava andare via, le sue labbra si piegarono in un sorriso sghembo.
Una volta fuori, si affrettarono ad allontanarsi, ansiosi di mettere quanta più distanza possibile tra loro e le guardie.
Quando furono abbastanza lontani, Mark si decise a chiedere chiarimenti. “Ora mi spieghi cosa ti è venuto in mente prima, quando parlavate di Claire? Stavi dicendo qualcosa e poi ti sei ammutolita.”

“Ricordi quando Claire non riusciva a dormire per via degli incubi?”

Lui annuì. Così iniziò a descrivergli quello che sapeva a proposito dei Danesti, una famiglia di vampiri vissuta secoli prima, acerrima nemica dei Draculesti, dinastia a cui invece apparteneva Nickolaij. Gli spiegò della sua storia con Elizabeth Danesti, di come l’avesse usata solo per arrivare a distruggere i suoi rivali e della somiglianza tra lei e Claire.

Man mano che raccontava, tutto iniziava a farsi più chiaro.
“Quindi mi stai dicendo che vuole Claire perché gli ricorda la donna con cui stava secoli fa.” constatò Mark alla fine. “Quel tipo è fuori di testa! Si somiglieranno anche, ma non sono la stessa persona. Come può pretendere che tra loro funzioni?”

Rachel scosse la testa, poco convinta. “Non lo so. Anche a me sembra assurdo, ma a quanto pare deve esserci di più della semplice somiglianza. E non riguarda solo Claire, altrimenti non si spiegherebbe neanche il cambiamento di Juliet. Ci sta sfuggendo qualcosa in questa storia, me lo sento. Il problema è cosa.” ragionò. Prima di venire interrotti, stava per parlarne con Dean, per vedere se ne sapesse di più.

“E che intendi fare con Claire? Le parlerai dello scambio e di tutto il resto?”

In cuor suo, Rachel si era già posta da sola questa domanda e al momento era molto poco propensa a guardare in faccia Claire, figurarsi parlarle. Nonostante si rendesse conto che lei aveva il diritto di conoscere la teoria di Dean sullo scambio, era anche vero che l’esperienza maturata in tanti anni di amicizia le aveva insegnato a diffidare delle sue reazioni, che spesso potevano essere imprevedibili. “No, lasciamo stare.” concluse infine. “In fondo, le nostre sono solo congetture. Per ora è meglio che questa storia rimanga tra noi, almeno finché Dean non sarà di nuovo libero. E poi in quest’ultimo periodo Claire è talmente fuori controllo che sarebbe capace di andare subito a Bran e farsi ammazzare.”

L’ultima frase le uscì con una punta di stizza, cosa che non sfuggì all’orecchio attento di Mark. “Colgo un leggero risentimento nella tua voce. È una mia impressione o tra voi è successo qualcosa?” chiese ironico.

Rachel arricciò le labbra in segno di disappunto. “Qualcosa è un eufemismo.”

Approfittò del tragitto rimanente per raccontargli in breve le varie discussioni avute con Claire, fino all’ultima che le aveva portate definitivamente a togliersi il saluto. Farlo fu liberatorio, in effetti, perché con Mark non aveva vincoli o freni di sorta, e poteva parlare liberamente di ogni cosa. Tranne naturalmente della tresca che Claire aveva avuto con Jamaal, segreto che, nonostante fosse arrabbiata con lei, non gli avrebbe mai rivelato. Così, quando alla fine arrivarono a casa, si sentì come svuotata.

Essendo quasi ora di pranzo, trovarono Cordelia impegnata ai fornelli, ma di Claire nessuna traccia. Mark le chiese che fine avesse fatto e lei rispose che per tutta la mattina era rimasta in camera, senza scendere neanche una volta per rassicurare che fosse viva.

“Sono ore che è rintanata là sopra da sola.” li informò Cordelia preoccupata. “Non ha voluto neanche mangiare.”

Il tono che usò era un modo evidente per far capire a Rachel che forse era il caso di andare a controllare, ma lei non ne aveva alcuna intenzione. L’ultima volta le aveva chiesto di restare fuori dalla sua vita e così avrebbe fatto. Con un gesto secco prese il proprio piatto e si sedette al tavolo. “Lasciala stare. Deciderà da sola quando è il momento di farsi vedere.”

Il pranzo andò avanti in silenzio; poi Rachel aiutò Cordelia a pulire e sparecchiare, come facevano sempre da quando erano lì. Laurenne era ancora fuori per il suo giro di visite ai malati e il minimo che potessero fare, dopo averle invaso la casa, era di aiutarla con le faccende domestiche.

La sciamana rientrò poco dopo, alquanto provata e stanca. Così Cordelia cercò di tirarla un po’ su facendole trovare il piatto pronto sul tavolo. Mentre mangiava, raccontò di essere stata da un’anziana signora del villaggio, le cui condizioni erano a dir poco critiche e che forse non avrebbe superato la notte.

Rachel la ascoltava, anche se in realtà era più preoccupata di qualcos’altro e a un certo punto la domanda le sorse spontanea. “E Dean? Anche lui non sta bene…”

“Ci ho pensato e forse ho trovato una soluzione al suo problema.” la interruppe Laurenne, rabbuiandosi di colpo al solo sentirlo nominare. “Ci lavorerò nel pomeriggio. Il vostro amico dovrà resistere un altro po’. E comunque non sono sicura che funzionerà.”

Il tono con cui lo disse era decisamente ostile, ma nessuno osò farglielo notare. Rachel non conosceva il vero motivo per cui Laurenne, sempre gentile e premurosa con tutti, fosse tanto prevenuta nei confronti di qualcuno che nemmeno conosceva. Gli Jurhaysh sembravano disprezzare Dean a prescindere, solo a causa di ciò che era. Un tempo anche lei la pensava così. Ora invece aveva imparato a distinguere il singolo dal resto del gruppo.

Tuttavia, non le andava di discutere anche con Laurenne, così pensò che la cosa migliore fosse uscire e lasciarla mangiare in pace, approfittandone per far visitare a Mark il villaggio. Con l’occasione avrebbe anche potuto comprargli dei vestiti che gli andassero bene, visto che quelli che indossava erano del defunto marito di Laurenne che, essendo stato un guerriero, portava almeno due taglie in più di lui.
Dopo aver girato per il mercato fino a tardi, fecero un salto veloce alle terme per permettergli di lavarsi come si deve e riprendersi un attimo da fatiche e preoccupazioni. Per fortuna, non c’era molta gente e non dovettero ignorare troppi occhi puntati addosso. Rachel ormai ci era abituata, lo facevano per curiosità più che per sospetto, ma per Mark sarebbe stato diverso.
Prima di rientrare, pensarono di fermarsi un po’ all’oasi a godersi il tramonto. Il sole non aveva ancora raggiunto il pelo dell’acqua, ma era già di un colore arancione intenso.

Lo sguardo di Mark si perse, mentre osservava il paesaggio davanti a sé. “Caspita. Se qualche mese fa qualcuno mi avesse detto che sarei finito in Arabia Saudita avrei chiamato il 911.” scherzò.

Rachel sorrise divertita e d’improvviso rasserenata dal suo immancabile ottimismo. “A dire la verità, mi sembra di vederlo solo ora.”

Lui le rivolse un’occhiata interrogativa.

“L’ultima volta che sono venuta qui ero con Claire e c’era un tramonto come questo.” si spiegò, dopo un sospiro. “Era bellissimo, proprio come adesso, ma non sono riuscita a godermelo perché ero troppo in ansia per te.” ammise malinconica.

Quando subito dopo Mark le prese la mano, avvertì un brivido lungo tutto il corpo e istintivamente abbassò lo sguardo sulle loro dita intrecciate.
“Sono qui adesso e ti prometto che non ti lascerò mai più.”

Le sue parole le riportarono il sorriso. Doveva essere così, perché non avrebbe sopportato di stargli ancora lontana.
Rimasero così per un po’, in silenzio, guardandosi e basta; poi Rachel non ce la fece più e annullò la distanza che li separava. “Non sai quanto mi sei mancato.” mormorò, sospirando. 

Mark le circondò le spalle con un braccio, stringendola a sé. “Sì che lo so.” disse, mentre le posava un bacio tra i capelli.

“Ero così preoccupata. Saperti rinchiuso lì dentro, con la paura che avrebbero potuto…” Non riuscì a completare la frase perché il solo pensiero la fece rabbrividire.

Sollevandole il viso, lui la spinse a guardarlo negli occhi. “Anch’io ero terrorizzato, Ray. Non avevo idea di dove fossi e se stessi bene. Se dovessi elencare tutte le cose orrende che ho pensato potessero esserti capitate, non basterebbe una vita.” ironizzò. “Ma adesso siamo qui, insieme. L’avresti mai detto?”

Senza riuscire a smettere di sorridergli, dopo un po’ Rachel gli sfilò gli occhiali, per poterlo studiare meglio e riprendere confidenza con i tratti del suo viso. Alla luce del tramonto i suoi occhi erano di un color verde smeraldo stupendo. “Alla fine hai tenuto la barba.” constatò con piacere.

Il sorriso di Mark si trasformò in un ghigno soddisfatto, mentre la attirava a sé per i fianchi. “Sì beh, avevi detto che mi dava un’aria da duro…”

Rachel rise. Rise davvero. Forse per la prima volta da chissà quanto tempo. Sapeva che solo lui avrebbe potuto ridarle la gioia perduta. Gioia che arrivò al suo culmine quando la baciò. In quel momento esatto ogni preoccupazione svanì nel nulla e Rachel smise di pensare a qualunque altra cosa.
Quando Mark smise di baciarla, quasi ci rimase male e fece per protestare, ma non gliene diede il tempo.

Dopo averla guardata in un modo che non ricordava avesse mai fatto, la sorprese ancora una volta.
“Ti amo.” sussurrò, per poi restare in attesa della sua reazione.

Il suo cervello era quasi del tutto spento a causa del bacio, quindi Rachel impiegò del tempo per elaborare la cosa. Per diversi secondi rimase impalata a fissarlo come una perfetta idiota. Avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo a un attimo prima, per essere più preparata, ma ormai era fatta. La bomba era stata sganciata e ora toccava a lei. Per fortuna, Mark non sembrava offeso dal suo silenzio e continuò ad aspettare sorridente che si decidesse.

Sentendosi pronta, finalmente aprì la bocca per rispondere, anche se le parole le uscirono con più ritardo di quanto avesse previsto. “Anch’io ti amo.” Lo disse in tono un po’ traballante, ma non perché non ne fosse convinta, anzi.

Vederla così impacciata doveva essere molto divertente, oltre che raro, perché lui si mise a ridere, prima di chinarsi di nuovo per baciarla.
Stavolta Rachel non ebbe alcuna esitazione e lo lasciò fare, il cuore che le batteva all’impazzata. Felice come mai prima di allora, fece qualcosa che normalmente non le sarebbe passato neanche per la testa. Con un coraggio che neanche lei sapeva di avere, interruppe il bacio e si sedette sulla sabbia.
Senza smettere di guardarla, lui la seguì, come se le avesse letto nel pensiero e, una volta seduti l’uno accanto a l’altra, le loro labbra si unirono di nuovo, già stanche di stare separate.
In breve Rachel intuì cosa stesse per succedere, ma stranamente la cosa non le provocò nessuna ansia o ripensamento. Nemmeno quando la bocca di Mark si spostò sul suo collo. In quell’attimo tutto si fece confuso e sfocato, privo di ogni importanza. La sua presa sugli occhiali che gli aveva tolto si allentò, facendoli finire chissà dove accanto a sé.

Erano ormai sdraiati, quando lui si interruppe, guardandola adorante. Come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto. “Se vuoi che mi fermi…”

Rachel ricambiò lo sguardo, per un attimo incerta; poi fece segno di no con la testa e tornò a baciarlo. Era bastato quel momento di pausa perché la sua testa tornasse a lavorare frenetica. E se non fosse stata in grado? In fondo, per lei era la prima volta. E se fosse arrivato qualcuno? Mille paure nel giro di pochi secondi. Giusto il tempo di mandarsi al diavolo da sola e tornare al presente. Ci mise poco a rendersi conto che non le importava un fico secco di niente e di nessuno, a parte loro due.

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Nana_13