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Autore: incantaval    10/07/2019    4 recensioni
In un pomeriggio di inizio dicembre, Eleonora Sava si prepara a trascorrere le ultime due settimane di permanenza a Manchester. La sua ordinaria routine inglese, però, verrà stravolta il giorno stesso.
#SkamItalia #EleonoraSava #EdoardoIncanti #Incantava
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mercoledì 5 dicembre 2018, ore 17:15 - “Cioccolata calda”
 
La pioggia ticchettava insistente contro la grande vetrata della biblioteca. Pochi erano gli studenti rimasti; alcuni si aggiravano tra gli scaffali, altri, seduti ai lunghi tavoli, tentavano di nascondere l’espressione assonnata, portandosi una mano davanti alla bocca per mascherare uno sbadiglio e reggendo la testa che si faceva sempre più pesante con l’altra, mentre si apprestavano a ultimare la sessione di studio in vista degli esami che precedevano le vacanze natalizie, ma vagando con la mente oltre i libri e gli schermi dei computer, pregustando già il ritorno in famiglia. Le piccole ruote dei carrelli e delle scalette a contatto con il pavimento, riecheggiavano in lontananza, trascinati lungo i corridoi dai bibliotecari che si apprestavano a riporre i volumi, facendo da sottofondo a quell’atmosfera di pace, tranquillità e tepore, in contrasto con quel pomeriggio grigio, umido e piovoso, tipicamente inglese.
Eleonora, con lo sguardo fisso sul libro che aveva davanti e la fronte leggermente corrugata, sintomo di grande concentrazione, quasi non si rese conto del telefono che vibrava impercettibile accanto al suo braccio. Un nome lampeggiò sulla schermata principale. Istintivamente chiuse di scatto il libro, si guardò attorno alla ricerca di un luogo più appartato per non disturbare i presenti, per poi andare a sedersi sul bordo dell’ampia finestra in corrispondenza delle ultime file di tavoli. Rispose alla chiamata, mentre si avvolgeva una ciocca di capelli intorno al dito. “Pronto, Maggie? Sei già qui, ti raggiungo io?” Dall’altro capo arrivò una risposta e passò qualche secondo prima che Eleonora parlasse nuovamente “Va bene, tranquilla…ci vediamo a casa allora, a dopo ciao...ciao, sì…no…sì, tanto ci passo anche per me… nessun problema …ciao…ciao” Chiuse la chiamata e si soffermò a osservare il viavai di passanti frettolosi che affollavano le strade di Manchester nell’ora di punta, posando gli occhi su ognuno di loro e immaginando uno spaccato della loro vita, come se quello strato di vetro la separasse da una realtà parallela e lei fosse la spettatrice di scene di una quotidianità che non le apparteneva, o meglio di un film, in cui l’uomo che stringeva il mazzo di rose e si riparava dalla pioggia con un giornale sgualcito non vedeva l’ora di tornare a casa dalla moglie e dai figli, e la donna in tailleur elegante e tacchi che si destreggiava tra il traffico cittadino stringendo una valigetta, mentre parlava e gesticolava animatamente al cellulare, non smettendo neanche per un istante di sorridere, aveva appena ricevuto una promozione in ufficio.
Una mano dalle dita sottili e rugose appoggiata sulla spalla la distolse dai suoi pensieri. “Stiamo per chiudere, cara” una donna minuta, sulla sessantina, con la schiena un po’ curva e i capelli legati in una crocchia, le sorrise passandole accanto e le accarezzò il viso, per poi proseguire il suo giro. Eleonora ricambiò il sorriso. La conosceva bene, era la bibliotecaria che l’aveva accolta la prima volta, quando era arrivata al banco assistenza spaesata e confusa, con una lunga lista di testi assegnati per il corso di letteratura che aveva iniziato a seguire. La bibliotecaria l’aveva subito presa in simpatia, come una nipote, ed Eleonora non poté fare a meno di pensare che alcuni suoi tratti rispecchiassero quelli di una nonna gentile e amorevole. Da allora la biblioteca era diventato il suo posto preferito in cui rifugiarsi, pensare, progettare, scrivere, trovare calore e famigliarità, avvolta dal profumo delle pagine dei vecchi manuali polverosi. Più volte si erano trattenute a parlare, anche oltre l’orario di chiusura, e mentre Eleonora la aiutava a sistemare i libri sugli scaffali, si conoscevano, si scambiavano racconti, ricordi, consigli, e ogni volta la ragazza sentiva di poter imparare molto dalla sua saggezza. Sapeva che dirle addio, una volta passate le due settimane successive, non sarebbe stato semplice. Sperava più in un arrivederci, perché un giorno, in un futuro non troppo lontano, sarebbe tornata a Manchester. Ormai un pezzo del suo cuore apparteneva a quella città.
Infilò il cellulare nella tasca dei jeans, si avviò nuovamente al tavolo affrettandosi a raccogliere le sue cose, e con passo svelto uscì dal portone principale. Il buio della sera stava pian piano calando, e la luce del giorno lasciava il posto alle luci che illuminavano gli edifici e le strade, percorse da una sinfonia di clacson. Eleonora alzò il naso all’insù e una goccia le cadde all’altezza dell’occhio sinistro, depositandosi sulle sue ciglia per poi scivolare giù lungo la guancia, fino a raggiungere il collo, facendola rabbrividire. La pioggia non accennava a smettere, Eleonora si strinse ancora di più nel suo cappotto vintage, issò meglio il manico della borsa sulla spalla, e, sprovvista di ombrello, si preparò a fare una corsa per raggiungere la sua caffetteria preferita dall’altro lato della strada. Normalmente quel posto era l’appuntamento fisso del mercoledì con Margherita, ragazza italo-inglese con cui aveva legato parecchio in quei mesi, sorella maggiore tra cinque figli nella famiglia in cui Eleonora lavorava come babysitter, ma quel pomeriggio era sorto un imprevisto e lei non poteva raggiungerla. Annotò mentalmente di comprarle del cioccolato fondente come le aveva chiesto.
Raggiunse il marciapiede opposto con il fiatone, il viso arrossato, la fronte leggermente imperlata di sudore e ciuffi di capelli bagnati che le ricadevano scomposti sul viso. Si scrollò di dosso le gocce di pioggia, aprì la porta del locale e fu invasa da un aroma dolce, penetrante e famigliare di cacao. Sfilandosi i guanti, si avvicinò all’espositore per scegliere le tavolette di cioccolato per lei e per l’amica.
Stava per dirigersi alla cassa, quando una voce alle sue spalle la fece sobbalzare e bloccare all’istante, come se all’improvviso la ragazza fosse diventata una scultura di ghiaccio, gelida e incapace di compiere il benché minimo movimento.
“Ele?”
Passarono interminabili secondi prima che Eleonora riuscisse a risvegliarsi da quello stato di pietrificazione assoluta. Si voltò di scatto, sbarrando i suoi meravigliosi occhi verdi alla vista di ciò che non pensava di poter mai vedere. Non lì, non quel giorno.
Del tutto impreparata e colta alla sprovvista, deglutì faticosamente.
“Ciao, non mi saluti nemmeno? Sembra che tu abbia visto un fantasma” una risata risuonò nell’aria, ma data l’esitazione di Eleonora, visibilmente scioccata, che a malapena riuscì a richiudere la bocca spalancata cercando di mantenere una parvenza di calma, il tono tornò a farsi serio.
“Ehi…tutto bene?” La figura le si avvicinò tanto lentamente quanto pericolosamente, una mano si allungò incerta e delicata verso il suo braccio, con l’intento di tranquillizzarla in qualche modo, ma quasi con la paura di sfiorarla, recando danno ad una creatura fragile e spaventata.
Capendo le intenzioni, Eleonora scansò il braccio, parò una mano davanti a sé fino a toccare il petto dell’interlocutore per allontanarlo di qualche millimetro, per poi ritrarla subito, rendendosi conto di quel contatto mai stabilito prima d’ora. Iniziava a mancarle l’aria e lo sguardo sembrava appannarsi. Annaspando tra mille pensieri che affollavano la sua mente, riuscì a mettere insieme poche parole una di seguito all’altra, formulando un’unica domanda che si faceva largo tra tutte.
“Cosa ci fa qui, Edoardo?” chiese con la voce che le tremava, cercando di nascondere una nota di emozione.
“Sono a Brighton per sostenere dei test d’ingresso questa settimana… sai, per dopo la maturità…e mi è venuta voglia di bere qualcosa.” Non sapeva ancora cosa avrebbe compreso il suo futuro post-diploma, ma aveva scelto di tenere aperte diverse porte.
“Ah…” fu tutto ciò che uscì dalla bocca di Eleonora. Una piccola, piccolissima parte di lei era davvero convinta che Edoardo Incanti e quell’ammasso di riccioli corvini fossero lì per vederla. Scacciò quella considerazione e si convinse che chiaramente non era in grado di ragionare lucidamente.
“Ti va una cioccolata calda?” Esordì il ragazzo per stemperare la tensione.
“I-io dovrei rientrare…mi stanno aspettando…”
“Dai, fuori piove a dirotto e fa freddo e io ho il treno per tornare in albergo fra un’ora, solo 10 minuti così ci scaldiamo un po’.”
Eleonora, che era già paonazza e accaldata di suo per la situazione, inclinò titubante la testa, increspando le labbra. Edoardo la fissava con sorriso sghembo e occhi che le parvero quasi supplichevoli.
“E poi mi devi un appuntamento, ricordi?” inarcò un sopracciglio con tono sarcastico. Improvvisamente il suo sguardo era diventato la faccia da cazzo di sempre, ora sì che Eleonora lo riconosceva.
La ragazza osservò la pioggia scrosciante attraverso la vetrata del locale e sospirò. Se fosse uscita con quel tempaccio e senza ombrello, durante il tragitto fino a casa si sarebbe di certo presa un malanno. E la prospettiva di passare le ultime due settimane di permanenza a Manchester a letto con l’influenza non era per nulla allietante. “Va bene rimango, ma ci siamo incontrati per caso, non è un appuntamento.” Sottolineò con risolutezza.
Edoardo le sorrise e si accomodarono in uno dei tavolini liberi.
 
___
 
 
Eleonora girava il cucchiaino con la panna dentro la tazza da cinque minuti buoni. Se ne stava seduta rigidamente sul divanetto della caffetteria, con Edoardo che la scrutava di sottecchi tra un riccio e l’altro mentre beveva la cioccolata. Posò la tazza sul piattino.
“Dai messaggi sembra che ti trovi bene qui, mi fa piacere” fece una pausa catturando l’attenzione della ragazza, che lo fissò negli occhi per qualche secondo prima di rispondere.
“Sì le padrone di casa sono simpatiche e la famiglia per cui lavoro mi ha accolta bene fin da subito.”
“Novità dall’ultima volta che ci siamo scritti?”
“No, non molto… la coinquilina è ripartita la settimana scorsa.”
“E tu?”
“Io cosa?”
“Quando torni?”
Eleonora giocherellava nervosamente con la sua tazza, facendo scorrere i pollici sul bordo. “Non lo so ancora.” Mentì. Qualcosa la frenava dal dirgli la verità. Paura, forse?
Edoardo finì la sua cioccolata dubbioso. Alzò la testa e Eleonora non riuscì a contenere un sorriso alla vista dei residui sulla sua bocca.
“Cosa c’è? Perché ridi?”
“No niente…sei sporco qui.” La ragazza si portò un dito davanti al viso, mostrandogli il punto esatto. Edoardo afferrò un tovagliolino passandoselo sulle labbra. Eleonora scoppiò a ridere nuovamente.
“Hai peggiorato la situazione…aspetta…” prese un tovagliolino a sua volta, allungò il braccio verso il lato di Edoardo e con delicatezza glielo strofinò all’angolo della bocca. Aveva l’espressione buffa di un bambino, sembrava diverso, più umano ai suoi occhi. I loro sguardi si incrociarono. Eleonora distolse il suo e ritrasse velocemente il braccio.
“Devo andare, si staranno chiedendo dove io sia finita” raccolse frettolosamente borsa e cappotto e lasciò un paio di banconote sul tavolino, prima di alzarsi.
“No, lascia stare ci penso io.”
Eleonora spinse con ancora più decisione i soldi verso di lui
“Come vuoi… usciamo quando torni?”
“Non basta una cioccolata calda per farmi cambiare idea.”
“Quindi continuerai a rispondermi di no?”
“Sì”
“Sì … cosa?”
“Sì, la mia risposta è sempre no, non è cambiato niente, smettila di confondermi. Ah un’altra cosa…” si fermò guardandolo dritto negli occhi.
“Dimmi.”
“Quello che è successo a Manchester, rimane a Manchester.”
“E cos’è successo esattamente?”
“Niente, assolutamente niente, noi non ci siamo mai visti.” A Eleonora mancava nuovamente il respiro. Perché Edoardo le faceva quell’effetto? Sentiva di non poter rimanere lì con lui un minuto di più.
“Va bene, sarà il nostro segreto…ma lo sai che non mi arrenderò, vero?”
Eleonora rimase in silenzio. Edoardo sostenne il suo sguardo, si alzò dal divanetto avvicinandosi ancora una volta lentamente a lei, e prima che potesse scansarsi, dire o fare qualunque cosa, la differenza di altezza tra i due gli permise di accarezzarle i capelli con una mano mentre le depositava con facilità un bacio sulla testa. Rimase paralizzata a quel tocco e per un attimo ebbe il riflesso incontrollato di socchiudere gli occhi.
“Ciao Ele.” Le sussurrò all’orecchio risvegliandola.
“Ciao Edo.”
Eleonora uscì in tutta fretta dal locale e si fermò qualche metro più avanti, in mezzo al marciapiede. Il cuore le batteva all’impazzata, le gambe le stavano per cedere e aveva la sensazione di essere lambita dalle fiamme. La pioggia la colpiva, ma in quel momento non le importava. Anzi quella sensazione di freddo e bagnato che prima l'aveva fatta rabbrividire, ora sembrava darle sollievo e portarla nuovamente alla vita come l'acqua con le piante. Fece un respiro profondo e riprese a camminare per raggiungere la fermata dall’autobus, con le decorazioni natalizie e le lucine natalizie tutt’intorno che le facevano da sfondo. Fu allora che realizzò che iniziava a sentire la nostalgia di Roma e delle persone a cui voleva bene.
 
____

 
La porta del locale si richiuse alle spalle della ragazza tintinnando. Edoardo seguì Eleonora con lo sguardo fuori dalla caffetteria, fino a vederla svoltare l’angolo. Si sedette nuovamente al tavolino, prese il cellulare e cercò un numero fra tutti in rubrica.
“Pronto Fede?”
“Edo! Allora com’è andata?”
“Non so ancora, i risultati arriveranno nei prossimi mesi…”
“Scemo, non parlavo dell’esame! Conoscendoti avrai preso il massimo… parlavo di Eleonora…”
“L’ho vista.”
“E che scusa ti sei inventato alla fine?”
“Le ho detto che sono a Manchester perché volevo bere una cioccolata.”
“Edoà! E lei ti ha creduto? Da Brighton a Manchester per una cioccolata? Quattro ore di viaggio per una cioccolata? Fratè, tu le balle non le sai proprio raccontare. Ringrazia il fatto che Eva ci mette un secolo per farsi una doccia e non si è accorta di nulla altrimenti tutte queste informazioni girate direttamente dal suo cellulare te le sognavi.”
“Era bellissima.”
“Va bene, ho capito. Ti sei rimbecillito completamente. Appena scendi dalla tua nuvoletta di zucchero filato fammi un fischio. Ah ovviamente non ho detto nulla a nessuno...cioè lo sanno solo i ragazzi, ma ho fatto giurare di non aprire bocca. E con Eva non si sta rivelando per niente semplice mantenere tutti questi sotterfugi, ho l'impressione che mi legga le cose in fronte a volte. Mi devi un po' di favori quando torni.”
“Grazie Fede, ci vediamo dopo il ponte dell’8. Non sentire troppo la mia mancanza.”
Edoardo chiuse la telefonata sorridendo. Involontariamente si stava mordendo il labbro.
   
 
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