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Autore: SkyDream    12/07/2019    2 recensioni
Al ritorno dal suo allenamento di un anno, Natsu trova Crocus completamente rasa al suolo a causa della guerra scatenata da Akio e la Fairy Tail sciolta per volere di Makarov.
Deciso a mettere fine allo scempio causato da Akio, un folle precedentemente membro di Phantom Lord, si mette in viaggio per riunire tutti i membri della sua gilda. Ma parecchie strade si incroceranno rendendo il tutto poco semplice.
Lucy, Lluvia e Wendy, per prime, riprenderanno contatto con il loro passato.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gray Fullbuster, Lluvia, Lucy Heartphilia, Natsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di leggere: Nella storia Lluvia ha perso una gamba a causa della maledizione di Akio, che sarà l'antagonista principale di questa storia.
Consiglio - non obbligo -  pertanto la lettura di Soul Rain prima di cominciare, dove si spiega il tutto e si introduce il personaggio di Akio.
La storia è ambientata dopo il ciclo narrativo di Tartaros.


Broken Tear


Chapter 1: The sound of broken bread

 
Natsu aveva lasciato la gilda poco più di dodici mesi prima.
Era partito, con Happy al suo fianco, verso un nuovo orizzonte e con una meta più spirituale che materiale. Sentiva il bisogno di crescere, di maturare e, soprattutto, di diventare abbastanza forte da poter proteggere i suoi amici.
Aveva mosso i primi passi con un magone in gola che lo bloccava, avrebbe voluto piangere ancora per la scomparsa di Igneel, ma non ci riusciva e, da un lato, forse era meglio così.
Mentre si incamminava aveva anche pensato a Lucy, la sua Lucy, che aveva sacrificato un suo Spirito Stellare per salvarli tutti. Si era anche rialzata e ne era uscita vittoriosa nonostante le ferite.
Si perse un momento, uno solo, nei suoi pensieri su Lluvia: la sua amica aveva perso una gamba da poco a causa di un pazzo che voleva estirparle il simbolo della gilda.
Natsu, in quei giorni che avevano stravolto Fairy Tail e cambiato la vita di Lluvia, era in missione e quando era tornato aveva trovato tutto diverso, ma la gilda unita ancora più di prima.
Tutti questi pensieri e altri si erano accavallati sia all’inizio del suo cammino che sulla via del ritorno, quando aveva mosso i primi passi sulla neve per entrare a Crocus e far vedere chi fosse diventato.
Fu proprio il pensiero della gilda che lo aspettava - soprattutto per le feste natalizie -  ad averlo fatto saltellare, trepidante d’orgoglio per i suoi nuovi poteri, davanti l’entrata della città.
E fu sempre lo stesso pensiero a far crollare il suo castello di carte, scosso dal vento gelido dell’inverno.
Crocus era stata in parte rasa al suolo: centinaia di case erano ridotte ad un cumulo di macerie ormai innevate, della grande torre principale era rimasto ben poco, dell’arena dei Grandi Giochi, invece, più nulla.
Non una voce aleggiava nella città, nessun bambino correva per le strade e mancava l’allegria e il calore che avevano sempre avvolto la Capitale.
Natsu percorse la via centrale, imbiancata e solitaria come non mai, senza emettere alcun suono oltre quello delle scarpe che scricchiolavano sui detriti e affondavano nella neve, solo con il suo piccolo amico a fianco. Per le strade rotolava parecchia spazzatura, dai vestiti strappati alle bottiglie rotte, fogli di giornali e vecchi ricordi appartenuti a chissà chi.
Uno di quei fogli di giornale gli si incastrò sotto il piede, nel toglierlo vi scorse un sorriso familiare.
Lucy, con il viso roseo e i capelli raccolti da un nastro blu, rideva davanti la telecamera con i grandi occhi evidenziati da un leggero trucco. La foto era piccola, ormai stropicciata, e presentava uno dei numerosi articoli scritti dalla neo giornalista.
«Così Lucy ora lavora per il Sorcerer?» chiese Happy svolazzando accanto al suo amico per guardare la foto. Abbassò lo sguardo sull’ultima riga del giornale e lo indicò con una zampetta:«L’articolo è di un mese fa!».
Natsu scese oltre al titolo leggendovi poche sporadiche notizie riguardo un attacco alla Blue Pegasus che, però, aveva avuto solo l’effetto di sollevare un polverone. Nessun ferito e nessun danno, solo paura. Forse un’intimidazione.
«Se è successo qualcosa di brutto, deve essere avvenuto nelle ultime settimane, Happy.» dedusse il mago continuando a camminare. Aveva piegato il foglio di giornale e lo aveva infilato in una tasca interna della giacca nera. Si era issato un timido vento gelido che ora gli colpiva gli occhi umidi.
«Come pensi di arrivare a Magnolia per raggiungere la gilda?» aveva chiesto il suo amico appollaiandosi sulla sua spalla. Natsu parve pensarci un po’ prima di rispondere, come se una brutta sensazione gli stesse mordendo lo stomaco.
«Forse è meglio trovare un posto per dormire qui stanotte, e nel frattempo cercare di capire chi ha fatto tutto questo!» decise continuando a vagare per le strade. Si era  ricordato di una piccola casa in centro a cui Lucy si era affezionata, anni prima, durante una missione.
Non ricordava cosa fosse successo di preciso, ma era sicuro che Lucy si sarebbe rifugiata lì se fosse stata a Crocus, in un’occasione simile, così decise di sostarvi almeno per quella notte.
Quando raggiunse l’abitazione, la trovò malandata e la porta era stata brutalmente scardinata.
Entrò dentro ignorando le proteste di Happy, assolutamente contrario a quell’infiltrazione, e si stupì di ciò che vide: Sarebbe stata una camera assolutamente deserta se non fosse stato per un fagotto buttato in un angolo, vicino la finestra, ed un secchio d’acqua vuoto su cui era poggiato un asciugamano macchiato di rosso ed una piccola ciotola.
«Natsu, non c’è nessuno qui, andiamo via! E’ un posto spettrale, mette i brividi.» protestò il piccolo exceed facendosi spazio tra la porta e l’uscio, pronto ad affrontare la neve piuttosto che restare lì.
«No, c’è qualcuno.» disse semplicemente l’altro, restando fermo. Era un profumo debole ma familiare, ne era certo.
Un profumo che ricordava qualcosa di dolce, che non sentiva da tanto.
«Ti dico che non c’è nessuno!» ribattè il più piccolo spingendo per uscire da quella stanza putrida e, se possibile, più fredda dell’aria che c’era all’esterno.
Natsu ignorò, ancora, le proteste del suo amico e si avvicinò al fagotto scuro che era poggiato nell’angolo. Più accorciava le distanze e più si rendeva conto che tremava, come se fosse vivo.
Quando vi fu veramente accanto poggiò una mano sopra, scoprendolo tiepido, e lo girò per vedere cosa nascondeva.
Natsu vide due occhi gelidi fissarlo, sembravano privi di vita, le labbra cianotiche tremavano e sanguinavano, le guance screpolate sembravano fatte di cera tanto erano candide.
Perse un battito, ne era sicuro, e non resistette all’impulso di passare una mano sul viso della ragazza, quasi a constatare che fosse una persona e non una bambola di porcellana.
Gli occhi di lei si aprirono ulteriormente a quel gesto, quasi avesse riconosciuto il contatto così familiare, ma nessuno dei due proferì parola. Natsu scostò una parte della coperta che le infagottava la testa e scoprì delle lunghe ciocche bionde.
Non ebbe alcun dubbio e, finalmente, la invocò.
«Lucy?» sospirò passandole un braccio sotto le spalle e sorreggendola. Era così magra e provata dal lungo freddo da non sembrare nemmeno lei. Ma il suo profumo non era cambiato.
La ragazza sembrava non capire1, non dava alcun segno di vita se non con le pupille che saettavano e tremavano fissandolo.
Natsu si rese conto di quello che stava succedendo, non era la prima volta che ne sentiva parlare seppur lui - mago del fuoco e figlio di Igneel- non avesse mai avuto a che fare con l’ipotermia o il congelamento.
Di quegli istanti gli rimase ben poco in mente, ricordava solo di aver preso il secchio accanto a lei e di averlo lanciato ad Happy affinchè prendesse della neve da fuori. Aveva poi sfilato la sciarpa dal collo e si era messo a torso nudo, in pochi secondi.
Le mani gli tremavano per l’agitazione e continuava a  fare ciò che gli passava per la testa senza pensare alle conseguenze.
Tipico suo.
Lucy, invece, di quei momenti avrebbe ricordato senz’altro l’improvviso tepore che l’aveva travolta. Si era ritrovata quasi totalmente senza vestiti, alcuni strappati senza ritegno, quest’ultimi erano stati disposti a terra come una protezione e lei vi era stesa sopra, a coprirla c’era solo una coperta che ricordava vagamente di aver usato per tentare di scaldarsi in quelle notti gelide.
Aveva visto un gatto volare con un secchio tra le zampe, un ragazzo familiare lo aveva preso facendolo diventare incandescente, poi aveva versato parte del contenuto nella ciotola e le aveva accostato questa alle labbra.
L’acqua calda le aveva finalmente ridato la vita, sentiva tutto dentro di lei risvegliarsi quasi con dolore. Mai nulla le era sembrato dolce e buono come quell’acqua.
Finalmente col sorriso sulle labbra si era permessa di rilassarsi, accanto a sé sentiva un forte calore avvolgerla e quasi commossa sussurrò:«Sto per morire, ho di nuovo le allucinazioni. Gatti che volano e acqua calda, sto per morire».
Aveva socchiuso gli occhi, l’ultima cosa che le era balenata davanti era stata una cicatrice che, spesso, aveva visto ma non ricordava proprio dove.
D’altronde, si disse, non ricordava da giorni nemmeno il suo nome, figurarsi delle cose del suo passato.
Il freddo le aveva gelato prima le ossa e poi la mente, aveva scritto su dei fogli per qualcuno finchè aveva potuto, prima che le si gelassero le dita, poi aveva dimenticato anche il motivo di tutto ciò e aveva deciso di aspettare la morte in quel cantuccio.
Se la morte portava quel dolce tepore, che la cogliesse! Purchè le staccasse quel freddo dalle ossa e dal cuore.
«Non morirai, Lucy. Non so perché tu sia qui, ma ti devo riportare a Fairy Tail. Dobbiamo tornare a casa, a Magnolia».
Quelle parole la fecero sorridere, ricordava vagamente le parole “Fairy Tail”, ma non sapeva perché una coda di fata dovesse farle provare quella gioia dentro.
Lasciò che quelle emozioni la scaldassero ancora e, finalmente, si addormentò.
Natsu socchiuse appena gli occhi senza smettere un momento di stringerla a sé, sentendola fredda e tremante contro il proprio corpo.
Era partito per diventare forte e poter proteggerla, perché non dovesse mai più sacrificare sé stessa o i suoi Spiriti, invece era quasi morta.
Cercò di reprimere il senso di colpa e portò il suo capo biondo contro il suo petto caldo, come se facendole ascoltare i propri battiti potesse convincerla, in qualche modo, a non mollare.
 
Lucy aprì gli occhi qualche ora dopo, davanti a lei scoppiettava un fuoco invitante, le lunghe fiamme si alzavano e abbassavano sotto i fiati di vento che entravano dalla porta scardinata.
«Come ti senti?» chiese qualcuno al suo fianco. Happy uscì la testolina da sotto la coperta e la guardò con i suoi grandi occhi scuri.
Lucy allungò una mano sul suo capo spelacchiato e imitò delle carezze. Avrebbe tanto voluto sentire il calore del suo pelo blu sotto le dita, ma aveva perso da giorni la sensibilità degli arti.
Non che le importasse, era tutto così calmo ed etereo - finalmente- che quasi la commosse.
«Lucy, come ti senti?» chiese ancora Happy con il musetto contratto in una smorfia preoccupata. Sperò che Natsu tornasse presto con qualcosa da mangiare.
«Sto bene. Comincio a ricordare qualcosa, ma è tutto così confuso. E’ tutto confuso da quando è cominciata questa inutile guerra».
Happy sollevò la coperta ancora di più per scaldarla, le coprì le spalle e si assicurò che tenesse le mani al riparo. Aveva visto come le dita tendevano ormai al violaceo ed erano irrigidite.
«Quando è cominciata la guerra?» chiese ancora, sedendosi davanti a lei con le spalle rivolte verso le fiamme.
«Era gennaio, credo. Sì, era gennaio perché ho passato il mio primo Natale senza i miei amici. Sai, ormai sono rimasta sola e non ho più nessuno da proteggere.» Lucy si stupì quando i ricordi cominciarono ad annebbiarle la vista.
Non capiva perché quei sentimenti la scuotessero così tanto. Mano a mano che si scaldava, però, sembrava esserle tutto più chiaro.
Happy le passò una ciotola d’acqua calda che lei accettò volentieri.
Poi, riprese a raccontare.
«Avevo una famiglia, ma un anno fa ho perso tutti. Ho provato una vita nuova qui a Crocus, ma la guerra ha travolto tutto e non sono riuscita a rendermi utile come avrei voluto. Ho provato a salvarlo ma-» Lucy cominciò a tremare, sentì le lacrime scorrerle sul viso e rianimarla da quello stato di torpore che il freddo le aveva incollato addosso.
Mentre strofinava le dita fredde sul viso, nel tentativo di fermare le lacrime, vide che le fiamme davanti a sé avevano origine da due travi di legno incrociate che, però, non si stavano consumando.
“Fuoco magico” pensò d’un tratto. Già, lei era stata una maga. “Sembra opera di Natsu”.
Natsu.
Quella semplice parole le ricordò l’estate2, poi le ricordò a sprazzi il suo intero passato che, con la potenza di un treno, la investì riuscendo a farla piangere ancora di più.
Non aveva salvato quel Natsu.
Ma se l’exceed era lì, il vero Natsu doveva essere vivo.
«Sei tu, Happy?» chiese guardando il suo amico che le sorrideva, si avvicinò per abbracciarla e lei lo circondò con un braccio portandolo al collo e stringendolo, ancora scossa dai singhiozzi.
Erano tornati, Happy e Natsu erano tornati.
Quest’ultimo fece capolino dalla porta, i capelli colmi di neve densa e il naso rosso lo rendevano più buffo di quanto già non lo fosse. Si fermò sulla soglia guardando quella scena commovente: Lucy stringeva a sé il piccolo Exceed e piangeva di gioia con la fronte poggiata sulla sua.
Natsu fu quasi sicuro che anche Happy stesse piangendo, emotivo come era sempre stato.
«Lucy, ti sei svegliata finalmente! Pensavo che avrei dovuto prenderti in spalla come un sacco di patate.» disse il mago entrando, il freddo aveva messo a dura prova anche il suo fisico da Dragon Slayer del fuoco e si scoprì a desiderare un po’ di calore attorno.
Si avvicinò per ricevere la sua dose di coccole da parte dei due amici, ma si beccò solo un sonoro schiaffo sul viso.
Non fu l’unico a gemere: Lucy portò la mano al petto come se si fosse e ferita e si morse un labbro, ora molto più roseo rispetto a qualche ora prima.
«Ti sembra il modo di salutare un amico che è stato via?» disse Natsu sedendosi sotto la coperta e portandosene un lembo sulle gambe infreddolite. Si massaggiò una guancia senza reprimere un cipiglio infantile.
«Ti sembra il modo di tornare dopo averci abbandonati tutti?» sbottò Lucy tra l’adirato e l’addolorato. Le era mancato così tremendamente.
Poi ricordò, si ricordò perché scriveva quelle lettere quando ancora riusciva a tenere un pennino in mano. Per chi, soprattutto.
Le aveva scritte per lui, perché le trovasse dopo la sua morte e non si dimenticasse di lei. Perché sapesse che fino all’ultimo lei aveva rivolto i suoi pensieri all’unico amico e ragazzo che le avesse fatto battere il cuore.
Evitò di dire ciò che pensava, e si lasciò trasportare dal dolce momento.
Natsu poggiò una mano sui suoi capelli biondi, scompigliandoli con un largo sorriso.
«Non ho abbandonato né te né Fairy Tail, sono stato via perché avevo bisogno di allenarmi! Appena torneremo mostrerò a tutti i miei progressi!» annunciò con tono solenne, alzando un mento come se fosse fiero dei risultati ottenuti.
Un rumore strano gelò l’aria. Lucy arrossì mentre si portava una mano allo stomaco, affermando che non mangiava qualcosa di decente ormai da giorni.
Natsu sembrò ricordarsi solo in quel momento il motivo per cui era uscito con quel freddo, aprì la giacca scura che ancora portava addosso e ne uscì un filone di pane e un pesce accartocciato in una busta.
I suoi amici lo guardarono come si sarebbe guardato un gioiello d’oro, Lucy prese il pane e fece per spezzarlo, ma si fermò a metà. Non riusciva a sforzare i polsi.
Natsu lo riprese tra le mani e ne staccò un modesto pezzetto, lasciando il resto alla ragazza.
«Allora, vuoi dirmi chi ha combinato questo casino?» disse mentre sgranocchiava la sua cena.
Lucy annuì e, tra un morso e l’altro, cominciò a raccontare.
 
[1] L’amnesia temporanea è un tipico segno degli ultimi stadi dell’ipotermia, così come le allucinazioni che, erroneamente, Lucy crede di avere.
[2] Natsu in giapponese significa Estate.
   
 
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