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Autore: kianeko    14/07/2019    3 recensioni
Andare daccordo è davvero difficile, soprattutto per loro.
Scoprire l'altro e scoprire se stessi per la prima volta.
Due persone che per necessità impareranno a guardarsi a fondo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Kojiro e Genzo: l'amore è complicato'
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Non siamo amici
Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno letto e soprattutto tutti quelli che mi hanno recensito.
Siamo quasi in diruttura d'arrivo, questo è il penultimo capitolo. I "miei ragazzi" mi hanno fatto un po' penare ma alla fine ci sono arrivati. Con il prossimo chiuderemo il cerchio.
Vi auguraro buona lettura.
Genzo osservava il suo compagno di tavolo come se lo vedesse davvero solo in quel momento: si erano baciati e non era stato facile staccarsi. Si sentiva lo stomaco in subbuglio: era emozionato come alla sua prima cotta. Non sapeva bene come comportarsi, ma era certo che quel “Io non voglio rinunciare a poterti toccare” volesse dire molte cose anche se non aveva la più pallida idea di dove questo li avrebbe portati. Il livido del pugno, che gli aveva dato in allenamento, stava diventando sempre più violaceo eppure in quel momento lo trovava così dannatamente sexy.
«Te l’ho già detto non guardarmi fisso che mi emoziono, poi faccio cazzate» disse Kojiro leggermente imbarazzato.
«Del tipo?»
«Potrei farti piedino sotto il tavolo».
Genzo rise di gusto e l’altro lo seguì a ruota divertito. Non ci avrebbe mai creduto se glielo avessero raccontato: stava ridendo a una battuta di Hyuga.

Kojiro si sentiva stranamente bene mentre scherzava con il suo più grande “rivale”, prima non l’aveva mai preso in considerazione fuori dal campo da calcio se non per litigarci. Era certo che fosse solo borioso e invece era lui quello con il paraocchi: il suo cuore ci aveva visto lungo.
«Non ne saresti capace» lo sfidò Genzo.
Assottigliò lo sguardo e lo fissò divertito «Non provocarmi, potresti ritrovarti in una situazione imbarazzante».
L’altro rimase sbalordito per un attimo, poi scoppiò in un’altra risata: era dannatamente affascinante quando non si nascondeva dietro quella maschera da gradasso. Voleva baciarlo di nuovo, ma non era tanto scemo da farlo in pubblico e comunque avevano tutta la notte per approfondire. Sorrise compiaciuto.

«Come ha fatto?» chiese Gamo alla dottoressa Kinoshita.
«A fare cosa?»
«Quello» continuò il mister, indicando il tavolo dove Kojiro e Genzo all’ora di cena si erano messi seduti distanti dagli altri di loro iniziativa: avevano mangiato in silenzio, scambiandosi qualche parola ogni tanto e ora ridevano pure.
La donna sorrise compiaciuta voltandosi a guardarli «Che devo dirle, so fare il mio lavoro meglio di quanto lei creda».
«Effettivamente, non le davo un briciolo di fiducia».
La dottoressa alzò gli occhi al cielo sbuffando, mentre la signorina Fujita rideva estremamente divertita. «Te l’ho sempre detto Na-chan, hai la faccia troppo da stronza».
Anche Mikami e Katagiri erano stupiti da quella situazione: a inizio punizione, i due calciatori, avevano fatto fuoco e fiamme pur di non stare insieme, invece ora avevano fatto tutto di loro spontanea iniziativa. Persino la squadra era sbalordita.
«Che diavolo è successo a quei due?» chiese uno dei gemelli Tachibana.
«Forse sono impazziti?» domandò l’altro.
«O forse,» intervenne la dottoressa avvicinandosi «sono solo rinsaviti. Non crediate che non si picchieranno o insulteranno più, loro non potranno mai essere amici».
«Quindi cosa sono di preciso?» intervenne Misugi.
La donna spostò lo sguardo su Genzo e Kojiro «Sono due persone estremante complicate, rese dure dalla vita. Saranno loro, col tempo, a definire i passi che faranno per andare avanti. A voi deve solo interessare il fatto che non avrete più problemi».
«Lei, però, ha detto che continueranno a picchiarsi» disse astioso Wakashimazu.
«Non sono affari che vi riguardano,» iniziò fissandolo negli occhi «non più. Tutti voi avete alimentato inconsciamente l’inimicizia dietro cui si nascondevano, ora che hanno trovato uno spiraglio, dietro le corazze che portano addosso, voi dovete imparare a starne fuori qualunque cosa accada».
«Ci ho pensato molto in questo periodo,» intervenne Mikami «forse se non avessi mai chiesto a Genzo di fare lo stronzo tempo fa, non sarebbero mai arrivati a questo punto».
«Forse, ma non possiamo averne la certezza. Sono due teste dure con lo stesso caratteraccio, probabilmente avrebbero trovato un altro motivo per arrivare a essere rivali».
«Se lo dice lei» ammise sconsolato l’uomo.
«Cosa dobbiamo fare adesso?» domandò Katagiri fissando Hyuga e Wakabayashi.
«Niente. Hanno trovato un punto di contatto, ora sta a loro riuscire ad andare oltre: potrebbero instaurare una pseudo amicizia, come arrivare a una situazione di pace in vostra presenza.» rispose tirando fuori le sigarette dalla tasca «Ripeto, non smetteranno mai di essere quello che sono e sono pronta a giurare che continueranno a litigare, ma di una cosa sono certa: non più sono affari vostri».
La dottoressa si voltò verso la squadra «Smettetela di giudicarli in base a ciò che pensiate loro siano e iniziate a capirli per come sono».

«Come sarebbe a dire che se ne va?» chiese Genzo sorpreso scattando in piedi.
«Significa esattamente quello che ho detto.» rispose la dottoressa fumando alla finestra «Oggi siete stati bravissimi anche da soli quindi con voi ho finito e questa è l'ultima seduta».
«Ma che sta dicendo, siamo solo all'inizio» affermò Kojiro stupito.
«Certo che siete all'inizio, ma di voi e quello che accadrà da ora in poi lo dovete costruire da soli. Non posso tenervi per mano come dei bambini».
«Si rende conto che noi non siamo amici?» domandò Hyuga deciso.
«Certo che non lo siete, voi non potrete mai esserlo.» rispose lei sicura inspirando dalla sigaretta, con un sorriso dolce sulle labbra «Me ne sono resa conto fin dal primo giorno che sarebbe stato impossibile, poi il test mi ha fatto capire il perché».
«Quello stupido test aveva davvero un'utilità?» chiese Wakabayashi scettico.
«Ho mai fatto qualcosa che non avesse senso? Sono strana lo riconosco, ma sono brava nel mio lavoro. Vedere più in là dei pazienti è il mio mestiere e voi siete due libri aperti e senza filtri, facili da leggere».
La lieve brezza che entrava dalla finestra, riportava nella stanza le nuvole bianche prodotte dalla donna fumando.
«Questa sarà la nostra ultima chiacchierata, per cui abbiamo cominciato con un gioco e finiremo con un gioco.» continuò spegnendo la sigaretta ed avvicinandosi a loro con una sedia «Faremo il gioco della verità: dovete capire che per poter andare avanti insieme qualunque sia la verità, anche se può far male, dovete dirvela sempre e comunque».
Kinoshita si sedette sulla sedia e Genzo si rimise sul letto lanciando un'occhiata perplessa al compagno di stanza che ricambiò.
«Comincio io.» fece decisa «Fra me e Kimiko non c’è mai stato nulla, vi abbiamo preso un po’ giro per darvi una spinta. Lo so non è stato onesto da parte nostra, ma da soli non avreste mai fatto nulla e, francamente, io non ho tutto il tempo per stare dietro a voi due che vi corteggiate come degli adolescenti».
I due si scambiarono uno sguardo sbalordito senza sapere bene cosa dire.
«Kimiko è un’attrice fantastica non trovate? Piange a comando».
«Lei è una grandissima stronza!» esordì Kojiro inviperito «Si rende conto di quello che ci ha fatto?».
«Certo, vi ho spinti l’uno nelle braccia dell’altro».
«Era tutta una trappola per farci uscire allo scoperto?» aggiunse offeso Genzo «Lei è davvero una brutta persona».
«Ovvio che lo sono, altrimenti chi vi avrebbe sopportato?» constatò sorridendo divertita «Però dovete ammettere che con voi sono stata brava. E poi siete così carini insieme».
I due avvamparono per l’imbarazzo, mentre la dottoressa sorrideva di gusto «Se non ci avessi messo un po’ di pepe non vi sareste mai aperti».
«Lei è una stronza» ribadì sempre più piccato Kojiro mentre Genzo faceva segno di sì con la testa.
«Comunque, non fate troppo gli spavaldi perché adesso tocca a voi dire la verità. Vai Wakabayashi spiegaci perché sei così giù di tono».
«Perché devo cominciare io?» domandò il portiere incrociando le braccia al petto ma lo sguardo della dottoressa lo fulminò «Va bene, va bene» disse in segno di resa mentre Hyuga sghignazzava.

Genzo sospirò pesantemente come a cercare le parole giuste, quelle che dette lo avrebbero fatto soffrire di meno.
«Mio padre va in pensione e vuole che rilevi una quota della compagnia» disse triste.
Kojiro rimase sbalordito «E tu vuoi farlo?» domandò titubante.
«No, ma quell'uomo ha i mezzi per far fare alle persone ciò che pretende».
Lui un padre non l'aveva più da anni ormai ma era più che certo che il suo non gli avrebbe mai fatto una carognata del genere: sapeva essere duro ma era un uomo buono. Era stato lui a spronarlo perché diventasse il miglior calciatore del Giappone, e lui gliel’aveva promesso.
«E il calcio?»
«Non abbiamo definito la questione quindi non ne ho idea» rispose Genzo serio.
Non credeva alle sue orecchie da come la stava mettendo suo padre poteva anche creargli problemi con la carriera. Non riusciva davvero a capacitarsi di come si potesse fare una cosa del genere al proprio figlio.
«E tua madre?» domandò speranzoso.
«Lei non si esprime mai, è la classica moglie giapponese dedita al marito» rispose asciutto.
All'improvviso ebbe la voglia di abbracciarlo, di stringerlo a sé per non farlo sentire solo, ma una forza lo tratteneva dal farlo. Il cuore stava battendo fortissimo: di rabbia per quello che aveva appena sentito eppure anche di gioia perché si stava confidando con lui.
«Cosa pensi di fare?».
«Non ne ho la più pallida idea. Vedrò sul momento».
Voleva aiutarlo ma non sapeva come fare, non era nelle sue possibilità. Anche se aveva sua madre ed i suoi fratellini, lui aveva smesso i panni di figlio da tempo, non aveva la più pallida idea di cosa andava fatto. Era arrabbiato con quell'uomo, sentiva che stava per esplodere.
«Forse se fossi nato povero, se la mia famiglia non avesse avuto un soldo, forse se fossi stato come te, sarei stato felice» concluse amaro Genzo.

Kojiro scattò in piedi afferrandolo feroce per la polo e sollevandolo di peso «UNO COME TE CHE NE SA CHE SIGNIFICA NON ARRIVARE A FINE MESE? NIENTE QUINDI STA ZITTO!» gli gridò arrabbiato.
Genzo stava lì fermo immobile, lo sguardo basso a terra, il collo della maglia tra le mani furiose dell'attaccante.
«Mi spiace. Non avevo intenzione di offenderti» disse remissivo.
Hyuga lasciò la presa e si allontanò da lui come se fosse una cosa lurida.
«Volevo solo dire che in qualsiasi occasione puoi sempre contare su qualcuno che ti ama».
In quel momento le mani di Kojiro si strinsero di nuovo sulla sua maglia «Idiota tu puoi sempre contare su di me» disse in tono minaccioso.
Genzo lo fissò negli occhi stupito: nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere era sempre stato abituato a risolvere i problemi da solo. All'improvviso sentì gli occhi bruciare, gli veniva da piangere.
«Grazie» disse solamente.
In questo capitolo è presente la drabble di "Amarti è più facile che odiarti" lettera U.
   
 
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