Per un istante
d’estasi
Era rimasta lì immobile, con le
gambe paralizzate, il respiro spezzato e col volto imperlato di lacrime calde e
silenziose, un pianto che lei stessa aveva stentato a riconoscere l’aveva
invasa, si ascoltava e non si riconosceva, una voce come di bimba, quella che
non si era mai concessa di essere le veniva dalla pancia, una disperazione
antica le paralizzava tutti i muscoli del viso, le bloccava le labbra in una
posa sardonica quasi di morte, un dolore lancinante la piegava in due, sulle
ginocchia. Col cuore sconfitto e l’anima morta era rimasta lì sulla neve con
il sangue più freddo della neve stessa.
Se ne era andato, l’aveva
lasciata lì, implorante, in maniera speculare si ripeteva la scena vissuta anni
prima quando era stata lei a partire per cercare le figlie di Lady Stark, certo
il loro rapporto allora era diverso, nessuna disperazione solo il dispiacere
per non aver potuto approfondire un sentimento in boccio. Pensava che non fosse
stata abbastanza, che forse se avesse fatto di più sarebbe rimasto, che una
donna brutta prima o poi viene sempre messa da parte per un’offerta migliore,
avrebbe dovuto saperlo, soprattutto se l’alternativa non solo è più bella, ma è
fatta della stessa sostanza del cuore di lui. Si era maledetta per aver pensato
che gli Déi per una volta avessero voluto farle un dono, nessun dono, sono
sadici, se ti danno qualcosa lo fanno solo per potertelo togliere ed osservare
come la disperazione ti deformi, ti eroda, ti laceri. Non avrebbe dovuto
pensare che per lei il fato avesse in serbo l’amore o la felicità, era stata
ingenua. E poi si era maledetta per il suo senso di lealtà, se solo non avesse
giurato a Catelyn Stark gli sarebbe corsa dietro, e sì forse l’avrebbe
convinto, e sì forse sarebbe tornato indietro, si sarebbe scusato per aver
detto cose che non pensava - ché lui
era vero che fosse cambiato, che fosse un altro uomo - e le avrebbe detto che le avesse vomitato addosso quelle frasi
gelide solo per proteggerla, e avrebbero fatto l’amore per fare pace. O forse,
no, non l’avrebbe convinto ma gli sarebbe andata dietro farneticante come
qualsiasi donna disperata, l’avrebbe seguito fino ad Approdo del re, sarebbe
stata disposta ad accompagnarlo da lei, da Cersei, quel fantasma onnipresente
tra loro, la donna che la faceva sentire sempre messa in discussione, sempre
poco, non abbastanza. Invece era rimasta lì, bloccata dal suo giuramento,
ancorata ad un valore che la stava sacrificando al proprio stesso altare.
O forse era lui a non essere stato
abbastanza per non aver avuto il cuore capace di contenere il suo immenso
amore, forse era lui non aver avuto abbastanza coraggio per accogliere un amore
bello e corposo come le rose piene di petali di seta e velluto, per riparare in
uno mediocre e più simile ai rovi sui quali crescono le more.
Sì, forse era Jamie che non era
stato alla sua altezza, questo pensiero però non l’aveva consolata, sapere di
valere di più dell’altro per un cuore sconfitto non è mai di alcun conforto.
Fine
S.
Per un istante d'estasi
Per un istante d'estasi
Noi paghiamo in angoscia
Una misura esatta e trepidante,
Proporzionata all'estasi.
Per un'ora diletta
Compensi amari d'anni,
Centesimi strappati con dolore,
Scrigni pieni di lacrime.
E. Dickinson
Note dell’autrice: Non ho particolari commenti, è un monologo interiore
espresso attraverso la voce dell’autore, quindi non in prima persona, sto
lavorando su una storia a lieto fine, ma amo masochisticamente quelle che
finiscono ‘male’ al culmine dell’amore che si interrompe intatto, non
intaccato, né consumato dal fatto di essere stato vissuto, e per tal motivo in
un certo senso eterno.
Spero abbiate apprezzato questo piccolo scritto, sia nei contenuti che
nello stile.
A presto.