24.
La
notizia della morte di Alyssia ebbe, sul piccolo paesino di Clearwater,
lo
stesso effetto di una piccola bomba atomica.
Le
illazioni circa il suo suicidio – così lo avevano
definito i poliziotti, nelle
loro indagini preliminari – si fecero subito strada come un
incendio nella
steppa ma, altrettanto rapidamente, scemarono per rispetto verso lo
sceriffo e
sua moglie.
Perdere
entrambi i figli, e in circostanze così tragiche, sarebbe
stato terrificante
per chiunque e, anche se Alyssia non era mai stata veramente apprezzata
dai
più, vi furono solo parole di cordoglio per la famiglia.
Stranamente,
i coniugi Rochester accolsero il tutto con una strana rassegnazione
mista a
sollievo, quasi che quell’evento infausto fosse, in fondo,
l’unica soluzione
che Alyssia avrebbe mai potuto accettare per se stessa.
Nessuno
dei due, evidentemente, si era fatto illusioni su uno suo recupero
psicofisico
e, anche per questo, lo sceriffo non richiese ulteriori indagini e fece
chiudere il caso.
Chiese,
però, il trasferimento in un’altra stazione di
polizia e, nel giro di alcuni
giorni, mise in vendita la casa con il chiaro intento di non tornarvi
mai più.
Era
evidente come, per lui e la moglie, Clearwater non avesse rappresentato
un’isola felice in cui prosperare, bensì un
inferno in terra in cui avevano
perso entrambi i figli in circostanze tragiche.
Nel
riferire quelle notizie a Dev, a Vancouver assieme a Iris e Chelsey,
Lucas li
informò inoltre dell’arrivo della prima coppia di
licantropi conosciuti al
campo del McDougall Lake.
Questo
avrebbe comportato un riassetto all’interno del loro piccolo
branco, ma avrebbe
portato una bella novità per Chelsey, che avrebbe guadagnato
una nuova compagna
di scuola e, soprattutto, una mannara al pari suo.
Dev
assentì più e più volte e, dopo aver
ringraziato Lucas per le ultime novità,
chiuse la chiamata e scrutò vagamente ansioso la sua bambina
e la sua donna.
Era
stato davvero strano ammettere in ufficio di volersi prendere una pausa
di un
paio di settimane. Soprattutto, quando aveva dovuto borbottarne
stentatamente i
motivi.
La
sua segretaria sapeva essere un mastino, se ci si metteva
d’impegno e, nel
reperire informazioni, era come una piccola 007 in gonnella.
Quando
il nome di Iris era sgusciato fuori a fatica dalla sua bocca, Charline
aveva
sorriso così apertamente che Devereux aveva temuto per la
tenuta delle sue
mandibole. Aveva rischiato di slogarsele.
Con
uno ‘sciò! Che ci fai
ancora qua?’, lo
aveva praticamente cacciato dalla sua stessa ditta e, da quando erano
partiti
per quel viaggio imprevisto, non aveva ricevuto una sola telefonata dai
cantieri.
Rock
era stato di parola, in questo; nessuno li avrebbe disturbati e
Charline si era
messa d’impegno perché quel divieto venisse
rispettato.
Iris
gli sfiorò un braccio, riportandolo alla realtà e
Chelsey, lanciando occhiate
veloci al padre e alla vetrina dello Unity
Tatoo - dietro cui si potevano intravedere disegni di ogni
genere e forma –
esclamò: «Dai, papà!
Entriamo?»
Dev
sospirò e assentì torvo, borbottando:
«Ma tu guarda cosa mi tocca vedere… e
dire che, in condizioni differenti, saresti morta prima di poter fare
un
tatuaggio!»
Chelsey
ghignò tutta contenta nell’aprire la porta dello
studio, facendo così
tintinnare una campanella tibetana e, soddisfatta, fissò il
padre dicendo per
contro: «Meglio per me, allora!»
Dev
la fissò malissimo ma non replicò.
L’odore dei coloranti, misto al profumo di
limone e all’aroma silvano di un licantropo, lo stordirono al
punto tale da
fargli perdere la battuta che aveva già preparato per
ribattere alla figlia.
A
loro volta, anche Iris e Chelsey si volsero in direzione di
quell’odore a loro
così familiare e, speranzose, attesero di veder comparire la
proprietaria del
negozio. Darren li aveva indirizzati bene. La licantropa di cui lui
aveva
parlato loro lavorava ancora in quello studio.
Quando
infine comparve una giovane sorridente e coloratissima, con tatuaggi
floreali
sulle braccia e un piercing al naso, la loro soddisfazione si fece
più intensa.
«Beh,
che mi venga un colpo…» cominciò col
dire la ragazza, scrutandoli con immensa
sorpresa. «… di sicuro, posso segnare sul
calendario questa data. Benvenuti
allo Unity Tatoo. Io sono Destiny.
Chi di voi si vuole dipingere, oggi?»
Iris
sorrise spontaneamente alla ragazza – la sua aura era
frizzante come una coppa
di champagne – e disse: «Siamo stati indirizzati
bene, a quanto pare… ma penso
che ti sorprenderemo ulteriormente, visto che a tatuarsi
sarà lei.»
Ciò
detto, la giovane indicò Chelsey, e subito Destiny
sollevò le sopracciglia con
evidente shock. «Sapete che serve il permesso di un genitore
o del suo tutore,
vero, per tatuare un minorenne?»
«Tocca
a me questo ingrato compito» sospirò Dev, battendo
una mano sul capo di
Chelsey.
Ancora
piuttosto confusa, Destiny lì invitò in una
saletta laterale e, pregato il
gruppo di accomodarsi, chiuse la porta e domandò:
«Scusate la curiosità innata,
ma… ci siete nati, o vi hanno trasformato? E
perché hai detto che ‘vi
hanno indirizzato bene’?»
«Io
e lei siamo stati trasformati, mentre mia figlia ha preso il gene dalla
madre
e, da quel che ho saputo, ha anche quello latente di un mio
antenato» le spiegò
Dev, sorprendendola ulteriormente.
«Quanto
all’essere indirizzati bene, forse ricorderai un lupo di nome
Darren, che passò
qui a Vancouver assieme a una donna di nome Julia, qualche anno
addietro» le
spiegò Iris, vedendola aggrottare la fronte per diretta
conseguenza.
«Se
siete venuti per perorare la loro causa, vi rispedisco
subito…» cominciò col
dire Destiny, prima di venire interrotta dal cenno di diniego di Iris.
«Tranquilla.
Darren ci ha spiegato ciò che successe, e posso dirti che
Julia e il loro
capoclan non torneranno più a disturbarti. La loro congrega
è stata sciolta.»
«Benissimo.
Avevano delle idee balzane, e quella Julia mi faceva un po’
paura» brontolò
Destiny, trovando la piena comprensione dei presenti.
Sedendosi
poi lentamente su un alto sgabello dal cuscino di pelle, la tatuatrice
mormorò:
«Se siete stati voi a fermarli, vi ringrazio. Non avevo
nessun desiderio di
vedermeli ricomparire in negozio. A suo tempo, fecero spaventare un
paio di
clienti, con il loro comportamento da teppisti.»
Devereux
scosse il capo e asserì: «Non ti disturberanno
più, e Darren ha compreso più
che bene cosa, il fratello, gli stesse facendo fare. Ora, se mai ti
servirà
aiuto o una consulenza medica, noi saremo a tua disposizione,
così come saremo
a disposizione dei lupi di tua conoscenza.»
«Siete
una sorta di missionari?» ironizzò Destiny, a quel
punto.
Iris
e gli altri risero sommessamente, scuotendo il capo e Chelsey, tutta
sorridente, disse: «No, ma abbiamo un branco completo e
conosciamo tante cose,
grazie a dei nostri amici, e sarebbe un peccato non aiutare i nostri
simili, ti
pare?»
«Un
branco, eh? E vivete in mezzo alla gente…»
mormorò interessata la tatuatrice.
Iris
gli consegnò un biglietto con alcuni numeri di telefono e,
annuendo, asserì:
«E’ un piccolo branco, per ora, ma stiamo cercando
di ripristinare gli antichi
riti che seguono i nostri fratelli in Europa. Se mai avrai bisogno di
noi,
potrai trovarci a Clearwater.»
Ringraziandoli
con un sorriso, Destiny sistemò il biglietto nella tasca del
suo gilet e disse:
«E’ una cosa fica. E avere dei nuovi amici che
possono capire le tue grane, è
sempre un aiuto. Ora, però, parliamo di te, ragazzina? Come
mai questa idea del
tatuaggio?»
Chelsey,
allora, sbuffò e, sollevando la manica della sua maglietta,
borbottò: «La Julia
che è passata di qua, era mia madre… ed
è per
questo che voglio farmi un tatuaggio.»
La
tatuatrice si accigliò immediatamente non appena
notò la marchiatura sulla pelle
della bambina e, masticando un’imprecazione tra i denti,
sbottò dicendo: «Se
avessi saputo che avevano in mente questo, come concetto di clan, li
avrei
divorati. Che maledetti!»
A
quell’accenno di ribellione, Chelsey lasciò andare
a ruota libera la lingua per
darle man forte ma Destiny, invece di bloccarla come molti altri
avrebbero
fatto, la fece parlare di ciò che aveva passato.
Sorridendo
divertita, approfittò di un momento di pausa nella lunga
dissertazione della
ragazzina per chiosare: «Ho imparato più cose in
questi dieci minuti, su ciò
che sono in realtà, rispetto ai tanti anni passati a
ficcanasare qua e là da
sola. Altro che segnarlo sul calendario. Me lo inciderò
sulla pelle, questo
giorno!»
Iris
e Dev sorrisero divertiti e Chelsey, ammiccando alla tatuatrice,
aggiunse: «So
un sacco di altre cose, ma prima vorrei sapere se puoi coprire questo coso. E’ un po’
migliorato, ma non tanto
da sparire.»
A
quel punto, Destiny ghignò spavalda e replicò:
«Tesoro, per te sfodererò le mie
arti migliori. Naturale che posso coprirlo. Devi dirmi soltanto cosa
vuoi al
suo posto.»
Chelsey
lanciò un’occhiata a Iris prima di sorridere e
dire con sicurezza: «Vorrei un
iris blu. E’ possibile?»
Iris
la fissò sorpresa e Destiny, sorridendo, chiosò:
«Tiro a indovinare. Iris è il
tuo nome?»
«Sì»
annuì la giovane, chinandosi per dare un bacio sulla tempia
a Chelsey.
«Ti
va bene, uno così?» le domandò allora
Destiny, indicandole una foto alla
parete.
L’iris
raffigurato era stilizzato e contornato da un articolato glifo celtico
e
Chelsey, nel vederlo, sospirò e disse: «Wow!
E’ perfetto!»
«Benissimo,
allora. Preparo la decalcomania. Nel frattempo, preparati
psicologicamente a
sopportare una buona dose di dolore. Per esperienza personale, la pelle
dei
licantropi è piuttosto coriacea»
mormorò Destiny, spiacente.
Chelsey
esalò un sospiro tremulo ma annuì. Iris, invece,
fu colta da una folgorazione e
domandò: «Se ci fosse il sistema di rendere la
pelle meno… mannara,
andrebbe meglio?»
Destiny
la fissò con autentica meraviglia e, speranzosa,
esalò: «Non mi dire che avete
qualcosa del genere?»
Iris,
quindi, le parlò degli unguenti all’aconito e
dell’argento – cosa,
quest’ultima, già sperimentata anni addietro dalla
stessa Destiny – e, quando
le mostrò la pomata fornita loro dagli amici inglesi, disse:
«Mi sono fatta
spedire i semi per piantare l’aconito in serra,
così da potermi rifornire di
materia prima quando voglio. So comunque che è un fiore
semplice da curare, e
vive tranquillamente nei giardini. Inoltre, non disdegna il freddo,
visto che è
una pianta alpina, perciò non soffrirebbe neppure nei nostri
terreni esterni.»
Ammirando
il contenitore in vetro come se fosse stata una sacra reliquia, Destiny
mormorò: «Al solo pensiero di non soffrire come
una matta per farmi un nuovo
tatuaggio, penso che potrei piangere di gioia. Questo sì che
è un giorno da
ricordare!»
Mentre
Destiny si avviava nella stanza accanto per recuperare i fogli per la
decalcomania, Dev chiosò: «Abbiamo appena trovato
una fan.»
«Così
pare» assentì Iris, mentre stendeva un
po’ di crema di aconito con l’apposita palettina
in legno. Se solo l’avesse toccata con le dita, le si
sarebbero addormentate
per ore intere.
Subito,
Chelsey sentì un brivido sulla pelle, oltre a una fastidiosa
sensazione di
prurito. Pur avvertendo tutto ciò, non vi diede alcun peso
e, ammirata, osservò
Destiny mentre le applicava la decalcomania e iniziava la sua magia con
i
colori e la pistola da inchiostro.
Dev
divenne un tantino verdognolo, durante l’intera operazione e
Iris,
inframmezzando le sue attenzioni tra lui e Chesley, dovette ammettere
con
candore quanto la seconda fosse più coraggiosa del primo, di
fronte a quella
prova.
Alla
fine, Destiny offrì un succo di frutta a Chelsey e un
caffè a Devereux,
convinta che, presto o tardi, sarebbe svenuto.
In
tutto questo, Iris si limitò a sorridere e a godersi il
momento. Era ancora
incredula di fronte a ciò che era avvenuto in quei mesi e,
anche se tutto
sembrava essere a posto, era difficile credere di poter tirare un
sospiro di
sollievo.
Quando,
però, uscirono insieme dallo studio per dirigersi verso la
baia e prendere un
traghetto per il whale watching,
riuscì quasi a credere che tutto potesse essere perfetto, al
mondo.
***
Chelsey
dormiva saporitamente nel suo enorme letto a due piazze, posizionato
nella
parte anteriore del camper.
Iris
e Dev, invece, distesi nel loro letto sopra il gavone, e protetti agli
sguardi
da una porta a soffietto chiusa tra loro e Chesley, erano ancora svegli
e
stavano chiacchierando mentalmente tra loro. Il sonno era ben lontano,
ma non
era di per sé un male.
“Ammetto
che
stavo per svenire, oggi. Se quella tortura fosse durata ancora un
po’, sarei
stramazzato molto poco valorosamente a terra. E’ disturbante
vedere la propria
figlia mentre viene punzecchiata a quel modo.”
Iris
sorrise nell’oscurità e replicò: “Lo so,
non è stato molto bello vederla arricciare il naso per il
dolore, ma pensa solo
a questo; ha trasformato un’esperienza di per sé
tragica in qualcosa di bello.”
Dev
assentì e, oscurandosi in viso, mormorò: “A
proposito di questo, volevo chiederti una cosa.”
“E
cioè?”
“Vorrei
essere
certo che tu abbia capito quello che ho detto a Chelsey, riguardo a
Julia.”
“Allora
era
questo che ti arrovellava, in questi giorni!” esalò sorpresa Iris. “La tua testa sembrava un nido di vespe,
tanto ronzava!”
“Non
è
esattamente un paragone edificante, ma fa niente”, brontolò Dev. “Non vorrei tu pensassi che il mio
desiderio
di salvarla venisse da un qualche mio genere di amore verso di lei. Non
è così,
è chiaro?”
Iris
gli sorrise nell’oscurità e, volgendosi a mezzo,
depositò un bacio sulla sua
spalla, replicando: “Dev, saresti
un
mostro, se non desiderassi salvare le persone da loro stesse.
Soprattutto, chi
conosci da così tanto tempo. Inoltre, che ti piaccia o meno
ammetterlo, l’hai
amata, e da lei hai avuto una figlia. Dici di non provare
più nulla, per lei, e
ti credo, ma rimani pur sempre una persona con un cuore. Dubito avresti
lasciato a se stesso chiunque, figurarsi Julia.”
“E
ti sta bene?
Sì, insomma… niente gelosie strane o
che?”
“Va
bene così.
Sento quello che provi per me, e so quello che prova per me Chelsey,
perciò
sono a posto. E prima o poi verrò a patti anche con
ciò che ho fatto. Mi ci
vorrà un po’, ma sapervi al mio fianco mi
aiuterà a impiegare meno tempo per
guarire.”
Dev
non disse nulla, limitandosi a stringerla a sé in un dolce
abbraccio, abbraccio
che lei ricambiò, sentendosi finalmente al sicuro e,
soprattutto, capita.
Era
stato un percorso lungo, doloroso e colmo di incognite e, per
più di due anni,
aveva dovuto convivere con una parte di sé che aveva
faticato a comprendere e che,
per molto tempo, le aveva fatto paura.
Ora
sapeva, e aveva tutta la vita per poter continuare a scoprire meglio se
stessa
e coloro che le vivevano vicino.
Aveva
scoperto cosa fare di se stessa e, ben presto, sarebbe tornata a casa
con le
persone che amava, dove avrebbe costruito la sua nuova esistenza.
Una
volta che gli incartamenti fossero stati completi, avrebbe fatto
richiesta per
insegnare Musica a Clearwater e, se vi fosse riuscita, avrebbe dato
anche
lezioni di chitarra a chi l’avesse desiderato, anche al di
fuori della scuola.
Naturalmente,
avrebbe dovuto tenere in debito conto anche il suo ruolo
all’interno della
ditta dei genitori ma, per come stavano le cose in quel momento,
sarebbe stato
tutto molto più gestibile di un tempo.
Lasciare
la quota di maggioranza a suo zio era stata la scelta migliore. Lui era
la persona
più adatta per portare avanti l’azienda, e lei
avrebbe potuto comunque dare il
suo contributo, pur se come socio minoritario.
Avere
anche Helen in Consiglio, inoltre, la rinfrancava, poiché la
cugina era la
persona migliore per dare nuova vitalità
all’azienda.
Aveva
fatto bene a fare un passo indietro; non aveva tradito il sogno di
mamma e
papà, lo aveva solo modificato in modo che le somigliasse un
po’ di più, senza
per questo snaturarlo.
“Andrà
bene,
vedrai”
le disse a un certo punto Dev, dandole un bacetto sul naso.
“Se
anche
sbaglierò, avrò voi ad aiutarmi” si rincuorò lei,
sorridendo.
Era
pronta. Non doveva più camminare a tentoni nel buio.
***
«…e
così, hai scoperto di non avere praticamente limiti,
eh?» terminò di dire
Brianna, con tono curioso e sorpreso assieme.
Il
viaggio di ritorno verso Clearwater era ormai agli sgoccioli e, ben
presto,
avrebbero scorto dinanzi a loro il cartello che avrebbe dato il
benvenuto al
trio nel rientrare a casa.
Durante
quel lento rientro, Iris aveva perciò colto
l’occasione per telefonare a
Brianna e metterla al corrente di ciò che aveva scoperto
durante lo scontro al
McDougall Lake.
Dopo
averle spiegato come aveva usato i suoi poteri, e quali erano state le
reazioni
di Gunnar, Iris le aveva chiesto lumi e consigli.
Anche
Brianna se n’era sorpresa e, dopo averle promesso di parlarne
sia con Fenrir
stesso che con Thor, ben più esperto di loro sui doni
mentali delle creature
mistiche, l’aveva rincuorata su Julia.
Uccidere
non era mai facile per nessuno, e Brianna stessa aveva avuto sulle sue
mani il
sangue di un lupo, anche se non direttamente.
L’aver
ucciso, ancora da umana, un Freki in caccia, le aveva lasciato
l’amaro in bocca
per lungo tempo, e un sacco di incubi a corollario.
Veder
uccidere un suo amico proprio dinanzi agli occhi, e tutto per causa
sua, non
aveva che peggiorato la situazione, e aveva rischiato di impazzire. Ma
era
sopravvissuta.
Brianna
le aveva assicurato che, ben presto, tutto si sarebbe ridotto a uno
sbiadito
ricordo e soltanto a un pensiero veloce quanto fugace.
«Gunnar
pensa che non ve ne siano, perché non ha notato alcuna
sofferenza nel mio
cervello. Il punto è; come posso gestire tutto
questo?» asserì a quel punto
Iris.
«Temo,
nello stesso modo in cui io gestisco il potere di Fenrir. Sapendo che,
se non
controllo me stessa, tutti moriranno. Non è un bel pensiero,
ma è assai
efficace. Inoltre, avere persone che ti amano, è di molto
conforto» replicò
Brianna, con un tocco di brio nella voce.
«Quindi,
devo ricordarmi di avere una bomba in mano, ma che la sto sostenendo
anche
grazie all’aiuto di tutti» riassunse Iris, non
sapendo bene se, la faccenda
della bomba, le piacesse o meno.
«Direi
che come paragone può calzare. Ricordati questo, Iris. Gli
eventi che possono
portarti a usare il dono del landvӕttir
non sono così frequenti e, io spero, tu penserai seriamente
di prendere lezioni
di yoga come ti è stato consigliato, nel
frattempo.»
«Ho
un’ottima amica che può essermi di grande aiuto,
in questo» dichiarò Iris,
pensando subito a Clarisse e ai suoi utili consigli.
Iniziare
questo percorso assieme a lei sarebbe stato oltremodo interessante e,
se tutto
fosse andato come lei sperava, Clarisse avrebbe avuto molte altre
allieve – e allievi
– oltre a lei.
La
piccola scuola di joga che Clarisse avrebbe aperto entro
l’anno, era sembrato a
tutti come il segno di un nuovo inizio. Anche grazie al pieno sostegno
di
marito e figlio, Clarisse non avrebbe avuto problemi.
Sita
all’interno del campeggio, sarebbe stata fruibile per i
clienti a prezzi molto
convenienti e, per tutti gli altri, vi sarebbero stati dei pacchetti di
ingresso
per ogni tipologia di spesa.
In
questo, Clarisse era stata insolitamente maniacale quanto scrupolosa,
portando
persino lo stesso Chuck a riderne, tacciandola di essere ancor
più pragmatica
di lui.
«Molto
bene. Per il resto, fidati di Gunnar e dei suoi consigli. Avere
un’anima
senziente è di aiuto, anche se a volte possono essere
fastidiosi, quando ti
chiacchierano in testa» ironizzò Brianna,
strappandola ai suoi pensieri
L’attimo
seguente, nel sentire Brianna lagnarsi al telefono, rise e
replicò: «Fenrir non
era d’accordo?»
«Puoi
dirlo!» brontolò la wicca.
«Porgi i
miei rispetti alla nonna di Rock, e dille che sarò onorata
di fare la sua
conoscenza durante le feste di Natale.»
«Credo
che ne sarà felicissima» annuì Iris.
«Ora
temo di doverti lasciare. Nathan richiede la mia attenzione e, se non
mi
sbrigo, potrebbe decidere di distruggermi la cucina»
ironizzò Brianna.
Scoppiando
a ridere, Iris assentì e, dopo averla ringraziata, chiuse la
comunicazione per
poi dire: «Brianna dice che ci faranno visita per le feste di
Natale.»
«Prenoteremo
i bungalow nel camping di Lucas» dichiarò con
semplicità Dev, infilandosi sotto
l’arco di entrata del campeggio.
Nel
farlo, l’occhio gli cadde sulla veranda della baita ove si
trovava la Reception
del camping di Lucas e lì, con sua grande sorpresa, Dev vide
la porta aprirsi e
uscirne proprio l’amico, in compagnia di un ufficiale della
Reale Polizia a
Cavallo.
Bloccando
il camper nel vederli stringersi la mano come se fossero stati grandi
amici,
sebbene Dev sapesse che quell’uomo non era nativo di
Clearwater, abbassò il
finestrino della portiera e si affacciò per dire:
«Ehi, ciao, Lucas!»
«Ragazzi,
bentornati!» esclamò Lucas, ammiccando poi
all’ufficiale perché si avvicinasse
al camper assieme a lui. «Capitate a fagiolo. Lasciate che vi
presenti il nuovo
comandante della caserma di polizia. Lui è Curtis Ahern.
Curtis, loro sono
Devereux, il mio Sköll, e la signorina al suo fianco
è Iris, la mia Hati.»
Dev
non si stupì affatto di quella presentazione davvero
singolare; l’odore di lupo
che aveva percepito non appena aveva aperto il finestrino, gli aveva
detto
immediatamente chi fosse il realtà l’ufficiale.
Sentire
i loro titoli nel mondo mannaro causò, come sempre in Dev,
uno strano brivido
alla base del collo; udirli dalla bocca di qualcuno gli causava ancora
un certo
disagio.
L’ufficiale
assentì onorato, nell’udire i loro gradi
all’interno del clan e, allungata una
mano, disse: «E’ un vero piacere conoscervi. Darren
mi ha chiamato un paio di
settimane fa per avvisarmi di questo posto vacante, così ne
ho approfittato per
avvicinarmi a un branco di lupi dalla Triade completa.»
«Sapevi
dei Gerarchi?» esalò confusa Iris, allungata sopra
Devereux per curiosare fuori
dal finestrino.
«Per
mia fortuna, ho prestato servizio presso l’ambasciata
Canadese a Londra per
diverso tempo, così ho conosciuto dei miei
simili… e tutto ciò che
stava dietro alla nostra natura» annuì
l’uomo,
arricciando i corti baffi bruni in un sorriso simpatico.
«Anche per questo, a
suo tempo, misi in guardia Darren e suo fratello dai loro piani
assurdi, ma non
venni ascoltato. Mi fa piacere che almeno Darren sia rinsavito. Logan
era
davvero una testa calda.»
Sia
Dev che Iris assentirono con vigore, non potendo che essere
d’accordo con lui.
Ciò che aveva fatto quel licantropo andava contro tutto
ciò che Duncan e i loro
amici avevano detto, riguardo ai doveri di un Fenrir. Il fatto che
fosse morto
per mano di coloro che lui aveva tradito, aveva un che di karmico.
«Ora,
sarà il caso che io ritorni al lavoro. Avremo tempo
più avanti per conoscerci
meglio, ma mi ha fatto piacere vedervi» chiosò
l’ufficiale, salutandoli
cordialmente per poi allontanarsi a passo svelto.
Fischiando
ammirato, Dev asserì: «Beh, Darren si sta davvero
impegnando molto per
redimersi dai suoi antichi errori.»
Lucas
assentì, pieno di orgoglio. «Avere un ufficiale
all’interno della polizia ci
sarà di grande aiuto. Inoltre, Darren mi ha avvisato che
giungeranno a
Clearwater un altro paio di famiglie, tra cui un dottore mannaro.
Papà ne è davvero
compiaciuto, perché l’idea di essere il solo a
doversi occupare di noi lo
preoccupava un po’.»
«Potranno
mettere insieme ciò che sa Chuck grazie alla mia operazione,
e quello che sa
questo dottore, riguardo all’anatomia umana»
assentì Iris, più che soddisfatta.
«A
proposito di nuovi arrivi… blocca per i nostri amici inglesi
almeno tre
bungalow. Brianna ci ha detto che saranno in visita per Natale, e
vorrebbero
conoscere la nonna di Rock» intervenne Devereux con un mezzo
sorriso.
«Grazie
per la dritta. Li metterò subito in agenda»
annuì Lucas, prima di sorridere
quando vide comparire anche la figura sonnacchiosa di Chelsey.
«Ciao,
piccolina. Ti abbiamo svegliato, con le nostre chiacchiere?»
Lei
assentì con un gran sbadiglio dopodiché, tutta
orgogliosa, sollevò la manica della
sua camicetta per domandare: «Ti piace?»
Lucas
sollevò un sopracciglio con evidente sorpresa nel vedere il
disegno di un iris
blu e, annuendo orgoglioso, disse: «E’ stupendo,
piccola. Sono fiero di te.»
«Grazie,
Lucas» sorrise tutta contenta la ragazzina, rimettendo a
posto la manica.
«Adesso, andrò a farlo vedere anche a
Clarisse.»
Ciò
detto, corse fuori dal camper e si avviò verso la casa dei
coniugi Johnson.
Sorridendo,
Dev rimise in moto il camper e chiosò:
«Sarà il caso che vada a parcheggiare a
casa questa sottospecie di camion. Ti lascio Chelsey… tanto,
sono sicura che
vorrà farlo vedere anche ai nonni, prima di voler rientrare.
Più tardi, ti farò
un resoconto di ciò che ho saputo a Vancouver.»
Annuendo,
Lucas disse: «Te la porterò a casa non appena
avrà finito i suoi giri, così
parleremo tranquillamente.
Mentre
Dev annuiva, Iris sorrise nel salutare Chelsey e Clarisse sulla veranda
di casa
e, quando uscirono nuovamente in strada, commentò:
«E’ bello sapere che abbiamo
un appoggio in polizia. Sarà tutto più facile,
ora che il nostro numero è
aumentato.»
«Mi
sento un po’ meno inadeguato, adesso»
annuì Dev, avviandosi in mezzo al rado
traffico cittadino.
Iris
gli sorrise, strinse la mano sul braccio di Dev e mormorò:
«Non sei mai stato
inadeguato, neppure quando eri soltanto un umano.»
«E’
meglio ora, credimi» replicò lui, allungandosi per
un bacio.
N.d.A.:
il branco sta espandendosi e, come promesso da Darren, altri lupi
stanno
dirigendosi verso Clearwater per iniziare una nuova vita. Il fatto di
avere un
membro della polizia all’interno del branco, non
potrà che essere utile, così
come contare un nuovo dottore tra le loro fila.
Forse,
dopotutto, Iris può davvero iniziare a credere che quella
sua nuova vita possa
essere costellata dalla felicità, e non dal dubbio. Con il prossimo capitolo, avremo raggiunto il finale di questa storia... ma già un'altra sta crescendo, perciò non preoccupatevi. Le novità non finiranno certo qui.