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Autore: Shadow Eyes    28/07/2019    1 recensioni
{Danganronpa V3: Killing Harmony} | [...] Kaede per poco non cadde a terra a quel repentino cambio di bandiera; i capricci di Kokichi sembravano avere su di lei lo stesso effetto di un colpo di frusta.
«Se non avessi provocato Tojo a quella maniera, non ci troveremmo in questo pasticcio, sai?»
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{Danganronpa V3: Killing Harmony}




All I need is a couple of people beside me
All I see is a big old world out there and you’re coming with me

Lydia, “When It Gets Dark Out”





Fu quando Kirumi sorrise con una luce spietata nello sguardo che Kaede cominciò a correre.
Un piede avanti all’altro, i tendini contratti, e presto la velocità le spazzò i capelli via dalle spalle mentre si addentrava nei corridoi dell’Accademia. Certo, squagliarsela verso l’orizzonte, senza voltarsi mai indietro, era sicuramente stata la soluzione migliore al momento, ma forse
«È tutto un equivoco!», provò a starnazzare, terrorizzata, ma il ticchettio di tacchi alle sue spalle non fece che accelerare di ritmo, facendole saltare il cuore in gola. «Come non detto! Aiuto, aiuto, aiutoo d d i o—»
Ok, tentativo di usare la diplomazia fallito. Penosamente.
Kaede s’infilò nella prima stanza che vide e una fitta acuta al fianco la fece barcollare con un gemito.
«Accidenti, sono… Fuori forma…»
Una goccia di sudore le scivolò lungo la gamba tremante; con uno sbuffo liberatorio, la giovane chiuse la porta a chiave e si guardò attorno.
«Oh!», esclamò, «Grazie al cielo!»
Nonostante il blur confuso d’immagini che era stata la sua fuga, il suo istinto di sopravvivenza era riuscito comunque a condurla dritta al suo laboratorio. Perfetto! Dopotutto, non c’era luogo più sicuro di quello, per lei… Giusto?
«Akamatsu carissima, senti, per quanto ancora avresti intenzione di tenermi per mano? Cioè, non che mi dispiaccia— anzi, no, bugia. La tua mano è sudata e mi fa’ abbastanza schifo, quindi molla la presa!»
Qualcosa le strattonò il braccio e Kaede batté ciglio, voltandosi per incontrare lo sguardo irridente di Kokichi Oma.
Oh.
«Ti fa… Schifo, hai detto?»
«Sì, perché?»
La fanciulla dissimulò il proprio oltraggio con un sorriso talmente tirato da risultare inquietante.
«È così che mi ringrazi per averti salvato, Oma?»
Cavolo, il panico che l’aveva assalita era stato talmente forte da farle completamente dimenticare la presenza di Kokichi! Quel piccolo combina-casini impenitente! Il casus belli! L’origine di ogni suo male…!
Calma, Kaede, calma, o ti farai venire un infarto prima del tempo.
Mollò la mano di quello gnometto malefico, ma non prima di avergli inflitto una cordiale stritolata alle dita.
«Ahio! Sei cattiva, Bakamatsu!»
Kaede sollevò il mento con fare bellicoso, ergendosi in tutta la sua statura per squadrare Kokichi dall’alto in basso.
«Cattiva, io?»
«Guarda cosa hai fatto alle mie dita! Sono rotte!», esclamò ancora lui, ficcandole quasi una mano nella narice per teatralizzare tutto il suo sdegno. «Così non potrò più suonare il violino!»
Erano lacrime, quelle?
Oh, no…
«Aspe’, suoni il violino!?»
La maschera d’irritazione le cadde e Kaede titubò, prendendo la mano del suo compagno di classe tra le sue per osservarla meglio. Forse aveva davvero esagerato.
«No, certo che no! Ci credi pure?», sbottò Kokichi, liberandosi dalla sua presa per premerle giocosamente l’indice sulla punta del naso. «… Polla. Guarda, è uno scandalo che sia io a dirlo, ma ha ragione quella scrofa di Iruma: Bakamatsu ti si addice proprio, come soprannome.»
«Ehi!»
Il ragazzino scoppiò a ridere e, per una volta, Kaede riuscì a percepire una certa genuinità nell’intonazione della sua voce. Il broncio le s’addolcì appena. Kokichi si stava divertendo per davvero. A sue spese, certo, ma tant’è…
«Tojo mi ha proprio sorpresa. Accidenti, credo di aver perso tre anni di vita con lo spavento che mi sono presa…!»
«Parla per te, perché io, il grande Kokichi, avevo previsto tutto!»
«Vuoi dire che non hai avuto per niente paura?»
«Affatto!»
«Per questo la tua mano era fredda come quella di un pupazzo di neve?»
«Cosa? Quella fredda era la tua, di mano, non la mia! Hai le dita di un rettile! Brr! Comunque…», borbottò il supremo burlone, glissando abilmente sul suo commento. «Che facciamo? Credi che Tojo sia ancora a caccia?»
«Può darsi… Io direi di aspettare che le acque si calmino, prima di uscire.»
«Che…? E quanto tempo ci vorrà? Sai che noia!»
«E perché mai? Ci sono io, qui con te.»
La faccia schifata che le rivolse Kokichi la fece sentire piccola piccola; era davvero una così cattiva compagnia?
«Oddio, la condanna peggiore!», confermò immediatamente lui. «Non dirmi che questo era il tuo piano fin dall’inizio, Akamatsu! Uccidere di noia il leader della D.I.C.E. perché…» Il giovane inspirò drammaticamente, puntandole contro l’indice. «La noia non lascia tracce!»
«Ma sentiti… Che scemo.»
Kokichi parve non prestare attenzione alle sue parole, intento com’era ad aprire la porta del suo laboratorio per andarsene: un rumore ritmato di tacchi rimbombò nel corridoio, facendoli sbiancare entrambi. Il giovane richiuse la porta a chiave.
«Ho deciso! Passerò il pomeriggio con la mia adorata Akamatsu!»
Kaede per poco non cadde a terra a quel repentino cambio di bandiera; i capricci di Kokichi avevano lo stesso effetto di un colpo di frusta.
«Se non avessi provocato Tojo a quella maniera, non ci troveremmo in questo pasticcio, sai?»
«Ehi, sei stata tu a dirmi di fare amicizia con tutti quei discorsi smielati da anime tipo: “dobbiamo stare uniti e credere nel cuore delle carte, ragazzi!”», la scimmiottò Kokichi in falsetto.
«Questo non l’ho mai detto!»
«Non rovinarmi il pezzo, Bakamatsu!», sbottò il commediante, pestando un piede a terra. «Cavolo… Oh, be’, ormai la quarta parete e rotta.»
Kaede inarcò un sopracciglio.
«Comunque, in soldoni, è tutta colpa tua, bella mia, e dovresti pentirti dei tuoi peccati!»
«Che…? Colpa mia!?»
«Certo! Se non mi avessi spinto a socializzare—»
«E se tu non avessi detto a Tojo che alla sua veneranda età non sarebbe mai riuscita ad acciuffarti…!»
«Uffa, Akamatsu, sei crudele!», si lagnò Kokichi, facendo sfoggio di nuovi lacrimoni da coccodrillo. «Io volevo solo farti felice e questo è il ringraziamento!»
La pianista sbuffò. Quel gremlin e la responsabilità non andavano a braccetto, ormai l’aveva capito.
«Guarda che non è così…», tentò, «Apprezzo tanto lo sforzo che hai fatto, davvero, ma non avresti dovuto—»
«Ok, basta, la recita mi ha stancato. Che facciamo?»
Kaede dovette far forza su tutto il proprio autocontrollo per non saltare in avanti e sferrare ad Oma un calcio rotante sulle gengive. Era riuscito persino a prosciugare i lacrimoni.
Pazzesco
.
«Dai, non fare quella faccia, Aka-chan… Intrattienimi, piuttosto!»»
«Sai che c’è, Oma? Da’ pure un’occhiata in giro. Divertiti! … Scommetto che non vedevi l’ora di ficcanasare tra le mie cose.»
«Ma se dici così, vuol dire che qua dentro non c’è nulla di interessante da trovare!», piagnucolò Kokichi, avviandosi comunque verso uno scaffale ricolmo di spartiti, cominciando a spulciarli.
Una contraddizione su gambe. Non fa mai ciò che dice, non dice mai ciò che pensa… Chi lo capisce.
Scrollando le spalle, Kaede si spostò verso la sua unica, vera fonte di conforto in quella giornata folle: il pianoforte.
Be’, visto che dobbiamo ammazzare un po’ di tempo…
S’accomodò sullo sgabello e passò i polpastrelli sulla superficie liscia e gelida dei tasti, perdendosi nella sensazione elettrica che le trasmisero. In un istante, le sue dita presero a danzare, intessendo la melodia in Mi maggiore dell’Arabesque n.1 di Debussy. C’era una spensierata leggerezza, in quel brano, che riusciva sempre a coinvolgerla, riempiendole il cuore di languida dolcezza. Rabbia, angoscia, paura, si disfacevano, disperdendosi dentro di lei assieme alla musica. Kaede cambiò accordo, chiedendosi distrattamente se, con il componimento giusto, avrebbe potuto trasmettere quelle stesse sensazioni anche a qualcuno come Kokichi. Quella sì, che sarebbe stata una bella sfida.
«… tsu?»
Ci fu un fruscio e Kaede avvertì un improvviso calore lungo il fianco. Lanciò un’occhiata rapida alla sua destra e per poco non perse la concentrazione, quando scorse una figura familiare seduta accanto lei.
Oh, per l’amor del
Aveva inutilmente sperato che Kokichi ci avrebbe messo almeno un’ora per curiosare tra i suoi oggetti ma, a quanto pareva, s’era già stancato.
Sospirò, guardando ancora una volta di sottecchi il suo compagno di classe: sorprendentemente, non v’era traccia di derisione sui suoi lineamenti pallidi, assorti nel seguire i movimenti delle sue dita sulla tastiera. Kaede deglutì, sentendosi quasi schiacciare dallo scrutinio di quell’espressione intensa; c’era qualcosa, in quelle iridi viola, un sentimento che non era in grado di decifrare. Era davvero… Bizzarro vedere Kokichi in quello stato di quiete apparente— perché era certa che di quello di trattasse. Dopotutto, conosceva bene i suoi polli, ormai.
«Quante ore d’esercizio al giorno ci vogliono, per raggiungere questo livello?»
«Dipende… Nove, dieci. Dodici. Saltando i pasti si può arrivare anche a quindici o sedici.»
«Saltare i… Pasti? Seriamente? Wow, allora sei davvero degna della tua fama di maniaca del piano, Akamatsu!», trillò il ragazzino con un entusiasmo talmente falso da farla vergognare di quello che gli aveva appena detto. «Non so se provare ammirazione o ribrezzo nei tuoi confronti, onestamente.»
«… Me lo merito. Mi sono data la zappa sui piedi da sola.»
«Bugia! Non potrei provare mai ribrezzo per una ragazza così stupidamente onesta!»
«Oh… Grazie…?»
Continuando a suonare, Kaede strinse le labbra in una linea pensosa. Non riusciva davvero a seguirlo, a volte. Chissà se Shuichi, al posto suo, sarebbe stato in grado di interpretare correttamente i pensieri di quel genietto del male, o se avrebbe avuto i suoi stessi dubbi.
«Akamatsu?»
«Mh?»
«Mi sembri distratta… Non è che stai facendo fantasie perverse sul nostro caro detective?»
Colta alla sprovvista, Kaede sussultò, le guance d’un rosso sfavillante.
«M-Ma che vai dicendo? Non è vero!»
«Hah! Beccata! E io che l’ho sparata così, a caso!»
«Ti ho detto che non è vero!»
«Che vergogna, Aka-chan, non sai proprio nascondere le tue emozioni.»
«Già, be’…», borbottò lei, riportando la propria attenzione sui tasti del pianoforte. «Forse dovrei prendere qualche lezione da te, a riguardo.»
«Oh, andiamo…», sghignazzò Kokichi senza alcun ritegno, premendo l’indice contro la sua guancia calda. «Non fare quella faccia! Se ti riempi di rughe premature, poi finisce che Shuichi me lo sposo io!»
L’ultima nota dell’Arabesque n.1 risuonò nella stanza, seguita immediatamente dall’armonia rapida del n.2, che riempì il silenzio calato tra i due con la propria vivacità. Kaede aggrottò la fronte, preferendo perdersi nella successione melodiosa di quei suoni, piuttosto che continuare a dar lenza agli sproloqui di Oma. Dopotutto, qualsiasi cosa avesse detto in sua difesa, sarebbe stata sempre e comunque usata contro di lei. Era decisamente più saggio risparmiarsi quell’emicrania e fare invece qualcosa di produttiv—
Una risatina strascicata le ruppe ancora una volta l’incanto. Accigliata, la ragazza chinò lo sguardo, ritrovandosi la testa arruffata di Kokichi beatamente poggiata sulle cosce. Per poco non saltò via dallo sgabello.
«E-Ehi! Ma che fai?»
«Wow, ce ne hai messo di tempo ad accorgertene! Stavo quasi per appisolarmi.»
«Spostati, Oma!»
«Non mi va.»
Rossa in viso, Kaede attese che le rivolgesse il solito sorriso scaltro, un’occhiata derisoria, insomma, qualsiasi cosa che le facesse capire che la stesse prendendo in giro come al solito. Gli occhi di Kokichi, tuttavia, si erano svuotati d’ogni malizia – d’ogni sentimento, a dire il vero, e la fissavano con vacua insistenza.
«… Si può sapere che hai?»
Nessuna risposta.
«Oma?»
Quell’espressione incolore… Era un’incognita, per lei. L’ennesima. Non sapendo come reagire, Kaede abbandonò con un sospiro i tasti del pianoforte, scrutando il leader supremo in cerca di un indizio che potesse farle capire il perché di quel cambio d’umore. In quel momento, neanche la mente che aveva ideato quel gioco crudele le sembrava un mistero insondabile quanto quella di Kokichi.
«… Ok, stai cominciando a inquietarmi, sai?»
«Pensi davvero che alla fine di tutto questo diventeremo amici?»
Il cuore le saltò un battito a quella domanda inaspettata. Kaede schiuse le labbra, incapace dar fiato ai propri pensieri. Era questo, quello che lo preoccupava? O stava semplicemente giocando con i suoi sentimenti? Dannato… E poi aveva la faccia tosta di chiamare lei crudele.
Be’, inutile rimuginarci sopra; tanto la sua stupida onestà avrebbe avuto comunque la meglio su tutte le paranoie che si stava facendo.
«Sì.»
Kaede trattenne a stento l’impulso di pizzicarsi una guancia, sconvolta. Per un brevissimo, folle istante, le era parso che Kokichi le avesse sorriso. Con sincerità.

Cavolo, adesso sì che si sentiva la protagonista di una puntata de “Ai Confini della Realtà”.
«… Forse la più pazza di tutti qua dentro sei tu, Aka-chan.»
The end. Titoli di coda. Il solito Kokichi era tornato alla carica.
«Perché dici così?»
Con uno sbuffo divertito, il ragazzino si sollevò, tornando a sedersi al suo fianco con una piroetta.
«Siamo qui per fermare una strage, ok… Ma non dimenticare che questo gioco è come gli scacchi: non si vince senza sacrificare qualche pedina.»
La sua voce era piatta, il timbro talmente basso che le penetrò sottopelle, facendogliela formicolare. Kaede si morse il labbro, lanciandogli un’occhiata di traverso. Stava mentendo… Sì, non c’era altra spiegazione. Non poteva pensare davvero qualcosa di così raccapricciante.
«Piantala con queste sciocchezze!», sbottò alla fine, scuotendo il capo. «Così faremo solo il gioco di Monokuma. Siamo persone, Oma. Non pedine. Se cooperiamo, nessuno di noi—»
«Se la pensi così, sei più ingenua di quanto pensassi.»
La bocca di Kokichi s’allargò, stirandosi in un sorriso innaturalmente largo, da Stregatto. Era impressionate come il suo viso potesse passare da grazioso a orripilante in così pochi secondi. Kaede sospirò frustrata, accavallando le gambe; la luce artificiale del lampadario le danzò sulla sua pelle chiara e solo allora s’accorse di quanto fosse accapponata.
«Ridi pure di me ma non cambierò idea. Non permetterò che nessuno di noi muoia. È una promessa.»
«Ok, fingerò di crederci.», cinguettò lui, con le braccia spensieratamente intrecciate dietro la nuca. «Perché, sai, ci tengo davvero a te. Giuro. Mi dispiacerebbe un sacco dover conservare i tuoi resti in un barattolo… Anche se forse saresti più utile al gruppo, così.»
«Smettila di dire queste cose!»
«Ah, perdi colpi, Akamatsu! Non te ne sei accorta? Era una palese bugia! Non me ne importa niente della fine che farai… L’importante è che non trascini tutti noi all’inferno con te!»
La pianista roteò gli occhi, facendo appello agl’ultimi brandelli di pazienza che le erano rimasti per non cacciarlo fuori dal suo laboratorio.
«Non sarà che è questa, la vera bugia?», la buttò lì, sbirciando di sottecchi l’espressione di Oma.
«Ah, Akamatsu… Che tenerezza che mi fai.»
Kokichi scoppiò a riderle in faccia e continuò a sghignazzare finché una lacrima non gli sfuggì dalle ciglia.
Non è che ci ho… Preso?
Fu allora che l’indignazione di Kaede mutò in un doloretto acuto al centro del suo sterno; sarebbe stata una bugia dire che non ci aveva mai fatto caso – anche perché per lei era ovvio che dietro agli insulti e alle marachelle del suo compagno di classe ci fosse una richiesta d’attenzione… Ma non s’era mai accorta di quanto disperata fosse. Il senso di solitudine che emanava Kokichi adesso era schiacciante. La giovane serrò i pugni. Per quanto dispotico e petulante fosse, anche lui non era che un ragazzino spaventato come tutti loro… E che, a volte, era difficile ricordarselo, visti i profluvi di cattiverie che uscivano da quella sua boccaccia di gremlin.
Non devo più farmi ingannare da quello che dice… Non lo lascerò abbandonato a sé stesso.
«Dai, suoniamo qualcosa insieme!», urlò Kokichi all’improvviso, facendola sussultare.
«Eh?»
«In-sie-me! In-sie-me! In-sie-me!», canticchiò ancora lui, facendo su e giù con le braccia. «O le lezioni private sono solo ad appannaggio del nostro adorato detective?»
Kaede arrossì furiosamente.
«Certo che no! La musica parla al cuore di tutti…»
«Ah, sì?» Il leader supremo si portò le mani al petto con fare svenevole, le ciglia svolazzanti. «Anche al mio?»
«Certo.» La voce argentina di Kaede risuonò nella stanza, limpida come il sentimento che provava in quel momento. «Vedrai, Oma… Un giorno suonerò una canzone che riuscirà a raggiungere il tuo cuore.»
Ma quando la pianista guardò Kokichi, ardente di determinazione, il giovane distolse lo sguardo dal suo, le punte delle orecchie lievemente arrossate. L’aveva… Messo in imbarazzo?
«O-Oma?»
«Oooh, quale ardore, Aka-chan!», miagolò lui in tutta risposta, voltandosi verso di lei con un’espressione traboccante di terrificante malizia. «Sono tutto un fremito!»
«Ma… Ma che dici!?»
«Ah, non posso più nascondertelo! Nel mio cuore sento già qualcosa per te…», mormorò imperterrito Kokichi, sporgendosi verso di lei. «Prendimi, Akamatsu, sono pronto!»
«E-Eh…?»
«Fa’ di me ciò che vuoi!»
T-Troppo vicino!
Paonazza, Kaede lo spintonò lontano da sé, finendo quasi per far cadere entrambi giù dallo sgabello.
«Piantala, scemo!»
Le guance di Kokichi di gonfiarono con uno sbuffo, prima di rilasciare tutta l’ilarità che contenevano in una risata contagiosa.
«Nah, è troppo divertente prenderti in giro! Vedessi che faccia che hai!»
Con le braccia incrociate sotto il seno, Kaede tentò di tenergli il muso finché poté ma, alla fine, il faccino allegro del suo compagno di classe le fece cedere le armi e sorrise a sua volta, radiosa. La voce di Kokichi… Era di nuovo onesta. Sembrava di nuovo spensierato.
Meglio così. Tuttavia…
«… Oma?»
«Sì?»
«Una volta fuori di qui…»
«… Sì?»
«La prima cosa che farai sarà chiedere scusa a Tojo, chiaro?»
«Che…!?»
«Mentre io la implorerò di non ucciderci.»
«Accidenti… E io che stavo per ricredermi. Sei una Bakamatsu fino alla punta dei capelli!»
«Effettivamente— Ehi!»










.:~*~:.

Ehilà~! (❁´▽`❁)*✲゚*
Questa volta non ho molto da dire… Questa è una semplice oneshot dedicata ai miei personaggi preferiti di Killing Harmony, ambientata prima del primo omicidio (ovviamente Kirumi non ha intenzione di far male a nessuno, si sta solo divertendo a trollarli hah hah hah X°D). ♪ Questi due sono spassosissimi… Tutto il cast lo è, in realtà, ma a loro mi ci sono particolarmente affezionata. Peccato che lo studio ami sempre fare… Scherzoni, con chi lascia prematuramente il gioco. Dannati! (╬ಠ益ಠ)
Oh, comunque, se siete arrivati fin qui, vi ringrazio per aver letto questa storia… E già che ci sono, invito chi ha l’account a votare i personaggi mancanti di questa sezione, così possiamo inserirli come si deve nelle nostre storie! Grazie ancora~! (´∇ノ`*)ノ

See ya,

Shadow Eyes
  
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