Busta 2
2Ottobre
Cari J&J,
mi
devo scusare, ho iniziato la mia prima lettera quando con Nobu
abbiamo deciso di sposarci e poi di adottare, quindi non sapevo chi
avremmo conosciuto.
Torniamo a Kanagawa, era ancora il primo
anno di scuola, io odiavo Kaede e non sapevo giocare a basket ma ero
convinto di essere il genio. Ho sfidato il capitano del club di
basket in una surreale partita, mica sapevo che bisognava
palleggiare, e cose simili, è finita con me che smutando
Akagi, il
fratello maggiore della mia coppia. Ricapitolando, in solo poche ore
la mia vita è cambiata da quella di un teppistello a quella
di un
atleta, mi ero innamorato, e avevo trovato la mia nemesi, o almeno
così pensavo. La vita scorreva tranquilla io cominciavo ad
ambientarmi al club, e sono riuscito a farmi ammettere pulendo tutta
la palestra, tutti i palloni, e tutto quanto. La squadra non era
completa, dopo un po’ è tornato in squadra il play
che era stato
lontano dai campi per un po’ per una rissa. Ancora non
conoscevo
Hisashi, lui ancora non faceva parte della squadra. Si è
presentato
con un po’ della gentaglia che frequentava in quel periodo e
ci
siamo scazzottati per bene in palestra, e per fortuna vostro zio
Yohei e gli altri tre pazzi ci hanno salvato dalla chiusura del club,
a cui dopo aver rivisto il nostro allenatore anche Mitsui ha chiesto
di essere riammesso. Abbiamo scoperto che si era infortunato durante
il primo anno al ginocchio e ha provato a giocare prima di guarire
per bene e quindi non ce l’aveva fatta e quindi era diventato
un
teppista dai capelli lunghi, ha ripreso ad allenarsi con noi e la
squadra è diventata unita, e lavoravamo bene insieme. Io
continuavo
a farmi espellere per cinque falli, perché quei simpaticoni
dei miei
compagni non mi avevano spiegato bene le regole. Ridete pure, ma non
avevo idea di che gioco fosse il basket prima di sfidare Akagi. In
tutto questo in squadra c’era Kaede Rukawa l’asso,
la super
matricola, il rookie numero uno, e tra una rissa e l’altra ci
siamo
ritrovati al campionato nazionale in cui abbiamo fatto una buona
impressione, e una bella figura, abbiamo vinto contro una delle teste
di serie, e mi sono infortunato alla schiena, e abbiamo perso la
partita successiva, ma durante quella partita è successo il
miracolo, io e lui ci siamo passati la palla, non era mai successo
fino a quel momento. Ma io lo odiavo comunque, perché lui
era
l’amore della ragazza che mi piaceva. Sono andato in un
centro di
riabilitazione vicino al ritiro della nazionale juniores di basket e
lui veniva a correre sulla spiaggia dove io leggevo le lettere di
quella ragazza, ma che non mi facevano più emozionare come
avrei
immaginato. La solitudine di quel posto mi ha portato a farmi molte
domande, su me, su cosa mi piacesse. Ho passato tutto il mio tempo
libero sulla spiaggia, e ogni giorno alla solita ora c’era
Rukawa
che correva, con indosso la maglia della nazionale. Non mi diceva
niente passava e mi mostrava quella che era diventata una fissazione
per me, dovevo batterlo e dovevo entrare in nazionale. Ero su quella
spiaggia e il resto del tempo, dopo aver risposto ad Haruko lo
passavo a pensare. Da quando ero arrivato al centro fisioterapico
facevo sogni strani, sogni in cui non baciavo Haruko, come mi era
successo fino a quel momento, ma sogni in cui baciavo un maschio non
definito, e mi svegliavo eccitato, e questo mi lasciava sconvolto
ogni volta. Ho cominciato ad immaginarmi, da sveglio, la mia vita con
Haruko, e fin quando si trattava di cose normali, come la casa, le
uscite, non avevo nessuna brutta sensazione ma appena arrivavo a
sfiorare la sfera sentimentale, ma anche solo i baci sentivo qualcosa
di simile all’acidità di stomaco. Sentivo che
c’era qualcosa che
non funzionava, proprio adesso che lei si stava avvicinando a me in
quel senso. Ero sempre più confuso e nervoso. Una delle
ultime
mattine lui è passato alla solita ora correndo, e si
è fermato
qualche secondo in più e mi ha fatto un cenno in
più, non ho capito
lì per lì perché avesse questo
comportamento strano. Il giorno
dopo non è passato, ed ho capito che mi stava salutando, nel
nostro
modo contorto. La notte in cui mi sono accorto che avrei dovuto
affrontare i giorni successivi senza la fastidiosa presenza del
volpino i miei sogni hanno virato su di lui, sul suo corpo scolpito
dal basket, non scandalizzatevi, come succede anche a voi con la
squadra, ci siamo visti un sacco di volte nudi per gli spogliatoi, e
nella mia mentre ho visto il suo corpo, quella pelle candida, quegli
occhi color del mare farsi quasi torbidi, le sue labbra socchiuse, e
l’ho sognato lascivo e sensuale, e mi sono svegliato di
colpo,
eccitato come non mi capitava da un po’. La mattina
successiva è
iniziata con una dolorosa doccia che ha fatto calmare i miei bollenti
spiriti, e che ha fatto aumentare a dismisura le mie insicurezze.
Tornato
a scuola mi sono dichiarato nuovamente ad Haruko, e lei è
diventata
la mia ragazza, ora è un’amica, non di quelle che
vedresti tutti i
giorni, ma c’è rispetto, ci siamo illusi entrambi
di aver trovato
la persona giusta. Le prime uscite sono state divertenti, siamo
andati al luna park, al cinema, a passeggiare, e fino a quando
eravamo fuori, in pubblico tutto funzionava benissimo. In Giappone
non siamo abituati alle effusioni in pubblico, nemmeno a prendersi
così tanto per mano, e quindi nessuno di noi due si
è reso conto
della totale mancanza di contatto fisico. La persona con cui avevo
contatti fisici in pubblico tutti i giorni era Kaede, ero tornato in
squadra ancora più arrabbiato con lui che continuava a
disturbarmi
nel sonno, con la sua voce calda e che abbiamo sentito così
raramente, con il suo corpo di porcellana, e quegli occhi tempestosi,
blu come il mare che mi hanno sempre fatto tremare. Abbiamo passato
buona parte della seconda in questo strano equilibrio, abbiamo
partecipato ad un campionato invernale e ad un altro campionato
estivo in cui abbiamo fatto bella figura senza però riuscire
a
vincere, siamo arrivati terzi e secondi rispettivamente. Lei una sera
mi ha invitato a cena a casa sua, erano ormai mesi che uscivamo, e ci
stavamo avvicinando al campionato invernale, la squadra aveva
cambiato assetto con i più grandi che hanno lasciato per
dedicarsi
agli esami di ammissione all’università, e ho
accettato, eravamo
soli, i suoi erano a visitare Takenori nel suo campus
dall’altra
parte del Giappone, abbiamo mangiato e scherzato, siamo finiti sul
divano a farci le coccole, e quando lei ha cercato un contatto
più
sensuale io non ho reagito, ho reagito con quasi tutto il corpo, ma
non mi eccitavo, era come non presente. Abbiamo pensato ad ansia da
prestazione, e lei è diventata sempre più
insistente, anche perché
si sentiva insicura della sua bellezza a quel punto, ma niente non
funzionava in presenza di lei.
Nel frattempo io continuavo a
fare sogni erotici in cui c’erano ragazzi e uomini, e molto
spesso
c’era Rukawa, e più lo sognavo e più mi
incazzavo, più mi
incazzavo più vedevo ogni suo comportamento come
provocatorio, e
finivamo in rissa.
Ho passato tutti e tre gli anni del liceo a fare i fondamentali a fine allenamento, sono diventati un’abitudine, spesso Haruko si fermava con me, fino a quando non ci siamo lasciati perché non ero in grado di darle quello che voleva, non siamo andati mai oltre a qualche bacio abbastanza umido e poco soddisfacente. Una sera i miei amici se ne sono andati prima che io finissi e siamo rimasti in palestra solo io e il volpino, lui mi si è avvicinato per parlare e io l’ho respinto, non sapevo nemmeno più perché lo odiassi, ma l’ho trattato come se fosse un rifiuto, e lui deve avermi creduto sul serio perché il primo settembre di quell’anno si è tolto la vita sparandosi nello spogliatoio del club di basket. Non capivo nulla, hanno sospeso il club per un mese, e quando sono tornato ho trovato una sua lettera in cui spiegava perché si è sparato, almeno in parte. Dopo ho scoperto che aveva lasciato a casa sua un pacco a mio nome che mi è stato mandato da sua mamma, una tipa veramente gelida, in confronto lui era uno a cui piaceva il contatto umano, e mi è stato portato a casa e mi ha detto di non dirle niente che non gliene sarebbe fregato nulla. A quel punto ho letto il suoi diario e mi sono reso conto che molti dei sentimenti, della confusione che ho provato, il dolore per aver perso il padre ci accomunavano, in realtà avevamo più cose in comune rispetto a quelle che non avevamo in comune. Mi ritrovavo nuovamente arrabbiato a sedici anni e ho cominciato ad andare al parchetto centrale per giocare a basket, giocavamo a street tre contro tre, nel mese di chiusura ci passavo tutto il pomeriggio, mentre quando abbiamo ripreso a fare sul serio andavo dopo gli allenamenti fino a quando anche l’ultima squadra se ne andava.
Baci piccoli miei.