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PIOGGIA SULL'ASFALTO
“X
gon' give it to ya, he gon' give it to ya
X gon' give it to ya, he gon' give it to ya!”
«Uno
che fa meno di quaranta miglia all’ora in una strada col
limite di sessantacinque è una stramaledetta piaga
umana» borbottò Rain, dopo aver
dato una veloce occhiata all’orologio attraverso gli occhiali
da sole dalle
lenti blu scuro.
“Go
hard, getting busy wit it
Damn right, and I'll do it again, 'cause I am right so I gots to win
I'm getting down, down like a nigga said ‘Freeze!’
But won't be the one ending up on his knees!”
Mentre
il sub woofer continuava a sparare a musica a tutto
volume, decise che si era definitivamente rotta le scatole.
Per
i suoi gusti si trovava dietro quel grosso -e a parer suo
lentissimo- camion rosso e blu già da troppo. Forse
l’autista aveva tempo da
perdere e voglia di fare una scampagnata, ma lei era di
tutt’altro avviso,
soprattutto perché mancava poco all’uscita di
Billy da scuola.
Curiosamente
quel giorno si era svegliata a un orario un
po’più decente del solito e, dopo aver completato
la sua routine mattutina e
aver visto che la bicicletta di suo cugino era nella rimessa, aveva
deciso di
andare a prenderlo.
In
quell’occasione intendeva anche comunicargli che il suo
castigo era finito: negli ultimi tempi Billy si era comportato come
doveva,
aveva studiato più del solito, aveva sempre usato i
sottobicchieri e aveva
avuto il buonsenso di evitare ulteriori proteste che avrebbero solo
allungato
ulteriormente la punizione.
“Credo
che apprezzerà il fatto di poter tornare a uscire
proprio durante il periodo in cui il centro di ricerche CosmoScoop
ospita il
luna park della scienza” pensò.
“First
we gonna rock, then we gonna roll
Then we let it pop, go, let it go!
X gon' give it to ya, he gon' give it to ya
X gon' give it to ya, he gon' give it to ya!”
Entrata
in corsia di sorpasso premette sull’acceleratore,
spingendo la sua Porsche decappottabile a centoquarantaquattro
chilometri orari
-“I chilometri orari hanno molto più senso delle
miglia orarie. Americani bastian
contrario”, pensava sempre.
Superò
il camion con una sonora clacsonata e il braccio
destro ben sollevato, volto a mostrare un dito medio altrettanto
sollevato
all’autista che…
“Non
c’era?...”
Alla
velocità cui andava non aveva avuto modo di vedere bene
dentro l’abitacolo mentre gli era passata accanto,
né in seguito dagli
specchietti retrovisori, però per un attimo le era veramente
sembrato che alla
guida non ci fosse nessuno.
«Terremoti
completamente a caso, fasci di luce bianca, orme
gigantesche di chissà cosa e ora anche questo,
che… tsk» borbottò.
Era
impossibile, giusto? I veicoli normali non si guidavano
da soli.
Era
stato sicuramente dovuto a uno strano gioco di luci misto
alla velocità, nulla di più, così come
il terremoto era stato un semplice
fenomeno naturale, la luce bianca vista da suo cugino nella montagna
era stata
frutto della suggestione e l’orma di cui aveva parlato era
una strana
depressione del terreno- o semplicemente il lavoro di qualcuno che non
aveva
niente di meglio da fare.
Accelerò
ancor di più per mettere ulteriore distanza tra
sé e
il camion.
Complici
quegli strani pensieri, aveva appena deciso che le
risultava molto antipatico.
***
«Ma
se non c’è niente, perché andate
così spesso in direzione
della montagna?» insistette Billy.
Sembrava
proprio che, per quanto i rimproveri di Rain non
l’avessero lasciato indifferente, Billy perseverasse con quel
“rompimento di
scatole” dal quale era stato dissuaso. Sua cugina in fin dei
conti non era lì a
scuola, castigo o meno non poteva controllarlo
ventiquattr’ore su ventiquattro
e vederlo fare quel che non avrebbe dovuto.
Ma
poi, si chiedeva, perché “non avrebbe
dovuto”?
Non
intendeva andare nuovamente a infilarsi nella montagna,
aveva imparato almeno quella lezione, però non riusciva a
vedere davvero
qualcosa di male nella sua sete di risposte.
La
curiosità era qualcosa che lo rendeva uno spirito affine
ai due coetanei che stava tartassando con le sue domande, e forse era
proprio
dal fatto di essere affini che derivava la sua voglia malcelata e mal
espressa
di avvicinarsi a loro.
Billy
non era mai riuscito a farsi molti amici nei suoi
tredici anni di vita, complice forse la sua situazione familiare poco
stabile.
Parlava con alcuni dei suoi compagni di classe ma non aveva un legame
con
nessuno di loro, se non con Fred, che considerava un amico ma a cui
riservava
un trattamento più simile a quello di un subordinato.
Il
loro non era il rapporto più sano del mondo, ma non era
neppure così strano che una persona insicura traesse forza
dal prevaricare chi
era ancor più insicuro di lui- anche senza la vera
intenzione di fare del male.
«Voi
ci ritenete degli sfigati, no? Allora fatevi gli affari
vostri una buona volta, idioti!» sbottò Carlos.
«Ehi!
Il mio terapista dice che nessuno deve permettersi di
darmi dell’idiota!» protestò Fred.
«Beh
non è che comportandovi così ci spingiate a
chiamarvi in
un modo diverso, anche se volessimo farlo» ribatté
Rad, alzando gli occhi al
cielo.
«Invece
di lamentarvi dovreste ritenervi fortunati del fatto
che vi chiediamo delle vostre stramberie da stramboidi.
Quindiiii… cosa c’è su
quelle montagne?» tornò a chiedere Billy.
«Voi
due non avete proprio niente di meglio da fare se non
infastidire la gente?»
Sebbene
la frase non fosse stata incoraggiante e non lo fosse
stato nemmeno il tono, sia Billy che Fred si voltarono con un sorriso
in
direzione della voce femminile che li aveva apostrofati in quel modo-
per buoni
motivi, andava riconosciuto.
«Ciao
Alexis!» la salutarono in coro.
Alexis
sbuffò. «Sul serio, durante il pomeriggio fareste
meglio a studiare invece che tentare di seguirci. Non vi rendete conto
di
quanto siete snervanti?!»
«Io
in questi pomeriggi non vi ho seguiti» ribatté
Billy.
«Sì,
e hai mandato Fred l’imbranato a farlo al posto
tuo!»
esclamò Carlos, per poi rivolgersi a Fred «Se
pensi a una carriera da agente
segreto lascia perdere, amigo, sul serio».
Solo
a quel punto Billy notò che i suoi tre compagni di
classe quel giorno non avevano con sé la bici, lo skateboard
e la vespa con cui
si spostavano ultimamente. «Noto che oggi siete venuti a
piedi…»
Rad
fece spallucce. «Oggi ci hanno accompagnati e ci vengono
a prendere».
Con
una leggera amarezza, il ragazzino lentigginoso pensò che
nessuno veniva a prendere lui a scuola da tanto tempo. Più o
meno da quando suo
padre era andato via.
Non
che ne sentisse il bisogno, quasi tutti andavano a scuola
e tornavano a casa in perfetta autonomia, però…
“Back
in black I hit the sack
I've been too long I'm glad to be back!”
Sentendo
della musica paurosamente alta in avvicinamento,
svariati dei presenti si voltarono con aria un po’perplessa,
pensando che
probabilmente fossero i soliti ragazzi delle scuole superiori -non
troppo
lontane da lì- automuniti, a cui piaceva fare casino.
“Yes
I am let loose
From the noose
That's kept me hanging about!”
L’unico
veicolo in rapidissimo avvicinamento però si
rivelò
essere una cabrio biposto sportiva, bianchissima e immacolata, guidata
da
qualcuno che Billy non si sarebbe aspettato di vedere lì.
“Rain
si è svegliata abbastanza presto da riuscire a venirmi
a prendere dopo la colazione” che considerata l’ora
sarebbe stato più esatto
chiamare brunch “Il tai-chi, il bagno profumato e la scelta
della candela da
accendere oggi? In che mondo parallelo mi trovo?!”
“I
kept looking at the sky cause it's gettin' me high
Forget the hearse cause I'll never die
I got nine lives
Cat's eyes
Abusin' every one of them and runnin' wild
Cause I'm back!...”
Capì
di trovarsi nel solito mondo e non in un mondo parallelo
nel momento in cui Rain, avendo la strada del tutto libera,
parcheggiò sul lato
opposto della strada con un testacoda allucinante.
“YES
I'M BACK IN BLACK!”
La
vide sollevare gli occhiali da sole e fargli cenno di
raggiungerla.
Testacoda
o meno, l’amarezza provata un momento fa era
sparita del tutto.
«Oggi
anche io ho chi mi è venuto a prendere» disse
Billy,
per poi correre verso l’auto senza salutare nessuno.
«BILLYYYYY! Potresti
almeno
salutarmi!» strillò Fred.
«…cioè,
Billy ha una fidanzata così,
più grande di lui e che sa pure
guidare in quel modo?!» allibì Carlos, che non
aveva capito assolutamente
niente della situazione.
«Io
credo che sia la cugina di cui mi aveva vagamente
accennato ai tempi delle ripetizioni. È più
probabile» disse Alexis, senza
particolare entusiasmo.
«Sì
sì, è la cugina… ed è
tremenda!» disse Fred dopo aver
abbassato parecchio la voce «Ehm. C-ci si vede,
ragazzi» farfugliò,
allontanandosi alla svelta; non per paura di essere stato sentito,
semplicemente
perché non era molto abituato a parlare con gli altri se
vicino a lui non c’era
Billy.
Il
quale al momento aveva altro per la testa. «Rain!»
«Salta
su e allaccia immediatamente la cintura. Gli occhiali
da sole sono nel cruscotto».
Il
ragazzino obbedì velocemente, ben contento.
«Fatto!»
Rain
abbassò la musica a un livello che permetteva la
conversazione, diede gas e ripartì, senza manovre strane e a
una velocità un
pochino più contenuta rispetto a quella con cui era
arrivata. «Ho fatto più
tardi di quanto avrei voluto, mi sono trovata davanti un camion che
andava più
lento della morte per fame, se la morte per fame fosse una persona e
fosse
zoppa da entrambi i lati».
«Era
nei limiti?»
«Andava
meno di quaranta miglia all’ora in una strada col limite
di sessantacinque, roba da fucilazione immediata. Io che vado un
po’più veloce
di quanto dovrei magari sbaglio» riconobbe la donna
«Ma uno come quello
intralcia il traffico, la vita, l’Universo e tutto quanto!
Roba da revoca della
patente, a parer mio. Comunque, stavi infastidendo nuovamente i tuoi
compagni o
stavolta ti stavi comportando da persona normale?»
«Sono
stato normale. Normalissimo. Assolutamente» mentì
Billy
«Anche se… sai, continuano ad andare in direzione
della montagna. N-non che io
intenda seguirli ancora fin lì, ovviamente, ho capito che
non lo devo fare» si
affrettò ad aggiungere «Però non
capisco proprio il motivo».
Si
preparò a un discorso analogo all’ultimo che aveva
sentito
da lei a riguardo, con tanto di “Che ti importa di quel che
fanno?” ed
esposizione della realtà oggettiva concernente il suo metodo
di approccio del
tutto sbagliato.
Discorso
che invece non arrivò affatto.
«Non
lo capisco nemmeno io, sono sincera. Ragione ulteriore
per cui io ti darò questo avvertimento e tu lo ascolterai:
non cercare mai più
di seguirli, per quanto tu possa averne voglia, e possibilmente evita
di star
loro attorno. Se tieni a lui, consiglia lo stesso anche al tuo
amico».
«Sembri
ancor meno contenta all’idea di quanto già non
fossi
fino a poco tempo fa» osservò Billy, leggermente
inquietato dal tono della
cugina.
«Rimango
dell’idea che non siano cattivi ragazzi, però una
stranezza chiama l’altra. Se i genitori di quei tre sono
tanto felici all’idea
che i loro figli crepino giovani, schiacciati dai massi o da chissà
cos’altro,
fatti loro. Io però
la penso diversamente, dunque quando oggi pomeriggio uscirai te ne
andrai
dritto al luna park della scienza, dove le stranezze restano ancora a
un
livello umanamente accettabile».
«Posso
ricominciare a uscire? Sul serio?!» esultò Billy.
«Sì…
ma quel che ti ho detto sull’andare in Irlanda nel caso
tu faccia qualcuna delle tue stronzate resta valido, sia
chiaro».
«Puoi
continuare a fare l’irlandese burbera quanto vuoi ma
ormai dopo quasi un anno ho capito che in realtà sei gentile
e buona come il
pan-»
«Shut
your gob, ya eejit».
Billy
alzò le mani in segno di resa. «Ok, sto
zitt-»
«Eccolo!
È quello!» lo interruppe Rain, indicando la corsia
opposta «Il maledettissimo camion di prima!... AG
FUCK-THÙ, GOBSHITE!»
gridò, sollevando di nuovo braccio e
dito medio «E tu che hai da ridere?»
Billy
cercò di contenersi, inutilmente. «Niente,
niente!»
“E
di nuovo non sono riuscita a vedere se l’autista
c’era o
meno” pensò Rain.
Qualche
minuto dopo quel secondo incontro, il camion rosso e
blu la cui lentezza era stata così poco apprezzata si
fermò davanti alla scuola.
«Non
ci aspettavamo che venissi tu, Optimus» disse Rad, una
volta salito a bordo.
«Dato
che oggi è una giornata più tranquilla del solito
ho
pensato che una boccata d’aria avrebbe fatto bene anche a
me» rispose il
comandante degli Autorobot «Va tutto bene, ragazzi?»
«Alla
grande!» esclamò Carlos.
«Ottimo.
Si parte!»
Anche
con gli umani a bordo -a maggior ragione!- Optimus
mantenne sempre la velocità attorno ai sessanta chilometri
orari. Nessuno dei
ragazzini se ne lamentò ma, vedendo un’automobile
grigio chiarissimo superarlo,
nel cervello a transistor del cybertroniano balenò un
pensiero.
«Ragazzi,
avrei una domanda da farvi riguardo una cosa di voi
umani…»
«Di’
pure, Optimus» sorrise Alexis.
«Se
mentre sei in strada vieni sorpassato da un essere umano,
e questo essere umano lo fa suonando il clacson per poi sollevare un
braccio e
il dito medio verso di te, significa che ti sta insultando?
Perché ho
incontrato due volte una donna su un’automobile bianca che
andava molto oltre i
limiti di velocità che segnano i vostri cartelli…
e in entrambe le occasioni ha
fatto una cosa simile».
I
ragazzini si scambiarono un’occhiata, con la vaga
sensazione che Optimus avesse incrociato la cugina, a dir di Fred
“tremenda”,
di Billy.
«Beh»
avviò a dire Rad «Ecco, in
effetti…»
«Non
preoccuparti, Optimus» minimizzò Alexis
«Finché rispetti
i cartelli hai ragione tu, non farti problemi».
“Però
un po’più veloce ci potrebbe anche andare, sarebbe
più
divertente” pensò Carlos.
Il
pensiero in questione svanì com’era arrivato,
sostituito
dalla prospettiva di andare alla base. Chissà
cos’avrebbero fatto di bello,
quel giorno!
“O
beh, se mai ci fossero tempi morti possiamo sempre
andare al luna park”.