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Autore: DhakiraHijikatasouji    22/09/2019    0 recensioni
Ormai non c'era assolutamente più tempo. La zona era già stata invasa dal regime nazista e rimanevano poche vie di fuga. Adesso l'unica possibilità era o farsi fucilare, rinunciando a tutte le possibilità di salvezza o speranza, o farsi catturare, rinunciando alla libertà, oppure trovare un modo di scappare ancora ignoto e difficile da scovare.
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Qui Bill e Tom non sono fratelli. L'argomento principale è la seconda guerra mondiale.
Genere: Sentimentale, Storico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Ormai non c'era assolutamente più tempo. La zona era già stata invasa dal regime nazista e rimanevano poche vie di fuga. Adesso l'unica possibilità era o farsi fucilare, rinunciando a tutte le possibilità di salvezza o speranza, o farsi catturare, rinunciando alla libertà, oppure trovare un modo di scappare ancora ignoto e difficile da scovare.

- Bill, io ho paura- Il ragazzo abbassò lo sguardo tenendo la sua sorellina per mano mentre correvano come pazzi per le vie della città ormai rasa al suolo. Era deserta. Si poteva udire qualche urlo, il rumore degli elicotteri, degli spari, e delle pattuglie che perlustravano il territorio con l'orecchio attento ad ogni respiro. Si accovacciarono in un vicolo cercando di non fare rumore, siccome uno squadrone di soldati stava marciando nella loro direzione. - Dov'è la mamma?- Chiese cercando di non piangere, capendo che dovevano fare meno rumore possibile.

- Non lo so, ma stai tranquilla, andrà tutto bene- La bambina sembrò rassicurarsi per un istante, ma cambiò espressione quando notò sulla fronte del giovane qualcosa che la fece rabbrividire.

- Bill, ma tu perdi sangue!-

- Sssshh!!- Le tappò la bocca nel momento che vide la pattuglia fermarsi perché certa di aver udito qualcosa. Ma poi si spostò da un'altra parte pensando di aver sbagliato. Bill non si curò della propria ferita probabilmente procurata da un pezzo di costruzione finitogli addosso. - Adesso ascoltami, la mamma non sarà lontana. Era con noi poco fa, dobbiamo trovarla e scappare insieme da qui-

- Ma perché ci vogliono fare male?-

- Perché siamo ebrei...sta giù!- Poco distante da loro scoppiò una bomba, una piccola, sufficiente per mandare giù una casa. Poi Bill, una volta che il fumo si fu diradato, prese per mano la sua sorellina ricominciando a correre a perdifiato sperando di non incontrare i nazisti. Improvvisamente scorse una persona che si vedeva non era il nemico e la raggiunse. Era sicuramente un'abitante, anzi, ancora di più...era la loro madre! - Mamma!- Gridò una volta che li ebbero vicini e poterono abbracciarsi. - Dobbiamo andarcene! Da questa parte!- Tutti cominciarono a correre dietro Bill, ma le strade erano confuse, non erano più come prima e si stavano disorientando un po' tutti, fino a che non videro uno squadrone, ormai troppo vicino per evitarlo o provare a nascondersi.

- Che facciamo!?- Chiese sua madre preoccupata.

- Voi scappate!- Disse Bill consegnando la sorellina alla madre. - Gliene basta uno! Correte, finché siete in tempo, io me la caverò! Nei campi i bambini e le donne muoiono, date un motivo a papà di combattere questa guerra!- Purtroppo aveva tutta la ragione del mondo. Non potevano ormai sottrarsi. La donna prese la bambina correndo via con le lacrime agli occhi, uccidendosi con i sensi di colpa al sol pensiero di aver lasciato il figlio ad un terribile destino. Bill fu presto circondato. La stella che portava al petto lo identificava e venne portato via senza spiegazioni alcune. Venne strattonato per i capelli e per i vestiti, venne spinto quasi fino a cadere al suolo, e picchiato se non si muoveva a camminare verso il treno che attendeva tutti i prigionieri per portarli alla tomba. Aveva paura, troppa, ma tutte le volte che sentiva questa paura chiamava un angelo. Ce l'aveva fin da quando era piccolo. Portava una collana al collo che glielo ricordava, una collana fatta da una semplice cordicella nera ed un ciondolo. Ricordandosela, gli veniva in mente anche l'angelo che fin dalla nascita lo aveva accompagnato, o almeno così sosteneva. Diceva che l'angelo era una persona che dovevi ancora trovare e del quale ignoravi l'esistenza fino a quel momento. Bill sperava un giorno che questo angelo, oltre che di confortarlo, sarebbe stato in grado di salvarlo. Ogni volta che lo pensava, avvertiva come se in sé mancasse qualcosa, o qualcuno che desse un senso a tutto questo.

- Beweg dich!- (NdA. "Muoviti!") E gli arrivò l'ennesimo colpo alla schiena mentre stava salendo sul vagone del treno, colpo che lo fece riversare sul pavimento prima che il soldato chiudesse dietro di lui. C'erano tante persone che lo stavano osservando. Ad un certo punto uno si avvicinò aiutandolo ad alzarsi.

- Ciao, Bill-

- Georg, grazie al cielo sei vivo- Erano amici fin da bambini. Si abbracciarono fortissimo nonostante lo sguardo dei presenti che comprendeva benissimo l'emozione, ma purtroppo molti di loro non la poterono sperimentare, e forse non avrebbero potuto farlo mai. - Come stai? Sei ferito?-

- No, ma tu sì. Ti hanno colpito?- La ferita alla testa era ancora leggermente aperta e sanguinava piano e lentamente. Era proprio in un brutto punto, difficile da riemarginare, e quando questo accadeva, bastava poco per farla riaprire. Una vera seccatura.

- No, una bomba nelle vicinanze i creato un onda d'urto e le pareti della nostra casa hanno cominciato a tremare. La mamma era già fuori quando è cominciato l'attacco. Io stavo andando a prendere mia sorella per portarla via, e nel mentre un pezzo di calcinaccio mi è caduto in testa...ouch!- Georg gliela sfiorò. Se avessero avuto dell'acqua o qualcosa per poterla curare, era davvero brutta. Purtroppo non potevano, l'acqua non era concessa neanche per bere, figuriamoci per curare le ferite. - Perché il mondo deve essere così?- Chiese guardandosi intorno vedendo tutta quella povera gente.

- Chissà dove ci stanno portando..?- Si sedettero in un angolo. - Quanti anni hai?-

- Fra poco 18...tu?-

- 20, meglio così-

- Che vuoi dire?-

- So bene come vanno a finire queste cose. Appena arriveremo saremo divisi e solo chi ha oltre i 16 anni può partecipare ai duri lavori ai quali verremo sottoposti- Ormai questa cosa si era diffusa. Era capitato che qualche ragazzo mentisse pur di non essere ucciso sulle prime e certe volte ci era riuscito pure a passare ai controlli. - Questa volta nessuno può salvarci, neanche il tuo angelo- Bill non se ne era accorto, ma stava accarezzando e guardando la sua collana immerso nei propri pensieri. - Te la toglieranno non appena salterà al loro occhio. Qualsiasi cosa che ti dia felicità per loro è un'arma distruttiva e quindi se ne devono sbarazzare. Perciò, decidi, o tu, o il tuo angelo- Le parole di Georg furono decise e sprezzanti. Non era giusto tutto questo ma purtroppo era vero. Solo che in quel momento Bill pensò per un istante di sacrificarsi per quel ciondolo. Sentiva una forza dentro di sé quando lo aveva, e una certa nostalgia, una grande mancanza dal profondo del cuore...e se morire avrebbe fatto in modo che potesse trovare la salvezza totalmente, allora avrebbe accettato, piuttosto che essere strappato da l'unica cosa che riusciva a confortarlo e vivere senza. Tuttavia non rispose al discorso di Georg, perché non avrebbe capito e si sarebbe accesa una discussione, ed in quel momento non era proprio il caso. Il treno si fermò per fare il pieno di carbone per poter continuare la corsa. Per un istante le porte vennero aperte, ed era inevitabile che ad uno delle persone lì con loro prese il pazzo cominciando ad urlare cercando di correre fuori per scappare, ma un soldato fu pronto con la pistola e lo fece fuori. Un soldato che Bill non aveva notato prima. Entrò dentro il vagone e tutti si appiattirono alle pareti terrorizzati dalla grossa arma con cui poco fa aveva tramortito quel povero disgraziato.

- Che nessuno si provi più! È chiaro!?- Gridò, e molti visi tremanti annuirono nel mentre lui puntava la pistola in giro per poi fermarla proprio su Bill. Beh, un ragazzo come lui, con i capelli neri e lunghi attirava bene l'attenzione. Lo prese per il colletto avvicinandolo a sé. Per un attimo a Bill smise di battere il cuore. Aveva pensato davvero che sarebbe morto di infarto, che non importava la pistola. - Ho detto...è chiaro!?- Bill annuì prima di essere scaraventato addosso a Georg. - State al vostro posto se non volete fare la sua fine!- Indicò il cadavere dell'uomo che stava a pochi metri dal treno ed era visibile agli occhi di tutti su quel vagone. Bill guardava quel soldato e per lui provava pena, forse compassione. Era così giovane, ma così plagiato. Avrà avuto su per giù la sua stessa età. Aveva la barba, e questo lo faceva sembrare più grande, ma si capiva che era appena maggiorenne.

- Abbiamo sete- Azzardò Georg che sembrò non temere il soldato. - Chiediamo dell'acqua, ve ne prego, non potete essere così poco umani!- Nei suoi occhi si leggeva la disperazione che stavano esprimendo tutte le persone lì dentro.

- Attento a quello che mi chiedi, stolto! È quello che vi meritate! Siete solo spazzatura!- Non c'era nulla da fare. Se Georg avesse continuato sarebbe stato fucilato all'istante.

- Georg, per favore, non insistere- Lo ammansì Bill accarezzandogli la spalla. - Sennò finirà male- Con lo sguardo però osò sfidare il ragazzo armato. Non avrebbe avuto un motivo per spararlo in quel modo. Era un astio che teneva solo ad esclusivamente dentro di lui. Il soldato sembrò voler provvedere, ma un grido che annunciava la partenza, lo intimò di scendere e raggiungere il resto dello squadrone. Bill sospirò di sollievo e il cuore cominciò a battere con ritmo più regolare.

- Sono dei mostri- Ringhiò Georg.

- Tranquillo, sapevamo che non ce l'avrebbero concessa- Il resto del viaggio passò in completo silenzio senza fermate aggiuntive. Erano tutti nel proprio angolino, e non era raro vedere persone che se la facevano sotto, o dalla paura, o perché non ce la facevano più a trattenerla senza poterla fare da nessuna parte. Erano in condizioni igieniche pessime, e sapevano che sarebbero andati addirittura a stare peggio. Improvvisamente il treno arrestò lentamente la sua corsa. E più il freno arrestava, e più la paura dei passeggeri cresceva fino ad esplodere. La porta venne aperta, ma non dal soldato di prima. Esso li intimò di scendere rapidi. Gli diedero tutti immediatamente retta.

- Frauen auf der einen Seite, Männer ab 16 Jahren auf der anderen!- (NdA. "Le donne da una parte, gli uomini sopra i 16 anni dall'altra!") Bill e Georg stettero sempre vicini dirigendosi nella loro fila e assistendo a delle cose orribili. Bambini che venivano sottratti alle madri, privati del loro giochi e portati via chissà dove. Donne disperate, picchiate, alle quali venivano tirate i capelli per condurle in un luogo forse senza ritorno. Intanto la loro coda stava scorrendo rapida e dovevano muoversi. Questo perché alla cima c'era un soldato a perquisire.

- Ehi- Georg attirò la sua attenzione. - La collana! Mettila in tasca, o te la toglieranno!- Troppo tardi, prima che Bill stette per compiere tale gesto, venne subito fermato dallo sguardo del soldato che prima lo aveva scaraventato su Georg. Era lui che perquisiva. Pregò in tutti i modi che non notasse il ciondolo, anche se era molto evidente.

- Wie alt bist du?- (NdA. "Quanti hanni hai?") Gli chiese con l'autorevolezza che li contraddistingueva.

- Achtzehn- (NdA. "Diciotto") Rispose con un po' di timore. Il soldato sembrò soffermarsi parecchio su di lui e molte volte gli fece prendere infarti, anche per la collana che si sforzava di nascondere. Gli intimò di girarsi e lo tastò in tanti punti controllando le tasche, e tutto quello che c'era da vedere.

- Puoi andare!- Lo spinse in mezzo ad un gruppo, il gruppo dei salvi. Sperava che a Georg venisse concesso lo stesso "onore". Il soldato gli pose la stessa domanda.

- Zwanzig Jahre alt- (NdA. "Venti anni") Rispose lui. Venne perquisito anche lui puntigliosamente. Bill stava attento a tutto, e nel mentre non riusciva a non guardare il soldato e pensare a quanta compassione gli faceva provare, oltre che timore. Si sfiorò la collana, gli aveva permesso inspiegabilmente di tenerla con sé. Ma perché questo? Ad uno aveva visto che avevano tolto di tutto! Orologio, qualche bracciale, collane, perfino le cinture e le fibbie. Come mai a lui era stato concesso? Eppure era sicuro di non averla nascosta così bene. - Eccomi- Finalmente Georg era atterrato. Sì, perché lo avevano quasi fatto volare dalla spinta che gli avevano dato. Bill lo tenne per il braccio giusto per non farlo cadere aiutandolo a destabilizzarsi.

- Tutto a posto?-

- Beh, a parte le maniere delicate, sì, sto bene- Si aggiunsero altre persone al loro gruppo e vennero condotti in un enorme casone. Quel posto ne era pieno. Sopra ogni letto/tavola di legno massiccio, c'era una tuta a righe che i soldati ordinarono loro di indossare e cominciare a lavorare. Si dovettero spogliare davanti a tutti e rimanere mezzi nudi. Cercavano di non guardarsi tra tutti per non creare ulteriore vergogna. Indossarono quelle specie di pigiami, ognuno con un numero inciso sopra. Era spaventoso pensare che quelli servivano a far dimenticare il loro nome, e che da quel momento in poi quelle cifre avrebbero preso il posto del loro appellativo. Bill e Georg si diressero verso le ciminiere, dove le fabbriche erano ardenti, c'era fumo, fuoco, cenere e poco ossigeno. Erano tuttavia costretti a farlo. Si aiutavano a vicenda e poterono notare che c'era gente che era lì da più tempo. Lo notarono dalla pelle bianca, da quanto erano deboli e chiedevano cibo, acqua, e un po' di riposo. Anche loro lo chiedevano, ma non in questo modo così disperato...almeno, non ancora. Stavano in silenzio a fare il loro duro lavoro. Trasportare i sacchi pesanti che i soldati provvedevano a mettere loro sulla schiena. Georg ogni tanto guardava Bill e viceversa. Erano solo loro, nessuno avrebbe potuto portare conforto all'altro se uno sarebbe per caso stato fucilato o picchiato a sangue. - Ehi, ci sei?- Gli chiese Georg dopo aver preso il suo sacco.

- Sì...- Rispose con fatica e con lo stomaco che brontolava forte dalla fame. Erano passate delle ore e nessuno aveva provveduto a portare loro del cibo, anche solo del pane. Quando finalmente i sacchi terminarono, li misero tutti a sedere per terra ammassati ad attenere il loro turno per "lavarsi". Sì, perché quello non era lavarsi. Quell'acqua era sporchissima, per niente adatta all'igiene. Nel mentre una guardia li osservava per tenerli sott'occhio. E mangiava. Sì, davanti a loro. Aveva una pagnotta che spezzava e mangiava con gusto nonostante avesse mille sguardi addosso, tante bocche colanti di bava...da del semplice pane. Lo stomaco di Bill brontolò come tanti altri. - Per quanto avranno intenzione di lasciarci così? Siamo persone!- Sussurrò a Georg massaggiandosi la pancia come se questo avrebbe potuto calmarla.

- Anche io sto morendo di fame- I giorni passarono così alla fine. Con queste parole: "fame", "sonno", "sporco"...e quella che faceva più paura..."sete". Dal primo giorno passarono dei mesi, lunghi mesi freddi, con la neve. Dietro al loro casone avevano notato che cresceva un orto di lattuga. Una piccola aiuola, ma era pur sempre cibo. - Dobbiamo prenderla...io non resisterò più con un pezzo di pane al giorno, e se Dio vuole- Si era prefissato Georg. Bill era spaventato dal tentare l'impresa. C'era la neve fuori, e le guardie che perlustravano l'intero campo. - Sei con me?-

- Ma se ci scoprissero, io non voglio rischiare...-

- Tanto moriremo comunque in qualche modo. Questo è un posto che porta lentamente alla morte, io preferisco morire all'istante con una pallottola in petto piuttosto che soffrire ancora. Ringrazia che ancora non abbiamo contratto qualche malattia, sennò saremmo stati fritti!- Bill rifletté su quelle parole. Erano sempre stati fortunati. Certo, la situazione non era delle più brillanti, ma la stavano vivendo meglio di altri sicuramente.

- Va bene- Uscirono lentamente da una finestrella, messa giusto per far entrare l'ossigeno. Caddero sulla gelida neve e mancava poco non li coglieva un ipotermia improvvisa. Avevano solo quel pigiama, tirava vento e poco si vedeva. Stavano rischiando tantissimo perché andavano alla cieca. Arrivarono all'orticello chinandosi su di esso e spostando a mani nude la neve che copriva i cesti di lattuga. Strapparono con frenesia qualche foglia, ma attenti a non fare un cesto solo o a strappare male. Sennò se ne sarebbero accorti che uno aveva violato e avrebbero sterminato l'intero casone dato che il loro era quello che distava di meno.

- Ne abbiamo un po', andiamo- Si alzarono correndo via sempre alla cieca. Non vedevano nulla con tutto quel vento. Georg fu il primo a gettarsi all'interno della finestrella. Bill prima gettò le foglie, e stette per saltare anche lui, ma venne ripreso nel durante e sbattuto per terra. Proprio quello che temeva. Alzò lo sguardo. Un soldato...e non un soldato qualunque. Era lui, quello che aveva attirato la sua attenzione dal primo momento che lo aveva visto. Quello per il quale provava compassione. Solo per lui però, gli altri gli facevano assai schifo. Venne alzato con violenza da terra e sbattuto alla parete del capannone.

- Che cosa avevi intenzione di fare?- Gli chiese tenendolo per il colletto e quasi sollevandolo da terra. Bill batteva i denti dal freddo e dalla paura. Stava tremando come una foglia.

- N...Niente- Balbettò.

- Allora perché sei qui fuori!?-

- Ti prego, non...non uccidermi, io...non ho fatto niente...ti prego- Solo questo riusciva a dire mentre notava la pistola venire puntata sul suo addome. Il soldato lo lasciò spingendolo via facendogli battere la testa al muro riprovocando così l'apertura di una ferita che si credeva risanata. - Ouch...- Emise un gemito di dolore. Il ragazzo armato lo osservò per un istante, invece Bill si aspettava che facesse subito fuoco. Poi vide che la sua mano si stava dirigendo sul suo collo afferrando il ciondolo. Si spaventò all'idea che potesse strapparglielo via. Ma questo non successe.

- Chi te lo ha dato?- Chiese.

- Ce l'ho dalla nascita, così mi è stato detto- Si affrettò a rispondere. Il soldato annuì lasciandolo.

- Difetto di fabbrica- Disse come disgustato. Prese Bill di peso gettandolo all'interno della finestrella.

- BILL!- Georg si avvicinò subito a lui. Non aveva fatto un bel volo. Era caduto anche piuttosto male, ma stava bene. - Che ti è successo? Oddio, mi hai fatto spaventare, per fortuna stai bene!- Ma Bill era completamente assente in quel momento. Ancora pensava a quegli occhi, alla paura che aveva avuto di morire, a quando lui gli aveva sfiorato la collana...e poi lasciato in vita. Però il sentimento di paura ebbe la meglio e cadde a terra svenuto poco dopo...

Il rumore del clackson li svegliò a tutti di soprassalto nonostante ci fossero abituati, ma non era mai piacevole. Bill si ricordava pochi aneddoti della sera precedente, ma sapeva solo che doveva andare a lavorare. Si sentiva debole, la testa ancora girava e molto probabilmente avrebbe ceduto. Sperava solo che il suo animo sarebbe stato più forte. Presto si ritrovò con dei sacchi sulla schiena dopo aver mangiato di nascosto qualche foglia scongelata dalla notte.

- Come ti senti?- Chiese Georg.

- Male...- Disse debolmente mentre trasportava il sacco. - La testa...- Il sangue rappreso era sul suo viso e il collo per poi ridursi sui vestiti macchiati di terra e cenere. Ad un certo punto uno accanto a loro cadde. Era un vecchio, preso dalla stanchezza di un lavoro così stremante. Bill si fermò a guardarlo nonostante Georg lo intimasse di continuare a camminare, ma Bill fece l'opposto. Si accovacciò sull'anziano scuotendolo. - Deve alzarsi, lo faccia per i suoi cari, o per chi vuole, ma deve alzarsi- Gli sussurrò sperando che il vecchio avesse la forza, non la volontà, ma la forza di ubbidire alle sue parole. Improvvisamente lo raggiunse un colpo alla schiena che lo riversò al suolo. Poi tanti altri, come calci, schiaffi, pugni, e il sangue stava riprendendo a colare nuovamente anche sul terreno. Non aveva neanche il tempo di vedere chi era a picchiarlo. Ogni volta che ci provava veniva tramortito a sangue. Ma poté sentire un'altra mano sollevarlo e prelevarlo da quella tortura. Lo rimise in piedi assicurandosi per un attimo che ce la facesse. Poi prese il sacco mettendoglielo sulla schiena, e lo spinse via.

- Va'!- Bill riconobbe la voce e si voltò. Il soldato della sera prima, lo aveva salvato di nuovo...ma si sentiva male, voleva morire davvero. Tuttavia lo vide chiudere gli occhi quando all'anziano signore gli venne inflitto il colpo di grazia con una fucilata. E magari sarebbe toccata la stessa sorte anche lui dopo quella scarica di botte, se il ragazzo non avesse provveduto a rigettarlo tra la mischia.

- Allora hai un lato umano...- Disse tra sé e sé ricordandosi i suoi occhi sofferenti. Raggiunse Georg che per la seconda volta espresse la sua contentezza nel trovarlo ancora vivo, ma ovviamente peggiorato. Presto sulla sua pelle si formarono dei lividi, e le ferite cominciarono ad infiammarsi. Bill divenne uno stato critico, e venne portato in infermeria. Lì ce l'avevano, ma solo per curare chi poteva essere effettivamente ancora utile per lavorare, e Bill per fortuna era tra questi. Venne messo su una tavola ghiacciata mezzo svestito. Il dottore, ovviamente tedesco, venne a visitarlo e più volte lo fece gridare di dolore toccando quelle ferite infette. Mise semplicemente un forte disinfettante, e dovette stringere i bordi del proprio giaciglio gelato per non urlare nuovamente. Poi le bendò. Gli assicurò qualche giorno di riposo prima di riprendere i lavori. Qualche giorno, sì. Nulla di più. Venne condotto in un casone apposta per i malati e messo su un secondo giaciglio leggermente più comodo del letto da visita, se letti potevano essere chiamati. Ne approfittò subito per dormire. Non capitava spesso di trovarsi in quel modo e per un attimo al sicuro. Non seppe per quanto, ma dormì tantissimo. Fu il brontolio del suo stomaco e delle voci che lo destarono.

- Mangia- Era il medico che gli porgeva una pagnotta. Per fortuna avevano abbastanza cervello da capire che il nutrimento favoriva la guarigione. Era così affamato che non se lo fece ripetere. La afferrò e la buttò giù come se non ci fosse mai stata, non lasciando neanche una briciola. Tuttavia le ferite gli facevano ancora male. Prima il dottore se ne andasse, lo chiamò.

- Mi scusi...volevo chiederle se aveva un paziente di nome Georg...- Era preoccupato che anche lui avesse potuto contrarre un qualcosa.

- Io non so neanche il tuo nome, non so quello di nessuno qui dentro. Solo i numeri- Ah, vero. Allora Bill adottò un altra strategia.

- Può controllare allora se ha il paziente numero 056649, grazie?- Il dottore annuì controvoglia e se ne andò lasciandolo solo. Bill sollevò le sue sottili lezuola scoprendo le bende. La sua gamba era diventata da viola a rossa, il che era un buon segno...stava migliorando in fretta.

- Non c'è, è fuori a sgobbare- Ritornò dicendo queste parole senza attendere una sua risposta. - E fra poco anche tu ci tornerai, non avere fretta- Questo non aiutava di certo. Ad un certo punto entrò uno dei soldati che veniva a controllare le condizioni dei malati decidendo chi sopprimere o chi invece lasciare in vita. Dipendeva dalle condizioni a suo occhio. Bill lo riconobbe subito.

- Ancora tu...- Disse a bassa voce osservandolo.

- Che cosa ha?- Chiese il giovane al medico.

- Ferite infette, ma tra qualche giorno guariranno- Fu breve. Non poteva arricchire il discorso, stava al soldato trarre le proprie conclusioni. Lo osservò attentamente fino a quando non notò il sangue sul viso.

- Perché sta sanguinando? Non mi sembra una ferita infetta quella-

- No infatti-

- Ma questo non significa che non vada presa in considerazione. Gli ebrei devono tornare in grado di lavorare e quella ferita è un intralcio, perciò pretendo che vadano messi dei punti all'istante- Il dottore annuì senza perdere tempo. Non era il caso di contraddire. Bill prese il soldato per il lembo dei pantaloni mentre il medico era via. I loro occhi si incrociarono nuovamente.

- Perché...?- Azzardò. Nessun soldato l'avrebbe fatto. Il ragazzo si guardò intorno per controllare che nessuno arrivasse e poi si chinò su di lui per parlare piano.

- Quando sarai fuori di qui, fai come ti dico. Infilati nei sacchi con i vestiti dei nuovi arrivati e attendi. Questi verranno portati a bruciare, ma fuori dal campo. Quando te lo dirò io, scappa il più lontano possibile senza voltarti indietro- Gli stava proponendo una fuga? Ma perché lui?

- Qual è il tuo nome?- Voleva sapere il nome di chi lo avrebbe salvato o ingannato.

- Tom, sono un tenente-

- Tom...- Sussurrò debole.

- Adesso è meglio se ti riposi, non ti aspettano giorni facili, il dottore tornerà ai momenti- Come se le sue parole fossero state un incantesimo, il medico tornò e Tom si dovette alzare. Era la prima volta che Bill lo vedeva così gentile nei suoi confronti, e non sapeva se avere paura o fidarsi. Ovviamente applicare i punti fece malissimo, ma sennò avrebbe continuato a sanguinare in eterno.

- Finito, stai buono qui!- E dove voleva che andasse? Stava bene così. Poi gli sorse una domanda: avrebbe potuto portare anche Georg con sé? Magari no, ma scappando avrebbe contribuito a salvare tutti forse, avrebbe fatto in modo di trovare dei partigiani disposti a liberare il loro campo. E quei giorni passarono nell'agonia. Quel treno con i nuovi passeggeri sarebbe arrivato ai momenti ed era arrivato il momento di agire. - Alzati, sei guarito- Ecco, dopo quei giorni questa era la prima frase che aveva sentito. Nessuno gli aveva più parlato, nemmeno il medico stesso fino a quel momento. Bill eseguì, anche se ancora non si sentiva bene al 100%, ma non gli importava dopo quello che Tom gli aveva detto. Doveva rischiare. D'altronde in questo tempo non aveva fatto altro. Uscì dall'infermeria cercando subito il punto che gli era stato indicato. Trovò infatti i grossi sacconi già chiusi. Ne aprì uno buttandosi dentro cercando di seppellirsi alla meno peggio. Ogni suo movimento poteva costargli la vita. Nessuno doveva passare di lì in quel momento. Attese secondi, minuti, ore...nella paura e nell'immobilità, e con poco ossigeno, ma doveva sperare. Si addormentò quasi una seconda volta, se uno scossone non lo avesse improvvisamente risvegliato e sollevato dal suolo. Percepiva la fatica di chiunque lo trasportasse e temeva che avrebbero notato il carico troppo pesante, che avrebbero aperto il sacco, lo avrebbero trovato, fucilato sul posto e mandato a bruciare insieme alla roba. Venne poi gettato di malagrazia da una parte, e temette la fine quando sentì che qualcuno stava aprendo il saccone.

- Ehi, ci sei?- Era lui! Era Tom! Bill allungò la mano afferrandola per essere tirato fuori. - Scappa! Scappa lontano! Ti cercherò io! Tu corri in quella direzione e non ti fermare fino a che non arriverai ad un posto abitato, allora nasconditi dai tedeschi, verrò a cercarti stasera-

- Perché a me, Tom?- Il ragazzo stette per un istante a fissarlo come perso in quegli occhi così sofferenti, ma doveva riprendersi. Aveva inventato una scusa per allontanarsi e doveva tornare in fretta.

- Non fare domande, adesso vai e buona fortuna- Bill avrebbe voluto ringraziarlo in qualche modo, ma non c'era tempo. Ora doveva fare come gli aveva detto.

- Grazie- Poi corse via senza voltarsi, più veloce che poteva. Corse lontano, a perdifiato, qualche volta inciampò, si rialzò e riprese, nonostante il dolore delle ferite, nonostante i pensieri che gli attanagliavano la mente. Non aveva neanche potuto salutare Georg, non era sicuro che lo avrebbe rivisto. Era tutto incerto, non sapeva cosa sarebbe accaduto, ma aveva deciso di fidarsi di uno sconosciuto, di un soldato per giunta. Chissà che poco più in là non c'erano dei cecchini pronti per fucilarlo, chissà cosa lo aspettava...eppure le sue gambe non smettevano di avanzare, anzi, erano sicure dei propri passi. Si ritrovò anche a camminare quando non ebbe più la forza, e camminò per circa un'ora prima di arrivare al suddetto villaggio abitato. Solitamente i campi stavano oltre a delle foreste che li separavano dalla vita mondana. Dovevano essere isolati. Quando era scappato aveva preso dei vestiti con sé in modo da potersi cambiare prima di entrare, sennò sarebbero state troppo intuibili le sue origini. Poi si addentrò camminando per le strade più deserte, più piccole, in modo che i soldati non prestassero troppa attenzione. Aveva paura, non sapeva dove andare, l'unica sua speranza era Tom, che, per il momento, stava mantenendo i patti. Stava cominciando a calare il sole, e di Tom nessuna traccia. Lo stava davvero cercando? Il freddo lo stava invadendo piano piano e non era a conoscenza di un luogo dove recarsi per ripararsi. Si mise a sedere ai margini di uno stradone. Era rischioso, ma non ce la faceva più a camminare senza fermarsi, e ormai un posto era come un altro. Chinò la testa, appoggiando la fronte alle ginocchia che aveva riportato al petto. - Tom...ho fatto male a fidarmi di te? Che farò adesso...?- Cominciò a chiedersi in lacrime mentre il vento soffiava sempre più forte. Sarebbe morto di freddo? Qualcuno lo avrebbe raccolto? Voleva piangere, ma anche le lacrime si ghiacciarono sul posto non avendo intenzione di uscire. Tuttavia singhiozzava. Aveva paura dell'incertezza. Fino ad ora la vita era stata tutto uno schema, prima dovevi fare una cosa, poi un'altra, insomma era tutto programmato...e adesso?

- Ehi, ci sono- Alzò lo sguardo. Allora non lo aveva lasciato lì. Un istinto primordiale lo fece alzare e balzare su di lui come una molla. Lo abbracciò forte.

- Sei qui- Questa volta le lacrime si liberarono, scaldate a sufficienza per poter uscire. Tom si tolse il mantello che teneva sulle spalle mettendolo su quelle di Bill.

- Adesso sei al sicuro, vieni con me- Si incamminarono verso casa di quest'ultimo. Non era grande, dato che viveva da solo, per fortuna. - Non è molto, ma per una notte può bastare. Fammi vedere le tue ferite- Bill arrossì. Avrebbe dovuto spogliarsi per dargliene la piena vista ed era imbarazzato. Si accovacciò quindi in un angolo negando con la testa. - Non fare il difficile, voglio solo aiutarti- Si avvicinò ma Bill prese a schiaffeggiargli il petto, solo che questo fu come un solletico per Tom. - Hai finito?- L'ultima azione disperata fu quella di tentare di arrampicarsi per il muro, ma Tom lo prese caricandoselo in spalla. - Andiamo, voglio solo dare un'occhiata- Bill prese a scalciare una volta sbattuto sul letto. - Se non stai fermo, mi toccherà legarti...giù 'ste mani!- Ma il ragazzo sotto di lui non demordeva, così fu costretto prendere una corda e legarlo. Certo, questa cosa poteva apparire un po' perversa, ma lo faceva per il suo bene. - Non ti stupro, tranquillo- Se questo doveva essere un modo di renderlo più calmo, ci stava riuscendo alla grande. Gli alzò leggermente la maglia scoprendo di poco l'addome e la prima ferita si era già fatta vedere. La sfiorò leggermente e Bill balzò gemendo di dolore. Bruciava ancora. Tom sospirò. - Vado a prendere il disinfettante, qualche benda...vedo se si può fare di più- Si allontanò togliendosi la maglia, e Bill non riuscì a non guardarlo. Aveva un fisico perfetto, e Tom si accorse del suo sguardo, ma lo ignorò prendendo quello che doveva utilizzare. - Potrà bruciare un po', ma è per il tuo bene- Tuttavia non gli piaceva vederlo così legato, ma inizialmente aveva dovuto farlo...solo che adesso gli pareva abbastanza calmo, quindi sciolse i nodi. Bill si massaggiò i polsi. - Stai buono, per favore- Bagnò il cotone con il disinfettante, e appena lo appoggiò Bill strinse i denti.

- Ouch...ouch..- Sobbalzava, quindi ogni tanto Tom doveva fermarsi, e nel mentre lo osservava. Sembrava così delicato, così dolce, così...provato, da quello che stava affrontando. I segni della guerra potevano essere letti sulla sua candida pelle coperta da lividi, ferite e smagliature date dalla troppa magrezza che in parte lo caratterizzava, ma nell'altra era stato costretto.

- Per non sentire il dolore...potresti parlare con me-

- E cosa dovrei dirti?-

- Qualcosa di te, qualsiasi-

- E perché devo fidarmi di te? Chissà che tu non mi stai ingannando?-

- Ti sto curando, ho rischiato la pelle per te-

- Ma ancora non mi hai detto perché- Tom se la aspettava quella domanda, ma prese ugualmente tempo prima di parlare.

- Il fatto è che...non posso dirtelo finché non mi parlerai di te-

- Ma che storie sono queste!? Esigo saper...ouch!-

- Calmati, agitarti non ti fa bene, e poi non hai nessuna scelta. O mi parli di te, o ti riporto al campo- Bill sospirò. Odiava essere messo con le spalle al muro, sia metaforicamente che concretamente.

- Vengo anche io da un piccolo villaggio. Sono nato a Settembre e qualche anno dopo la mia sorellina. Nostro padre è partito per la guerra come partigiano, e nel momento che i tedeschi ci hanno invasi, mi sono fatto catturare per permettere a mia madre e a mia sorella di scappare. Sul treno ho incontrato un mio amico di infanzia, Georg si chiama...lui adesso è là- Per Tom quel nome era molto familiare.

- Puoi parlarmi di questo Georg?-

- Beh, che dirti...l'ho conosciuto quando ero piccolo...dopo la partenza di un mio stretto amico...mi pare si chiamasse proprio come te- Si bloccò con lo sguardo sul suo petto, non appena vide qualcosa che penzolava dal collo del giovane. Un ciondolo uguale identico al suo. Per un istante sembrò che il mondo gli fosse crollato addosso. - Tom...tu sei...quel Tom?- Sussurrò con un misto di timore nella voce che ormai lo caratterizzava sempre.

- Bill? Allora sei tu!- Bill annuì lasciando perdere qualsiasi dolore e gettandosi su di lui per abbracciarlo stretto. Era una sensazione meravigliosa quella del calore delle braccia di Tom così forti. Da piccoli erano troppi cuccioli per capire il significato di tale gesto. Quando si separarono, le loro collane di erano intrecciate impedendo la lontananza. - Allora ho salvato la persona giusta-

- Ma tu...che ci fai qui? Perché sei tra i soldati? Perché partecipi a questo massacro!?- Dire questo gli faceva malissimo, come se sentisse una lama che piano piano gli tracciava le pareti della gola mentre parlava.

- Sono stato addestrato a questo...nel momento che mi hanno portato via, mi hanno subito messo un fucile un mano e allenato per diventare un soldato...ma io non sono come loro. Sono obbligato a dire certe cose, a fare certe cose...ma non ho mai voluto farlo, quindi se ti ho fatto paura, se quello che hai visto ti ha turbato, mi dispiace tantissimo, non sai neanche quanto. Ti avrei rubato gli occhi pur di non farti assistere, ti avrei portato via per non farti vivere questo schifo...e come vedi ci sono riuscito...- Bill notò lo sguardo malinconico di Tom nonostante la situazione dovesse essere delle migliori. Appoggiò la sua fronte a quella del maggiore rimanendo nel silenzio della penombra che dava quella fievole luce.

- Stiamo così...per sempre...non voglio andarmene domani...non voglio vederti partire ancora...- Tom gli baciò la fronte

- Questo non succederà. Ho un piano, ma tu mi devi aiutare assolutamente-

- Dimmi, farò il possibile-

- Penso che tu debba fare anche l'impossibile, devi cercare di dare alle persone del campo la speranza perduta, devi proteggerle, incoraggiarle, fatti aiutare da Georg, ma fallo. Io mi unirò ai partigiani e insieme libereremo il campo. Sarà pericoloso, voleranno proiettili, ma purtroppo senza la guerra non si ottiene nulla. Quindi, io ho bisogno che tu torni laggiù domani. So che riuscirai a fare in modo che muoia meno gente possibile- Non era un compito facile quello che gli era stato assegnato. Doveva infondere speranza in modo che meno persone si arrendessero alla morte. Tom però ne aveva uno ancora più complicato, doveva organizzare una battaglia. Bill cominciò a piangere tutta la sua frustrazione. Odiava questa situazione e per un attimo aveva anche odiato le sue origini. Tom lo tenne stretto a sé fino a che non si fu sfogato del tutto, fino all'ultima lacrima. - Bill...-

- Tom, ho paura...ho sempre avuto paura...-

- E' normale, ma mi fa male vederti così- E solo adesso si ricordava quanto un suo abbraccio riuscisse a confortarlo. Proprio come quando erano bambini e non ne potevano fare a meno di quel calore nonostante gli dessero il giusto peso fino a quel momento. Poco prima che la guerra iniziasse, prima che anche i più piccoli conoscessero la parola "discriminazione".

- Va bene, lo farò...ma stanotte non lasciarmi mai- Non avrebbe mai potuto farlo. Senza rispondere, lo stese delicatamente sul materasso mettendosi accanto a lui.

- Dormi, che domani è guerra-

Durante la notte Tom non riusciva a dormire, ma guardava Bill. Era pieno di lividi e stava mugolando nel sonno qualcosa rigirandosi ogni tanto. Tom a vederlo in quel modo stava per piangere ai momenti. Così esile, debole, fragile...impaurito.

- Tom- Disse nel sonno voltandosi stavolta verso di lui e aggrappandosi alla sua maglietta. Nascose la sua faccia sul suo petto cominciando a singhiozzare. Stava dormendo e piangendo allo stesso tempo. Tom lo strinse a sé baciandogli la testa.

- Mi dispiace per il disastro nel quale ho contribuito a cacciarti, ti prego di perdonarmi-

***

- Bill, ma dove sei stato!?- Lo raggiunse Georg con il suo sacco sulla schiena. - Pensavo che uscissi ieri dall'infermeria, e non ti ho visto, mi sono preoccupato-

- Mi dispiace- Si avvicinò di più. - Ascolta, oggi ce ne andremo da qui-

- Come?-

- Ssshh, non ne sono sicuro, quindi non gioire troppo, ma io mi fido-

- Di chi ti fidi?-

- Di chiunque ci tiri fuori di qui- Non voleva dirgli che era un soldato, altrimenti lo avrebbe preso per pazzo. Ed in effetti questa idea era pazzissima, ma tutto quello intorno a loro non era normale. Poco dopo infatti cominciarono a suonare gli allarmi di emergenza. Abbandonarono i sacchi sul posto correndo via dove i soldati indicavano loro di andare. Avevano intenzione di ammazzarli tutti in modo da non essere sconfitti senza prima aver vinto. I carri armati buttarono giù le ringhiere e avanzarono mentre i rumori degli spari si udiva confuso. Stava iniziando una guerra e sembrava come se nessuno se ne fosse accorto. Questo perché Bill stesso non stava capendo. Era tutta una confusione e sperava che quello che aveva fatto fosse servito abbastanza, ma adesso la situazione non era sotto neanche al suo parziale controllo. Confidava in Tom. A guardarsi quella collana gli veniva in mente lui e le sue parole. Aveva fatto esattamente come gli aveva detto, ma adesso stava a Tom. Bill non poteva fare più molto, solo sperare di non essere fucilato. Doveva provare a staccarsi dalle file, doveva trovare Tom ed essergli utile in qualche modo. Ebbe questo coraggio e mosse un passo fuori correndo come un pazzo. Sicuramente si erano accorti della sua fuga e sicuramente stavano già puntando i fucili sul suo corpo. Il tempo scorreva inesorabile, e ogni passo poteva essere l'ultimo, fino anche non si trovò tra le braccia sue.

- BILL!-

- TOM!- Erano finalmente insieme. - Ce l'hai fatta-

- Stai dietro di me!- Esso venne strattonato da lui dietro la propria schiena, ma non si immaginava il motivo preciso per il quale Tom lo aveva fatto, fino a che non vide il suo corpo sobbalzare preso in pieno da una pallottola, ma ancora rimaneva in piedi.

- TOM!- Gridò preoccupato.

- Tranquillo...- Alzò il fucile abbattendo tre soldati tedeschi uno dietro l'altro mentre con una mano si teneva la ferita alla spalla. - Sto bene, sono ancora in grado, non è nulla- Georg li raggiunse. Ormai c'era un così grande caos che nessuno era più capace di mantenere un ordine, un ordine che sarebbe costato loro la vita.

- Georg, aiutami!- Il ragazzo aiutò Bill a portare Tom fuori dalla scena adagiandolo ai piedi di un tronco d'albero prima di andare sul campo di battaglia per rendersi utile con i partigiani. Stava perdendo sangue. Bill era agitatissimo.

- Ti salverò, ok? Tu rimani sveglio- Il rosso dalla sua spalla usciva copioso e si era ormai attuato un countdown che era diventato un agonia. Non aveva nemmeno delle bende, sarebbe morto nel giro di qualche minuto se non avesse trovato un modo. Prima di tutto liberò la spalla di Tom dagli indumenti per poter controllare meglio, ma Tom stava lentamente perdendo i sensi e il panico di Bill andava crescendo. - Tom! Tom!- Lo chiamava e si ridestava, come se stesse semplicemente cadendo addormentato, solo che la differenza era che non si sarebbe più risvegliato. - Devi vivere, ok? Non chiudere gli occhi per favore- Bill stava piangendo e sentì una mano sulla sua guancia. Alzò lo sguardo spingendo il suo viso contro il contatto per sentirlo meglio.

- E tu non piangere...- Disse debolmente. - Non mi succederà niente, tu devi salvarti-

- Te lo scordi, io non lascerò morire...!- La sua voce si spezzò di colpo quando sentì quella mano sulla guancia ormai debole. - Tom!- Adesso il panico era salito ancora di più alle stelle. - Guardami, ti prego, parlami!- Ma niente. Si guardò attorno, ma l'agitazione gli impediva di pensare lucidamente. Fece la cosa che gli venne di istinto. Si strappò una manica del proprio indumento legando per il suo braccio risalendo fino al punto di origine, e lì strinse il nodo. Tom gemette di dolore, ma questo era un buon segnale. Significa che era ancora vivo. Era riuscito a fermare l'emorragia. Tom debolmente riaprì gli occhi.

- Bill...stai bene?- Era lui ad essere messo peggio ma ugualmente si preoccupava della salute della persona che aveva davanti e che, momentaneamente e apparentemente, gli aveva salvato la vita.

- Io sì, ma tu...stavi per morire...a causa mia...me la sarei presa io per te, giuro...- Disse tra le lacrime. Aveva detto tutto così spontaneamente e dentro di sé aveva sentito come un innato senso di colpa direttamente proporzionale a quello di protezione di Tom nei suoi confronti, e che lo aveva spinto a fare quel gesto. - Perché non hai lasciato che colpisse me, Tom? Io non sono nessuno, solo uno schiavo di cui il corpo non serve più a niente...tu potevi salvarti, e adesso hai la vita appesa ad un filo ed io...!- Il suo parlare venne interrotto da qualcosa di caldo che gli si posò sulle labbra. Si rese conto quando vide gli occhi chiusi di Tom e lui fece lo stesso abbandonandosi a questo piacere. Mise la mano dietro la sua testa, così come il maggiore aveva fatto con lui, per percepire meglio il contatto. Si stavano baciando nonostante gli spari, nonostante le bombe, nonostante il mondo intorno a loro si stesse man mano sgretolando. Si staccarono piano con il sapore delle lacrime che inebriava le loro labbra e adesso anche le loro lingue. - Ti prego, dimmi che vivrai...io non posso...non posso...- Non riusciva a parlare preso dal singhiozzare, ma una forza dentro di lui gli spinse le parole fuori dalla bocca. -...non posso lasciar morire la persona che amo- La cosa che ad entrambi faceva bruciare il petto, era che il tempo scorreva e non sapevano se Tom sarebbe sopravvissuto. Questo cinse la vita del ragazzo più esile accostandolo al suo petto.

- Se devo morire, voglio che tu sia accanto a me- Faceva male dirlo, ma non potevano sottrarsi al destino. Rimasero ad attendere per molto tempo in quella posizione. Bill stava appoggiato al suo petto sentendo il ritmo cardiaco di Tom e sussultando ogni volta che diminuiva e tirando un sospiro di sollievo quando riprendeva regolare. Dopo circa un'ora gli spari diminuirono notevolmente. - Mi sento meglio- Quelle parole fecero alzare Bill come una molla. Quindi...era riuscito nel suo intento! Tom era salvo!

- ODDIO MIO!- Urlò cominciando a piangere. - Grazie, Dio...- Baciò il suo viso in ogni parte, e non avrebbe più smesso se quello fosse stato tempo e luogo.

- Io devo andare, devo rialzarmi, non posso lasciarli soli dopo che li ho trascinati fin qui- Disse Tom cercando di rimettersi in piedi con l'aiuto di Bill.

- Sei sicuro? E' pericoloso...- Lo sapeva, ma non poteva fare altrimenti. Riprese in mano il suo fucile ritornando sul campo di battaglia cominciando ad uccidere come se fosse la cosa più semplice al mondo. Bill lo guardava esterrefatto. Fu distratto da Georg che correva nella sua direzione con una pistola porgendogliela.

- Sai usarla?-

- Mi sono destreggiato con quelle di papà, penso di sì- Georg gliela passò, ed insieme, dandosi le spalle, ammazzarono un bel po' di gente come ad una partita a domino. Con il loro intervento, il massacro ebbe una conclusione abbastanza positiva. Madri che ritrovavano i figli, mariti che ritrovavano mogli...e i sorrisi insieme alle lacrime di gioia presero nuovamente vita. Avanzarono in massa fuori dai cancelli seguiti dai partigiani. Un soldato di avvicinò a Georg.

- Ah, Bill lui è Gustav, capo dei partigiani- Bel modo fare conoscenza ad un party di cadaveri. Avevano corpi morti ovunque, ma questo a loro sembrava importare il giusto. Gustav strinse la mano a Bill e anche a Tom che giunse in quel momento.

- Molto piacere; è tutto merito tuo Tom, hai organizzato un piano perfetto, però adesso dobbiamo curarti, hai una brutta ferita- Tom annuì guardando Bill.

- Che qualcuno ha provveduto a sanare- Sussurrò e il ragazzo arrossì sentendosi al centro dell'attenzione, ma ancora più quando Tom lo colse alla sprovvista baciandolo davanti ai due che strabuzzarono gli occhi per un istante non aspettandosi nemmeno loro una cosa del genere.

- Ehi, soldato- Disse Gustav ridendo rivolgendosi a Tom che sembrava non avesse intenzione di separarsi da Bill. Georg invece osservava il suo amico che MAI aveva baciato nella sua vita e adesso sembrava improvvisamente in grado di farlo seguendo i movimenti di quelle di Tom. Poco dopo si separarono. Bill era rosso, ed era dolcissimo agli occhi di Tom.

- Andiamocene- Disse semplicemente prendendo il ragazzo per mano. Gustav e Georg li seguirono. Sapevano che non sarebbe finita lì, sapevano che una nuova alba avrebbe potuto portare una nuova guerra e così nuovi morti, ma era tutto solo all'inizio. Non sapevano cosa il fato aveva in serbo per loro. Magari una morte rapida o lenta, ma il punto non era quello. Era la vita che questo breve periodo avrebbe fatto vivere loro. Tutti i momenti li avrebbero vissuti d'ora in poi come se non avrebbero più potuto ripetersi. Videro intanto il sole tramontare ed il vento sfiorare i loro capelli. Si guardarono negli occhi sorridendo, non avevano bisogno di parole per capire che quel momento sarebbe diventato unico perché quel nastro non avrebbe più avuto atto su di loro. - Ascolta, io non ho niente da darti, ma in questo poco tempo proverò a darti il mondo, lo giuro- Vide quel sorriso brillare come le stelle che piano piano stavano cominciando a formarsi nel cielo. Lo baciò piano ed in quel momento per Bill sembrava già possedere il mondo. Tom era il suo mondo, le sue labbra e le sue braccia il suo rifugio. Avrebbero potuto anche stare nudi e così vulnerabili, ma protetti dal loro amore che neanche una guerra sarebbe stata capace di distruggere.

- Ich Liebe Dich-

Poi uno sparo il quale rumore si disperse nel cielo...

E nonostante tutto quelle parole rimasero incise nelle loro anime unite. 
Insieme, in quel 1 Settembre del 1940 quando queste ascesero all'eternità.

FINE...

Questa fanfiction l'ho scritta grazie alla mia amica Sofia che mi ha messo la pulce all'orecchio con la trama. Io l'ho sviluppata mettendoci del mio. Come vi è parsa? Piaciuta? La canzone affibbiata è "Naked" di James Arthur. Il titolo della storia ("Nackt") significa proprio Naked, ossia Nudo in italiano. Inteso come nudo nell'anima, senza segreti e paure. La copertina? L'ho fatta random e spero che vi piaccia anche quella. Detto questo, giustifico la mia assenza con la scuola e...niente. Alla prossima!

Hijikatasouji🌸

   
 
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