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Autore: _camus_    29/09/2019    19 recensioni
La verità era che solo adesso si rendeva conto di quanto la sua offerta di amore incondizionato dovesse essere suonata ridicola, alle orecchie di Sasuke.
Per uno come lui, perso nell'abisso di una solitudine senza pari, le sue parole avevano la stessa consistenza dell'aria.
Come si fa a chiudere un abisso con l'aria?

Non sempre la notte porta consiglio.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Niente che possa piacerti

 

 

 

 

 

Toute seule à l'ombre

In completa solitudine, all’ombra

Moi je rêve de tes bras

Io sogno le tue braccia

La nuit noire s'effondre

La notte sta calando, nera

Et quelques larmes dans ma voix

E la mia voce è incrinata da qualche lacrima

La route était si longue

La strada è stata così lunga

Pour arriver jusqu'à toi

Solo per arrivare fino a te

Et tu viens de me dire

Te che mi hai appena detto

«Surtout ne t'arrête pas.»

«Non è adesso che devi fermarti»

 

 

Strana cosa, i proverbi: banalissime constatazioni che, volando di bocca in bocca attraverso le generazioni, alla fine assurgono a rango di postulati indefettibili ed entrano a far parte della cosiddetta saggezza popolare.

Specialmente i vecchi se ne servono volentieri; ne conoscono moltissimi, eppure tutti ne hanno uno che ritengono più vero degli altri. 

La nonna di Sakura, per esempio, non aveva mai dubitato di quello secondo cui “La notte porta consiglio”.

Ne era anzi così convinta che, qualunque cruccio leggesse sul volto della nipotina, il suggerimento rimaneva sempre il medesimo.

«Non ci pensare, Sakura. Dormici su, e vedrai che domani andrà meglio».

E lei, che all’epoca nutriva fiducia incrollabile in ciò che diceva l’anziana donna, puntualmente accettava il consiglio, mettendo paure e dispiaceri al riparo dalle ombre almeno fino allo spuntar del sole, quando le tenebre erano ormai un sogno e non potevano più portarle confusione nel cuore.

Anche adesso, se ancora potesse, sua nonna le direbbe di asciugarsi le lacrime e di tornare nell’accogliente tepore della propria stanza, ché la notte porta davvero consiglio solo ai dormienti.

Ma Sakura nel frattempo si è fatta grande, e ha scoperto che certi dolori tolgono il sonno, rendendo impossibile qualunque tentativo di accantonarli; si è fatta grande e ha visto che la notte, da amica protettiva, può diventare messaggera di morte, d’inganni, di spettri. D’addii consumati in segreto, echeggianti di suppliche che, se pronunciate dalla bocca di una kunoichi, rimangono impresse sulle labbra come marchi infamanti.

Vorrebbe davvero poter riavvolgere il nastro della propria esistenza, Sakura Haruno, per tornare ai tempi in cui i suoi pleniluni non erano infestati di mancanze e le cose si aggiustavano ad occhi chiusi.

Anzi, le basterebbe avere la possibilità di cambiare il corso di un’unica notte soltanto: quella che, da sola, aveva svuotato di senso tutto ciò in cui credeva.

A cosa era servito allenarsi tanto, se poi non aveva avuto la forza di impedire alla persona a lei più cara di prendere una decisione così sbagliata?

A che aveva giovato dedicare ad essa ogni sguardo e pensiero, orientare la direzione dei propri passi in base ai suoi, riservarle tutta la dedizione di cui era capace?

La verità era che solo adesso si rendeva conto di quanto la sua offerta di amore incondizionato dovesse essere suonata ridicola, alle orecchie di Sasuke.

Per uno come lui, perso nell’abisso di una solitudine senza pari, le sue parole avevano la stessa consistenza dell’aria.

Come si fa a chiudere un abisso con l’aria?

«Io sono molto diverso da voi: la strada che percorro è incompatibile con la vostra. Siamo stati vicini, è vero, e in alcuni momenti ho pensato che fosse anche la mia strada. Ma ho preso una decisione: scelgo la via della vendetta».

 

 

Je regarde encore une fois

Guardo una volta ancora, ma

Dans le miroir je ne trouve pas

Nello specchio non riesco a trovare

De quoi te plaire

Niente che possa piacerti

Alors j'écris des mots sans voix

Così, scrivo delle parole mute

Pour oublier que je n'ai pas

Per dimenticarmi che non possiedo

De quoi te plaire

Niente che possa piacerti.

 

 

La vendetta. Per il suo clan sterminato; per i suoi genitori, freddati su due piedi da un colpo di katana. E, soprattutto, per il tradimento di quel fratello che Sasuke aveva adorato più di qualunque altra cosa al mondo.

Di Itachi Uchiha Sakura ricordava a malapena il volto – «bellissimo. Troppo serio» – e tuttavia il peso schiacciante della sua persona l’aveva letto ogni giorno negli occhi di Sasuke i quali, coll’andare del tempo, si erano fatti sempre più neri e gravi – fino a diventare pozzi profondissimi.

No, benché quella notte l’avesse addirittura giurato, lei non poteva nulla contro il fantasma di Itachi, né contro il sentore di sangue che si portava appresso: il suo misero amore mai avrebbe potuto competere con un odio tanto feroce.

Povera stupida: come aveva fatto ad illudersi del contrario?

Del resto, la sua inettitudine non era mai stata un mistero per nessuno, tantomeno per sé medesima; persino lo specchio gliela urlava contro.

Fronte spaziosa! Fronte spaziosa!

Odiava la sua fronte alta, il suo seno piccolo – praticamente invisibile, sotto la tenuta da allenamento –, i  suoi fianchi stretti da bambina; così come odiava il fatto che questi non fossero compensati da nessuna dote strabiliante, né innata né acquisita.

Lei non era come Ino, che poteva vantare un corpo statuario, meravigliosi capelli biondi e un fascino ancestrale a cui i ragazzi difficilmente sapevano resistere; non era come Hinata, coi suoi occhi speciali e il riserbo aristocratico di un’antica, nobile stirpe.

Meno ancora somigliava a Tenten, che in quel loro universo prettamente maschile aveva saputo ritagliarsi il proprio spazio costruendo un’abilità dal nulla e rendendola, per questo, del tutto peculiare.

Cosa sapeva fare lei, se non coprirsi il viso con quelle sue mani così delicate e piangere l’impotenza che le circondava il collo come un laccio troppo stretto?

Aveva perso il conto delle volte in cui il maestro Kakashi, Naruto o lo stesso Sasuke erano dovuti intervenire a tirarla fuori dai pasticci: se non fosse stato per loro, probabilmente a quest’ora già riposerebbe nel cimitero degli shinobi di Konoha, ospite immeritevole in quella casa di anime eroiche.

Infine era giunto il momento di ricambiare il favore e salvare Sasuke da se stesso, ma Sakura non aveva saputo far altro che gettargli il cuore ai piedi e, appunto, piangere.

«Sei noiosa, Sakura».

 

 

Il y a autour de moi

Intorno a me

Tous ces hommes à la file

Ci sono tutti questi uomini in fila

Mais même additionnés, multipliés,

Ma temo che neppure sommandoli o moltiplicandoli

Je crains qu'il n'y ait pas chez eux

Avrebbero mai

Le moindre souffle de ta grâce

Il minimo accenno della grazia che possiedi tu

Et tu viens de me dire

Tu, che mi hai appena detto

«Reste ici, moi je passe»

«Resta qui, io proseguo»

 

 

Li aveva raggiunti poco prima che partissero, recandosi alle porte del villaggio con la fretta di chi ha fra le mani una bomba pronta a scoppiare.

Al suo richiamo si erano voltati come un sol uomo: Shikamaru Nara, Choji Akimichi, Neji Hyuga, Kiba Inuzuka.

Sakura ne aveva osservato i visi uno ad uno, leggendovi espressioni che spaziavano dalla cordiale simpatia sino allo stupore risentito, e la prima cosa che le era apparsa evidente era stata la loro totale, irrimediabile, definitiva inadeguatezza.

Quelli che gli stavano innanzi non erano uomini, tantomeno guerrieri; solo e soltanto i suoi amici di sempre – che lei non aveva neppure potuto affiancare.

Dei ragazzini armati di belle speranze, pronti ad imbarcarsi in una missione potenzialmente suicida dalla quale, forse, non sarebbero più ritornati.

Se si fosse trattato della sua vita, Sakura gliel’avrebbe comunque affidata senza esitazione; ma la posta in gioco era il destino di Sasuke.

Una cosa troppo preziosa per poterla rimettere nelle mani di chicchessia.

Così, si era rivolta all’unico in grado di comprendere davvero.

L’aveva fissato dritto negli occhi, imprimendo nel loro azzurro oltremare il pezzo di anima che le strabordava dal petto.

«Senti, Naruto, quella che ti faccio è una richiesta vitale per me: riportami Sasuke. Ti prego, devi riportarlo indietro!»

E come sempre Naruto le era venuto in soccorso, caricandosi sulle spalle il medesimo onere cui lei non era stata in grado di adempiere.

«Riporterò a casa Sasuke, fosse l’ultima cosa che faccio. Te lo giuro sulla mia stessa vita, Sakura!»

Mai prima di allora Naruto Uzumaki aveva mancato a una promessa: come lui stesso amava sottolineare in ogni occasione, mantenere la parola data rappresentava il suo modo di essere ninja.

Però, come da proverbio, esiste una prima volta per tutto – e quella di Naruto era giunta nel frangente peggiore: nonostante ci avesse quasi rimesso la pelle, il tentativo di distogliere l’Uchiha dai suoi funesti propositi era fallito miseramente L’avevano riportato a Konoha sulle spalle, con lo sguardo inerte di una bestia in agonia.

Il loro compagno di squadra li aveva lasciati, inghiottito – «per sempre?» – dalle ombre, e adesso erano ben due i cuori che sanguinavano.

Quella del suo migliore amico buttato sul letto dell’ospedale era forse l’immagine che più di frequente appariva a Sakura, quando ella abbassava le palpebre; tuttavia, nulla la feriva quanto il ricordo delle ultime parole che Sasuke le aveva rivolto un attimo prima di sparire nel buio.

Le aveva sussurrate piano, per farsi sentire a stento, quasi fossero un’infinitesimale carezza nel bel mezzo di un massacro; a dispetto del tempo trascorso, continuava distintamente a sentire il lieve solletico del suo respiro sul collo.

Non sapeva ancora, Sakura, che in un giorno non troppo lontano avrebbe improvvisamente trovato la forza di asciugarsi le lacrime e iniziare a lottare sul serio; che sulla scia di quelle stesse parole sarebbe diventata anch’ella una combattente valorosa, capace di frantumare la roccia con un pugno e di tenere insieme i frammenti dei propri squarci interiori senza lasciarli traboccare dagli occhi.

Non lo sapeva ancora, perciò continuava a vagare – insonne – nella notte.

Perché no, su una cosa come quella mai avrebbe potuto dormire.

«Sakura. Ti ringrazio tanto».

 

 

Je regarde encore une fois

Guardo una volta ancora, ma

Dans le miroir je ne trouve pas

Nello specchio non riesco a trovare

De quoi te plaire

Niente che possa piacerti

Alors j'écris des mots sans voix

Così, scrivo delle parole mute

Pour oublier que je n'ai pas

Per dimenticarmi che non possiedo

De quoi te plaire

Niente che possa piacerti.




.

 

 

 

 

Note dell’autore.

Salve a tutti!

Vi starete domandando quale sia la natura della cosa che – forse – avete appena letto; a dir la verità, non lo so bene nemmeno io.

A occhio e croce, comunque, dovrebbe essere una song-fic, ambientata poco dopo il rientro di Naruto dalla (fallita) missione “Quindi Sasuke torna a casa” [semi-cit.].

Ci tengo a precisare che il mio intento non è assolutamente quello di sminuire Sakura; tuttavia, trovo che, prima di Shippuden, la sua figura sia un po’, come dire … inconsistente.

Da qui, il tono auto-svilente delle riflessioni che ella compie su stessa. Spero di non aver stravolto la caratterizzazione del personaggio.

Le frasi in grassetto corsivo riportano fedelmente parti di dialoghi dell’anime; credo proprio che non ci sia bisogno di segnalarvi gli episodi da cui ho tratto i singoli periodi, giacché, qui dentro, l’unica novellina sono io XD

Passando ai doverosi tributi, la canzone che accompagna lo scritto è della cantante francese Pomme (alias, Claire Pommet), e si intitola “De quoi te plaire”.

Segnalo che la traduzione è opera della sottoscritta: chiedo dunque venia per gli eventuali strafalcioni.

Non mi pare che vi sia altro da aggiungere, se non che ringrazio preventivamente chi sia arrivato fin qui; ringraziamento ancora maggiore va, infine, alle anime belle che vorranno pure lasciare un commento.

Bisous!

 

 

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