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Autore: CHAOSevangeline    07/10/2019    2 recensioni
{ Apollo/Giacinto | Modern!AU | Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP. }
Giacinto non riesce a dormire e Apollo non può starsene con le mani in mano.
"Eccola la coperta miracolosa che gli serviva, quella che l’avrebbe fatto addormentare; si sarebbe crogiolato in quella consapevolezza fino a sognarla di notte. Ma il vero lavoro lo facevano le braccia di Apollo: erano quelle a cancellare ogni sensazione negativa, ogni preoccupazione o mostro sotto al letto in grado di spaventarlo."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Apollo e Giacinto'
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Ciao a tutti!
Chi mi ha già vista pubblicare in questa sezione sa bene quale disclaimer faccio prima di postare su Apollo e Giacinto. Questi due personaggi, ispirati al mito greco che li riguarda, hanno una caratterizzazione che ho approfondito nella mia mini-long "A Giacinto".
La lettura di questo racconto non è necessaria per comprendere questo missing moments, ma se dovesse piacervi mi farebbe davvero piacere la leggeste, sebbene sia soggetta in questo periodo a numerose modifiche e cambiamenti consistenti.
Vi auguro buona lettura!



 
 
A Rika. Tu sai perché.
 

 

"It's a quarter after one, I'm all alone and I need you now
Said I wouldn't call but I lost all control and I need you now
And I don't know how I can do without, I just need you now"
-
Lady Antebellum - Need you now

 


 


Sensazione finestra





I film romantici stanno a grandi amori, baci sotto la pioggia e gesti compiuti in preda alla follia del ti amo. Sono quel mezzo capace di dare ai più sognatori degli elevatissimi standard con cui confrontarsi.
Una delle immagini romantiche più comuni è quella dell’innamorato che lancia sassolini contro i vetri della finestra del proprio compagno per farsi notare e sgattaiolare di nascosto nella sua stanza – e spesso più o meno metaforicamente anche nel suo letto.
Tac.
Tac.
Sassolini contro il vetro.
Apollo, allora, era un’immagine romantica. Ed era persino un bravissimo fidanzato che si occupava di dare lui stesso degli standard sempre più elevati a Giacinto.
Tutto questo, se l’era detto da solo. Ma un po’ sperava l’avrebbe pensato anche Giacinto.
Era trascorsa un’ora e un quarto dall’inizio di quel nuovo giorno, l’aria era frizzante e la giacca di pelle una conveniente alleata. Una di quelle sere da trascorrere in casa, nelle spire calde delle coperte mentre ci si abbandona alle braccia di Morfeo. La stanchezza scivola fuori dal corpo e la mente si concede ai sogni.
Quando lui e Giacinto non potevano vedersi – quella sera l’inconveniente era stato il compleanno di un’anziana zia – compensavano con i messaggi. Giacinto proponeva spesso le videochiamate: voleva fingessero di essere uno di fronte all’altro, sotto le coperte, ma Apollo rifiutava sempre; non voleva lo vedesse in una sfavorevole posa capace di farlo sembrare meno perfetto di quanto non volesse apparire.
Giacinto protestava sempre, ma quella sera si era accontentato: i messaggi andavano bene, erano meglio di niente.
«Non riesco a dormire.»
Queste le poche parole sul display di Apollo.
Non aveva risposto e Giacinto aveva sospirato, un piccolo sorriso sulle labbra; almeno Apollo era riuscito laddove lui aveva fallito.
Non c’era una ragione particolare per quell’irrequietezza, che gli aveva fatto calciare via le coperte e l’aveva condotto come una melodia ipnotizzante fino alla scrivania. Indossava la maglia di Apollo come pigiama e come guarnizione, per non aver freddo, aveva aggiunto una felpa sempre sua.
Si godeva il suo profumo mentre tentava di dare un senso a quelle ore vuote.
Stava tentando di abbozzare qualcosa: un ritratto, dei fiori, ma non c’era nulla di cui avesse voglia. Nulla a parte Apollo. E non di lui sulla carta, ma di Apollo in carne ed ossa.
Non era così egoista da svegliarlo con una telefonata, però.
Le palpebre non volevano saperne di farsi pesanti, il torpore del sonno non lo avvolgeva.
E con quei colpetti insistenti, se solo li avesse sentiti, non si sarebbe addormentato di certo.
Tac.
Toc.
Apollo aveva una buona mira, ma Giacinto aveva le cuffie piantate nelle orecchie e la melodia sì delicata, ma totalizzante dritta nei timpani. Servì colpire lo stipite di legno perché se ne accorgesse.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e si sfilò le cuffie, sporgendosi sopra la scrivania. Carrozzeria fiammante parcheggiata accanto al marciapiede.
Possibile che…?
Premette il naso sul vetro e allora vide Apollo. Un enorme sorriso si spalancò sul viso di Giacinto mentre sollevava la finestra.
«Apollo!»
Aveva tutto il tono di un’esclamazione, ma il volume basso per non disturbare. O meglio, perché nessuno disturbasse loro.
«Stavo per venire in missione di recupero.» Il volto di Apollo si fece preoccupato. «Non ti ho svegliato, vero?»
Giacinto sollevò una cuffietta per giustificarsi mentre sorrideva.
«Vieni.»
Apollo sorrise.
Sotto la finestra di Giacinto stava la tettoia del garage. Con un buon gioco di gambe, Apollo poteva salire sul corrimano del portico e issarsi sopra la gronda per raggiungere la camera di Giacinto.
Una buona occasione per farsi vedere atletico. E una buona occasione per Giacinto di godersi la vista di Apollo; poco mancò che si sistemasse con i gomiti puntellati sul parapetto della finestra per osservarlo, ma sarebbe stato difficile per lui distrarsi dal fatto che semplicemente fosse lì.
E che fosse meglio liberare in fretta e furia la scrivania per non farlo assiderare nell’attesa.
Erano tutti sorrisi e risatine sommesse, gli occhi innamorati.
Quando Apollo fu di fronte a lui Giacinto gli prese le mani per aiutarlo a entrare. Ecco, a quel punto la magia rischiò di finire: Apollo scivolò su una matita e per poco non rischiò di rovinare sì dentro la stanza, ma giù dalla scrivania e per giunta su Giacinto.
Un baccano allettante, se solo se lo fossero potuti permettere.
In quei secondi di trambusto mentale Giacinto lo afferrò alla bene e meglio e Apollo tentò di ritrovare l’equilibrio finendo per abbracciare il busto del fidanzato. Stritolare, sarebbe meglio dire.
«Mi stai soffocando…»
Apollo lo sentì ridere, nonostante questo.
«Sei davvero ottimista se ridi per queste cose!»
Giacinto tentò invano di non scoppiare in una risata fragorosa che andasse oltre il singhiozzare sommesso fra le braccia del fidanzato.
Stava strappando un sorriso non da poco ad Apollo, sebbene odiasse apparire scomposto.
«Scusa, è che non hai visto la tua faccia…» biascicò mentre Apollo si rimetteva dritto e si voltava verso la matita, scrutandola con un astio degno di un nemico giurato.
Giacinto si tamponò gli angoli degli occhi. Non gli conveniva far arrabbiare Apollo proprio nel momento dei saluti: avrebbe potuto provare a negargli un bacio e a Giacinto non andava proprio.
Immaginò di sentire le labbra di Apollo mentre lo baciava come faceva lui. Immaginò le sue dita che esploravano i suoi ricci come facevano loro, con quel peso e quel calore tutti suoi.
Invece Apollo si voltò.
Il broncio di Giacinto era un bene – perché era carino – che andava elargito con parsimonia e che aveva delle conseguenze ancor più tragiche di quello di Apollo.
«Non mi baci?»
Era già sulle sue labbra quella frase, ma si fermò alla prima parola, il broncio cancellato dal suo viso.
«Chiudo questa o prendi freddo», fece Apollo prima che potesse concludere.
Prima ancora di dargli un bacio, prima ancora di stringerlo – in un abbraccio, e non un colposo soffocamento.
Quando l’aria fresca di ottobre rimase intrappolata nella stanza senza che altre correnti amiche potessero entrare, Apollo si voltò.
«Cosa dicevi?»
Apollo aveva chiuso la finestra solo per lui, perché non si ammalasse o congelasse. Una premura che andava oltre il bacio o la carezza; se Giacinto fosse stato già un ghiacciolo si sarebbe sciolto per quel singolo gesto.
Gli prese il viso con le mani e lo baciò. Nemmeno scosse il capo per dirgli che non importava.
I baci da film si caricano di tutto ciò che una persona vorrebbe. Chi vuole passione vede passione anche in quelli più dolci, chi vuole dolcezza questo trova. Giacinto nei baci da film aveva sempre visto ciò che non aveva, ma da quando baciava Apollo aveva capito: il suo tipo di bacio era quello che non importa se è dolce o passionale, se è amaro o salato di lacrime. Il suo tipo di bacio era quello che poteva essere uguale a mille altri, ma che non poteva non esserci.
Per questo baciava Apollo ogni volta come se ne andasse della sua stessa vita.
E Apollo in quel bacio trovò qualcosa di diverso. Quel pizzico di amore in più che bacio dopo bacio sentiva da Giacinto.
«Questo me l’hai dato così per cosa?» domandò.
Giacinto gli aveva attaccato la sindrome delle domande scombinate quando si è confusi. Ed essendo il maestro di quell’arte fra le tante, capì al volo.
«Per la finestra.»
Apollo si era mosso tanto spontaneo da dover ripercorrere le proprie azioni a mente, per comprendere.
«Non voglio che il mio bel fidanzato si ammali», scherzò.
«Pagherebbe per occuparsi di me, dottore.»
Apollo sorrise sornione e gli baciò una guancia.
«Lo sai che va a finire male quando mi chiami dottore…» biascicò, come se fosse una premessa capace di sgravarlo da ogni colpa.
«Male per chi?» chiese Giacinto, lasciando le dita libere di scorrere tra le ciocche bionde del fidanzato, che stava trovando particolarmente allettante lo scollo largo della felpa che prima era sua. Lasciava scoperte le clavicole di Giacinto. «Per il letto?»
Lo sbuffo caldo di risata sulla sua pelle.
«Va ancora peggio quando sei audace.»
«Allora smetto.» Due dita e Giacinto gli alzò il viso. «Dato che tutti dormono.»
Apollo lo fissò, poi abbassò il capo.
«Non mi pare che tu e il tuo corpo abbiate preso una decisione all’unanimità.»
La pelle d’oca, le dita di Giacinto avvinghiate un po’ alla sua giacca e un po’ ai suoi capelli. Erano segnali che Apollo sapeva interpretare bene e Giacinto non poteva nascondersi.
Arrossì.
«Domani sto da te. Vuoi davvero che i miei me lo impediscano?»
Un rapido bilancio e Apollo decise che no, non voleva la reclusione di Giacinto per nulla al mondo.
Scosse il capo, mesto.
Giacinto sorrise intenerito e gli stampò un altro bacio sulle labbra. Non era necessariamente la parte razionale della coppia. Era la parte razionale solo quando Apollo non riusciva ad esserlo. Ciò voleva dire molto spesso, ma non sempre.
E gli pesava essere la voce della ragione, a volte, ma si compensavano a vicenda: quando doveva davvero lasciarsi andare c’era Apollo e quando Apollo doveva davvero lasciarsi andare o seguire le regole, ci pensava Giacinto.
«Come mai sei venuto qui?»
Volle chiederlo perché un’idea gli frullava in testa, ma non ne era sicuro. E anche se era la più probabile, voleva sentirlo dalla bocca di Apollo.
«Come perché? Hai detto che non riuscivi a dormire», rispose spontaneo.
Niente di costruito, era onesto.
«E poi morivo dalla voglia di vederti. Non potevo aspettare domani.»
Quella sensazione, che faceva sembrare lo stomaco di Giacinto un buco nero dentro al quale il suo cuore si divertiva a strapazzarsi tuffandovisi dentro avrebbe preso il nome di sensazione finestra. Poteva andare, come appellativo. Lui si sarebbe capito e dopo averlo spiegato ad Apollo avrebbe compreso anche lui cosa quel neologismo implicava.
Non riuscivi a dormire.
Morivo dalla voglia di vederti.
Non potevo aspettare domani.
E poi la sensazione finestra, era logico.
Avrebbe potuto afferrarlo di nuovo e baciarlo ancora, Giacinto. Invece nascose il viso sul petto ampio di Apollo e ne inspirò il profumo.
«Cosa ho fatto per avere un fidanzato tanto fantastico…?»
«La risposta comune è che sei stato seduto su una panchina a disegnare», fece Apollo, avvolgendo le braccia intorno al suo busto. «Quella vera è che te lo meritavi ed era destino.»
Giacinto alzò il capo, una guancia premuta sulla stoffa bianca.
Apollo si stava facendo un complimento, come capitava fin troppo spesso.
«È vero.»
«Speravo di sentirtelo dire, mentre lanciavo sassi mi auguravo di essere una spanna sopra i fidanzati da film.»
Giacinto ridacchiò.
«Non ho mai voluto un fidanzato da film prima di conoscere te.»
Apollo sorrise, tronfio.
«Io non ho mai voluto un fidanzato e basta prima di conoscere te, dunque direi che siamo pari.»
Era una confessione importante, da parte di Apollo. Una confessione che avvolse Giacinto un po’ come le braccia del fidanzato.
Eccola la coperta miracolosa che gli serviva, quella che l’avrebbe fatto addormentare; si sarebbe crogiolato in quella consapevolezza fino a sognarla di notte. Ma il vero lavoro lo facevano le braccia di Apollo: erano quelle a cancellare ogni sensazione negativa, ogni preoccupazione o mostro sotto al letto in grado di spaventarlo.
Prima del suo arrivo Giacinto non sapeva per cosa si stesse crucciando. Apollo aveva concluso con quella rocambolesca entrata una scalata ben più elegante da appena pochi minuti e già Giacinto aveva dimenticato di essersi preoccupato e la sensazione d’irrequietezza che provava prima di vederlo.
Giacinto si nascose contro di lui ancora, come faceva sempre quando qualcosa di troppo bello smetteva di essere vivo solo nei pensieri di Apollo e diventava un regalo per lui. E il ragazzo sorrise, gli baciò i ricci e posò la guancia su quella morbida chioma.
«Qual è il piano? Dormo qui e domani scappo fuori dalla finestra fingendo di essere venuto a prenderti per fare colazione insieme?»
Ecco un’altra cosa che gli serviva. Qualcosa che lo rendesse in grado di ritrovare le parole per dire di più oltre a un grazie che Apollo lesse comunque nei suoi occhi.
«Mi sembra un ottimo piano.»
Apollo abbandonò la giacca sulla sedia, i pantaloni di tuta indossati a casa sapendo che gli sarebbe servito un pigiama.
«Speravo di dormire senza tutto questo addosso…» si lamentò.
Giacinto si voltò e lo guardò di traverso.
«A letto ci stiamo andando comunque.»
«Giacinto!» protestò, sottovoce.
Uno sbuffo di risata.
Apollo si sdraiò e Giacinto si accoccolò contro di lui sotto le coperte.
Quando stavano così a volte Giacinto tracciava il volto di Apollo con le dita. Senza una ragione precisa, solo perché lo vedeva rilassarsi sotto la sua pelle e perché il suo viso aveva un valore particolare, per Giacinto.
Era l’inizio di tutto ciò che gli era sempre servito.
Mentre Giacinto lo accarezzava così Apollo non parlava mai. Prima di conoscerlo, lui era quello che simili attenzioni le trovava imbarazzanti; non credeva possibile fissare qualcuno negli occhi senza ridere, stare su un letto con qualcuno senza… beh, fare quello che non rendeva necessario un letto, ma per cui poteva tornare utile. Seguiva i movimenti delle sue dita, schiudeva le labbra quando le accarezzava e stava ad occhi chiusi, oppure lo guardava chiedendosi a cosa stesse pensando. Spesso Giacinto glielo diceva e altrettanto spesso non diceva nulla perché stava pensando solo a lui, così Apollo si crogiolava in questa consapevolezza.
«Apollo…» cominciò Giacinto.
Il biondo aprì gli occhi.
«Sì?»
«Tu lo sai vero che ti lamenti sempre perché dici che la fotocamera ti fa il doppio mento, ma ti sto guardando dalla stessa angolazione e non lo vedo?»
Apollo restò in silenzio.
Si aspettava qualcosa di romantico. Giacinto lo era sempre e molto; faticava ad articolare un pensiero, magari. Si mordeva il labbro e Apollo aveva la scusa per baciarlo e farlo smettere. Lo riempiva di dolcezze, di attenzioni.
Non parlava del suo doppio mento così, senza ragione.
Apollo sgranò gli occhi e si passò una mano sul collo.
«Oh…» fece solo. «Mio…»
L’aspetto di Apollo era il suo cavallo di battaglia, ma anche il suo tallone d’Achille.
Se possibile spalancò gli occhi ancor di più. Promettevano una crisi isterica o che s’imbizzarrisse.
In qualche modo l’idea di un difetto colto dal vivo lo disturbava meno, ma rischiò comunque di fingere di nascondersi sotto le lenzuola.
«… Apollo siamo stati così centinaia di volte!»
«E tu ne hai approfittato per tutto questo tempo!»
Giacinto lo fissò. Lo aveva detto appositamente per metterlo in difficoltà, perché da mesi pensava esattamente ciò che gli aveva detto e proprio in quell’occasione si era curato di controllare e smentire i timori di Apollo.
«Mi hai visto il doppio mento!»
«Apollo, ti ho detto che non hai il doppio mento!»
Apollo fu sul punto di nascondersi sotto le coperte. Il che sarebbe potuto risultare in un’imbarazzante lotta per la supremazia di uno dei due. Giacinto riuscì a fermarlo, incastrò il viso contro la sua gola come il tassello di un puzzle e gli baciò la mascella.
«Ti stai preoccupando sul serio?»
«Certo! La mia perfezione--»
Giacinto gli afferrò il viso e lo strinse tra le dita di una mano. Ecco, con le guance così schiacciate e l’espressione a metà tra il preoccupato e l’inebetito per le attenzioni di Giacinto che ancora non aveva dimenticato non lo aiutarono a raggiungere il suo ideale di perfezione.
«Non ti nascondere.» Ordinò Giacinto. «Tu sei perfetto.»
Apollo lo fissò e si squagliò tra le sue dita in un broncio. Prendeva bene i complimenti sui propri punti di forza, ma quelli sui possibili difetti…
Faticava a sentirli.
E fu un po’ buffo che proprio lui, così più robusto di Giacinto fosse in grado di rannicchiarsi a tal punto da sparire quasi completamente contro il suo corpo.
«Non mi sto nascondendo adesso…» borbottò.
«Lo so», sussurrò Giacinto.
«Sto solo bene così…»
«Lo so», sorrise Giacinto, baciandogli una tempia. «Perché sto bene anche io.»
Prima moriva dalla voglia di vederlo, ecco perché non riusciva a dormire.
Per questo.
«E non potevo aspettare domani, per stare così bene.»



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Ciao a tutti!
Intanto ringrazio chiunque sia giunto a leggere fin qui questo mio ennesimo racconto su Apollo e Giacinto - ne ho pubblicati solo tre, sarà aver rimesso mano alla long che mi fa percepire la loro come un'epopea.
Come indicato nella descrizione della storia, fa parte di una serie di racconti scritti per la Challenge delle parole quasi intraducibili indetta sul forum di EFP da Soly Dea. La parola che mi ha ispirato questa shot è, nello specifico, fensterln, che in tedesco significa "fare una visita alla persona amata di notte arrampicandosi fino alla sua camera da letto".
Spero davvero la shot vi sia piaciuta e che vi vada di dirmi cosa ne pensate.
Parlo molto spesso di Apollo e Giacinto nella mia pagina di FB. Casomai voleste rimanere aggiornati sui miei sproloqui e/o le mie pubblicazioni, vi invito a seguirmi lì.
A presto! ~
   
 
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