Disclaimer: il personaggi di Marcus e Clifton Lafayette sono di
invenzione dell’autrice Yoko891.
Note: ringrazio Yoko per avermi permesso di utilizzare
Marcus. Al contrario di Clifton (che viene e verrà solo nominato per fare
numero XP), Marcus si rendeva necessario poiché il personaggio di Noah nasce
strettamente collegato a lui. Grazie Yoko <3
La
nostra “ordinaria amministrazione” è…
La cena si era svolta più o
meno con una certa tranquillità.
Senza tornare sul discorso
di Gilbert, Ada gli aveva indicato di tanto in tanto alcuni studenti che
conosceva: come poté notare Oz stesso, la maggior parte erano dello stesso anno
della sorella. Fra loro c'era stata Karin Hamilton, la ragazza incrociata
proprio fuori dalla mensa prima di cena: era seduta al tavolo con un'altra
ragazza dai capelli biondi e corti e l'aria irriverente - che Ada gli indicò come
Sally McFinch - e un ragazzo dall'aria pacata e il sorriso gentile, i capelli
scuri e abbastanza lunghi, tenuti in ordine da un nastro blu, che per un
istante aveva scambiato per il fratello di Karin.
Ad un'occhiata più
approfondita, insieme al nome suggeritogli dalla sorella - Clifton Lafayette,
dunque un cognome diverso da quello di Karin - Oz aveva escluso quella
possibilità. Il ragazzo in special modo, aveva detto Ada, era uno studente
piuttosto brillante del suo anno.
L'attenzione di Oz, mentre
lasciava vagare lo sguardo per la sala che andava lentamente svuotandosi, si
soffermò anche su Noah che stava uscendo e che gli rivolse un saluto veloce e
un cenno che stava a segnalare un "ci vediamo dopo".
«Ada, il capo dormitorio
cambia per ogni anno?» domandò incuriosito, cercando quasi di individuare a
occhio il loro - cosa impossibile anche con un numero di studenti ridotto.
Ada sorseggiò l'acqua, per
poi dissentire col capo: «No, è lo stesso per tutti gli anni. C'è anche un vice
capo dormitorio, comunque, in modo che quando sono assenti gli uni, ci siano
gli altri.» spiegò.
Oz annuì, prendendo il
proprio vassoio e allungando una mano verso quello della sorella, aspettando
che lei glielo porgesse per portarlo a posto insieme al proprio. Quando lo ebbe
riconsegnato e fu tornato al tavolo, Ada lo affiancò ed uscirono insieme dalla
mensa.
Camminando per il giardino,
approfittando di avere ancora tempo prima del coprifuoco imposto dal
regolamento, Ada azzardò finalmente alla domanda che aveva evitato di fare appena
si erano visti.
«Oz... come sta papà?»
chiese, il tono quasi timoroso eppure era palese che cercasse di mantenersi
rassicurante, e gentile. Lui sorrise apertamente: «Lavora un sacco come al
solito! Nostro padre non cambia mai, non preoccuparti.» assicurò ridacchiando,
le braccia incrociate dietro la testa mentre camminavano.
«E anche tu stai bene?»
quasi parve incalzarlo. Lui spostò lo sguardo su di lei, una sfumatura di
perplessità nelle iridi chiare. Infine, le sorrise con dolcezza: «Sì. Una
scuola vale l'altra, e poi così posso controllare la mia sorellina, no?»
scherzò su, riprendendo ad avanzare dopo aver rallentato appena alla sua
domanda. Ada non lo affiancò subito.
Lo seguì inizialmente solo
con lo sguardo, preoccupata e dispiaciuta: suo fratello mentiva così
frequentemente e con così tanta naturalezza, eppure lo capiva ugualmente, se ne
accorgeva come se di mentire non fosse mai stato davvero capace.
Sperava che almeno una
delle due risposte non fosse una bugia, che almeno loro padre stesse davvero
bene; e sperava anche che Latowidge avrebbe aiutato a far sì che anche Oz
migliorasse, e non solo per rassicurare lei.
Lo vide voltarsi e
chiamarla, il tono allegro, esortandola a sbrigarsi o l'avrebbe lasciata
indietro: scosse appena la testa, accantonando per un attimo quelle
preoccupazioni e affiancandolo dopo averlo raggiunto nuovamente.
Rientrò in dormitorio, dopo
essersi salutato con Ada all'ingresso di quello femminile dove l’aveva
accompagnata. Avviandosi alle scale aveva trovato più di qualche studente in
sala comune, a chiacchierare per lo più. Si era anche intrattenuto per un po',
fermato da un ragazzo: capelli scuri dal taglio corto e appena spettinato, gli
occhi anch'essi neri, dall'espressione piuttosto apatica.
Si era presentato come Aedan
Shaye, del terzo anno: «Tu sei il nuovo studente, Oz Bezarius.» aveva detto con
un tono tale che al biondo era parso che più che una domanda, fosse
un'affermazione. Aveva comunque annuito, inclinando appena il capo di lato,
incuriosito dal suo essersi avvicinato. L'altro non mutò più di tanto
espressione: «Il capo dormitorio non c'è, ma tornerà lunedì per le lezioni.
Quindi da lunedì sera, devi scegliere un giorno per incontrarlo.» disse.
Sembrava che il suo compito
fosse semplicemente riportare un'informazione affidata da un altro, a giudicare
dal coinvolgimento della sua voce, praticamente inesistente.
«Anche se non ho nulla da
chiedere?» domandò Oz. Dopotutto il regolamento era spiegato nei dettagli su
quei fogli che gli avevano dato nel pomeriggio. Cercò di anticipare la risposta
dell'altro dal suo sguardo o da un eventuale cambiamento d'espressione, che
però non ci fu.
«Come ti pare. Io dovevo
solo riportare il messaggio.» replicò nell'unico modo che Oz non avrebbe potuto
prevedere in alcun modo. Chiunque si sarebbe aspettato che l'altro rispondesse
un secco "sì, devi", o che magari gli assicurasse che non era
obbligato a farlo subito, ma che prima o poi sarebbe stato il caso che si
facesse almeno vedere.
Invece, una replica
totalmente neutra come l'espressione, Aedan si congedò con un cenno leggero del
capo senza aggiungere altro, né aspettare la sua risposta.
Lo vide andare in direzione
delle poltroncine, prendendo posto ad una libera accanto ad un compagno -
probabilmente dello stesso anno - che ridacchiò, rendendo partecipe l’altro del
discorso nato con altri studenti.
Ancora un po' perplesso, Oz
si era dunque davvero deciso ad andare in stanza e aveva quindi salito la
scalinata, seguendo il percorso fatto con Noah e raggiungendo la porta giusta.
Non fece in tempo ad
aprire, comunque, che per poco l’uscio non si aprì direttamente contro la sua
faccia. Lo schivò per un pelo, indietreggiando e sbilanciandosi un poco.
Vide uscirne un ragazzo che
gli ricordò in qualche modo l'uomo che lo aveva accolto nel giardino in quel
modo strambo, al suo arrivo: i capelli di un biondo chiarissimo da sembrare
quasi bianchi, ciò che colpì Oz furono gli occhi di ghiaccio.
Non solo per il colore
chiaro, ma anche per lo sguardo freddo che li animava: indossava abiti pratici,
ma aveva un'eleganza innata. Non era difficile immaginare che fosse di ottima
famiglia e abituato ad una certa compostezza. Lo stesso viso aveva qualcosa di
attraente malgrado l'espressione non fosse proprio l'emblema della cordialità
in quel momento.
A seguire uscì Noah, il
sorrisetto colpevole sulle labbra: «Dai, Marcus, non te la prendere.» cercò di
abbonirlo il rosso, ridacchiando piano.
«Non me la sono presa, le
tue cazzate restano le tue, non fraintendere ogni mio strafottuto
atteggiamento.» sbottò quello, la grazia della sua figura completamente
spazzata via dal momento stesso in cui aveva aperto bocca.
Oz sbatté un paio di volte
le palpebre, sorpreso: aveva la stessa finezza di un giardiniere piuttosto
rozzo, quel tipo. Noah, però, non solo non sembrava offeso ma rideva
apertamente, quasi felice per quella reazione.
«Va bene, va bene. Mi
auguri la buonanotte prima di andartene?» chiese, ed Oz si chiese seriamente se
il suo sogno proibito quella sera non fosse farsi prendere a pedate dal ragazzo
chiamato Marcus. Quest'ultimo sbuffò sonoramente, avvicinandosi e
scompigliandogli appena i capelli: «Buonanotte.» sbottò di malavoglia.
«Buonanotte anche a te,
Marcus.»
«Grazie a quelli che non mi
fai pestare sarà una notte di merda, evita di prendermi per il culo Noah.»
ribatté, la speranza di un qualche barlume di finezza ormai completamente
sparita.
Allontanandosi, Marcus posò
lo sguardo per qualche attimo su Oz, che ricambiò fra il sorpreso e il confuso.
Non gli rivolse la parola, comunque, avviandosi dalla parte opposta del
corridoio.
Oz spostò lo sguardo su
Noah alla ricerca di una spiegazione - o della certezza che tutto ciò fosse in
qualche modo normale - e il compagno di stanza gli sorrise rassicurante,
facendogli cenno di seguirlo dentro.
Una volta entrato e aver
richiuso la porta alle proprie spalle, notò che Noah era già in pigiama; lo
vide buttarsi con aria beata sul proprio letto, affondando inizialmente la
faccia nel cuscino come un ragazzino. Rimase in quella posizione per qualche
tempo, ridacchiando a tratti per chissà quale pensiero - probabilmente,
immaginò Oz, riguardava quel tipo che se ne era andato.
Approfittò comunque di quei
minuti per cambiarsi a sua volta, tirando fuori il pigiama ed indossandolo.
Quando anche lui si buttò di peso sul letto, rilassandosi, Noah sembrava
essersi ripreso psicologicamente abbastanza da articolare una spiegazione.
«Quello è uno del terzo
anno. Marcus dico.» se ne uscì, non l'inizio migliore per capire ma sempre un
inizio. Oz si limitò soltanto ad annuire, incalzandolo a continuare.
«E' un po' sboccato,
l'avrai notato, ma non è cattivo.» assicurò.
Oz sorrise: «Siete amici da
tanto?» domandò, deducendolo dalla totale fiducia che traspariva dal tono
dell'altro. Noah lo guardò per un attimo confuso, poi ridacchiò.
«Marcus è mio fratello.»
disse lasciando di stucco Oz: «Fratellastro a dir la verità, e sua madre e mio
padre neanche sono sposati ancora.» chiarì, spiegandosi meglio.
Oz ci pensò su un attimo:
«Non avrei immaginato che potessi avere un fratello, o fratellastro.» ammise.
Noah lo osservò in
silenzio, il sorriso strafottente che si faceva largo sul viso: «Hai presente
che mio padre è un fotografo, no?» se ne uscì, apparentemente senza nessuna
connessione al resto del discorso. Ad ogni modo Oz fece segno di sì con la
testa.
«Sì, me l'hai detto oggi.»
«E hai presente che questa
è una scuola di ricchi, sì?»
«Beh, sì, direi di sì.»
«Ho l'aria di un figlio di
papà, Oz?»
«Nemmeno di striscio ad
essere sinceri.»
«Ecco!» esclamò l'altro,
come se finalmente avessero centrato il punto, assumendo poi un'espressione
tranquilla, di chi sta per osservare casualmente che forse domani il tempo sarà
nuvoloso: «La madre di Marcus è la metà ricca della famiglia. Papà e io siamo
la metà stupida.» concluse, la faccia da schiaffi che aveva assunto un'aria
troppo ebete per sperare di non scoppiare a ridere.
Parlava della ricchezza e
della stupidità come le due metà di un DNA, una cosa che capita e allora la
prendi con filosofia.
Oz ebbe la sua conferma: il
motivo per cui lui sarebbe andato d'accordo con Noah, era che quest'ultimo era
uno dalla mente decisamente semplice.
In altre parole, era assai
probabile che condividessero la stessa dose si stupidità - in senso buono. Più
o meno.
Scoppiarono a ridere
entrambi, quasi in contemporanea; quando riuscirono a smettere, si guardarono
per un attimo: «Appena possiamo te lo presento meglio.» aggiunse, come se non
avessero mai interrotto il discorso. Oz annuì, rimanendo qualche momento in
silenzio.
Quando si decise a parlare,
aveva lo sguardo rivolto al soffitto, sdraiato sul letto a pancia in su:
«Conosci molti studenti, anche degli altri anni?» domandò, ma sembrava in
realtà una premessa alla domanda vera e propria.
Noah, probabilmente
incuriosito da quella richiesta, annuì: «Non tutti, ma una buona parte.
Soprattutto quelli del terzo e del quarto, perché sto spesso con Marcus o con
Karin.» spiegò.
Oz soppesò qualche istante
se proseguire o meno con la domanda vera e propria: «Conosci un Gilbert?»
Noah lo guardò praticamente
allucinato: «Mica dirai Gilbert Nightray?» se ne uscì, stupito; uno stupore che
Oz non capì, mentre confermava i sospetti di Noah.
«Sì. Intendo Gilbert
Nightray, perché?» chiese, istintivamente sulla difensiva senza nemmeno
accorgersene. L'altro sospirò, come se la sapesse lunga: «Beh, non ci ho mai
parlato di persona. Ma è abbastanza famoso, o meglio lo è suo fratello
Vincent.» assicurò.
Oz, assunse un'espressione
confusa: che lui sapesse, Gilbert non aveva mai avuto fratelli. A meno che,
adottato dai Nightray, non ne avesse acquisiti. Noah parve intuire quella
confusione nell'altro e si limitò a continuare senza chiedere nulla.
«Non so tantissimo su di
loro, ma Gilbert non parla con tante persone. L'ho visto dare davvero
confidenza solo ai parenti che studiano qui, oppure a tua sorella Ada. Non so
se è carattere, tipo che è riservato. Non mi sembra malaccio, pare uno a
posto.» spiegò, tornando con lo sguardo - che si era posato sul soffitto quasi
ad imitazione di Oz - sul biondo: «Perché ti interessa tanto?» chiese infine.
Oz, che aveva ascoltato
quasi pendendo dalle sue labbra, non rispose subito.
«I parenti che studiano
qui?» ripeté, perplesso: «Perché, tutto il casato Nightray è a Latowidge?»
aggiunse, involontariamente ironico.
Noah ridacchiò,
sistemandosi su un fianco, la mano destra a sorreggere il volto: «Più o meno.
Cioè, se oltre ai due fratelli conti pure due delle guardie del corpo di
famiglia e la cugina, sono un bel po' rispetto agli altri che al massimo hanno
un fratello o una sorella, come me e te. Però la cugina mi ricordo che è una
cosa a parte, ha anche il cognome diverso. So che non vanno tanto d'accordo. E
anche se le due guardie del corpo rispondono all'iscrizione con il nome dei
Nightray, tutti sanno che non sono i figli del capofamiglia.» concluse.
Oz, a quel punto, si prese
qualche istante per riordinare le idee, rimanendo in silenzio.
Quando si voltò per
chiedere altro, dopo un bel po' che non parlavano, lo notò: Noah dormiva della
grossa, probabilmente addormentatosi senza che lui se ne accorgesse nemmeno.
Sorrise divertito;
voltandosi su un fianco per mettersi a dormire, si lasciò sfuggire una risata
leggera quando - mettendosi sotto le coperte - notò Noah sdraiato
scompostamente sopra le sue, l'espressione ebete e beata mentre dormiva a bocca
aperta mugugnando qualcosa di indistinto.
«…z? …Oz?» sentì
chiamare, senza la minima intenzione di aprire gli occhi.
Erano così… pesanti. E
lui così stanco, spossato.
«Lascia che riposi. La…
è stata…» cosa? Cosa era stato come?
Quella voce era nuova e
familiare al tempo stesso.
Quella voce era…
«Bella addormentata, ci
svegliamo o no?»
Aprì gli occhi di scatto,
sussultando appena. La prima cosa che rientrò nel suo campo visivo, fu la
faccia sorridente e dallo sguardo iperattivo già di prima mattina di Noah.
Mugugnò qualcosa di
insensato, tentando di girarsi dall’altra parte. Sentì ridacchiare, poco prima
che coperta e lenzuolo venissero tirati via dandogli una spiacevole sensazione
di improvviso cambio di temperatura.
Aprì gli occhi di
malavoglia, cercando con lo sguardo la causa dell'assenza di quel tepore così
piacevole: ai piedi del letto, Noah era di spalle di fronte all'armadio aperto
di Oz.
Recuperò qualcosa appeso
alla stampella e gliela lanciò al volo, sorridente: il biondo la prese più o
meno fra le mani, notando che si trattava dei propri pantaloni. Li osservò
perplesso mentre una camicia pulita e semplice gli arrivava più meno in testa
coprendogli in parte la visuale.
La tirò via, tornando
sull'altro che aveva entrambe le mani sui fianchi e in quel momento ricordava
tragicamente una mamma - o una zia piuttosto ficcanaso.
«Dai, muoviti! E' già tardi
per la colazione sai?» gli fece presente. Ancora mezzo assonnato,
stropicciandosi un occhio e sbadigliando, Oz riuscì a mettere insieme qualche
parola: «Mi sveglierai così tutte le mattine?» chiese a metà fra lo scherzoso e
il preoccupato.
Noah ridacchiò: «Solo nei
week-end probabilmente. Quando abbiamo lezione non mi sveglio io, figurati se
sveglio te!» gli fece presente.
Oz ridacchiò: «E con le
lezioni?»
«Ovvio. Se non mi sveglio,
vuol dire che era destino che io continuassi a dormire! E chi sono io per
oppormi al mio destino?» recitò falsamente melodrammatico, chiudendo le ante
dell'armadio del biondo: «Forza, hai cinque minuti per essere lavato e vestito.
Ho così fame che mi mangerò i tuoi vestiti se non mi fai fare colazione.»
osservò, lo stomaco che gorgogliava quasi a voler sottolineare che lo avrebbe
fatto sul serio.
Oz, recuperati vestiti e la
roba pulita da mettere, ormai sulla soglia del bagno si voltò con aria
eloquente e falsamente arrogante: «Anziché mirare ai miei vestiti potresti
anche scendere in mensa, sai?» ironizzò.
Noah lo guardò con
espressione di chi sa e si diverte alle spalle di uno che non può
nemmeno immaginare cosa lo attende: «Tu non hai mai visto la colazione a
Latowidge, perciò sii grato al fratellone Noah che si immola per proteggerti.»
sottolineò.
«Proteggermi? Non ti
affiderei una piantina!» disse con falsa aria da innocentino.
Noah gli tirò un calzino
appallottolato che Oz evitò chiudendosi velocemente alle spalle la porta del
bagno.
Una decina di minuti dopo -
neanche Noah lo avesse cronometrato - uscivano dal dormitorio maschile e
attraversavano il giardino fino all'edificio centrale e alla mensa.
«Allora, questo grande
pericolo?» lo incalzò Oz, il tono palesemente scettico. Noah lo osservò con un
sorrisetto furbo: «Oz, che esperienza hai con le donne?» se ne uscì senza un
nesso.
Oz guardò davanti a sé, un
po' a disagio. Insomma, se si parlava di come far piacere ad una donna dal punto
di vista del Galateo, si poteva anche fare - non che ricordasse più di quattro
lezioni ma, ehi!, qualcosa la sapeva!
Ma l'esperienza in altri
campi si limitava a quando era un poppante che, come tutti i fratelli minori,
ciarlava a proposito di voler sposare la propria sorella - ciò che, quindi,
fanno quasi tutti i bambini.
«Perché, mi farai lezione
su come diventare un perfetto gigolò?» ironizzò anche per togliersi d'impaccio.
Noah ridacchiò: «Non penso ti sarei molto d'aiuto su quello, ma c'è una cosa
che posso insegnarti sulle ragazze di questa scuola.» assicurò, ormai entrambi
sulla soglia della mensa.
Si fermò lì, indicando
nella sala: «Prova a dare un'occhiata verso i tavoli in fondo.» gli consigliò.
Oz fece dunque capolino con la testa all'interno della sala, affacciandosi per
poter vedere: non ci volle molto per capire a cosa si riferisse il compagno.
In fondo alla sala, appena
staccati dal resto dei tavoli, ce ne erano alcuni in disparte: occupati per lo
più da adulti, di loro Oz fu in grado di riconoscere solo lo strano tipo con la
bambolina di pezza sulla spalla che aveva incontrato al suo arrivo. Al tavolo
con lui stava un uomo che sembrava forse più giovane di un paio d'anni, ma non
di più.
Capelli castani dal taglio
abbastanza sbarazzino, aveva l'aria di uno che si sta rassegnando al fatto che
la vocazione della sua vita è fare il maestro d'asilo - il cui unico bambino è
proprio l'attuale compagno di tavolo.
Occhiali dalla montatura
fina che al momento stava pulendo con l'apposito panno, indossava gli stessi
abiti che aveva l'albino. Il quale, al momento, era appena piegato sul tavolo -
quasi del tutto sgombrato - e fissava intensamente una pallina.
Sì. Proprio una pallina,
neanche questa fosse un uccellino che dovesse spiccare il volo.
Oz cercò di capire cosa mai
potesse aspettarsi dal piccolo oggetto, che vide l'uomo avvicinare la mano
piano, quasi aspettandosi che la pallina scappasse spaventata, dandogli... un
colpetto veloce.
Quella volò via, prendendo
in pieno la testa di un uomo al tavolo accanto che dava loro le spalle. Nel
silenzio della sala - cosa innaturale e che si era formato da un po', ora che
ci faceva caso - vide la persona colpita alzarsi con calma.
Con molta calma.
E in seguito voltarsi
velocemente mentre un libro prendeva il volo - e l'albino lo evitava con
nonchalance e un sorrisetto da far innervosire anche un santo.
«Xerxes Break la mia
pazienza ha un limite.» tuonò glaciale l'uomo lanciatore di libri - così lo
aveva soprannominato Oz, in attesa di conoscerne il nome - guardando male
l'altro che aveva assunto un'aria divertita degna della migliore faccia da
schiaffi che Oz avesse mai visto.
«Quanto sei noioso Rufy.»
si lamentò l'uomo chiamato Break, mentre il biondo temeva seriamente di vedere
l'altro azzannarlo alla giugulare entro breve.
Ma, come si suol dire, il
peggio doveva ancora venire.
In quel momento in cui la
tensione si poteva quasi tagliare con un coltello tanto era palpabile, un solo
ed unico suono riecheggiò nella sala sulla quale era caduto il silenzio.
«Aaaw, litigano di nuovo!»
fu la frase pronunciata con un tono che fu un misto tra una malsana adorazione
per la cosa e uno smielato entusiasmo.
Se non fosse stato così
lontano, Oz avrebbe giurato di aver visto l'uomo che aveva lanciato il libro
con la stessa espressione di chi si chiede silenziosamente per quale motivo Dio
lo odia a tal punto da fargli penare tutto quello.
Mentre Xerxes Break se la
rideva di gusto canticchiando: «Guarda, Rufy, le tue ammiratrici ti amano ~!»
Oz pensò che forse era
solidale a quel tale "Rufy". Break, seppure a suo modo divertente,
sembrava uno di quelli che ti rendono la vita un Inferno.
Non importa come.
Ce la fanno comunque.
Sentì Noah ridacchiare al
suo fianco, mentre lo afferrava per un braccio e lo tirava verso di sé. Oz non
fece in tempo ad alzare lo sguardo interrogativo verso di lui, che uno
scalpiccio proveniente dall'ingresso attirò la sua attenzione: un gruppo di
studentesse appartenenti probabilmente ai primi due anni, si affrettava verso
la mensa.
Oz lasciò che passassero,
tirato di lato dal compagno di stanza; quando furono passate, sentì Noah
sbuffare divertito: «Ti presento il fan club del corpo docenti. Non sai quanto
possono essere letali.» scherzò su, divertito come chi non si stanca mai di
vedere una stessa scena, per quanto ripetitiva.
Oz lo fissò perplesso:
«Stai scherzando?» chiese, anche se sembrava che nemmeno lui riuscisse a
trattenere una risata.
Noah, varcando la soglia,
si limitò a dire: «Aspetta di sentirle sospirare a lezione. Hanno una fantasia
tale che il repertorio di frasi stucchevoli non si esaurisce mai.» assicurò
ridendo e avanzando verso il banco per scegliere cosa mangiare a colazione.
Oz scosse la testa ridendo,
seguendolo nella stessa direzione.
Dopo la colazione si erano
divisi.
Noah aveva accennato ad una
ricerca da finire per il lunedì successivo - o meglio, al dover chiedere a
Karin se poteva aiutarlo a cominciarla dall'inizio, visto che tanto per fare
una cosa diversa si era ridotto all'ultimo - dunque si era avviato verso la
biblioteca.
Così, Oz aveva optato per
farsi un giro e magari vedere se incrociava Gilbert: certo, era probabile che
l'altro fosse tornato a casa con i fratelli. E, di certo, l'avrebbe potuto
scoprire chiedendo in segreteria o magari controllando in dormitorio.
Ma non aveva idea di quale
fosse la stanza dell'altro, né voleva sembrare una brutta copia di un maniaco
ossessivo: non aveva nulla di così vitale da chiedergli. Oltretutto, erano sei
anni che non si incrociavano nemmeno; non sapeva neanche esattamente di cosa parlare.
I ricordi di quando Gilbert era a casa Bazarius erano piuttosto vaghi, e lui
era un bambino praticamente.
Ed inoltre... molte cose
erano diverse, allora.
«Ehi, tu, hai intenzione di
stare lì ancora per molto o posso sperare che tu tolga il tuo sudicio piede
dalla mia tracolla in tempi umani?!» sentì dire, la voce che proveniva dal
basso.
Abbassò lo sguardo sul
terreno del giardino, l'erba che profumava dell'odore tipico di quando viene
appena tagliata.
Seduta in terra, la schiena
contro il tronco dell'albero e lo sguardo puntato su di lui, stava una ragazza
minuta ma dall'espressione palesemente seccata.
I capelli - la prima cosa
che notò dopo lo sguardo dal colore ametista e soprattutto indispettito - erano
castani scuri e parecchio lunghi, legati in due codini alti che le donavano
un'aria sbarazzina e graziosa. Non indossava la divisa di Latowidge: il suo
posto era preso da una camicetta bianca e senza particolari ricami e una gonna
nera che sfiorava il ginocchio.
Oz sbatté un paio di volte
le palpebre.
«Cos'è, oltre che cafone
pure cieco?!» sbottò quella e, finalmente, il biondo individuò il proprio piede
su parte della sua borsa a tracolla. Lo alzò subito, indietreggiando di un paio
di passi e abbozzando un sorrisetto impacciato, la mano che andava a grattare
appena la nuca.
«Mi spiace, non l'avevo
vista.» ammise, il tono a mo di ulteriore scusa. Quella sbuffò, riprendendo tra
le mani il libro poggiato sulle gambe senza una parola.
Oz ridacchiò: era certo di
averla vista imbronciarsi.
Si sedette sull'erba, poco
oltre la borsa; lei spostò lo sguardo lateralmente, su di lui: «Beh?»
«Posso farti compagnia?»
«Non la voglio la
compagnia.»
«D'accordo.» replicò Oz con
tono allegro senza muoversi di un millimetro. Lei sbuffò sonoramente, senza
preoccuparsi certo di nasconderglielo, tutt'altro.
«Cosa vuoi?» lo incalzò,
quasi fosse scontato che volesse qualcosa e che fosse intenzionata a capire
cosa fosse al più presto per poterselo togliere di torno in fretta.
Oz ridacchiò: «Cosa leggi?»
domandò senza rispondere alla sua domanda.
Lei, perplessa
probabilmente dal suo essere così ottuso, spostò lo sguardo sul libro per poi
riportarlo su di lui, l'aria beffarda: «Come occultare il cadavere di quello
che ti si siede vicino con l'intenzione di romperti le scatole.» decretò.
Oz rise, sinceramente
divertito, mentre la ragazza iniziava a maturare l'idea che quel tipo non fosse
tanto normale, o che magari avesse uno spiccato gusto del macabro.
Il biondo, per contro, gli
porse la mano con la chiara intenzione di fare conoscenza: «Oz Bezarius.» si
presentò.
Lei parve sorpresa, ma dopo
un leggero tentennamento strinse la mano - forse ancora sperava che,
accontentandolo, poi si eclissasse: «Alice Lewis.» replicò, burbera. L'altro,
stringendole la mano minuta di rimando, si ritrovò a pensare che fosse carina
malgrado il modo di parlare o l'espressione che ti rivolgeva.
Forse, si disse,
semplicemente non era abituata a fare amicizia?
«Come Alice nel Paese delle
Meraviglie?» chiese - che domanda idiota e scontata.
Anche lei parve trovarla
particolarmente stupida: «Quanti imbecilli ancora me lo chiederanno per il
resto della vita?» sbottò infatti. Oz non parve offeso, però.
«Ma Alice di Carroll è un
bel personaggio.» le fece notare.
Lei alzò il libro,
rivelando proprio quello di cui stava parlando l'altro: «Alice di Carroll è
semplicemente fuori di testa.» commentò.
Oz rise, indicando la
copertina: «Però ti piace no? Altrimenti non lo leggeresti.» osservò acuto,
troppo per i gusti della ragazza. Con un leggero rossore ad imporporarle le
guance, spostò lo sguardo sulle pagine del libro a cui teneva il segno: «Tsk,
rompiscatole.»
«Alice non trattarmi
maleee!» si lamentò falsamente, prolungando la "e" finale come un
bambino.
«Zitto, servo, mi
deconcentri!»
«Ma come servo?»
«Ho deciso che sei il mio
servo, se non ti sta bene levati! Mi stai disturbando!» ribatté lei innervosita
da quel tipo assurdo che di tanta gente proprio lei doveva prendere di mira
quella mattina.
Lui rise: «Oh beh. Se servo è il
modo con cui Alice dice "amico", va bene!» esclamò stupidamente,
rimanendole vicino e passando il resto della mattinata in sua compagnia.
Avevano pranzato insieme,
unendosi al tavolo di Noah e Marcus - che, sebbene fosse sembrato meno nervoso
della sera prima, non era certo meno sboccato, o così Oz aveva notato.
Nel pomeriggio si era
invece separato da Alice; sua sorella Ada si era offerta di mostrargli almeno
come raggiungere i posti principali della scuola, come la biblioteca o
l'infermeria.
Oz aveva però assicurato
alla maggiore di non doversi preoccupare certo delle aule delle sue lezioni: la
comodità di avere un compagno di stanza dello stesso anno era anche quella.
Per i primi giorni avrebbe
seguito Noah per i corridoi molto in stile cagnolino, e alla fine di certo
avrebbe memorizzato i diversi percorsi per conto suo.
Percorrevano ora proprio
uno dei corridoi per raggiungere l'atrio, chiacchierando: «Ah, aspetta.» lo
richiamò lei indicandogli una porta che stavano oltrepassando proprio in quel
momento.
«Cos'è?» domandò lui
osservandola incuriosito.
«La stanza dove si
riuniscono i capo dormitori, i vice capo dormitori e i capoclasse per discutere
di quello che riguarda gli studenti. So che devi ancora parlare con lo studente
a capo del dormitorio maschile, quindi penso che domani lo troverai qui.»
assicurò.
Annuì, riprendendo a
camminare ed informandosi riguardo che tipo fosse questo studente di cui non
solo Ada, ma anche Aedan del terzo anno gli aveva in qualche modo presentato
come qualcuno indubbiamente rigido e severo, seppur disponibile.
Mentre ormai svoltavano
entrambi l'angolo, addentrandosi in un corridoio che si incrociava a quello, la
porta che ai fratelli Bezarius era parsa chiusa, venne aperta ulteriormente,
rivelandosi quindi già schiusa in precedenza.
«Dunque sarebbe lui.» commentò,
atono. Le braccia incrociate al petto, la figura slanciata era poggiata con la
schiena contro il muro, poco distante dalla porta che aveva aperto.
«Sì, si tratta del fratello
di Ada Bezarius, che è nel mio dormitorio.» asserì pacatamente una voce femminile,
le labbra incurvate in un sorriso rilassato, lo sguardo sull'altro.
Il viso voltato
lateralmente e lo sguardo ancora sul corridoio ormai deserto, il ragazzo annuì
impercettibilmente: «Cosa consigli di fare?»
«Per il momento, credo tu
dovresti solamente conoscerlo come tutti gli altri, fratello. Fintanto che
Aedan lo tiene d'occhio, non pensi sia sufficiente?» replicò, nel tono una
sfumatura di bonario divertimento.
Spostò lo sguardo su di
lei, annuendo: «Darò disposizioni ad Aedan perché continui ad occuparsene.»
concluse quindi, aprendo del tutto la porta.
«Credo sia la scelta più
giusta.» assicurò lei.
Quando raggiunsero l'atrio,
la prima cosa che notarono sia Ada che Oz fu un vociare concitato dovuto ad
alcuni studenti che occupavano l'ampio spazio che ospitava l'entrata
dell'edificio.
Sembrava che la loro
attenzione si fosse concentrata principalmente verso il centro, appena dopo il
portone. Incuriosito Oz si avvicinò al gruppo di studenti più vicino, che aveva
l'aria divertita.
Ada lo imitò, riconoscendo
poco lontano Karin, alla quale si rivolse: «Karin, che succede?» domandò, una
nota di preoccupazione nella voce.
L'amica, voltandosi e
riconoscendola ridacchiò sommessamente: «Nulla di allarmante, Ada. I fratelli
Nightray sono appena rientrati con gli studenti andati via per il week-end.»
spiegò con semplicità.
Oz portò istintivamente lo
sguardo verso il centro, dove anche gli occhi di tutti gli altri erano fermi.
«Ti era stato chiesto di
tornare a casa, perché continui a fare di testa tua?»
«Non stressarmi, cugino,
hai fatto il tuo compitino da bravo bambino, non vedo perché mai dovrei tornare
in una casa non mia!»
«Perché per i tuoi comodi
sono altre persone a finire di mezzo, mocciosa!»
«Mocciosa a chi,
sottospecie di cane ammaestrato?!»
«Chi sarebbe il cane
ammaestrato?!»
«Ti do due indizi: ce l'ho
davanti e si chiama Gilbert Nightray!»
«Se sei rimasta alla stessa
civilizzazione dell'età della pietra e non riconosci l'educazione non è certo
colpa mia!»
Oz fissò la scena di un
Gilbert molto diverso da come lo ricordava - l'aspetto fisico poteva essere
simile, con i semplici cambiamenti canonici della crescita, ma il carattere era
senza dubbio più irascibile di quanto lo ricordasse - e di una Alice che, a
quel punto, era chiaro fosse la cugina dei Nightray di cui gli aveva accennato
Noah.
A guardarli discutere così
animatamente - con il ricordo, seppur vago, di un Gilbert timido e piagnucolone
- Oz non sapeva se essere sorpreso, o se ridere di gusto.
Certamente non si era
aspettato di essere chiamato in ballo, né che il primo incontro con Gilbert
sarebbe avvenuto in maniera tanto rocambolesca.
Nei suoi piani, quella
mattina, non aveva considerato Alice evidentemente.
Adocchiandolo chissà come
fra i tanti studenti, la moretta aveva puntato il dito contro di lui: «Servo,
vieni a dare una lezione a questo coso!» aveva quindi esclamato, facendo
voltare in sua direzione non solo il "coso" - ossia Gilbert - ma
anche buona parte dei presenti.
Quanto ad Oz, lui si era
limitato ad indicare perplesso se stesso con il dito, come se non fosse sicuro
di aver capito.
Riportando lo sguardo su di
loro, incrociò quello di Gilbert: gli occhi dorati sembravano aver appena visto
un fantasma. O qualcuno che, poco ma sicuro, non si aspettavano di vedere,
soprattutto non così presto.
«...Oz?» chiamò, il tono
basso, l'espressione stupita.
Note e ringraziamenti
Per quanto riguarda questo
capitolo, l'unica spiegazione che serve credo sia riguardo Alice XD
Per il cognome, ho dovuto
inventarne uno e mi è venuto spontaneo dargli il cognome che coincide con il
nome dell'autore del libro "Alice in Wonderland" (Lewis Carroll)
peraltro citato nello stesso capitolo.
La parentela con Gilbert...
non ho proprio resistito XD
Dovendo e volendo ricreare
l'atmosfera idiota nei loro litigi, ho optato per renderli cugini per poter far
sì che le regole di buona educazione che (teoricamente) dovrebbero aleggiare a
Latowidge non intaccassero il rapporto dei due.
Spero non vi incasini
troppo XP
Innanzitutto un
ringraziamento generale a chi ha letto (commentando e non) il primo capitolo.
Vi ringrazio <3
In particolare, rispondo
alle recensioni di:
LitaChan: ti ringrazio, e sono felice di sapere che mi seguirai
X3 Per quanto riguarda l’ambiente scolastico, senza fare spoiler ti dico solo:
tienilo bene d’occhio XD
artemis89: wow, addirittura catturato, grazie *-* Il nemico
comune X°D Vedremo quanto impiegheranno prima di perire contro la scuola,
allora. Quanto a Noah, non si sa cosa combinerà, ma la certezza è questa:
saranno guai, visto il soggetto XD
Doremichan: è una liberazione sapere che la descrizione iniziale
di Latowidge abbia dato un’idea di come è fatta la scuola. Essendo io una che
predilige l’introspezione alla descrizione, su quest’ultima devo sempre fare il
doppio dell’attenzione XD
Sono contenta che Noah
abbia riscosso tanto successo, cosa che non mi aspettavo affatto sinceramente.
Inizialmente Gilbert non
doveva nemmeno apparire in questo capitolo, ma c’è stato un cambio di programma
XP
Yoko891: riguardo le virgole ne abbiamo già parlato in altra
sede, quindi non mi ripeto anche qui xD
Già, i pochi personaggi per
una trama scolastica sono l’unica vera pecca di questo adattamento. Ma suvvia,
i nuovi personaggi tu già li conosci XD *indica Noah, Aedan, Karin e compagnia
bella*
Break è inquietante, ma
tutti gli altri docenti (o quasi) non sono da meno *muore*
Per Glen e Jack, penso ci
vorrà ancora un po’, ma tu vivi dei miei spoiler, quindi… :3
makotochan: ed ecco il secondo capitolo che attendevi
scodinzolante! E non è quel Noah, GYA. XD
Nel leggere la tua
recensione ammetto che la prima cosa che ho pensato è stata: ah. Ma perché, io
cambio stile da oneshot a longfic?
Forse perché sono l’autrice
non noto il cambio di stile? XD Comunque, spero che anche questo capitolo ti
sia piaciuto. Grazie di seguirmi <3
ShAiW: Ed eccoti accontentata, è apparso anche Gil, per gli
altri Nightray boys ci vorrà ancora qualche capitolo perché appaiano tutti XD
Eeeeh, i due tipi che
parlano saranno avvolti dal mistero ancora per un po’: l’unica cosa che posso
dire, è che non sono gli stessi due ignoti di questo capitolo XP
Bellissimo il tuo “OzGil
OzGil OzGil OzGil” XDD Ora si sono incrociati, staremo a vedere u.u