Lo sciabordio delle onde del mare che si infrangevano sul bagnasciuga, il movimento quasi ipnotizzante del ventre tonico di Martin sotto la sua nuca, le dita del biondo fra i suoi capelli ormai abbastanza lunghi da lasciar intravedere i primi ricci ribelli, il timido sole primaverile che gli riscaldava appena la pelle e l’aria ancora invernale che gli solleticava le guance: a Benedict sembrava di essere in paradiso. 

Aprì gli occhi e dischiuse le ginocchia piegate per guardare la schiuma formarsi sulla cresta delle onde brillare, ora come diamanti, ora come perle e poi dissolversi e svanire come il vapore di un sogno, ma la collina del suo ventre disteso gli ostruiva la visuale. 

Sorrise, Benedict, lento, con il cuore in preda ad un sussulto; fece scorrere le sue lunghe dita sulla pancia, l’accarezzò, poi si portò l’indice alla bocca, lo baciò e lo posò sul punto preciso dove, il giorno prima grazie all’ecografia, aveva scoperto essere la testa piccola, fragile ed infinitamente preziosa di sua figlia. 

“Hey,” mormorò, gli occhi un po’ lucidi, come sempre quando parlava con sua figlia “buongiorno principessa, papà ti ama.”
 

Sotto la sua nuca Martin smise di respirare solo un attimo, posò il copione che stava studiando sulla sabbia e fece scorrere le unghie sullo scalpo di Benedict facendolo rabbrividire. 

“E il mio bacio?” Chiese, scherzoso. 

Benedict sorrise, timido e compiaciuto, e rivolse il viso verso il biondo, come un girasole verso il sole e le labbra di Martin si posarono sulle sue, leggere ed impalpabili come rugiada su fili d’erba. 

Restarono così, le bocche dischiuse, i respiri che si mischiavano e le lingue che si sfioravano appena, finché Benedict non sussultò, afferrando un polso del compagno.
 

“Qualcun altro vuole il suo bacio.” Mormorò, gli occhi rivolti verso la sagoma appena accennata di un piedino che increspava la sua t-shirt grigia appena a destra del suo ombelico.
 

Martin sorrise, si baciò il palmo della mano e la posò proprio sopra quel piedino che piano piano si stava ritirando, ma, appena le sue dita cominciarono a massaggiare la pancia di Benedict, un calcio lo colpì proprio al centro della mano. Poi un altro. Ed un altro ancora. Finché i due futuri genitori non scoppiarono a ridere insieme.
 

“Anche questo papà ti ama, teppistella.” Sghignazzò Martin, e Benedict sospirò, chiudendo gli occhi. Le sue lunghe dita diafane allentarono la presa sul polso del compagno, per scendere un poco ed intrecciarsi con quelle di Martin.
 

“Papà,” disse, le labbra arricciate in un sorriso appena accennato “perché non fai il bravo e non ci leggi una storia?”
 

Martin lo accarezzò, un lungo e implacabile scorrere di dita dal basso ventre fino alla sua bocca, dove la punta del suo indice indugiò appena per giocare con la lingua di Benedict finché non ricevette un bacio umido e soffice, sospirò e con il dito ancora bagnato andò a sfiorare lo schermo del cellulare, si schiarì la voce e cominciò a leggere il libro che da sempre e per sempre sarebbe stato il loro piccolo segreto d’amore: Lo Hobbit.