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Autore: Yugi95    11/11/2019    0 recensioni
Quando si perde l’unica cosa al mondo che abbia davvero importanza; quando si perde una parte di sé che mai più potrà essere ritrovata; quando si perde l’amore della propria vita senza poter fare nulla per impedirlo… è in quel momento, è in quel preciso momento che si cede lasciando che il proprio cuore sia corrotto dalle tenebre. Si tenta il tutto per tutto senza considerare le conseguenze, senza pensare al dolore che si possa causare. Se il male diventa l’unico modo per far del bene, come si può definire chi sia il buono e chi il cattivo? Se l’eroe, che ha fatto sognare una generazione di giovani maghi e streghe, si trasforma in mostro, chi si farà carico di difendere un mondo fatto di magia, contraddizioni e bellezza? Due ragazzi, accomunati dallo stesso destino, si troveranno a combattere una battaglia che affonda le proprie radici nel mito e nella leggenda; una battaglia che tenderà a dissolvere quella sottile linea che si pone tra ciò che è giusto e ciò che è necessario.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XX - Il Party di Capodanno

 
«Secondo te, i capelli mi stanno meglio sciolti o legati come al solito?»

«Non saprei…» mugugnò Juleka, seduta sul proprio letto a baldacchino, «Forse… forse per un ballo sarebbe meglio lasciarli liberi.»

«Se non altro Miss “hopapinochefailprimoministro” non mi prenderebbe in giro dicendo che ho due code di maiale per acconciatura» esclamò tutto d’un fiato Marinette, mentre osservava il proprio riflesso su uno specchio sospeso a mezz’aria che lei stessa aveva fatto apparire per magia.

«M-m-magari potemmo provare un nuovo look.»

«Che cosa intendi? Se parli del vestito, io avevo pensato a un… oh… ti riferivi a questo…»

Prendendola in contropiede, la sorella di Luka si era portata alle spalle della propria compagna e aveva afferrato i capelli corvini tra le mani. Con gesti dolci, ma decisi, li avvolse in una serie di spire dando loro una forma inedita. Marinette la osservava in religioso silenzio contemplando la sua abilità. Da quando era arrivata ad Hogwarts, aveva visto usare la magia in qualsiasi situazione e quella non avrebbe di certo fatto differenza.

Eppure, l’uso di tutta quella manualità la meravigliò molto di più se quella stessa acconciatura fosse stata eseguita con un incantesimo. Juleka doveva essere un’esperta a giudicare dai suoi movimenti così precisi, così fermi. «E-e-ecco… v-v-vedi… vedi se ti piace» mugugnò la ragazza arretrando di qualche passo, rossa in viso, spaventata da quello che sarebbe potuto essere il giudizio della sua amica.

La figlia del Signor Dupain, ormai libera di poter contemplare l’opera che aveva sulla testa, rimase a bocca aperta. Non avrebbe mai pensato che i suoi capelli, di solito stretti in un’acconciatura semplice e a tratti infantile, potessero assumere una forma del genere. Non essendo molto lunghi, l’elegante coda di cavallo, formata da un insieme di ciocche, le ricadeva a stento sulle spalle; ma non per questo era meno graziosa. La frangia, invece, era sormontata da una voluminosa treccia.

«Che c’è?!» gracchiò Juleka, spaventata da quella lunga attesa, «Ho combinato un disastro, vero? Sapevo che non dovevo mettermi in mezzo, perdonami. Io…»

Il suono concitato di urletti isterici, carichi di gioia, la interruppero. Marinette si era letteralmente lanciata tra le braccia della propria compagna di Casa. La strinse forte a sé e la riempì di baci sulla guance e sulla fronte. «Grazie, grazie, grazie! Non avrei saputo fare nulla del genere, sei stata fantastica!» esclamò con gioia la giovane Corvonero, mentre Tikki, evidentemente contagiata dall’atmosfera, cinguettava allegra. «Potresti rifarmela domani sera per il ballo?»

«C-c-certo… nessun… nessun problema.»

«Sei fantastica! Adesso, però, dobbiamo trovare un’acconciatura anche per te.»

«Per me?!» squittì, stupita, la ragazza dal ciuffo viola, «Ma io non ho un accompagnatore. C-c-cosa ci vengo a fare?»

«Nemmeno io ho un cavaliere per il ballo. Vorrà dire che ci andremo insieme: saremo le più belle principesse della sala. Anche più belle di quella viziata di Chloé!»
Questa volta fu Juleka a serrare le proprie braccia intorno alle spalle di Marinette. Non si era mai sentita chiamare “principessa”; anzi non si era mai sentita chiamare in nessun modo. Se non ne avesse avuto conferma dalle attenzioni di sua madre e suo fratello, si sarebbe tranquillamente convinta di essere invisibile. Un fantasma, un’ombra impercettibile di cui nessuno fosse in grado di rendersi conto. Si sentiva responsabile di ciò, come se fosse una sua colpa.

Eppure, in quei pochi mesi la sua autostima era di gran lunga migliorata. Per la prima volta si sentiva accettata, riconosciuta dai suoi pari. Certo, era ancora molto lontana dagli standard delle sue amiche. Spesso le capitava di avere incubi che la riportavano indietro nel tempo, a quando non era altro che la figlia “strana” di Anarka. Le ci sarebbe voluto ancora del tempo per lasciarsi alle spalle i traumi che la perseguitavano, ma quella mattina aveva compiuto un ulteriore passo avanti.

«Su, su, su. Non fare così adesso…» le sussurrava la figlia del Signor Dupain nell’orecchio in rispostata ai suoi improvvisi singhiozzi, dandole delicate pacche sulle spalle. «Di solito quando la gente riceve dei complimenti è felice, non reagisce a questo modo.»

«Hai… hai ragione, scusa…»

«Non preoccuparti. Che ne diresti di scegliere gli abiti per la serata?»

«Certo! Diamoci una mossa.» esclamò Juleka mostrando un’insolita determinazione, mentre scioglieva il dolce abbraccio e si apprestava a frugare nel proprio baule.
La sera del 31 dicembre arrivò in un battito di ciglia. Il vento ululava tra le vallate che circondavano Hogsmeade e il castello, sputando neve e grandine contro le finestre. La calda atmosfera all’interno di Hogwarts era intervallata da gelide folate che approfittavano degli spifferi tra le spesse mura. Il vuoto silenzio regnava incontrastato nei corridoi, intervallato ogni tanto dallo scoppiettio di un fuoco lontano.

I pochi studenti, presenti durante il periodo delle feste, si erano già avviati verso la Sala Grande, dalla quale proveniva l’eco di una musica leggera. Adrien lì osservò dall’alto di una balaustra, a metà tra il terzo e il quarto piano. Ai suoi occhi risultavano puntini indistinti di una massa che lentamente defluiva verso un’unica direzione. Indugiò a lungo sul profilo dei suoi amici: Luka, Juleka, Marinette, Chloé e Clara, sebbene lontani, gli risultarono ben visibili tra la folla.

Nei giorni successivi a Natale aveva dedicato loro poco tempo. Trascorreva, infatti, la maggior parte delle sue giornate vagabondando per le aule del castello. Era alla ricerca di un luogo tranquillo, un posto appartato dove poter riflettere su quanto avesse scoperto. Il messaggio scritto a mano e la foto ingiallita di sua madre erano sempre con lui; allo stesso modo il talismano di smeraldo aveva definitivamente preso posto intorno al suo collo.

Quella sera non sarebbe stato diverso, se il giovane Couffaine non l’avesse preso da parte e gli avesse chiesto, o meglio imposto, di essere presente al party. La preoccupazione nel volto del compagno gli fu immediatamente evidente: sia lui che le altre erano in pensiero, spaventati da quei lunghi periodi di assenza. Il giovane Agreste fu, da un lato, grato di ricevere così tante attenzioni; d’altro canto però nutriva un forte desiderio di essere lasciato solo.

Era abituato a “cavarsela per conto proprio”. Suo padre era ormai una persona lontana e  distaccata, il miraggio di quello che sarebbe dovuto essere un genitore. Nathalie e la sua guardia del corpo non erano da meno. Per loro la professionalità veniva prima di tutto: non c’era spazio per l’affetto o la comprensione. Sua madre era morta e il suo unico confidente, l’unica persona al mondo che l’avesse mai capito alla perfezione, l’aveva abbandonato.

In un impeto di rabbia improvviso serrò la presa sulla balaustra di marmo. Le nocche gli diventarono bianche, al contrario la faccia si dipinse di rosso e gli occhi si inumidirono. Era sempre così quando ci ripensava. Nel corso di quegli otto anni si era ripromesso più e più volte di mettere da parte il ricordo che ancora aveva di lui. Era troppo importante per potersene separare, nonostante gli causasse una sofferenza terribile.

Gli era stato vicino nei primi tempi, gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva. Il dolore per la scomparsa di Emilie Agreste li aveva travolti in pieno, ma lui era riuscito a riprendersi. Aveva capito che quell’infausto evento doveva essere una spinta per andare avanti, per rimettersi in carreggiata. Gli aveva fatto da padre e confidente in un momento in cui i suoi veri genitori non erano più lì, entrambi lontani anche se per motivi diversi.

 Inspirò profondamente al fine di calmarsi. Dilatò a tal punto le narici da farsi male. Gli ci volle qualche minuto per riprendere il controllo di sé e, quando ci riuscì, si rese conto che la festa di Capodanno era già iniziata. Ciondolando maldestramente nel suo elegante abito da sera, si diresse all’ingresso di Hogwarts. I suoi passi riecheggiavano mestamente per le rampe di scale. Di tanto in tanto gli abitanti di alcuni ritratti gli facevano gesti cordiali, ma lui preferì non farci caso.

Era ormai giunto al limitare della scalinata principale, quando incrociò il fantasma della Torre di Grifondoro. Ser Nicholas de Mimsy-Porpington, detto “Nick-quasi-senza-testa” per la sua particolare condizione fisica post-mortem, era un personaggio alquanto particolare e bizzarro. Socievole e caloroso a differenza della maggior parte degli altri spettri, amava interloquire con gli studenti appartenenti alla Casa che aveva deciso di proteggere ben più di cinquecento anni prima.

Tuttavia, era molto sensibile, quasi insofferente, a tutti quei discorsi che riguardavano la morte in generale e la sua esecuzione per decapitazione. Il boia, che eseguì la sentenza, non fu infatti in grado di recidergli completamente la testa dal collo nonostante i quarantacinque colpi di scure. Da allora il povero Ser Nicholas ha dovuto convivere con un perenne senso di inadeguatezza, acuito dall’onta di non poter entrare nel gruppo di fantasmi dei “Cacciatori Senzatesta”.

Benché non desiderasse parlare con nessuno, Adrien si sentì in obbligo di salutarlo. Dopotutto, era pur sempre un defunto e come tale non gli si poteva mancare di rispetto. In secondo luogo, durante le prime settimane ad Hogwarts, nel periodo in cui si era volontariamente isolato dagli amici appena conosciuti, Nick si era dimostrato una piacevole compagnia e un buon ascoltatore. «Buona serata Ser Nicholas!» trillò allegramente il ragazzo con un leggero inchino di riverenza.

Il fantasma, però, lo oltrepassò senza dir nulla. Aveva lo sguardo stranamente vacuo e il viso inespressivo. Il giovane Agreste lo vide fluttuare lungo il corridoio del primo piano per poi sparire dietro un arazzo. Stava già ripercorrendo a ritroso i gradini per assicurarsi che non fosse successo nulla di grave, quando una voce perentoria e inamovibile, che gli fece gelare il sangue nelle vene, lo richiamò all’attenzione.

«Va da qualche parte, Signorino Agreste?!»

«Professoressa Mendeleiev!» esclamò, terrorizzato, Adrien, per poi balbettare una scusa poco credibile «Ehm, io… io stavo…»

«Stava bighellonando in giro, invece di essere alla festa» lo interruppe l’insegnate afferrandolo per la manica della giacca, «Forza, entri in sala! Altrimenti sarò costretta a togliere dieci punti a Grifondoro. Non sarebbe certo il massimo per iniziare l’anno nuovo, dico bene?»

«No, professoressa… mi scusi…»

Guardandosi un’ultima volta indietro, fu scortato all’interno della Sala Grande che, data l’occasione, era stata allestita in modo decisamente inedito. Il centro della stanza era stato lasciato vuoto in modo tale che, chiunque lo desiderasse, potesse danzare in piena libertà; sui lati, al contrario, era stati posizionati piccoli tavolini circolari provvisti di sedie e due lunghe tavolate, sulle quali si trovava un ricco buffet.

Il soffitto, stranamente, non riproduceva il cielo plumbeo presente all’esterno. Lo si poteva definire un “insieme” di luci e colori soffusi che, almeno da quanto poté constare il giovane Agreste, aveva il compito di creare la stessa atmosfera delle vecchie sale da ballo. Sul fondo della stanza, infine, posizionati sul rialzo in legno del tavolo degli insegnanti, vi erano un’arpa, due violoncelli e un violino che suonavano autonomamente musica da camera.

«Ma dov’eri finito?!»

«Mi ero appisolato» mentì Adrien grattandosi il retro della testa con fare colpevole, «Sai il dormitorio vuoto, si sta così bene.»

«Se lo dici tu…» gli fece eco Luka, benché poco convinto dalla parole dell’amico.

«Le ragazze dove sono? Non le vedo.»

«Stanno ballando. Sono vicino al professor Damocles e alla professoressa Bustier.»

Il figlio di Gabriel Agreste si mise in punta di piedi e, allungano il più possibile il proprio collo, riuscì a vedere oltre la folla di studenti intenti a danzare. Fu come essere colpito da una secchiata d’acqua gelida che, ritemprando le sue membra, lo svegliò da un profondo letargo. Juleka, vestita in un tradizionale abito blu notte, stringeva i fianchi di Marinette facendola volteggiare con estrema grazia.

I suoi capelli neri, che alla luce del soffitto presentavano dei magnetici riflessi blu, erano raccolti in una morbida ed elegante acconciatura. Il suo kimono rosso, su cui risplendevano ghirigori, foglie e petali dorati, fluttuava leggero nell’aria accompagnando i movimenti della persona che lo indossava. L’incarnato chiaro di Marinette rifletteva le mille luci delle candele sospese conferendole un’aura mistica, quasi soprannaturale.

«Wow…» fu l’unica parola che Adrien riuscì a boccheggiare, mentre osservava quello che ai suoi occhi era a tutti gli effetti uno spettacolo.

«Dovresti invitarla a ballare.»

«Ma lo sta già facendo. Sembrerei stupido e poi Juleka ci rimarrebbe male.»

«Non preoccuparti per mia sorella, lei capirà» sibilò Luka scuotendo il capo esasperato, ma al contempo divertito da tutta quella ingenuità. «Non lasciartela sfuggire: una come lei non la ritroverai nemmeno tra un milione d’anni.»

«D-d-d’accordo…» mugugnò l’altro. Quella breve conversazione l’aveva imbarazzato e oltremodo confuso. Perché stava provando quell’insolita sensazione di calore? Possibile fosse ancora una volta il pendente di smeraldo? Immerso nei suoi pensieri, quasi non si accorse che il giovane Couffaine si stava allontanando. «Ehi, dove stai andando?»

«Perdonami, ma ho anch’io una dama che proprio non posso lasciarmi sfuggire.»

Detto ciò, lo vide avvicinarsi ad una graziosa ragazza vestita con un abito giallo canarino che, a discapito di quanto si potesse pensare, era da sola, rannicchiata in un angolo ad osservare la sala con fare contemplativo. Chloé, nonostante cercasse di non darlo a vedere, fu lieta che qualcuno l’avesse finalmente invitata a ballare. Evidentemente, pensò Adrien mentre voltava loro le spalle, nessuno aveva avuto il coraggio di confrontarsi con una persona così “problematica”.

La musica si fermò e, approfittando del momento di pausa, il giovane Agreste raggiunse Marinette e Juleka. Quest’ultima, che probabilmente la pensava come il fratello, con una scusa si dileguò non appena lo vide. Ebbe un istante di tentennamento, poi, facendo appello a tutto il suo self-control, le poggiò una mano sulla spalla e, scostandole una ciocca di capelli, le sussurrò dolcemente nell’orecchio. «Milady, mi farebbe l’onore di questo ballo?»

Marinette sussultò. Non si sarebbe mai aspettata di incontrarlo quella sera: erano giorni che non si sentivano, temeva di averlo offeso quella mattina di Natale parlando a quel modo di suo padre. Intuendo il suo sconcerto, Adrien abbozzò un timido sorriso e le cinse una mano intorno al fianco. La trasse a sé e, indietreggiando di alcuni passi, la condusse al centro della Sala Grande dove altre coppie, compresi Luka e Chloé, si apprestavano a ballare.

I loro sguardi si incrociarono, vi erano solo pochi centimetri a separarli. Il figlio di Gabriel Agreste non poté fare a meno di notare quanto fosse bella la sua compagna. Se da lontano gli era parso di assistere ad un qualcosa di mistico, adesso, dal momento che erano così vicini, aveva l’impressione di trovarsi dinanzi un angelo. Il suo cuore accelerò spaventosamente, faceva le capriole all’interno della gabbia toracica. Con la mano sinistra afferrò saldamente la destra della ragazza.

Marinette avvampò in quello stesso istante. Non era mai stata così legata all’amico, i loro destini sembrarono intrecciarsi. Non diede una risposta alla domanda che gli era stata fatta poco prima, ormai non ve ne era più bisogno. Sciogliendosi come neve al sole, chiuse gli occhi e si lasciò cullare dalle braccia di Adrien. Una musica leggera e soave riempì la stanza ed entrambi iniziarono a volteggiare seguendone il ritmo.

Come due petali sospinti dal vento, dipinsero ideali cerchi sul pavimento in pietra della stanza. Stretti l’uno all’altra, furono trasportati lontano, in una dimensione parallela creata appositamente per loro. La sala, il castello, gli altri studenti, era tutto sparito: danzavano da soli in uno spazio vuoto, etereo, che faceva da cornice ad un momento cristallizzato nel tempo e nello spirito. Volavano su un mondo sconfinato, al quale soltanto loro due potevano accedere.

Quel ballo fu come un fiume in piena. Assunse la forma di parole, di intere frasi e dischiuse i loro cuori come null’altro era stato in grado di fare. Quando il valzer cessò e la Sala Grande tornò a prender forma, entrambi decisero di non sciogliere quell’abbraccio. Non ne furono in grado. Si specchiarono reciprocamente negli occhi, mentre le loro labbra umide si avvicinavano sempre più. Avevano la gola secca e il viso paonazzo, intimoriti da ciò che stavano per compiere. Ci fu dell’esitazione, poi una cascata di vetri rotti e urla concitate li strappò da quel sogno.

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Piccolo avviso per chi mi segue su EFP. Venerdì 15 Novembre inizierò su Wattpad la pubblicazione di una side-story collegata alla saga de "La leggenda delle sette bacchette". Questa raccolta didascalica conterrà informazioni aggiuntive sui personaggi e sui luoghi della storia, che si accompagnerà alle altre sei storie che ho in programma. Ovviamente, non è una fanfiction essenziale alla comprensione della trama generale: al suo interno si troveranno solo curiosità e piccoli approfondimenti fini a loro stessi. Tuttavia, qualora siate interessati ad approfondire le storie della famiglia Agreste, oppure al modo in cui ho cercato di integrare il magico mondo della Rownling con la storia di Astruc, vi aspetto sul mio profilo Wattpad XD https://www.wattpad.com/user/Yugi95 
A presto :D :D :D
 
   
 
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