Quell'anno,
ottobre si era presentato in una veste insolitamente mite e soleggiata,
quasi volesse scimmiottare gli ultimi sprazzi d'estate regalati dal suo
predecessore settembre.
Le giornate erano ancora luminose e piacevoli, tanto da poter
trascorrere i pomeriggi all'aria aperta senza aver bisogno di tanti
strati di vestiti.
Per un bambino di cinque anni affamato di vita e avventure come il
piccolo Warlock era l'occasione ideale per continuare a godere
dell'immenso giardino che circondava la tenuta di famiglia. Tata
Ashtoreth accettava di buon grado di accompagnarlo fuori per
permettergli di correre e giocare e, casualmente, Fratello Francis era
sempre nei paraggi e spendeva volentieri una o due ore del suo tempo
chiacchierando con il bambino, mentre la tata si dileguava con la scusa
di qualche commissione da sbrigare per ricomparire solo quando fosse
giunta l'ora di riaccompagnare Warlock in camera sua.
Quel giorno non sembrava molto diverso da quelli che l'avevano
preceduto: il sole pomeridiano inondava di luce calda il parco intero,
facendolo risplendere di pennellate rosse, gialle e arancioni come il
quadro di un pittore impressionista che avesse voluto catturare sulla
tela l'essenza stessa dell'autunno.
Warlock aveva preso la tata per mano e l'aveva trascinata all'esterno
della casa, senza mancare di rimproverarla per la sua lentezza, tipica
degli adulti.
I due raggiunsero il giardiniere che rivolse loro un gran sorriso
amabile. - Buongiorno signorino Warlock! Madame. - aggiunse, accennando
un garbato inchino in direzione della donna.
Tata Ashtoreth si sistemò meglio il cappellino sulla testa, che
le era scivolato di lato durante la corsa, e, con il massimo contegno
che la situazione le permetteva, ricambiò il cenno del capo alla
volta di Fratello Francis, il quale dovette trattenersi dal lasciarsi
sfuggire un sorriso divertito nel vedere il demone così
scarmigliato e col fiatone.
- Hai visto, Warlock? Il buon Dio ha deciso anche oggi di graziarci con
questo clima. - commentò serafico, lanciando un'occhiata beata
al cielo terso e turchese.
Benché il piccolo avesse capito poco e niente di
quell'esternazione, ne intuì almeno il senso generale e si
azzardò ad annuire.
- Allora, ragazzo mio. - esordì il giardiniere, inginocchiandosi
per poter guardare negli occhi il piccolo. - Cosa vuoi fare di bello
oggi pomeriggio? Ti andrebbe di aiutarmi a dar da mangiare agli
uccellini? Potrei raccontarti la storia di San Francesco, che ne dici? -
Ma Warlock scosse la testa con decisione: aveva un piano ben preciso
per quella giornata, che non contemplava il restarsene fermo ad
osservare il giardiniere svolgere i suoi compiti quotidiani o ascoltare
racconti di sorta.
- Io voglio giocare a nascondino. - dichiarò senza mezzi
termini. Non si trattava né di una richiesta, né della
semplice espressione di un desiderio infantile. Era un vero e proprio
ordine che, come tale, non ammetteva una risposta negativa.
- Oh, ma... ma certo. - assentì il giardiniere, preso in
contropiede e incapace di dissimulare del tutto la propria delusione e
la pressoché totale mancanza di voglia di mettersi a setacciare
il giardino e la casa per scovare un ragazzino che si era nascosto per
divertimento.
Warlock si portò le mani ai fianchi, assumendo un atteggiamento
direttivo. - Allora facciamo che io mi nascondo e tu e la tata dovete
venire a cercarmi e chi mi trova per primo vince! -
A quelle parole, Tata Ashoreth, che già si stava apprestando a
sgattaiolare nuovamente verso l'imponente dimora in mattoni, ben lieta
di lasciare “la patata bollente” al collega, si
bloccò sul posto come una statua di ghiaccio e si voltò
verso il suo protetto. - Cosa? Vorresti che giocassi anch'io e che
fosse una gara tra me e Francis, caro? -
Il bimbo le regalò un'espressione di sufficienza, come se la sua
bambinaia gli avesse appena dato un'irritante dimostrazione di
ottusità.
- Sì. Una gara! - scandì. - Vince chi di voi due riesce a trovarmi prima! -
Tata e giardiniere si scambiarono uno sguardo esitante che il fanciullo
interpretò come l'ennesimo indizio di ebetudine tutta adulta.
- Ma almeno lo sapete come si gioca a nascondino? - domandò,
alzando un sopracciglio con sospetto. Stentava a credere che al mondo
esistesse qualcuno che non sapeva come si giocasse a nascondino, ma non
si poteva mai dire con i grandi, e così si lanciò in
un'illustrazione dettagliata di quel passatempo conosciuto da ogni
bambino della Terra fin dalla notte dei tempi.
- Praticamente, voi dovete coprirvi gli occhi e contare fino a...
mmh... fino a cinquanta! - stabilì. Non che il bimbo fosse
effettivamente in grado di contare fino a quella cifra, ma gli pareva
che suonasse abbastanza adeguata da permettergli di trovare il
nascondiglio perfetto.
- Fino a cinquanta. - gli fece eco Fratello Francis, mostrandogli di stare al passo con la sua spiegazione. - E poi? -
Warlock lo ricompensò con uno sguardo sconcertato da tanta
stupidità. - E poi venite a cercarmi, no?! È per questo
che si chiama nascondino! -
- Oh, è naturale! - rise nervosamente il giardiniere, lanciando
uno sguardo di sottecchi alla tata in cerca di supporto. Ma la donna
scosse la testa e allargò leggermente le braccia, rassegnata.
- E chi riesce a trovarmi, ha vinto. - concluse Warlock, sottolineando
quel concetto per la terza volta, come a volersi sincerare che quei due
stupidoni dei suoi compagni di giochi avessero afferrato appieno le
regole.
- D'accordo, caro. - rispose Tata Ashtoreth con tutta l'aria di chi
avrebbe preferito mangiar rospi. - Ma non uscire dai confini della
tenuta, capito? -
Il bambino annuì. - E non vale cercarmi insieme. Non potete
trovarmi nello stesso momento, altrimenti non vince nessuno. - disse
con ovvietà.
- E perché mai pensi che potremmo lavorare insieme, tesoro? - chiese la tata, improvvisamente sull'attenti.
Warlock scrollò le spalle. - Per essere più forti nel gioco. -
- Non preoccuparti, non succederà. - gli assicurò la
donna. - Vero, Fratello Francis? - soggiunse, alzando lo sguardo verso
il giardiniere.
- Assolutamente. - confermò l'uomo, sollevando la destra. - Croce sul cuore. -
Il visetto del bimbo si aprì in un sorriso elettrizzato. - Allora cominciamo! -
Warlock attese, ma la tata e il giardiniere si limitavano a starsene lì su due piedi e a guardarlo, incerti sul da farsi.
- Ma che state facendo? - domandò, sbigottito. - Dovete girarvi,
coprirvi gli occhi e iniziare a contare! Se no io come faccio a
nascondermi? -
I due adulti si riscossero di colpo ed eseguirono immediatamente: si
portarono le mani agli occhi e presero a contare a voce alta.
Warlock alzò gli occhi al cielo ed emise un gran sospiro:
possibile che ai grandi bisognasse sempre spiegare tutto?
Dopodiché corse via, guardandosi attentamente intorno per
individuare il luogo più adatto in cui rintanarsi per non farsi
trovare. Odiava perdere e non voleva rendere la vita troppo facile alla
tata e a Fratello Francis. Doveva trovare un posto davvero perfetto. A
un tratto gli venne un'idea che il piccolo giudicò geniale e,
sorridendo tutto contento, si avviò trotterellando verso la sua
meta.
Crowley
continuò a contare sbirciando tra le dita e, appena il bambino
scomparve dietro un angolo e non fu più a portata d'orecchi,
tolse le mani dal viso e diede una lieve gomitata ad Aziraphale che, al
suo fianco, stava diligentemente proseguendo la serie di numeri con gli
occhi ben serrati.
- Ora puoi anche smettere, angelo. Warlock se n'è andato. -
- Ma devo contare fino a cinquanta, caro. Sono le regole. -
replicò l'amico, senza accennare a scoprirsi gli occhi e
riprendendo a snocciolare numeri.
Crowley esalò un sospiro esasperato e lo afferrò per i
polsi, levandogli a forza i palmi dal volto e incontrando la sua
espressione stupita.
- Ma che stai facendo? Warlock ha detto... -
- Non ho nessuna intenzione di rimanere qui a contare fino a cinquanta.
A quest'ora il ragazzino si sarà già nascosto. -
- Ma così non vale. - protestò Aziraphale, sempre
refrattario quando si trattava di divergere da regole prescritte. -
È scorretto e credo sia anche antisportivo. -
- Abbiamo a che fare con l'Anticristo, angelo. Credi davvero che gli
importi qualcosa della sportività? E comunque vorrei ricordarti
che qui siamo noi quelli che partono in svantaggio. -
- Che cosa vuoi dire? -
- Che Warlock potrebbe ricorrere ai suoi poteri per trovare un nascondiglio, ovvio! -
I lineamenti di Aziraphale si contrassero in un'espressione scettica. - Ma che dici? Non essere assurdo! -
- Non consapevolmente. - puntualizzò Crowley. - Ma metti che sia
tutto intento a pensare a dove nascondersi e a un tratto gli venga in
mente che un buon posto potrebbe essere, non so... il nido di un
uccello. La realtà risponde al suo volere e si piega ai suoi
desideri: per quanto ne sappiamo, ora potrebbe trovarsi sul ramo
più alto di una di queste querce. -
- Oh, Cielo. - fece Aziraphale, comprendendo di colpo la gravità
della situazione. - Potrebbe essere dovunque e noi non abbiamo la
più pallida idea di dove iniziare le ricerche. -
- Esattamente. - rispose Crowley, sconsolato.
- Ma forse stiamo correndo troppo, caro. - tentò Aziraphale,
sforzandosi di imprimere alle proprie parole una nota speranzosa. -
Sono solo congetture. Non è detto che utilizzi per forza i suoi
poteri. A quest'ora potrebbe trovarsi nascosto in un armadio o dietro
una tenda, come tutti i bambini normali. Non saltiamo a conclusioni
affrettate, rischiamo di preoccuparci per niente. -
Per nulla convinto, Crowley si strinse nelle spalle. - Se lo dici tu.
Ma io continuo a pensare che sia molto più probabile il
contrario. -
- Be', non serve a nulla starcene qui a fare ipotesi. -
sentenziò Aziraphale che, suo malgrado, iniziava davvero a
preoccuparsi. - Sarà meglio cominciare a cercarlo. -
Il demone si disse d'accordo e i due stabilirono di dividersi e di
passare in rassegna rispettivamente il giardino e la casa, per
ritrovarsi in quello stesso punto di lì a un'ora nel malaugurato
caso che Warlock risultasse ancora disperso.
L'ora passò.
Aziraphale aveva perlustrato meticolosamente ogni angolo del parco,
guardato in ogni cespuglio, dietro ogni albero, sui rami di ogni
singola quercia (nel caso l'ipotesi di Crowley si fosse rivelata
corretta); aveva setacciato perfino il capanno degli attrezzi dove gli
addetti alla cura del giardino tenevano il necessario per la
manutenzione. Ma di Warlock nessuna traccia.
Crowley, dal canto suo, si era dato un gran daffare per tutta la casa.
Aveva scostato tende, aperto armadi e credenze, guardato sotto ogni
letto, dietro tutte le porte, perfino nelle lavatrici e asciugatrici
della lavanderia e nei forni, ovviamente spenti, delle cucine. Il tutto
senza riuscire a scorgere nemmeno il più piccolo segno della
presenza dell'Anticristo.
I due si presentarono al punto d'incontro stabilito con la coda tra le gambe e un'ansia crescente in corpo.
- Deduco che tu non abbia avuto più fortuna di me nel trovare il ragazzino. - disse Crowley con aria sconfitta.
Aziraphale fece un cenno di diniego. - No, infatti. Ho cercato dappertutto ma di lui non c'è traccia. -
- Per l'amor di Qualcuno! Ma dove può essersi cacciato?! -
- Crowley? -
- Che c'è? -
- Hai pensato a cosa potrebbe succedere se non dovessimo trovarlo? -
- Che vuol dire “se non dovessimo trovarlo”? Salterà
fuori da solo, prima o poi! Non può rimanersene nascosto per
sempre. Dovrà pur ricomparire per cena, no? Ha sempre una fame
da lupi e stasera cucinano il suo piatto preferito. -
- Intendo dire, - riformulò Aziraphale. - se qualcuno dovesse
chiedere notizie di lui e noi non sapessimo cosa rispondere. -
- Ah. Oh, merda. - imprecò Crowley, improvvisamente pallido.
- Warlock è sotto la nostra responsabilità. -
continuò l'altro, grave. - Se sua madre venisse a sapere che ce
lo siamo perso... -
- Warlock è sotto la mia responsabilità,
angelo. - precisò il demone, afflitto. - Tu sei il giardiniere,
non ti è stata affidata la cura del marmocchio. Sono io quello
che passerà dei guai se non lo troviamo alla svelta, e qualunque
cosa possano farmi i Dowling, sarebbe niente in confronto a ciò
che subirei dai miei superiori se sapessero che mi sono perso il figlio
del Gran Capo. -
- Crowley, non possiamo permetterlo. - disse Aziraphale, più
serio che mai e fattosi cinereo quanto l'amico. La presa del terrore
che gli attanagliava lo stomaco si era appena quadruplicata. - Sarebbe
una catastrofe e il mondo intero ne pagherebbe le conseguenze tra sei
anni! -
- E tutto per uno stupido gioco! - sbottò il rosso. - No, non
può accadere. Vieni con me, angelo. Dobbiamo trovare il
ragazzino e subito! -
- Sì, hai ragione. Diamoci da fare. - concordò
Aziraphale, seguendo il demone. - Dovrà pur essere da qualche
parte! -
Nel frattempo, da qualche parte,
Warlock se ne stava rintanato nel luogo che aveva eletto a nascondiglio
perfetto e rideva tra sé pensando alla tata e al giardiniere che
molto probabilmente stavano girando a vuoto come trottole e non
sapevano più dove sbattere la testa.
Certo, ormai era nascosto da un bel po' di tempo (non sapeva quanto
esattamente dato che non aveva con sé un orologio) ma ne sarebbe
valsa la pena quando fosse ricomparso davanti a quei due allocchi con
la deliziosa consapevolezza di aver vinto al gioco. Più li
teneva sulla corda, più divertimento c'era per lui.
Avrebbe desiderato avere con sé il game-boy per scacciare la
noia, ma purtroppo l'unica cosa che rinvenne nella tasca della felpina
che aveva indosso fu una barretta di cioccolato che il bimbo
scartò e sbocconcellò lentamente, ridacchiando al
pensiero di Tata Ashtoreth e Fratello Francis che lo cercavano senza
sosta.
L'immaginazione
di Warlock non lo aveva portato molto lontano da quella che era, a
tutti gli effetti, la realtà di ciò che stava accadendo a
poca distanza da lui.
Aziraphale e Crowley ripresero le ricerche, stavolta unendo le forze, e
passarono nuovamente al setaccio sia il giardino che la casa,
controllando anche le nicchie e gli anfratti più improbabili che
dapprima avevano trascurato.
Sudarono freddo quando incontrarono una cameriera con un vassoio tra le
mani, la quale, non avendo trovato nessuno nel parco, chiese dove fosse
il bambino per potergli consegnare il quotidiano tè con i
biscotti. Tata Ashtoreth le rifilò una debole storia a proposito
di un improvviso colpo di stanchezza che aveva indotto il bimbo a
mettersi a letto per un sonnellino fuori programma. La cameriera fece
oscillare lo sguardo sospettoso dalla tata al giardiniere ma,
fortunatamente, si limitò a scrollare le spalle con noncuranza e
a dirigersi verso le cucine per riconsegnare il vassoio con la merenda
ancora intatta. Angelo e demone tirarono un sospiro di sollievo.
- Phew! C'è mancato poco. - esalò Aziraphale.
- Già. Per un pelo. - concordò Crowley. - E di Warlock
ancora nessun segno. Comincio a temere il peggio, angelo. Non
può non avere usato i suoi poteri. Se così non fosse,
l'avremmo già trovato da un pezzo. -
- Non puoi percepire la sua essenza diabolica e rintracciarlo in questo
modo? - bisbigliò Aziraphale, ottenendo, in risposta,
un'occhiataccia da parte di Crowley. - Stiamo parlando del figlio di
Satana. Nessuno lo può percepire. Ha una sorta di difesa
automatica, come un dispositivo di camuffamento che lo mimetizza
perfettamente tra gli umani in modo da non essere individuato da quelli
come te e me. -
- Allora siamo proprio nei guai. - gemette il biondo.
- Non possiamo darci per vinti. - sibilò il demone a denti
stretti. - Continuiamo a cercare, ma sarà meglio dividerci.
Insieme diamo troppo nell'occhio e l'ultima cosa che ci serve è
destare sospetti. Se dovessi incappare in qualche ficcanaso della
servitù o, peggio, in sua madre, ricorda: Warlock è in
camera sua a dormire. -
Trascorse
un'altra ora e mezza di ricerche infruttuose, al termine della quale
Aziraphale e Crowley si ritrovarono al punto di partenza (in senso sia
letterale che metaforico).
- Novità? - domandò l'angelo, più in apprensione che mai.
- Macché! - sbottò l'amico, frustrato. - E in più,
poco fa ho incontrato Harriet che mi ha chiesto come mai non fossi
insieme a suo figlio. Le ho detto che Warlock sta dormendo ma non sono
sicuro che mi abbia creduto completamente. Per fortuna era in ritardo
per un appuntamento dal parrucchiere e non ha indagato. -
- La situazione sta precipitando. Sono passate tre ore e ancora non
abbiamo la minima idea di dove sia il ragazzo. E comincia anche a fare
buio. - aggiunse Aziraphale lanciando uno sguardo a ovest, verso il
sole morente.
- Non ci resta molto tempo. - convenne Crowley. - Se non lo troviamo
prima che sua madre torni a casa e lo faccia chiamare per la cena,
siamo fritti. -
- Ma dove potremmo cercare ancora? - chiese l'angelo, scoraggiato. -
Abbiamo già guardato ovunque e più di una volta! -
Il demone si passò una mano sul viso tirato per la
preoccupazione e lo sforzo di pensare a dove potesse trovarsi
l'Anticristo. - Sei proprio sicuro di aver perlustrato tutto il
giardino? -
Aziraphale corrugò la fronte. - Sì, credo di sì. -
Crowley emise un sospiro colmo di esasperazione. - Dài, proviamo
ancora. Magari due paia di occhi in più faranno la differenza. E
nell'oscurità mi oriento molto meglio di te. -
I due ripresero a camminare fianco a fianco, aguzzando la vista e
scandagliando il parco ormai avvolto per buona parte dalle tenebre del
crepuscolo autunnale.
Stavano per perdere le speranze quando gli occhi serpenteschi del
demone si posarono su un particolare che era passato inosservato
durante le loro precedenti esplorazioni.
- Aspetta un attimo. - disse, tendendo un braccio per fermare Aziraphale. - Cos'è quello? -
- Quello cosa, caro? - domandò l'angelo in un tono che vibrava di una lieve speranza. - Cosa hai visto? -
- Laggiù. Vieni. -
Crowley si diresse a passo di carica verso un tratto del muro di cinta
che circondava la proprietà dei Dowling completamente ricoperto
di folta edera rossa.
Allungò una mano per scostare il rampicante e trattenne il fiato
quando davanti a lui e ad Aziraphale si materializzò il profilo
inconfondibile di una vecchia porticina di legno, fino a quel momento
sepolta dalla vegetazione e invisibile anche all'osservatore più
attento.
I due si scambiarono uno sguardo eloquente. Che l'Anticristo potesse
trovarsi in quel capanno abbandonato? Non sembravano essere rimaste
molte opzioni e quello era l'unico posto in cui non avessero
controllato. Le probabilità erano a loro favore.
- O la va, o la spacca. - disse Crowley, stringendo la maniglia arrugginita.
L'angelo annuì incoraggiante, dopodiché il demone esercitò una leggera pressione e socchiuse l'uscio.
L'interno della capanna si rivelò assai meno fatiscente di
quanto si aspettassero. Si trattava di un deposito all'interno del
quale erano state accatastate piccole montagne di legname e ciocchi di
ogni forma e dimensione, indispensabili ad alimentare il fuoco dei
camini della tenuta durante l'inverno.
Dalle finestrelle filtrava ancora qualche sparuto raggio di sole rossastro.
Ma ciò che scaldò il cuore ai due amici e li
affrancò dal peso che li aveva oppressi per buona parte del
pomeriggio, fu la vista del piccolo Warlock profondamente addormentato
su una pila di sacchi pieni di combustibile pellet.
- Oh, grazie a Qualcuno! Lo abbiamo trovato! - esclamò Aziraphale, incapace di trattenere il sollievo.
Crowley gli scoccò uno sguardo di avvertimento e gli fece segno
di abbassare la voce, dopodiché i due si avvicinarono al bambino
con passo felpato.
- Dopotutto, sembra proprio che non abbia fatto ricorso ad alcun potere
sovrannaturale. - constatò Crowley, incerto se sentirsi
sollevato o deluso. - Ci siamo preoccupati per niente, angelo. -
- Be', è stato più furbo di noi, caro. Dobbiamo ammettere la sconfitta. -
- L'importante è averlo trovato. - tagliò corto il
demone, restio ad accettare di essere stato messo nel sacco da un
moccioso di cinque anni, per quanto figlio del Diavolo. - Ora
riportiamolo in camera prima che qualcuno si accorga della sua assenza
e scopra la nostra bugia. -
Crowley si chinò sul cumulo di sacchi che fungeva da materasso
improvvisato e circondò Warlock con le braccia, sollevandolo
delicatamente per non rischiare di svegliarlo.
- Sta bene, vero? - chiese Aziraphale preoccupato, scrutando il piccolo
con ansietà come se si aspettasse di trovarlo ferito o in
ipotermia (circostanza che si sarebbe rivelata alquanto paradossale,
considerando che quel luogo era colmo di combustibile).
- Sta benissimo, angelo. - rispose Crowley con un mezzo sorriso. -
Anzi, direi che nelle ultime ore è stato molto meglio di me e
te. -
Aziraphale si tranquillizzò e tenne la porta aperta per
permettere al demone di uscire agevolmente dal capanno con il bambino
tra le braccia, per poi seguirlo a ruota lungo il sentiero che portava
alla villa.
Giunti a pochi passi dall'ingresso della casa, il demone si arresto in
penombra e si guardò intorno furtivamente per poi rivolgersi ad
Aziraphale.
- Va' avanti tu e controlla che non ci sia nessuno. Non possiamo
rischiare di farci vedere in giro con Warlock quando dovrebbe essere a
letto. -
L'angelo gli diede ragione e varcò la soglia cercando di
assumere un atteggiamento casuale e disinvolto che, a dire il vero, non
avrebbe ingannato neanche un cieco.
Proseguirono in quel modo fino alla cameretta di Warlock, con
Aziraphale che dapprima si accertava dell'assenza di domestici o membri
della famiglia per poi comunicare il via libera all'amico, che allora
lo raggiungeva scivolando silenziosamente da un corridoio all'altro
come un gatto.
Una volta al sicuro nella stanza del bambino, Crowley lo depose nel
letto e gli rimboccò le coperte, lieto che quella disavventura
pomeridiana fosse finalmente giunta al termine. Una manciata di secondi
dopo, il bimbo emise un mugolio sommesso e socchiuse le palpebre,
trovando la tata e il giardiniere che lo fissavano in modo molto strano.
- Ho vinto io. - biascicò, la vocina impastata di sonno. - Non siete riusciti a trovarmi. -
Tata Ashtoreth si rilassò e gli sorrise, sedendosi sul bordo del letto. - Sei stato bravissimo, caro. -
- Un vero campione di nascondino. - rincarò giovialmente Fratello Francis da sopra la spalla della donna.
- Ma, se tua madre te lo chiede, - soggiunse la bambinaia. - hai
passato tutto il pomeriggio a dormire perché eri molto stanco,
capito? -
Ancora semi-immerso nel torpore del sonno, Warlock aggrottò le sopracciglia. - E perché devo dirle così? -
Tata Ashtoreth sfoderò un sorriso furbo e accattivante. -
Perché stasera potresti trovare sul cuscino un bel pacchetto di
quelle caramelle che ti piacciono tanto ma che non ti è permesso
mangiare. -
Il volto del bambino si illuminò e Warlock scattò su a sedere sul materasso. - Quelle gommose al lampone, tata?! -
Lei annuì. - Proprio quelle, tesoro. Ma ricordati di dire a tua
madre che sei rimasto in camera tua per tutto il tempo, mi raccomando. -
Il bimbo annuì vigorosamente. - Sì, glielo dico. Promesso! -
- Bravo il mio diavoletto. - lo vezzeggiò la tata. - Sarà
il nostro segreto. - proseguì, guardando prima Warlock e poi il
giardiniere con sguardo complice e cospiratorio. - Mio, tuo e di
Fratello Francis. -
- Allora dobbiamo fare il giuramento! - esclamò il piccolo. - Non può essere un vero segreto senza giuramento! -
- Quale giuramento, caro? - domandò la tata, sorpresa.
Il bambino fece cenno ai due di avvicinarsi. Tata Ashtoreth si
scostò un poco per permettere al giardiniere di sedere accanto a
lei sul ciglio del letto ed entrambi rimasero in attesa di essere messi
a parte di qualunque cosa stesse passando per la mente del bimbo.
- Vi faccio vedere come si fa. - esordì Warlock gonfiando
orgogliosamente il petto. - Per prima cosa dovete mettere la mano sul
cuore e incrociare gli occhi.* Così. -
Il piccolo fece come aveva detto e attese che i due eseguissero a loro volta.
- Adesso dovete ripetere dopo di me. - continuò. - Ragni, serpenti, scorpioni e zanzare. - recitò solennemente.
- Ragni, serpenti, scorpioni e zanzare. - ubbidirono la tata e il giardiniere, alquanto perplessi.
- Se faccio la spia, che io possa crepare. - concluse Warlock, serio e con voce ieratica.
- Se faccio la spia, che io possa crepare. - gli fecero eco all'unisono i due adulti.
Il bambino indirizzò loro un gran sorriso compiaciuto. - Ecco fatto! Adesso sì che è un vero segreto! -
- Certo che lo è, tesoro. - cinguettò Tata Ashtoreth. -
Ora però Fratello Francis deve tornare al lavoro e tu devi farti
un bagno e prepararti per la cena. Sei tutto ricoperto di polvere e
segatura. -
Warlock borbottò un assenso contrariato e scese dal letto.
Mentre si accingeva a togliersi i vestiti per affrontare la fastidiosa
incombenza dell'igiene personale, non si accorse del sorriso complice
ed enigmatico che si trasmise dalle labbra della bambinaia a quelle del
giardiniere, né della scintilla che animò i loro sguardi
mentre si scambiavano un'occhiata pregna di significati noti solo a
loro.
Tutto è bene quel che finisce bene.
* Per il giuramento solenne, si ringrazia cortesemente la versione Disney di Robin Hood (1973)