I
Glory
and Gore
But
in all chaos there's calculation
Dropping
glasses just to hear them break
Magix
non si poteva dire esattamente una città morta: anzi, per i
gusti di
alcuni, c'era anche fin troppa vita. I locali più
frequentati
chiudevano sul tardi e, più si camminava sul lungo mare ben
illuminato, facendosi vicini alla spiaggia, più si sarebbero
scorte
persone uscire alle sei del mattino per far ritorno alle proprie
dimore, o alle proprie camere d'albergo.
I
neon lampeggianti delle insegne erano visibili anche a grande
distanza e contribuivano a delineare un profilo variopinto di una
città che sembrava non dormire mai: anche proseguendo per
una via
che si faceva più buia ad ogni passo, fino ad un grande
palazzone in
mattoni alto almeno venti piani, non si era in grado di lasciarsi
alle spalle tutte quelle luci; ed illuminavano la finestra del sesto
piano, l'unica spalancata alla fredda aria invernale, sulla quale Icy
stava seduta.
Le
piaceva godersi quell'attimo in cui, durante la notte, la temperatura
scendeva sotto lo zero, e, nel mentre, osservare i palazzi
più
lontani, alcuni illuminati ed alcuni privi di luce; seppure non
apprezzasse la capitale per i troppi turisti e la troppa gente
disgustosamente esuberante a tutte le ore del giorno, non avrebbe
detto di odiarla.
L'alcool
che servivano non era affatto male, ed era comoda, in quanto poteva
trovare tutto ciò di cui aveva bisogno; inoltre, quando
iniziava la
sera, la città aveva anche il suo fascino.
Ma
quella non doveva essere la sera giusta per gustarselo con una
sigaretta tra le labbra: il suo cellulare squillò,
lasciandola
interdetta per qualche secondo.
Una
chiamata alle due di notte?
Sicuramente
guai.
Tornò
in casa abbastanza velocemente, chinandosi a leggere il nome del
mittente sullo schermo. Oh, dovevano essere guai grossi.
“Ascolta,
immagino quanto tu abbia dovuto sotterrare l'orgoglio per chiamarmi.
Facciamola breve e dimmi di cosa hai bisogno.” rispose
immediatamente, senza aspettare un fiato dall'altro capo della linea:
era rimasta calma e controllata, ma doveva ammettere almeno a
sé
stessa di esser stata colta di sorpresa da una chiamata simile.
Da
quanto tempo aveva perso i contatti? Un anno?
Sì,
doveva essere passato così tanto dal loro ultimo litigio:
Darcy si
era resa impossibile da rintracciare ed Icy aveva lasciato andare un
po' il controllo, fidandosi delle capacità di sopravvivenza
dell'altra. Migliori delle sue, ma era chiaro che non l'avrebbe mai
ammesso.
“Non
credo tu mi stia chiamando per invitarmi al tuo matrimonio. Quindi
devi aver bisogno del mio aiuto.”
Sfilò
con le labbra una sigaretta dal pacchetto, afferrando a tentoni
l'accendino. Inspirò profondamente il fumo, chiudendo gli
occhi per
un attimo e cercando di buttar fuori dal suo corpo il leggero senso
di preoccupazione che si stava accumulando. Cosa diavolo era successo
che Darcy non era in grado di gestire?
Non
c'era nulla che non fosse stata capace di risolvere da quando ne
aveva memoria: sperava non fosse qualcosa di troppo grande per
entrambe; eppure mantenne un tono piatto e non lasciò
trasparire
nessuno dei suoi pensieri.
“Ma
certamente. Sei mia sorella dopotutto.” e continuò
ad ascoltarla,
fumando sempre più velocemente.
Non
doveva essere che colpa di quella stupida.
Un
giorno si sarebbe decisa a crescere e a smettere di combinare
disastri sempre più grandi.
Si
avvicinò alla finestra per appoggiare i gomiti al davanzale
e
distrarsi un attimo, spegnendo la prima sigaretta di una serie, visto
dove stessero andando a parare i fatti.
“Visto
che lo ritieni grave avresti dovuto chiamarmi prima, sorella.”
Il
sospiro scocciato dall'altro capo le fece nascere un leggero
sorrisetto: evidentemente la sorella non si faceva riprendere da un
po' ed aveva perso l'abitudine.
“Di
qualsiasi somma si tratti, non sarà troppo. Me ne occupo io,
passa a
prenderli domani all'ora che ti va: tanto hai ancora le chiavi ed io
abito nello stesso posto di prima. Io non ci sarò, ho da
fare e
molto probabilmente non entrerò in casa fino a sera
inoltrata.
Vedi
di tenerla d'occhio: se continua così finirà per
farsi ammazzare un
giorno, dovrebbe essersene resa conto ora. E fatti sentire.”
Sentì
Darcy esitare: forse l'avrebbe ringraziata. Peccato che non l'avrebbe
mai saputo, in quanto aveva già attaccato.
Spense
la seconda sigaretta e subito ne prese un'altra. In fondo si stava
preoccupando per niente, non era successo qualcosa di tanto grave da
rimandare ciò che aveva pianificato per il giorno seguente:
le
bastava infilare i soldi in una busta e lasciarli sul tavolo.
E
Darcy non avrebbe notato niente di troppo strano, neanche setacciando
il suo appartamento. Aveva comunque intenzione di lasciare tutto alle
sue sorelle: fosse andata in modo impossibilmente splendido avrebbe
potuto richiederne una parte indietro per rientrare nelle finanze.
Prenderne
degli altri non era mai stato un grande problema: quindi, in ogni
caso, avrebbe avuto le spalle coperte; o dall'appartamento in cui
viveva, o dal fondo di una bara.
Non
aveva aspettato l'alba per uscire: aveva percorso le vie della
città
che sapeva essere meno affollate e si era vestita in modo molto
più
discreto del solito per non dare dell'occhio.
Avrebbe
voluto tanto cambiare il proprio aspetto con la magia, ma non era
nella condizione di sprecare incantesimi inutilmente: altrimenti non
sarebbe riuscita a portare a termine il suo obiettivo.
Di
certo sarebbe stato più semplice che girare con dei cargo ed
una
giacca di pelle allacciata – non aveva un gran feeling con le
giacche che arrivavano sotto la vita, non erano né corte
né lunghe
ed Icy odiava le vie di mezzo – ma non avendo alternative
ingoiò
il senso di fastidio ed affondò le mani nelle tasche,
nell'avviarsi
a grandi passi verso i boschi che in lontananza circondavano Magix.
Nonostante
il suo scarso senso dell'orientamento, sapeva benissimo come si
sarebbe dovuta muovere una volta uscita dalla città.
Ripercorrere
con la mente il tragitto che aveva fatto almeno dieci anni prima,
tirandosi dietro a forza le sorelle, era forse la cosa più
facile –
ma dolorosa – che fosse in grado di fare: non avrebbe mai
dimenticato quei momenti, né ciò che li aveva
preceduti.
Soprattutto
ciò che li aveva preceduti.
Il
sangue che sgorgava copioso dal collo della sua vittima, macchiandole
la piccola bocca da bambina, era ancora ben presente davanti ai suoi
occhi nonostante appartenesse ad un passato lontano; il sapore
ferroso quando la lingua aveva assaggiato il liquido scarlatto; la
sua camicia da notte bianca dal colletto in pizzo, irrigidito dal
rossore che si era fatto solido e, aggrappandosi al tessuto,
resisteva alle mani che lo sfregavano con forza nel disperato
tentativo di cancellarne le tracce.
Ed
il profondo terrore, nel momento in cui aveva estratto il coltello
dalle carni della madre un ultima volta; la paura che si era lasciata
alle spalle, che non aveva mai affrontato.
Ora
non le era rimasta altra scelta che farlo.
Afferrò
il pacchetto di sigarette e ne estrasse una stringendo il filtro con
le labbra, accendendosela velocemente: si stava facendo nervosa e nel
nome della sua amata mania del controllo, doveva tornare gelida ed
apatica nel minor tempo possibile.
Inspirò
profondamente, ripetendosi il da farsi per distrarre la sua testa da
litri di sangue versato anni prima e da un paio di brutti
presentimenti.
Forse
avrebbe dovuto comprarne un altro in caso si mettesse a fumare
più
in fretta del solito; non era facile ciò che stava per fare
e per
quanto si ritenesse pronta a rischiare tutto ciò che le era
rimasto,
non si poteva definire esattamente calma.
Carica
di adrenalina, nervosa e forse un po', ma molto poco, spaventata
–
sì, doveva ammetterlo almeno a sé stessa. Decise
che anche se un
altro pacchetto non sarebbe servito avrebbe preferito farsi
seppellire con del tabacco piuttosto che con dei soldi.
In
ogni caso comprandolo ai pannelli elettronici non avrebbe attirato
l'attenzione su di lei più del dovuto: ed in due minuti
avrebbe
risolto la questione.
Ficcandosi
il pacchetto nuovo in tasca, uscì dalla città.
L'atmosfera era già
completamente diversa a due passi fuori da Magix: più
l'inquinamento
luminoso si allontanava, più le stelle si facevano visibili
illuminando fievolmente il suo cammino.
La
traccia del sentiero era appena visibile tra il giallastro dell'erba
e la brina che ne copriva le estremità; si snodava su
un'altura
dominata da un fitto bosco di aghifoglie, verso le montagne
all'estremo nord del pianeta. Per quanto minaccioso potesse sembrare,
e per quanto pericoloso potesse essere il suo intento, la strega si
sentiva più sicura in un luogo isolato come quello.
E
sotto l'intera volta celeste, a testa bassa, Icy imboccò la
foresta:
restò concentrata sul suo percorso cercando di fare il meno
rumore
possibile. Aveva un estremo bisogno di fare mente locale, quando era
partita si era sentita più distratta del solito, quasi da
non
riconoscersi.
Ed
era stata abbastanza distratta da non notare che qualcuno, senza
neanche troppo impegno, la stava seguendo da quando aveva lasciato la
città; o, forse, da ancor prima.
Non
le servì guardarsi alle spalle.
Una
volta riacquistata completa lucidità non era stato difficile
capire
chi fosse: quella massa di capelli rossi non si nascondevano
granché
bene e, come se non bastasse, quel potere avrebbe saputo riconoscerlo
ovunque.
Roteò
gli occhi, in quanto Bloom sarebbe potuta essere una bella seccatura;
di certo se le fosse stata d'intralcio non avrebbe esitato ad
attaccarla.
Tuttavia,
per ora si stava comportando bene, e nel seguirla le stava
risparmiando il tempo e la fatica di andarla a cercare.
Per
come si stava mettendo la serata, non sarebbe potuta andar meglio di
così.
Le
bastava sperare che fosse abbastanza testarda da seguirla fino alla
sua destinazione.
Bloom
non aveva mai brillato per intelligenza, Icy lo sapeva bene: molte
delle volte in cui aveva quasi assaporato la vittoria erano state
merito della sua superiorità di ragionamento. Ma il difetto
dell'una
compensava l'arroganza e le manie di grandezza dell'altra, che era
solita festeggiare troppo presto ed abbassare la guardia.
Con
il senno di poi, quindi, avrebbe potuto anche scommetterci.
Ad
accoglierla alla sua destinazione fu un penetrante odore di muschio,
che preannunciò il modesto cottage di legno in una radura di
un paio
di ettari.
La
strega si fermò a distanza, accendendosi un'ultima
sigaretta: non
l'ultima della sua vita, così sperava. Se la
gustò ad occhi chiusi,
respirando lentamente e rilassando appena le spalle.
Concentrandosi
sulla fata che la stava pedinando, non si era preparata abbastanza;
aveva evitato l'argomento per talmente tanto tempo che l'impatto con
la realtà, ancora fresca nella sua memoria, fece salire un
brivido
gelido lungo la sua schiena.
Era
convinta che il corpo privo di vita fosse ancora lì,
sull'elegante
poltrona in velluto indaco su cui lei l'aveva lasciata; con la stessa
espressione divorata dai vermi e dal passare delle ore.
Deglutì
il fumo a forza, ricacciando nella mente le immagini dei frequenti
incubi che scuotevano il suo sonno.
Era
arrivato il momento di risolvere tutte le questioni rimaste in
sospeso prima di andarsene; o almeno prima di provarci.
Reclinò
la testa all'indietro, sbuffando una nuvola di fumo sopra alla
propria testa. La sigaretta, ridotta a mozzicone, pendeva dalle sue
dita affusolate, in procinto di cadere; ma all'ultimo tiro la
gettò
verso la casa, irrigidendo nuovamente il busto.
Non
le interessava sapere se fosse veramente pronta per ciò che
stava
per fare: doveva farlo e basta.
Era
successo per caso, o forse per colpa del destino, avrebbero detto in
molti.
Bloom
era al locale, in cui andava abitualmente, con le amiche a
festeggiare – cosa per l'esattezza non lo sapeva –
per l'ennesima
sera, e quella volta doveva ammettere di essersi fatta trascinare:
non era nei suoi piani uscire, il suo umore non era stato dei
migliori nell'arco della giornata, e non aveva nessuna intenzione di
risollevarsi.
Quindi
era rimasta seduta al tavolo, sorseggiando il suo drink e rifiutando
di continuo gli inviti di un'Aisha abbastanza brilla ad unirsi a lei
in un ballo o nell'altro; e così facendo, alzando lo sguardo
sulla
vetrata di tanto in tanto, l'aveva vista.
Era
almeno un anno che non aveva sue notizie, ma non poteva essersi
sbagliata.
Quei
capelli bianchi e quei lineamenti non potevano appartenere a nessun
altro.
Discretamente
si era fatta strada fino all'uscita, facendo capolino dalla porta per
assicurarsi che la sua mente annoiata non le stesse giocando dei
brutti scherzi: Icy camminava a passo spedito, ma era davvero
lì. E
Bloom aveva appena avuto la pessima idea di seguirla.
Si
era chiesta per poco come mai non si fosse trasformata, cosa l'avesse
spinta ad uscire da uno dei suoi nascondigli per camminare allo
scoperto lungo le vie di Magix; e farsi quelle domande evidentemente
non le bastava.
L'aveva
spiata nel modo più silenzioso possibile fino che non s'era
fermata
in una piccola radura, poco lontana da una casa che doveva essere
abbandonata da tempo: non aveva mai smesso di fumare e l'aveva vista
accendersi l'ennesima sigaretta. La osservò gettare il
mozzicone
verso l'abitazione, ne seguì la traiettoria con lo sguardo.
Quando
Bloom lo riportò sulla figura di lei non poté
fare a meno di
percepire il potere magico crescere: socchiuse gli occhi per metterla
meglio a fuoco nell'oscurità, ma per i primi minuti non
riuscì a
scorgere molto. Icy le dava le spalle e, nel silenzio, la fata poteva
sentire solo un flebile sussurro che ricordava la formula per qualche
incantesimo di magia nera.
Si
sporse di poco per vedere meglio, sperando ardentemente di non venir
scoperta; ma quando vide il mozzicone illuminarsi di una fiamma
bluastra ed avvolgere velocemente tutto il cottage capì di
essere al
sicuro per il momento. L'albina era troppo concentrata in qualsiasi
cosa stesse facendo per potersi curare di lei
Il
fuoco si protese velocemente al cielo, rischiarando a giorno lo
spazio circostante: l'aria emanata dalle fiamme si era fatta
insolitamente fredda e carica di energia negativa, tanto da far
venire i brividi alla ragazza dai capelli rossi. Non capiva se fosse
colpa della natura della magia, o se il potere fosse stato
sprigionato dalla sagoma sinistra della dimora, ora avvolta dal
fuoco; ma era certa che qualcosa non quadrasse in tutto ciò
che
stava vedendo.
Si
chiese, senza staccare gli occhi dalla scena, come mai Icy fosse da
sola, a cosa servisse un incantesimo simile per il suo funesto piano
di conquista; forse, non distraendosi, avrebbe trovato le risposte
che cercava.
Vide
un'ombra unirsi pian piano a quella della strega, allungando le sue
scure dita sulle sue spalle; un'altra alla sua sinistra giunse le
mani alle sue; poi altre ancora, emergevano dall'erba a dozzine in
diverse forme: in poco tempo silhouettes di uomini, donne e bambini
erano comparsi intorno all'albina.
Danzavano
con le fiamme, vicine le une alle altre: sembrava quasi stessero
aiutando Icy a mantenere la concentrazione necessaria per far fluire
il massimo della magia dal suo corpo.
Non
sembrava nulla di buono, e la tentazione di prendere il cellulare e
mandare un messaggio a Stella era stata seriamente forte: ma non
poteva, non ancora. Si sarebbe fatta scoprire e non voleva sapere
cosa quelle figure sarebbero state in grado di farle.
L'incantesimo
continuava a divampare, governato dai pugni serrati della strega che
pareva resistere con fatica all'energia sprigionata da
quell'alloggio: se la fata non capiva cosa stesse succedendo, lei lo
comprendeva fin troppo bene.
La
forza della madre e degli spiriti che ella usava evocare, ai quali
aveva
offerto i corpi di lei e delle sorelle, erano rimasti ancorati al
luogo dal giorno del suo assassinio; e solo con il rito funebre
sarebbero stati purificati.
Lo
spirito di Eris avrebbe finalmente trovato la pace che un tempo
meritava.
Mantenendo
le iridi fisse sul fuoco, Icy si sforzò di non perdere la
concentrazione: un passo falso e gli spiriti sarebbero potuti tornare
a prendersi ciò che sua madre aveva loro promesso.
Le
lingue di fuoco si alzarono ulteriormente, superando in altezza le
conifere della foresta. Il potere magico che l'albina stava
infondendo nel rito era aumentato e la dimora si consumava
velocemente sotto a tale magia.
Ogni
cosa pareva andare come aveva pianificato: ma l'incognita che non
aveva considerato si era intromessa nella sua strategia facendo
capolino dalle fiamme.
Bloom
fu la prima a scorgerla, schermandosi gli occhi dalla forte luce.
In
un attimo le ombre attorno alla strega si erano di molto affievolite,
quasi scomparendo tra i fili d'erba della radura: solo una rimaneva
ben visibile, e si dibatteva nel rogo per liberarsi.
Il
volto si era fatto nero e sottile, degli occhi era rimasta solo la
sclera, strabuzzata dal di fuori delle orbite oculari: eppure lo
spirito aveva ancora abbastanza potere da tentare d'afferrare con le
sue braccia ossute il corpo di Icy per trascinarlo con sé
nell'aldilà. Spalancò la bocca in un urlo
silenzioso
nell'avvicinarsi bruscamente al suo viso, riducendo lo sguardo a due
mere fessure: le lunghe dita appuntite si strinsero con violenza
intorno ai suoi capelli, spezzando di netto la stoffa che li teneva
legati in una coda alta.
Il
gesto fu repentino, lasciando ad Icy solo il tempo per una mossa
affrettata: con gli occhi fissi su quell'anima ancora inquieta,
affondò le unghie nei palmi delle mani e
massimizzò la propria
concentrazione.
L'aveva
fatto mantenendo il suo sguardo carico di odio, mentre quella reggeva
la ciocca che era riuscita a strapparle dalla cute e cercava di
resistere alle fiamme per poter stringere le mani intorno alla sua
gola: non si sarebbe aspettata un attacco dalla persona per la quale
stava praticando un rito funebre; ma sapeva gestire una situazione
simile, seppure non in modo ottimale.
L'albina
inspirò velocemente, incrementando di colpo il potere magico
senza
dar troppo preso al controllo.
Il
fuoco sacro esplose in un forte boato, sbalzando sia la strega che
Bloom indietro di un paio di metri: ciò che rimaneva di Eris
era
stato riassorbito dalle fiamme, ormai purificato.
Il
suo bianco sorriso, mentre ella ascendeva, si rivolse a colei che
dopo più di vent'anni era riuscita finalmente a liberarla:
avrebbe
voluto parlarle un'ultima volta prima di andarsene, riservarle
qualche avvertimento sulla verità che solo lei conosceva. Ma
non
c'era stato abbastanza tempo, e la donna si lasciò andare
riempiendosi gli occhi con i ricordi delle figlie e la mano del
marito che l'attendeva per riprenderla con sé.
Per
qualche attimo regnò il silenzio; un po' dolorante, Icy si
tirò su
seduta, con gli occhi rivolti alle fiamme, che avevano perso
considerevolmente potenza. Non poteva perdere attimi preziosi nel
metabolizzare ciò che aveva appena visto, l'avrebbe fatto
nel caso
fosse sopravvissuta.
Allora
avrebbe avuto tutte le ore del mondo per farlo.
Subito
distese le mani dinanzi a sé, riducendo lentamente il fuoco
ad
alcune braci: sotto di esso, non era rimasto più nulla da
bruciare.
Espirò profondamente una volta concluso l'incantesimo,
rilassando la
postura che aveva mantenuto fino ad allora e prima che venisse
scaraventata nella boscaglia. Un senso di vuoto e debolezza la
colpì
alla schiena come una pugnalata, facendola piegare in avanti: il
dolore provocato dalla caduta, inoltre, non stava decisamente
aiutando. Si portò una mano alla parte dolente, scoprendo il
tessuto
strappato e dei graffi che l'impatto con il suolo le avevano causato.
Non era niente di cui preoccuparsi, avrebbe potuto proseguire con il
suo piano senza perdere tempo a curarsi; un paio di profondi respiri
ed era di nuovo in piedi, a percorrere con fare un po' incerto la
distanza che la separava da Bloom.
Alla
fine aveva scelto di non attaccarla: meglio così, doveva
sprecare
meno magia per appropriarsi di ciò che necessitava.
La
osservò per qualche secondo: era incosciente, con ogni
probabilità
aveva battuto la testa dato il sangue che macchiava i capelli sulla
corona: ma a quanto pareva era viva, il suo petto si alzava ed
abbassava regolarmente.
Icy
si chinò su di lei, appoggiandole i polpastrelli sulla
carotide per
percepire il battito: ed una volta avuta la conferma che cercava,
serrò gli occhi e cominciò a percepire la Fiamma
del Drago che si
impossessava del suo corpo.
L'immagine
sfocata della strega albina riempì la visuale di Bloom: era
in piedi
davanti a lei ed emanava un potere spaventosamente forte. La guardava
impassibile, le labbra chiuse sul filtro di una sigaretta ed i
capelli che le ricadevano sui vestiti, lacerati e sporchi di terra;
quando si accorse che la sua nemica fosse sveglia non le rivolse il
solito sorrisetto trionfante che usava per tormentarla nella sua
sconfitta, né accennò a cambiare espressione.
La
vide darle la schiena dopo qualche secondo, dei graffi rossi e
macchiati dal muschio e dal suolo la attraversavano dov'era scoperta:
la fulva concluse che doveva esser stata anche lei vittima della
forza esplosiva del suo stesso incantesimo.
Con
una mano, e quasi senza sforzo, aprì un portale dimensionale:
solo
allora la fata decise di farsi sentire.
“Cosa
ci facevi qui? Cos'erano tutte quelle ombre? E quella che ha cercato
di ucciderti?” non riuscì a contenersi, nonostante
la sua voce si
fosse ridotta ad un sussurro.
Icy
si arrestò per un attimo, non degnandola di uno sguardo. La
mano che
reggeva la sigaretta tremava in modo incontrollabile a causa
dell'apporto di potere usato.
“Non
ti deve interessare, fatina. Non avresti nemmeno dovuto vedere tutto
questo: e ritieniti fortunata che io non possa sprecare la mia magia
per metter fine alla tua inutile vita.” sibilò in
risposta.
Ancora
a terra, la fata si sforzò di restare sveglia. Forse sarebbe
riuscita a trattenerla abbastanza da far arrivare le sue compagne: in
superiorità numerica sarebbero riuscite a fermarla.
“Cosa
stai cercando di fare questa volta?” cercò di
alzare la voce per
sembrare più aggressiva, ma la sua posizione indifesa la
tradiva. La
strega le rivolse un veloce sguardo, piegando leggermente
all'insù
l'angolo della bocca all'altra visibile: al sorrisetto che vide,
tuttavia, mancava la solita malizia.
“Lo
saprai molto presto. Addio, Bloom.”
“Addio?!
Aspetta! – Bloom si girò sul fianco, cercando di
alzarsi
velocemente per fermare l'albina, che stava già varcando il
portale
lasciandola senza nessuna spiegazione utile – Icy!”
La
sua mano si chiuse sull'aria, ancora pregna del fumo che aleggiava
sopra alle braci: era troppo tardi, avrebbe dovuto tenerla d'occhio
invece di permetterle di sparire e riorganizzarsi.
Ansimando
leggermente dallo sforzo, si mise pian piano a sedere, con gli occhi
rivolti verso il luogo in cui prima c'era il cottage in legno:
percepiva l'aria farsi più fredda ad ogni respiro ed il
dolore che
prima sentiva come lieve al petto farsi più presente.
Aveva
talmente tante domande che le frullavano per la testa.
Cos'era
successo nei pochi attimi in cui era incosciente? Avrebbe voluto
saperlo nell'immediato, come avrebbe voluto avere l'illuminazione per
collegare tutte le cose strane che aveva visto fare alla sua acerrima
nemica.
La
ferita alla testa continuava a pulsare, tornando insopportabile: e,
senza neanche troppa delicatezza, si lasciò cadere sull'erba
con un
gemito di dolore. Stare sdraiata sulla schiena le dava almeno un
minimo sollievo, ma nonostante la corona fosse la parte del suo corpo
che presentava una ferita evidente, non riusciva ad ignorare il
freddo ed il senso di indolenzimento che provava nella sua cassa
toracica.
Le
ci volle un po' per realizzare, ma quando diede corpo al sospetto che
aveva non poté far altro che trasalire.
Il
suo potere.
Sentiva
la Fiamma del Drago estremamente debole, nel suo immaginario ora
somigliava a ciò che rimaneva del rogo a cui aveva
assistito: stava
percependo le stesse sensazioni che l'avevano tormentata quando era
appena entrata ad Alfea, quando la sua forza magica le era stata
sottratta per la prima volta.
Ecco
come, si disse.
Doveva
essere stata Icy: si era riappropriata del potere dal quale era
ossessionata ed ora aveva intenzione di riprendere il controllo
dell'armata oscura, o di fare chissà che altro.
Sopportando
il dolore, Bloom inarcò la schiena per poter prendere il
cellulare
dalla tasca posteriore dei suoi jeans.
Pregò
che l'oggetto non avesse riportato gravi danni a causa della sua
caduta.
Le
Winx dovevano sapere tutto il prima possibile.
Al
di là del portale l'aspettava il proprio destino.
Aveva
atteso così a lungo tale momento, che ora che vi era
così vicina
non riusciva a provare niente: il senso di appagamento e l'adrenalina
se n'erano andate non appena aveva messo piede sul suolo ghiacciato
di Whisperia.
Aveva
smesso di visitarla da troppo tempo, conscia che, seppure lo negasse,
vedere il luogo nelle condizioni in cui versava aveva cominciato a
fare male; ma ora aveva risolto i conti in sospeso che si era
lasciata dietro, e possedeva il potere di cui necessitava.
Niente
e nessuno sarebbe stato in grado di fermarla in tempo.
Icy
mosse i piedi nella neve, chinando appena la testa per passare sotto
la pineta che la separava dal preciso luogo che doveva raggiungere:
gli alberi, appesantiti dal manto bianco, rendevano irriconoscibile
il sentiero da percorrere. Non sarebbe stato un problema per lei.
Sapeva
esattamente che direzione prendere e si orientava quasi in
automatico, lasciando la mente libera alla concentrazione, che
sarebbe stata per lei vitale nei momenti successivi.
Si
era rivista percorrere quella via talmente tante volte che non
avrebbe potuto sbagliare: dopotutto si trattava dell'obiettivo che
inseguiva da una vita ed aveva studiato il piano che l'avrebbe
portata alla vittoria nei minimi dettagli.
Aveva
anche avuto tutto il tempo per farlo.
Il
vento gelido ululava nella foresta di tanto in tanto, facendo
rovinare a terra cumuli di neve e liberando i rami schiacciati da
essi. La strega ricordava appena il suo ultimo inverno lì:
la sua
mano coperta da un guanto a manopola stringeva le dita del padre; il
suo lungo cappotto di pelliccia tinto di un raffinato blu notte era
così morbido, poteva sentirne il profumo e le sensazioni che
le dava
al tatto anche a distanza di parecchi anni.
Anche
allora il vento ululava e le masse di neve cadevano dagli alberi: lei
stessa aveva detto alle sorelle di stare attente.
Non
aveva molto altro a cui pensare, se non alla sicurezza di chi amava.
Le amava? Poteva sapere cosa significasse tale termine?
Non
si era mai fermata a riflettere su qualcosa di così futile:
il suo
obiettivo aveva assorbito tutte le sue attenzioni e la sua esistenza,
la sua intera esistenza, era stata plasmata sul successo di tale
piano. Sarebbe stata infallibile, ed avrebbe abbandonato il suo scopo
solo da morta: forse il lieto fine che in certi momenti avrebbe
voluto.
Ma
ora mancava poco, e gli omicidi che aveva compiuto fino ad allora per
mettere da parte i soldi necessari all'iscrizione a Torrenuvola, gli
anni passati a farsi insegnare ciò che già
sapeva, i giorni ad
inseguire quella stupida fatina con la sola fortuna di avere una
scorta che la proteggeva in modo decente dalle sue grinfie, avevano
cominciato a prendere la direzione che lei voleva.
E
niente era stato inutile, con il senno di poi.
Come
se il destino fosse stato già scritto, le vittorie e le
sconfitte
l'avevano portata esattamente dove avrebbe voluto essere;
nell'osservare i resti carbonizzati della capitale spuntare dalla
neve, si concesse un sorrisetto compiaciuto.
Avrebbe
voluto vedere l'espressione sul volto di quelle insulse fatine quando
avrebbero capito di non poterla fermare. Tuttavia, al momento non aveva altro tempo da
perdere.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
Questa
storia sarà la prima di una serie di quattro storie,
riguardanti una
storia di Whisperia (supposto luogo di nascita delle Trix, derivante
dal fatto che nella prima versione i Vacuum si chiamassero cristalli
di Whisperia.) abbastanza accennata nelle prime tre storie ed
approfondita nell'ultima.
Le
storie saranno incentrate sulle streghe, riguarderanno il punto di
vista di ognuna di loro fino ad unirsi nella vicenda finale. Spero
non sia un esperimento macchinoso ed abbastanza noioso, spero anche
che possa piacervi.
Non
so dirvi quando arriveranno le altre, dipende quanto
l'università
sarà clemente con me: posso dire che le sto già
preparando, quindi
spero di pubblicarle in un tempo utile.
Tutto
il ciclo è dedicato ad Applepagly, una mia carissima amica
che non
mi fa mai mancare il suo splendido supporto. Grazie mille di tutto,
di avermi detto di esser passata dalle mie parti e di avermi
sopportata per tutto il giorno in un rapido giro turistico della mia
cittadina piena, ed un aperitivo fatto un po' di fretta.
E'
da un sacco che volevo dedicarti questo ciclo, ma sai come sono io
con i tempi… Se non modifico le cose almeno dieci volte non
sono
contenta.
Concludendo
con il fatto che non so più scrivere le note, vi ringrazio
per
essere arrivati fino a qui.
Have
a nice day!
Mary
Ps:
un ringraziamento speciale alla mia adorata Chiara, che ha avuto la
pazienza di correggere gli errori che mi erano sfuggiti nelle mie
numerose letture.