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Autore: Sebbyno    13/11/2019    0 recensioni
“Sto per morire?”
‘Perché la vita è là fuori che canta, e noi la ignoriamo.
Perché sai che è una bugia, una bellissima menzogna.
Singhiozzo di nuovo, o sto davvero ridendo? Proprio non lo so, ma vorrei che la smetteste di guardarmi come fossi io il malato, o il pazzo, o che so io. Ho forse la coda?’
“Crowley.”
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Dio, Morte
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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{Si consiglia la lettura ascoltando ‘How could I have known’ di Keaton Henson}

 

Il sole penetrava dalle stringhe della persiana come il tenero saluto di Dio che carezzava i nostri volti assorti nel silenzio: “Eccoli, i miei figli. Così vi benedico, andate in pace”.

C’era un sottile odore di pioggia della notte rimasta impressa sulla pietra dei marciapiedi, un ricordo del passato, poiché il mattino era sereno, e gli uccellini cantavano inaugurando una prematura primavera.

Da un lontano lettore musicale provenivano le note di una canzone che non riuscivo a decifrare.

“Questo è il cuore.”

C’erano dei violini, un pianoforte, una voce. Mi era familiare.

“E questo punto qui, è la...”

Ma cosa diceva? Da una parte, quella figura dal camice bianco parlava davanti a noi e io non riuscivo a sentirla, come fosse stata lontana, ingarbugliata, difettosa. E dall’altra, probabilmente anni luce da noi, suonava quella melodia.

“Che cosa intende dire?”

Aziraphale lo ascoltava, almeno, ansioso di sapere: è sempre stato ingordo di conoscenza.

‘Perché vuoi sapere, Angelo? Perché non preferisci sentire con me questa nenia lontana?’

Dr. Ritt.

È così che si chiamava questo messaggero, neppure ci avevo fatto caso.

La cosa mi fece ridere senza motivo alcuno, passai una mano sul volto e sentii le occhiaie solcarlo. Da quante ore ero in piedi? Quanto tempo era passato dall’incidente? Dieci? Dodici? Ventiquattro?

Risi ancora, dentro di me, ma fuori dovette uscire qualcosa di simile ad un singhiozzo deforme, poiché la mano di Aziraphale strinse la mia con affetto.

‘Aziraphale. Stai ancora ascoltando?’

“Ce lo dica e basta.”

‘Non senti che fuori c’è un bel rumore? Usciamo a sentirla, balliamo sotto le stelle se sarà notte una volta raggiunta, o sotto la luce se mattino.

Voglio vederti ballare, voglio sentirti vicino, presente.’

“Sto per morire?”

‘Perché la vita è là fuori che canta, e noi la ignoriamo.

Perché sai che è una bugia, una bellissima menzogna.

Singhiozzo di nuovo, o sto davvero ridendo? Proprio non lo so, ma vorrei che la smetteste di guardarmi come fossi io il malato, o il pazzo, o che so io. Ho forse la coda?’

“Crowley.”

‘Crowley. Ah, si. È questo il mio nome.

Ma non mi corrisponde, non lo sento, non so neanche se adesso esisto: non è buffo?’

“È tutto okay?”

‘Come fai a non sentirla, a non percepire questa canzone che suona soltanto per noi.’

“Sì.”

Gli strinsi la mano, passando il pollice sulle sue nocche, percependo ogni loro avvallamento. Ogni centimetro di quella mano, di quel corpo, era stato mio, e ora la stringevo ancora. Quante volte per la strada ho stretto delicatamente la sua, quante altre avvinghiata durante il più violento degli orgasmi, quante ancora avrei voluto carezzarla, baciarla, innocentemente stringerla.

“Allora può dircelo, dottore. Siamo pronti.”

Era un giorno di marzo, uno qualunque.

Le primule erano fiorite da tempo ormai, la brezza mattutina andava calando, presto le giornate sarebbero divenute lunghe, infinite.

La primavera è sempre stata squisitamente dolce, profumata, variopinta. Aziraphale amava la stagione delle rinascite, “Posso indossare il bianco”, diceva entusiasta ogni primavera.

“Non sopravvivrà più di un anno se non si sottoporrà ad un intervento di trapianto”

Svolazzava da un capo all’altro della sua libreria con fare disinvolto e farfallesco: a volte non sembrava neppure possederlo quel corpo. Ogni volta era uno spettacolo.

“É primavera”, pensavo, osservando quelle mani muoversi liberamente e con cura da una rilegatura all’altra.

“Mi dispiace, ma è l’unica possibilità.”

Anche allora continuai a vedere quell’immagine dell’angelo che camminava leggiadro per la stanza, e mi parve stesse danzando, proprio lì, davanti a noi.

“L’operazione potrebbe... essere rischiosa?”

“Potrebbe, sì.”

“Ma è l’unica possibilità.”

Il sole illuminava il viso pallido di Aziraphale, le lacrime ferme nei suoi occhi celesti sembravano cristalli, e io chiesi a Dio di maledirmi e pregai il Diavolo di portarmi nelle viscere del suo grembo, perché trovai fosse bello anche allora, in tutta la sua mortale debolezza.

“È sempre primavera per me, Angelo.”

“Davvero?”

Raggiante. Il sorriso di Aziraphale si accese nella camera del dr. Ritt, nei miei più fervidi ricordi.

“Tu, sei la primavera.”

Era un mattino qualunque, un giorno nella vita di sempre; in città il pane era già caldo, le primule spuntavano, timidamente, sotto il sole di marzo, e le giornate di lì in poi, sarebbero state calde, lunghe, luminose. I bambini presto avrebbero giocato per le strade, e i parchi si sarebbero riempiti di fiori, persone, colori.

Era strano pensare che quella sarebbe stata l’ultima delle primavere a noi concesse, che l’inverno sarebbe stato perenne nelle nostre vite, e che quell’abito bianco non l’avrebbe mai indossato.

Come avrei potuto saperlo.

“Tenteremo.”

Come poteva saperlo.

“Ce la faremo.”

Come potevamo sapere.

“Crowley.”

“Sono qua.”

In sottofondo, da una vettura sulla strada, una canzone suonava qualcosa di lontanamente familiare, com’è che faceva?

I read the news today, oh boy

About a lucky man who made the grade

And though the news was rather sad

Well I just had to laugh.

 

Forse mi sbaglio, ma a volte penso che suonasse per me.

 

Woke up, fell out of bed

Dragged a comb across my head

Found my way downstairs and drank a cup

And looking up I noticed I was late

Found my coat and grabbed my hat

Made the bus in seconds flat

Found my way upstairs and had a smoke

And somebody spoke and I went into a dream.

 

“Crowley”

 

 

 

 

 

 

~ Piccola nota: la storia è ispirata a una bellissima fic che lessi tempo fa qui su EFP “I carry your heart in mine”, ancora ad oggi una delle migliori che abbia mai letto ~

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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