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Autore: sissi149    14/11/2019    6 recensioni
Dopo la fine del World Youth Tsubasa ha chiesto a Sanae di sposarlo e la ragazza ha accettato.
I festeggiamenti sono nel culmine, ma andrà davvero tutto liscio?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Nakazawa, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Jason Brown  si considerava una persona ordinaria e molto precisa, la cui vita scorreva esattamente come programmava, senza mai un intoppo. Aveva terminato le scuole superiori con un discreto punteggio ed era riuscito ad entrare alla Columbia University, dove studiava per diventare  giornalista. Seguiva con piacere i corsi e consegnava i suoi elaborati ad ogni scadenza, ricevendo voti positivi. Avrebbe conseguito il titolo nei termini stabiliti.
L’unica cosa fuori dall’ordinario che lo caratterizzava era la passione per ogni tipo di fumetto ed anche questa era abbastanza moderata: conosceva un buon numero di prodotti sia famosi che di nicchia, americani ed esteri, ma non ne faceva un culto tale da essere considerato un nerd. Ultimamente aveva affrontato la lettura di vari manga di tipo sportivo ed aveva scoperto Captain Tsubasa.
Era entrato nel negozio alla ricerca degli ultimi numeri del World Youth. Nonostante il suo autore avesse annunciato dei seguiti, la serie era ferma da molti anni al termine della finale tra Giappone e Brasile ed alla proposta di matrimonio di Tsubasa a Sanae.
I fumetti erano collocati al piano superiore della libreria, a cui si accedeva tramite una scala a chiocciola. Era un ambiente più piccolo e meno affollato rispetto alla zona dei best-sellers, non erano in molti a cercare quel genere di articoli. Si diresse con passo sicuro alla sezione dei manga e cominciò a scorrere i vari titoli. Dopo un po’ la sua attenzione venne catturata da un volume che non avrebbe dovuto essere lì: si trattava di un libro piuttosto voluminoso con la copertina in pelle rilegata e con preziose decorazioni incise. Aveva l’aria di essere qualcosa di prezioso ed antico. Lo afferrò con l’intenzione di spostarlo, poiché poche cose lo irritavano più del trovare mescolati oggetti che non avevano nulla a che fare gli uni con gli altri. Girandolo con la prima pagina di copertina verso l’alto, si lasciò sfuggire un gemito sorpreso: il titolo “Captain Tsubasa, la storia completa” campeggiava a caratteri eleganti. Preso dalla curiosità iniziò a sfogliarlo e notò come molte delle tavole originali, soprattutto quelle più spettacolari, fossero riportate fedelmente, a partire dal primissimo capitolo della saga, mentre altre parti erano raccontate in prosa, rendendo così possibile avere la vicenda integrale in un unico libro. Si domandò se la pubblicazione fosse stata autorizzata dal maestro Takahashi, gli sembrava così lontana dagli standard giapponesi.
Raggiunse le pagine finali, per scoprire se la storia narrata nel ciclo del World Youth avesse trovato una conclusione, ma rimase deluso, poiché l’ultima tavola era ancora una volta quella della proposta di matrimonio di Tsubasa. Non si conosceva nemmeno la risposta di Sanae, anche se per lui era piuttosto scontata.
Dopo l’immagine, seguiva una decina di pagine bianche, che gli lasciò ancora di più la sensazione di lavoro incompiuto. Nemmeno le utili appendici con le schede descrittive dei personaggi principali gli risollevarono il morale. Per quanto fosse un’edizione di lusso, la riteneva piuttosto inutile, poiché non aggiungeva nulla alla storia che già conosceva.
Decise di posarlo sullo scaffale e dedicarsi alla ricerca di qualcos’altro.
“Io non lo farei se fossi in te.”
Sobbalzò, colto alla sprovvista dalla voce limpida che proveniva dalle sue spalle, convinto di essere il solo interessato allo scaffale. Si voltò e vide una ragazza più o meno della sua età che gli sorrideva. Non era molto alta ed i suoi tratti erano vagamente orientali. I capelli lunghi erano raccolti in due trecce fissate con dei vistosi fiocchi. Tutto il suo abbigliamento poteva definirsi vistoso, a partire dalla minigonna di  jeans accompagnata da calze multicolore, alla giacca di pelle blu elettrico. La borsa a tracolla era decorata da parecchie frange.
“Sta parlando con me?”
La ragazza si strinse nelle spalle.
“Non vedo altre persone che stanno frugando tra i manga sportivi.”
Jason si risentì leggermente per la piccola stilettata, non amava il sarcasmo.
“Quel libro è più prezioso di quanto immagini.” Aveva proseguito nel frattempo la donna.
Per un attimo Jason pensò potesse trattarsi di una nuova commessa della libreria che stesse cercando di fargli acquistare un volume snobbato da tutti, ma scacciò presto quel pensiero, poiché conosceva piuttosto bene i proprietari e dubitava che avrebbero permesso a qualcuno dei dipendenti di lavorare vestito a quella maniera.
“Vuole comprarlo lei?”
“Assolutamente no. Tu dovresti comprarlo, è per te che è importante.”
Jason la guardò scettico, provando una strana sensazione di disagio. L’estranea dava l’impressione di conoscerlo, o meglio, di credere di conoscerlo e di sapere di cosa fosse alla ricerca. Non aveva conosciuto molte persone convinte di sapere cosa fosse meglio per gli altri, ma quelle poche con cui aveva dovuto interagire gli avevano fatto decidere di tenersi ben lontano da chiunque altro si comportasse alla stessa maniera.
“In realtà è solo un libro per pigri, per chi non ha voglia di cercare e comprare tutti i volumi originali. Che senso ha leggere parte della storia in forma discorsiva?”
Nell’esporre la sua idea si era leggermente scaldato, mentre la ragazza continuava a sorridergli, per nulla turbata dalla sua ritrosia.
“Concordo che non è quello a renderlo speciale. Tuttavia questo libro è qui ad aspettare di essere portato a casa da te. Come mai non l’hai ancora riposto?”
Solo allora Jason si rese conto di stringere ancora il tomo tra le mani. Velocemente lo abbandonò in malo modo sullo scaffale e si allontanò verso le scale.
“Non puoi lasciarlo qui!”
“Devo andare. Tra poco ho una lezione a cui non posso mancare.”
La ragazza lo rincorse e lo afferrò per un braccio, guardandolo con occhi imploranti.
“Per favore, loro hanno bisogno di te!”
“Loro chi?”
“I personaggi!”
Jason diede uno strattone ed iniziò a scendere i primi gradini.
“Ti prego! Loro sono vivi!”
L’ultima frase gli diede la certezza che la ragazza fosse pazza. Aveva iniziato a sospettarlo quando gli aveva detto che il libro lo stava aspettando.
Scosse la testa e scese più velocemente che poté, uscendo dal negozio con un cenno di saluto al proprietario, sperando di evitare scenate da parte della sconosciuta o, almeno, che non avvenissero in sua presenza.
 
 
 
Per tutto il tempo della lezione Jason non era riuscito a concentrarsi sulle parole del professore, continuando a pensare, suo malgrado, al volume trovato in negozio. Era obiettivamente un bell’oggetto e sulla sua libreria avrebbe fatto una buona figura, se non veniva aperto poteva passare per un libro antico, magari di qualche autore europeo, di quelli che facevano tanto impazzire Michelle, la fidanzata di uno dei suoi compagni di corso. Valeva sicuramente una seconda occhiata.
L’unico problema erano i discorsi sconclusionati della ragazza strana: come si poteva anche solo pensare che i personaggi di un opera di fantasia fossero vivi? Che un libro fosse apparso in una libreria solo per essere acquistato da lui?
Probabilmente quella tipa cercava solo un modo per approcciarsi a lui ed aveva scelto quello più sbagliato di tutti; altri si sarebbero lasciati affascinare da una storia del genere, lui nemmeno per sogno.
Decise di tornare in libreria per continuare la sua esplorazione interrotta.
Finita la lezione uscì dall’aula con una celerità che solitamente non gli apparteneva e prese il primo bus che l’avrebbe condotto in centro. Più si avvicinava alla sua meta, più si sentiva nervoso come se raggiungere il luogo fosse una questione di vita o di morte. Quasi non si riconosceva, non capiva come un incontro casuale potesse averlo sconvolto fino a quel punto.
Salì i gradini della scala a chiocciola a due a due e solo quando riprese il libro tra le mani poté tirare un profondo sospiro di sollievo.
“Sapevo  che saresti tornato!”
Si voltò di scatto, incredulo che la donna fosse ancora lì, come se lo avesse aspettato tutto il giorno.
“Ma si può sapere chi è lei?”
“Un’amica – rispose questa, alzandosi dallo sgabello su cui era seduta e raggiungendolo – Sono qui per assicurarmi che tu prenda il libro. È per questo che sei tornato?”
Jason avrebbe voluto ribattere che non era tornato per quello, era lì per cercare altri fumetti che prima non aveva potuto trovare, ma il volume che teneva stretto tra le braccia come un tesoro non lasciava spazio a molte possibilità di negare.
“Io non voglio questo stramaledetto libro!” Esalò tutto d’un fiato, portando una mano alla fronte.
“Tuttavia l’hai in mano. Lui vuole essere preso da te!”
Il ragazzo non sapeva più che pensare, non aveva mai creduto al destino, alla magia, al soprannaturale o come lo si volesse chiamare, ma riconosceva che il tomo esercitava su di lui l’attrazione di una calamita anche contro la sua stessa volontà, era una forza a cui non poteva resistere.
“Dovresti comprarlo.” Lo incoraggiò la donna.
Con un misto di controvoglia e desiderio, ormai non riusciva nemmeno lui a capirsi, si diresse al piano inferiore verso la cassa, dove quella sera era di turno il vecchio signor Bloom, il padre dell’attuale proprietario. Era un ometto piccolo, con il naso a punta e vaporosi ciuffi di capelli bianchi che spuntavano dai lati della testa, in contrasto con la sommità completamente calva. Quando riconobbe Jason gli sorrise caloroso.
“Oh, signor Brown, è parecchio che non la vedo da queste parti.”
Jason sorrise di rimando, poiché aveva un rapporto molto cordiale con l’uomo che in passato aveva saputo consigliargli letture parecchio interessanti.
“L’università mi ha assorbito più del previsto, ma oggi non ho potuto resistere dal venire a curiosare.”
“Ha fatto benissimo! Dia a me!”
Il vecchietto afferrò il libro ed allargò gli occhi.
“Sono sorpreso: non credevo che i volumi con questa rilegatura la interessassero.” Afferrò il lettore a raggi e lo puntò sul codice a barre nascosto all’interno dell’ultima pagina, per non rovinare la quarta di copertina. Sul computer non apparve nulla. Aggrottò le sopracciglia e fece un secondo tentativo, ma il risultato fu il medesimo di pochi istanti prima.
“Queste diavolerie moderne! Hanno sempre qualcosa che non va.”
“C’è qualche problema?” Domandò Jason con leggera preoccupazione.
Il signor Bloom si strinse nelle spalle.
“È solo il computer che si rifiuta di collaborare e io non capisco molto di come funzionano questi aggeggi. Sto diventando troppo vecchio!”
“Ma cosa dice?”
“Useremo i vecchi metodi. – l’uomo proseguì come se non avesse sentito la frase di Jason – Fortunatamente il prezzo è indicato. Sono 30 dollari.”
Jason pagò il dovuto, salutò il signor Bloom ed uscì in strada, facendo tintinnare la campanella posta all’ingresso della libreria.
“Questa è fatta. Ora suppongo che dovresti offrirmi qualcosa di caldo.” La donna aveva seguito silenziosamente Jason fuori dal negozio.
“Ma lei mi sta forse pedinando?” Domandò minaccioso, sperando di togliersela dai piedi una volte per tutte.
“Certamente! – rispose invece la donna, senza smettere di sorridere. Stava davvero iniziando ad odiare l’espressione che aveva sempre sul volto – Direi che possiamo anche darci del tu, non ti pare? Io sono Kitty e lì c’è un bar che fa al caso nostro, vieni.”
Rassegnato, a Jason non restò altro da fare che seguire la sconosciuta.
 
 
 
Nonostante tutto, Jason dovette ammettere che il locale non era così male, per lo meno era ordinato e pulito. I tavoli erano tutti rettangolari e potevano ospitare dalle quattro alle sei persone tramite le grandi panche con schienale rigido che li accompagnavano sui lati lunghi.
Si erano accomodati vicino alla vetrata, da dove potevano vedere la strada e, soprattutto, essere visti dall’esterno. A Jason dava una maggiore sensazione di sicurezza finché non avesse capito con che tipo di squilibrata avesse a che fare, se di quelle pericolose o di quelle che credevano ad un mucchio di cose assurde, ma che tutto sommato si rivelavano innocue. Kitty aveva voluto una tazza di latte caldo, mentre lui si era fatto portare del tè verde, cosa che aveva fatto sorridere la sua interlocutrice.
“Immagino avrai milioni di domande.” Esordì la donna.
Jason mescolò un paio di volte col cucchiaino prima di parlare.
“Perché sei fissata con me?”
“Io non sono fissata con te. Mi sono solo assicurata che trovassi il libro. Finalmente, oserei dire. Te la sei presa con comodo!”
L’uomo alzò gli occhi al cielo, ma si costrinse a portare pazienza se voleva arrivare in fondo alla vicenda, la sconosciuta sembrava ben disposta a parlare.
“Era la prima volta che lo vedevo in libreria, come potevo trovare qualcosa che prima non c’era?”
“O forse che prima non vedevi.”
Kitty sembrava avere un risposta pronta ad ogni obiezione, dandogli l’impressione di combattere uno scontro sbilanciato fin dalla partenza. Prese un profondo respiro per darsi coraggio, prima di addentrarsi nel mondo della mente della donna.
“Prima hai detto una cosa strana. – disse – Hai detto che loro sono vivi.” Indicò con la mano sinistra il volume che era appoggiato sul tavolo, a metà strada tra loro due.
“Certo. Vivono tutti a New Team Town. O sarebbe meglio dire che sono prigionieri a New Team Town.”
Jason la guardò sbalordito.
“Mai sentito questo posto.”
“Non hai studiato geografia? È una piccola cittadina a un paio d’ore a sud di New York.”
L’Uomo alzò entrambe le mani in segno di resa, non valeva troppo stare a discutere sull’esistenza di un’assurda città dal nome ancora più assurdo.
“E cosa ti fa credere che gli abitanti di New Team Town siano i protagonisti del lavoro di Takahashi?”
Kitty puntellò il gomito sinistro sul tavolò ed appoggiò il mento sulla mano, guardandolo negli occhi.
“Perché li ho visti. – disse con semplicità – Purtroppo non ricordano chi sono, ma sono là. Tutti, tranne… tranne te.”
Per poco Jason non si strozzò col tè che aveva iniziato a bere. La conversazione stava raggiungendo un livello di assurdità allarmante.
“Come, prego?” Riuscì a dire tra un colpo di tosse e l’altro, sperando che Kitty ritrattasse.
“Hai sentito benissimo!”
“Ma ti rendi conto di quello che dici? – sbottò, non riuscendo più a trattenersi – Stai sostenendo che io sia il personaggio di un fumetto da cui, in qualche modo sia finito nella realtà? È assurdo!”
“Non più di tanto. Solo non riesco a capire come tu sia sfuggito alla maledizione e non sia stato imprigionato con tutti gli altri a New Team Town.”
Il fatto che Kitty continuasse indisturbata a sostenere la sua folle teoria lo fece innervosire al punto da perdere tutta la buona volontà che aveva impiegato in quel colloquio per non offendere in qualche modo la salute mentale della donna.
“Tu sei pazza!”
“Aspetta, posso mostrarti che quello che dico è vero, posso farti vedere che ci sei anche tu qui dentro!” Kitty afferrò il libro ed iniziò a sfogliarlo freneticamente alla ricerca di una tavola che lo raffigurasse.
“Basta così!” Jason scattò in piedi, strappandole il volume dalle mani ed estraendo il portafoglio per lasciare sul tavolo il necessario a pagare le consumazioni.
“Codardo! – sibilò la donna – Ogni volta che dico qualcosa a cui non credi non sai fare altro che scappare, invece di discutere e ragionarne.”
L’uomo si fermò di colpo per replicare.
“Come si può ragionare su delle assurdità? Su cose che non esistono?”
“E se ti dimostrassi che ti sbagli, mi crederesti? Cerca New Team Town sulla tua google maps.”
Jason prese lo smartphone dalla tasca e attivò l’applicazione solo perché convinto che in questo modo avrebbe messo a tacere una volta per tutte la donna, quando la ricerca avrebbe dato risultato nullo: aveva studiato la zona a sud di New York pochi giorni prima e non aveva trovato nessuna fantomatica New Team Town. Aspettò che apparisse la tastiera e digitò i caratteri con diligenza, premendo alla fine il tasto invio.
Si trovò a sgranare gli occhi: l’indicatore rosso puntava con precisione al centro di una piccola cittadina.
“Non è possibile!”
“Mi credi, ora?” Kitty esibiva un sorrisetto trionfante.
Jason si afflosciò sulla panca, ancora inebetito, poiché era sicurissimo che la cittadina non esistesse.
Gli ci volle qualche minuto per radunare le idee.
“Questo non prova nulla. – disse infine – Dimostra solo che questo posto esiste, non  di certo che i suoi abitanti sono fuoriusciti da un fumetto.”
“Beh, potremmo sempre andare laggiù a vedere di persona…” La donna afferrò la propria tazza e bevve un grosso sorso di latte, al punto che quando la riappoggiò sulla tavola due bianchi baffi soffici le incorniciavano il labbro superiore.
“Come se avessi tempo da perdere!”
“Non sei forse un aspirante giornalista?” Kitty assottigliò lo sguardo.
“E allora?”
“Pensavo che potresti ricavarci una storia interessante per un articolo: pensa, hai trovato la città dove vivono i personaggi di Captain Tsubasa.”
“Come no! Se proprio avrei trovato la città dove vivono le persone a cui Takahashi si è ispirato.” Quanto era difficile tenere la conversazione su binari che procedessero con un minimo di razionalità?
Kitty si strinse nelle spalle.
“È in ogni caso interessante scoprire le fonti di ispirazione del proprio idolo.”
Jason Stava per ribattere qualcosa, ma si fermò a metà: dovette ammettere che sotto quel punto di vista la faccenda assumeva una prospettiva intrigante. Portare a termine l’inchiesta non sarebbe stato un lavoro da premio Pulitzer, ma gli avrebbe permesso di muovere primi significativi passi nel mondo del giornalismo attivo. Malgrado ritenesse il novanta per cento di ciò che usciva dalla bocca della donna pura follia, la sua curiosità era stata stuzzicata al livello giusto dalla tela di ragno che gli era stata tessuta attorno, tanto che era sul punto di considerare seriamente l’ipotesi di farsi un viaggetto fino a New Team Town. Solo la vocina della sua razionalità più rigida gli sussurrava in un angolo della testa che Takahashi viveva in Giappone e che se mai si fosse ispirato a qualcuno di reale, se non addirittura ad un intero paese, questo si sarebbe trovato nel paese natale del mangaka, di certo non negli Stati Uniti. Ma quella voce si faceva sempre più esile e sottile, schiacciata da un nuovo ardore investigativo. Presto avrebbe ceduto alla donna misteriosa.




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Se non si fosse notato, o se non conoscete, l'idea di base per questa avventura me l'ha data la serie tv Once upon a time/C'era una volta.
Nel frattempo abbiamo un deciso cambio di ambientazione rispetto al prologo...
  
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