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Autore: dinyrd    06/12/2019    1 recensioni
A He Tian piace mordere, Mo Guan Shan lo sperimenta sulla sua pelle.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: He Tian, Mo Guan Shan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Non scrivevo da così tanto che pensavo di aver dimeticato come fare. Forse rileggendo 'sta cosa l'ho dimenticato davvero. In soldoni: smut becero sottoforma di flusso di coscienza ed elogi gratis a He Tian (perché lo adoro e si sono scritti praticamente da soli). L'ho taggata come AU ma non lo è davvero, è più un ipotetico futuro. Forse un po' OOC, ma fose no, considerando che i personaggi nel manhua sono in perenne evoluzione, ho pensato di non mettere l'avvertimento.Titolo: Chris Crocker - I want your bite. Buona lettura, si spera (´∀`)♡









A He Tian piace mordere. È una cosa che Guan Shan ha capito con il tempo. Tra tutti i segni che in quegli anni gli ha lasciato sparsi qua e la sul corpo – come se stesse gridando a tutti quello che sta succedendo tra di loro, che anche se He Tian stesso in quel momento non era li, il suo piccolo Mo era ugualmente intoccabile, più esclusivo che inarrivabile - , non ricorda che sia mai mancata l'impronta delle sue arcate dentali. Mai.

Anche in quel momento, infilati nello spazio troppo stretto dei sedili posteriori della macchina di He Tian, Guan Shan può sentire i suoi denti tirargli un lembo di pelle poco sopra il pomo di Adamo.

“'an” il nome di He Tian gli esce in sospiro, mozzato dal gemito roco che le mani dell'altro hanno provocato nell'infilarglisi nelle mutande. Se pensa a quello che erano a quindici anni e a quello che sono ora, quasi si mette a ridere. Non gli avrebbe mai permesso di fare una cosa simile, prima – non che poi l'altro non abbia mai fatto come gli pare. Si è sempre preso quello che reputava suo, senza se e senza ma, il che è stato sbagliato, sbagliato e ancora è sbagliato, anche se non succede più, perché non sono più degli stupidi adolescenti incasinati, sono adulti che in un modo o in un altro, bene o male, si sono cresciuti da soli e a un certo punto sono arrivati anche a scindere il giusto dallo sbagliato, il bene dal male, ad accettare i no e a gioire per i si – ma ora... ora è diverso. Lui è diverso ed He Tian anche lo è.

La testa scura dell'altro si solleva pigra al richiamo, gli occhi sono lucidi, così come le labbra – Guan Shan è colpito dal famigliare desiderio di baciarlo – ma queste sono imbronciate in una smorfia scontenta, come se gli avesse appena rotto le uova nel paniere, come se il sospiro morbido con cui ha esalato il suo nome troncato – un vezzeggiativo che suona come una dichiarazione d'amore – gli avesse appena spento tutto l'entusiasmo (cosa inverosimile, visto che la sua coscia è ancora perfettamente allineata con l'inguine di He Tian, e quella che ci preme sopra è senza alcuna ombra di dubbio la sua erezione).

“Non mi dire che ci hai ripensato,” scatta subito. Il caratteraccio, che anche se ammorbidito con gli anni, ancora lo contraddistingue.

“No, no, cretino” scatta Guan Shan a sua volta, più in un riflesso incondizionato dato dall'abitudine di rispondergli male, ché rabbia; non è arrabbiato, né infastidito, non lo è più da anni. Non riesce ad esserlo, lo guarda negli occhi brillanti, limpidi e qualsiasi scintilla d'irritazione si spegne in una nuvoletta di fumo che gli arriccia lo stomaco e gli fa diventare le gambe di gelatina. In un epifania, si rende conto che si è plasmato inconsapevolmente per essere il tassello perfetto per combaciare con He Tian, così come è sicuro che molti lati del carattere dell'altro si siano smussati e addolciti per combaciare con i propri.

“Che c'è, allora?” il tono infastidito di He Tian gli è così famigliare da scaldargli il petto.

“Non mi mordere il collo. La divisa del ristorante non lo copre, e lo staff spettegola. Non mi va di avere le loro risatine dietro le spalle per tutto il turno, domani” gli spiega alla fine, He Tian sembra guardarlo senza vederlo, si abbassa di nuovo sul suo collo e lo morde leggermente per mero spirito di contraddizione.

“Meglio, che sappiano che sei mio” grugnisce, ma ha postato l'attenzione dei suoi canini affilati più in basso e adesso la lingua gli accarezza piatta l'incavo di una clavicola.

“Non sono tuo. E poi lo sanno tutti che stiamo insieme, Jian Yi per poco non metteva i manifesti” ansima, le mani di He Tian si sono spostate sul suo sedere e hanno stretto le natiche con decisione, in un palpeggiamento selvaggio che il rosso non ammetterà mai di trovare piacevole e arrapante.

“Non mi parlare di quel deficiente mentre stiamo per scopare” ringhia il moro; o il pensiero dell'amico è così irritante da trasformarlo in un meta morfo o le mani di Guan Shan hanno finalmente raggiunto l'interno delle sue mutande e lo stanno liberando dall'intimo e dai pantaloni in gesti secchi e affrettati.

“Piccolo Mo, sei frettoloso?” ridacchia, un suono che il rosso non avrebbe mai pensato di sentirgli uscire da quella bocca – non in quel tono, perché l'ha sentito ridacchiare in modo maligno per gran parte della sua vita, ma solo negli ultimi anni ha scoperto che il suo petto si può scuotere anche di quella risatina affettuosa e sciocca – il movimento gli riverbera nel petto su cui l'altro è appoggiato con quasi tutto il peso, le ginocchia affondate nella tappezzeria costosa – non che ci sia qualcosa di economico in quell'auto, persino il suo proprietario è prezioso e unico, una gemma rara che viene fuori pian piano da un pezzo di roccia grezza, ci vuole pazienza ma tutto viene ripagato – e gli indumenti gli restano bloccati sbilenchi sulle cosce muscolose, non scendono perché Guan Shan non ci arriva a tirarglieli più giù di così, e He Tian non sembra interessato a fare qualcosa di diverso dall'avere il viso affondato nel suo petto.

“Da che pulpito” ansima il rosso, il respiro sibilante tra i denti. He Tian, le mani gelate, ha preso a masturbarlo all'improvviso. È piegato in una maniera impossibile, la schiena in un angolazione talmente scomoda che Guan Shan sente un po' di dolore per lui – ma poi effettivamente è la sua la schiena spinta contro lo sportello e la maniglia gli preme fra le scapole e il collo sudato è a stretto contatto con il finestrino gelato, quindi forse non dovrebbe empatizzare lui, semmai il contrario – aggancia una mano sul retro del suo collo, artiglia un paio di ciocche scure e se lo tira davanti al viso senza grazia. Si ansimano un paio di volte in modo sconclusionato in faccia, anche Guan Shan lo sta toccando al meglio delle sue possibilità – che non sono molte in quel momento, in uno spazio troppo stretto e con la mano che gli si è addormentata, compressa dai loro corpi – ma queste bastano perché debbano incontrarsi tre volte prima che le loro labbra si uniscano e smettano di baciarsi i menti o la mascella.

“Dovevamo arrivare a casa, questa macchina è troppo stretta” si lamenta He Tian, rallenta il ritmo e Guan Shan tira un sospiro interno di sollievo che però dura esattamente un secondo, giusto il tempo che le dita del suo ragazzo scendano verso il suo orifizio.

“Andiamoci” ansima, gli blocca il polso con le dita tremanti. All'improvviso fare sesso in macchina, sul vialetto della villa di He Cheng, dopo che hanno finto di stare male per tornarsene a casa, sembra proprio una brutta idea. He Tian lo guarda negli occhi, Guan Shan si perde nel liquido delle sue iridi grigie e forse ci ripensa, forse spaccarsi la schiena per scopare in macchina è proprio una bella idea, che importa se non c'entrano nei sedili posteriori e se qualcuno li dovesse vedere; che li vedano pure tutti, tutta la Cina, tutta l'Asia, tutto il mondo e anche i cazzo di extraterrestri. Che li veda He Cheng, che gli venga anche a fare la ramanzina. Con He Tian che lo guarda a quel modo, Guan Shan si sente invincibile. Gli occhi del moro scivolano sul suo corpo, Guan Shan è acutamente consapevole dei pantaloni che gi sono rimasti agganciati ad una caviglia e giacciono per metà sui tappetini dell'auto, sente le mutande strette attorno alle cosce che gli tolgono la circolazione alle gambe – ma va bene, perché tanto in quel momento il sangue è tutto concentrato da un'altra parte – abbassate ma non abbastanza da lasciarlo veramente nudo e da rendere tutto più confortevole, sa di avere il viso rosso e sudato, le labbra gonfie di baci sono la copia di quelle del suo compagno.

“Andiamo a casa Tian” ripete ancora, l'altro continua a guardarlo come se non parlasse la sua lingua, una mano gli accarezza lentamente uno zigomo in un gesto affettuoso che gli sconquassa il cuore e gli fa seccare la gola, sente il naso pizzicare ma fortunatamente nessuna lacrima decide di fare capolino dai suoi occhi.

“Sei bellissimo, ti voglio adesso” è l'unica cosa che Ha Tian dice, quasi non lo avesse ascoltato – e probabilmente è proprio così. Probabilmente non l'ha proprio sentito, perso in chissà quali pensieri, gli accarezza di nuovo il viso, con una delicatezza che non ti aspetteresti mai da mani che sono state tanto violente, Guan Shan lo sa quanto possono fare male ma sa che, come il loro proprietario, sono anche capaci di gesti buoni e giusti, affettuosi e traboccanti d'amore.

“è stretto, andiamo a casa” gli ansima Guan Shan nella bocca, mentre il moro lo bacia. Sembrano quasi estraniarsi dal mondo, forse sono i finestrini appannati che danno quella sensazione, forse è semplicemente l'uomo che gl'incombe sopra che è diventato il suo centro di gravità e lui sta iniziando a girargli intorno come la luna gira attorno alla terra.

“Dopo” ansima ancora He Tian, e di spazio per le parole poi non ce n'è più. He Tian si solleva leggermente sulle ginocchia, tocca il tettuccio della vettura con la sommità del capo. Poi gli poggia le mani sui fianchi magri, ha i palmi caldi ma la punta delle dita ancora fredde gli fa sbocciare la pelle d'oca, lo afferra e prima di capire come, si ritrova nella posizione più scomoda in cui sia mai stato in tutta la sua vita: ha le ginocchia poggiate sui sedili della macchina, ma il petto è scomodamente spinto contro la portiera, i capelli puliscono via la condensa del finestrino e se ne impregnano, freddi e umidi gli scivolano sulle tempie e gli fanno venire i brividi.

“Che stai facendo?” ansima, le mani dell'altro che non si sono staccate da lui neanche per un secondo, gli spingono un poco la schiena verso il basso con la consequenza che si ritrova ad inarcarla e a spingere il sedere verso He Tian. Non riesce a vederlo in faccia però, perché l'abitacolo è troppo scuro e le luci della villa sono distorte e troppo poco luminose perché possano mostrare chiaramente tutti i dettagli del bel viso dell'altro.

Guan Shan ha di nuovo la sensazione che quella non sia l'idea del secolo, che dovrebbero tornare a casa, che Cheng li vedrà e prenderà dei provvedimenti – non perché stanno insieme, quello forse no, ma per aver fatto i loro porci comodi sotto gli occhi di tutti in una macchina della quale neanche hanno bloccato le portiere, quello forse si. I pensieri di Guan Shan s'interrompono all'improvviso, come e gli si fosse fusa la testa, il cervello gli stesse colando dalle orecchie e le sinapsi fossero andate in vacanza alle maldive senza permesso, tutte le preoccupazioni gli si accavallano in testa, si scavalcano l'un l'altra, come se una dovesse prevalere in qualche gara d'importanza, come se ci fosse davvero qualcosa di più importante in quel momento, del respiro di He Tian che gli s'infrange su un gluteo, delle sue mani callose che lo afferrano duramente per le cosce e gliele allargano senza grazia. No, ovviamente niente è più importante di He Tian, né in quel momento né mai.

Le mani di Guan Shan artigliano l'appiglio anteriore dell'auto, le braccia tese e la schiena contratta, le labbra di He Tian saggiano la curva della sua schiena con le labbra e i denti affondano leggeri tra l'attaccatura di una coscia e del gluteo e il rosso si chiede quanto l'altro abbia intenzione di giranrci intorno.

Lo stomaco gli si chiude, così come gli si serrano gli occhi quando finalmente la lingua di He Tian raggiunge il suo traguardo, lavora senza sosta, con un impegno che l'altro non ha mai messo in nessuna attività – nemmeno quella volta in cui ha imparato a suonare la chitarra in una settimana, solo per poterlo insegnare a sua volta a lui, che idiota – Guan Shan sente le gambe di gelatina, ha le braccia così debboli, mentre geme indecentemente, che si chiede come sia possibile che ancora non abbia dato una facciata al vetro. È sicuro di riuscire a tenersi ancora in ginocchio solo grazie alle mani di He Tian che gli tengono le cosce aperte in una morsa talmente stretta che Guan Shan ha la sicurezza che potrà contare falange per falange dell'altro, il giorno dopo, nei lividi che si formeranno sulla pelle pallida.

Ansima maggiormente, il cuore che sembra essergli risalito per la gola, se lo sente battere sul fondo della lingua, le braccia cedono definitivamente quando le dita del moro sostituiscono la sua lingua e lo iniziano ad allargare.

“Tian” ansima ancora Guan Shan, la voce gli esce in un rantolo soffocato, sente la lingua pesante e non è mai stato tanto vicino all'orgasmo, senza raggiungerlo, come in quel momento. He Tian mugola qualcosa dietro di lui, non potrebbe mai sembrare una frase di senso compiuto e probabilmente neanche lo è, le sue labbra non sembrano neanche aver abbandonato per un attimo la sua pelle e mentre Guan Shan cerca di trovare un posto per le braccia e un modo in cui, nel momento in cui quell'altro si deciderà a scoparlo senza tante cerimonie, evirare di beccarsi un trauma cranico per aver sbattuto la testa contro il finestrino, He Tian lo morde ancora.

Nello stesso momento in cui He Tian affonda senza grazia e senza pietà i denti sul retro della sua coscia, qualcuno bussa al finestrino. Guan Shan sobbalza, per poco non rompe il vetro con la fronte, He Tian ride ma anche lui ha dato una ginocchiata a qualche parte non identificata della macchina. La portiera anteriore si apre, l'aria fredda di gennaio invade l'abitacolo insieme a qualche fiocco di neve e alla testa di He Cheng.

“Che cazzo state facendo?”

He Tian, il maledetto, scoppia in una risata sguaiata.

   
 
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