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Autore: meilunye    21/12/2019    0 recensioni
{ Orion || Personaggi: Haizaki Ryouhei, Kira Hiroto. Menzionati: tutta la Inazuma Japan || Contiene accenni di InaHai e TatsuMido }
Asuto affida il compito di organizzare la festa di Natale della Inazuma Japan a Hiroto e Haizaki, sperando sia un modo per loro di andare finalmente d’accordo. Ma le cose non vanno esattamente come previsto...
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note
(Che titolo originale Mei, brava)
Questa fanfiction l'ho scritta - indovinate? - l'anno scorso, esatto. Come sempre. Però siccome è una storia natalizia, mi sentivo in colpa a pubblicarla a settembre, ed ecco perché ho aspettato fino ad ora :")
Mi sono basata su un prompt (reperito su questo blog ), ovvero: "A e B, nemici giurati, vengono scelti per preparare la festa di Natale".

Una nota importante: dubito che in Giappone facciano il presepe, specialmente come lo intendiamo noi, ma mi serviva come espediente narrativo quindi vi prego di non farci troppo caso e di prendere questa fanfiction per quello che è, ovvero una delle mie solite storie simpatiche per far sorridere. ♥
Buona lettura!
 
 

« Wow, Haizaki, così sembri proprio il Grinch! ».

La risata sguaiata di Hiroto gli scivolò addosso, così come tutte le prese in giro delle ultime due ore. Con un gesto secco si strappò di dosso il festone dorato che gli era stato infilato tra i capelli e lo lanciò a terra, facendo rotolare rumorosamente qualche pallina sul pavimento.

« La vuoi piantare? », gli disse soltanto, « Rimane meno di un’ora e abbiamo un casino di roba da fare ».

Hiroto fece spallucce e con uno sbuffo offeso affondò di nuovo le mani dentro alla scatola di cartone. Frugò in mezzo alle cianfrusaglie, creando un frastuono tremendo, e ne estrasse con aria vittoriosa un cordone di luci. « Queste non ce le mettiamo? », chiese.

« Dopo », tagliò corto Haizaki, « Piantala di perdere tempo e aiutami con ‘ste stupide palline! ».

« Oh, il demone del campo si sta scaldando », lo prese in giro Hiroto, ma gli obbedì comunque. Afferrò delle palline di vari colori e le osservò, strette fra le sue dita, come se aspettasse che si sistemassero sull’albero da sole. Poi, colto da un’illuminazione improvvisa, ne scelse due e le appese su due rami appiccicati uno all’altro. « Una rossa e una verde, vicine vicine », commentò il proprio operato con una risatina. « Vedrai la faccia di Tatsuya quando gli farò notare che assomigliano ai capelli suoi e di Midorikawa! », e di nuovo a ridere da solo per le sue stesse battute.

Haizaki alzò gli occhi al cielo. Che tortura.

Passare la vigilia di Natale con la persona che più lo irritava dell’intera squadra non era esattamente la sua aspirazione di vita, eppure eccolo lì, a condividere il suo stesso ossigeno da quasi 10 ore.

E per tutto questo doveva ringraziare il caro Asuto, che per l’ennesima volta non si era fatto gli affaracci suoi e si era messo in testa di trovare un modo per farli andare d’accordo. Innanzitutto, era stata sua l’idea brillante di organizzare la festa di Natale, come se qualcuno a parte lui ed Endou ne sentisse effettivamente il bisogno. E poi, quando era arrivato il fatidico momento di decidere chi si sarebbe occupato dei preparativi generali e delle decorazioni, aveva proposto i loro nomi. Con quel suo solito sorrisetto furbo che sembrava dire “Hehe, te l’ho fatta”. Odioso.

Inutile dire che ogni loro protesta era stata bellamente ignorata, perché se c’era una cosa che Haizaki sapeva della Inazuma Japan era che era composta per il 50% da impiccioni come Asuto e per il restante 50% da persone che, per dispetto (o forse per paura di trovarsi al loro posto), erano state ben felici di scaricare quel lavoro su di loro. Vederli battibeccare doveva essere uno spasso incredibile se si impegnavano così tanto perché succedesse.

Non aveva idea se Hiroto fosse davvero così rompiscatole di natura o se lo stesse facendo di proposito solo per farlo innervosire. In ogni caso, funzionava alla perfezione: ormai Haizaki era giunto al limite della sopportazione, combattuto tra la tentazione di mollare tutto e andarsene da qualche parte a giocare a pallone, e la voglia di fare ogni cosa come da accordi soltanto per non sentire le lamentele infinite di Asuto.
 

❀ • ❀ • ❀


Che quella sarebbe stata una giornataccia avrebbe dovuto capirlo sin dall’inizio, quando lo aveva visto arrivare all’appuntamento con ben tre ore di ritardo. E da lì in poi, era stato un disastro dopo l’altro: Hiroto non la smetteva di proporre cose assolutamente stupide, di contraddire ogni sua proposta, di aggiungere mille problemi alle questioni più semplici. Haizaki lo preferiva di gran lunga quando si sedeva da qualche parte a guardare il cellulare con aria annoiata, perché almeno in quei momenti stava zitto e lo lasciava in pace.

Asuto gli aveva inviato una lunga e-mail con scritte le cose da fare. Una trafila interminabile di compiti, che probabilmente sarebbe stato meglio dividere fra più persone invece di lasciarli tutti in mano loro. Soprattutto considerando che metà dei negozi in cui procurarsi ciò di cui avevano bisogno erano in zone diverse della città, era dicembre inoltrato e faceva un freddo assurdo. Forse era un velato tentativo di omicidio.

Il primo passo era comprare piatti e bicchieri di carta, nonché abbastanza posate di plastica per tutti. Seguivano le decorazioni per la stanza, dalle tovaglie alle ghirlande e alle stelle di Natale, poi gli addobbi per l’albero, le statuette per fare il presepe, e ovviamente dovevano occuparsi anche delle bevande. Come se non bastasse, toccava a loro chiamare Nosaka, l’addetto al cenone, per mettersi d’accordo su cosa fargli preparare. E assicurarsi che tutti avessero ricevuto l’invito con il giorno, l’ora e il luogo esatti, perché ad Asuto piacevano le cose tradizionali con bigliettini e mille smancerie invece di un semplice e comodissimo gruppo su Whatsapp.

Insomma, sembrava proprio intenzionato a fargli passare quanto più tempo possibile a stretto contatto con Hiroto, pur sapendo che si sarebbero presi a insulti tutto il giorno e che non sarebbero mai andati d’accordo. E per qualche motivo, Haizaki era così stupido da non trovare proprio le forze di dirgli di no.

Una volta ritirate le chiavi della stanza che avevano affittato, Haizaki quasi trascinò di peso un riluttante Hiroto fino al supermercato più fornito, al capo opposto della città. Non scambiarono una sola parola durante tutto il viaggio, fingendosi entrambi troppo impegnati a fissare i loro cellulari per conversare.

Quando arrivarono a destinazione, Haizaki si immerse subito nel reparto che gli serviva, accecato dalle mille lucine decorative appese agli scaffali e provando un’immensa voglia di spaccare tutti i piccoli Babbo Natale, renne e chissà cos’altro che canticchiavano motivetti natalizi distorti. Odiava proprio quella festa, non aveva alcun senso se non irritare a morte le persone poco socievoli.

Afferrò al volo la prima confezione di piatti di carta che trovò, un enorme pacco formato famiglia a tinta unita. Prese i bicchieri coordinati e fece per alzarsi, diretto verso le posate. Ma Hiroto lo intercettò, bloccandogli il cammino, e iniziò a fissare il suo bottino con aria scettica. « Ma sono tutti uguali », sentenziò, « Io voglio un colore diverso rispetto agli altri ».

Haizaki lo fulminò con lo sguardo. « No », rispose, « Accontentati. Non possiamo mica comprare le cose personalizzate ».

« E perché no? », protestò Hiroto, impuntandosi come i bambini piccoli. « Non dirmi che non ci bastano i soldi, perché lo so che è una balla ».

Haizaki sospirò. Il modo migliore che avevano trovato per finanziare quella microscopica festicciola era stata una colletta, come alle elementari. Ognuno aveva messo appena due spiccioli, tuttavia visto il numero delle persone coinvolte si era formato un bel gruzzoletto. Sicuramente qualche piatto in più sarebbe rientrato nel budget, sì… ma lui non aveva certo intenzione di assecondare ogni minimo capriccio di quello lì, altrimenti avrebbero fatto notte.

« No », ripeté ancora, « Questi andranno benissimo. Se ne vuoi altri, comprateli con i tuoi soldi ».

« Non ne ho », Hiroto incrociò le braccia al petto e mise il broncio. « E secondo te dovrei abbassarmi ad avere il piatto dello stesso colore degli altri? », disse, « Io, il leggendario God Strik… ».

« Va bene », lo interruppe Haizaki al limite della pazienza, « Ti prendo un pacco di un altro colore, basta che la pianti di rompere ».

Hiroto non lo ringraziò neppure. Gli rivolse uno sguardo carico di superiorità e un ghigno, e girò i tacchi per sparire tutto soddisfatto dietro altri scaffali. Haizaki si rassegnò a un martirio infinito, mentre afferrava un altro pacco di piattini e bicchieri senza neppure guardarli. E poi Mizukamiya diceva che era lui quello difficile. Evidentemente non aveva conosciuto l’attaccante della Eisei.

Era il turno delle posate. Per risparmiarsi altre scenate, stavolta scelse una confezione dai colori misti. Fece mentalmente tutti i conti necessari per prendere il numero giusto ed evitare viaggi dell’ultimo minuto. C’era uno strano e improvviso silenzio attorno a lui, e persino il costante rumore dei tasti del telefono che gli faceva da sottofondo da quella mattina era svanito nel nulla… ma sul momento non vi diede troppo peso, concentrato com’era sui calcoli.

Preso il necessario, Haizaki si voltò. Proprio di fronte a lui era comparsa una maschera orribile con un enorme naso arrossato e gli occhi neri e vuoti. Sobbalzò per lo spavento, e tutti gli oggetti che teneva in mano caddero a terra rovinosamente. Un commesso lo guardò con aria severa, e un altro cliente di passaggio trattenne a stento una risata.

Solo quando Hiroto iniziò a ridere a crepapelle, Haizaki capì cosa fosse successo. E mentre il buffone si scostava la maschera dal viso e si asciugava una lacrima, il respiro ancora affannoso, giurò di ucciderlo per quello scherzo stupido non appena fossero arrivati alla stanza della festa.
 

❀ • ❀ • ❀


Ma aveva dovuto rimandare, perché le cose da fare erano davvero troppe per potersi concedere una pausa, anche se si trattava di un’attività piacevole come sgozzare attaccanti spocchiosi.

Lungo il tragitto, Hiroto si era fermato almeno trenta volte alle bancarelle per chiedergli di comprare le cose più inutili. Era evidente che avesse gusti disgustosamente pacchiani, tanto da averlo obbligato a fare una sosta in un conbini solo perché attirato da dei souvenir di pessimo gusto. Haizaki proprio non capiva cosa ci trovasse di bello la gente: niente di quel che vedeva sugli stand o nei negozi a tema gli sembrava minimamente interessante. Anzi, se avesse mai ricevuto un regalo del genere si sarebbe come minimo messo a piangere.

Al terzo « Lo compriamo questo? » riferito a qualcosa di inutile, si era visto costretto a trascinarlo via di peso un’altra volta.

E adesso, il bambino troppo cresciuto era stravaccato sul divanetto della stanza, intento a inviare messaggi con il cellulare. Stava stropicciando con il sedere la stoffa di seta rossa che Kidou aveva insistito per usare come decorazione. Aveva un bel coraggio: la metà della squadra nemmeno osava respirarci troppo vicino per paura di rovinarla, non volendo nemmeno pensare a quanto potesse costare quel tessuto.

Così Haizaki aveva tutto il tempo di dedicarsi in pace alla prossima attività, senza interruzioni moleste. Afferrò il proprio cellulare e scorse la rubrica fino a trovare il numero giusto. Dovette attendere il terzo squillo.

« Haizaki-kun? », chiese Nosaka, « Aspettavo da un’ora che mi chiamassi ».

Solo un’ora? Era convinto di essere in ritardo di secoli. « Ho avuto problemi », rispose secco.

« Oh no… », Nosaka sembrava preoccupato, « Ci sono stati dei contrattempi? ».

Haizaki emise un verso scocciato e si portò le dita alle tempie. « Uno solo », disse, « Grande e grosso, e si chiama Hiroto Kira ». Dal divano provenne un “Ti ho sentito” biascicato che ignorò prontamente.

Nosaka ridacchiò, irritandolo a morte. A quanto pare, tutti si divertivano un sacco a sentirli litigare, e la trovata di Asuto doveva sembrare geniale a ognuno di loro. Chissà quante risate si stavano facendo alle sue spalle…

« Avete chiesto ai senpai quale menu preferiscono? ».

La domanda gli ghiacciò il sangue nelle vene. Ops. Questo dettaglio lo aveva assolutamente rimosso. Nessuno dei due aveva letto le liste, e men che meno aveva chiesto pareri a Endou e agli altri, figuriamoci sceglierne una. Ma ricordava che erano solo due, e lui mangiava praticamente tutto, quindi chi se ne importava? « Ovvio », mentì, « Il secondo ».

Prima che Nosaka potesse rispondergli, un cespuglio di capelli grigi fece capolino a un passo dalla sua faccia. « Ma che dici? », urlò Hiroto dritto nel suo orecchio, « Hanno detto il primo! ». Quando cavolo era arrivato lì?

« ...Quindi? », chiese Nosaka, ovviamente confuso, « Il primo o il secondo? ».

Haizaki coprì il microfono del cellulare con la mano e lanciò un’occhiataccia a Hiroto. « Li hai almeno letti, quei menu? », gli chiese.

Hiroto si strinse nelle spalle. « Nah », rispose, « Ma il numero uno mi piace più del due ».

« E non potevi dirmelo prima che rispondessi?! », sbottò Haizaki, a un volume tanto alto che probabilmente anche Nosaka lo aveva sentito nonostante la mano che affievoliva il suono, « Possibile che devi sempre contraddirmi su tutto? ».

Hiroto gli lanciò un sorrisetto strafottente. « Regola numero uno », disse, « Gli dei hanno sempre ragione. I demoni stanno zitti e si piegano a loro ».

La mente di Haizaki elaborò diverse risposte a quel commento, ma la cosa più sensata che riuscì a processare di fronte a un tale mucchio di stupidaggini fu solo un intelligentissimo: « Eh? ».

« Haizaki-kun? », lo richiamò Nosaka, « Sei ancora lì? ».

« Sì », sbottò, « Senti, cucina il primo così almeno Dio, gli angeli e tutto il paradiso forse saranno contenti e la smetteranno di stressarmi ». Buttò giù senza aggiungere altro.

 

Nosaka guardò il telefono con aria perplessa, prima di bloccare lo schermo e rimetterselo in tasca.

A quanto pareva, quei due se la stavano proprio spassando assieme. Era ovvio che Haizaki gli avesse mentito, nessuno di loro aveva neppure visto i menu che aveva scritto con tanta cura, gli bastava quel piccolo battibecco per capirlo. Ma non importava, lo spettacolo era decisamente valso lo sforzo.

Nishikage fece capolino dalla porta della cucina. « Nosaka-san? », chiese, « Va tutto bene? ». Si strinse il laccio del grembiule attorno alla vita, con tutta l’aria di una casalinga premurosa.

« Tutto a posto », gli rispose Nosaka, « Sai una cosa? Cucina quello che vuoi, non mi importa niente dei menu ».

Poteva perdonarli. In effetti, anche lui aveva detto una piccola bugia…
 

❀ • ❀ • ❀


« Il bue va a destra o a sinistra? ».

Haizaki le aveva contate. Quella era la venticinquesima domanda nel giro di un quarto d’ora, peggio di un calendario dell’avvento. Possibile che Hiroto non fosse in grado di svolgere da solo nemmeno un compito tanto semplice quale fare uno stupidissimo presepe?

« Ma mettili come ti pare », gli disse, « Pensi che qualcuno ci farà caso? ». Strappò l’ultimo pezzetto di scotch e lo fece aderire al tavolo, fissando l’angolo della tovaglia usa e getta. Il volto grasso di un Babbo Natale gli sorrideva, stampato su quella stoffa rossa accecante.

Era riuscito ad attaccare tutte le decorazioni a tempo di record mentre faceva da babysitter a Hiroto. Meritava un bel premio per quel pomeriggio, era più soddisfatto che dopo una vittoria in campo. Ora la stanza assomigliava alle case dei tizi stereotipati nelle pubblicità dei panettoni. Un lavoro impeccabile.

« Haizaki, abbiamo un problema », la voce di Hiroto arrivò puntuale ad interrompere il suo momento di gloria. Gli rivolse uno sguardo scettico. « No, davvero. Guarda », sembrava insolitamente serio.

Haizaki si avvicinò e osservò gli oggetti che il ragazzo gli stava mostrando. Erano le statuette del presepe, una vestita di azzurro con un velo che era indubbiamente Maria e… un’altra donna perfettamente identica, ma vestita di arancione. « C’erano dei pastori donne? », chiese, perplesso, « Non mi ricordo ».

« È questo il punto », rispose Hiroto, « Credo di aver comprato per errore due statuette uguali ».

Calò un lungo minuto di silenzio.

« Dovevi fare solo una cosa », sibilò Haizaki, « E sei riuscito a fare un casino ».

« Ehi, è di un colore diverso! », si giustificò Hiroto, scattando in piedi con aria offesa, « Non sapevo facessero anche le versioni shiny! Credevo fosse Giuseppe! Le ho prese di corsa! ».

Versione shiny? Non aveva idea di cosa stesse parlando, ma era di sicuro qualcosa su cui non voleva indagare. « Ok », disse, trattenendo a stento la propria ira, « Rimedia al tuo errore, adesso ».

Gli occhi rosa di Hiroto si spalancarono. « E come? », disse, « Senti, io ce la metto lo stesso. Stiamo al passo con i tempi, Haizaki. Una bella coppia nel pieno rispetto delle unioni civili! ».

Piazzò le due statuette in posizione, accanto alla culla. Si vedeva lontano un chilometro che fossero due modelli identici, solo in due tonalità diverse. Quel discorso non se lo sarebbe bevuto nessuno. Andava bene scambiare il bue e l’asinello, andava bene che il bambino fosse proprio il più brutto della gamma, ma almeno le tre figure principali potevano sforzarsi di mettercele tutte. Haizaki sapeva che li avrebbero presi in giro tutta la vita per quell’errore idiota, era una questione di orgoglio e non voleva proprio dare ad Asuto altri motivi per ridere di lui.

« Fila al supermercato e compra la statuetta giusta », gli ordinò, « Io devo finire di apparecchiare. Saranno tutti qui fra meno di un’ora ».

Hiroto sbuffò sonoramente. « Che palle », protestò, « Non eri tu quello che diceva “Pensi che qualcuno ci farà caso”? ». Non ricevette risposta neppure dopo avergli fatto il verso, quindi sospirò e si rimise la giacca con aria melodrammatica. « Almeno dimmi dove sono i soldi rimasti ».

Haizaki non si voltò e gli indicò il posto giusto con un braccio. « Sul mobile vicino all’ingresso », gli disse. La porta si chiuse con un sonoro slam.

 

Hiroto tornò esattamente quarantacinque minuti dopo, quando Haizaki ormai lo stava dando per disperso. Stava giusto per chiamare la polizia e cambiare la scritta sui festoni da “Buon Natale” a “Buon Giorno in cui Hiroto Kira si è levato dalle scatole”. Un’ottima occasione sprecata.

« Hai comprato la statuetta giusta? », gli chiese non appena lo vide rientrare.

« Ah, sì », fu la risposta distratta, « Ovvio, ovvio ».

Haizaki sorrise soddisfatto. Finalmente aveva eseguito bene un compito… forse non era poi così male.
 

❀ • ❀ • ❀


Alle sette e mezza in punto, qualcuno bussò. Haizaki fece a malapena in tempo ad aprire la porta prima di essere travolto da un Asuto in salto. « Buon Natale! », gli urlò mentre lo abbracciava, distruggendogli un timpano. Era tutto stretto dentro un pesante cappotto grande due volte lui, e assomigliava a un pupazzo di neve dal viso arrossato per il freddo. Sorrideva così tanto da sembrare un piccolo sole.

« Auguri… », gli rispose poco convinto.

Asuto si precipitò all’interno. Dietro di lui c’era la squadra al completo, per la prima volta tutti erano puntuali come orologi svizzeri. Erano infreddoliti e si fiondarono letteralmente nella stanza calda, lasciando per ultimo Nishikage con i mille sacchetti colmi di cibo che si stava trascinando appresso. Nosaka, invece, camminava di fronte a lui con aria fresca e riposata.

Quasi come se non avesse cucinato lui...”, pensò Haizaki.

Richiuse la porta e lasciò che tutti si sistemassero e si togliessero le giacche. In un attimo, quella stanza vuota e silenziosa si trasformò in una baraonda… Soprattutto quando Goujin fece l’errore di tirare fuori dallo zaino le sue casse e queste finirono nelle mani di Hiroto. Da quel momento in poi la musica divenne assordante, e bisognava gridare per far sentire la propria voce anche a un metro di distanza.

Era arrivato il momento di affrontare Asuto. Haizaki gli si avvicinò, trovandolo intento a versarsi del succo di frutta nel bicchiere, e gli puntò l’indice contro il viso. « Inamori », gli disse irritato, « È la prima e ultima volta che ti do retta per una cosa del genere. Mi hai reso la vita un inferno di proposito, e beh ci sei riuscito, è stata la giornata peggiore della mia vita ».

Asuto lo fissò negli occhi per un lunghissimo minuto in cui Haizaki pensò di averlo offeso e che stesse per mettersi a piangere. Poi, invece, scoppiò a ridere di cuore. « Avrei voluto vedervi! », esclamò, « Scommetto che sarebbe stato uno spasso! ».

Kidou si sistemò gli occhialini appannati sul naso. « È difficile badare a qualcuno più infantile di te quando di solito sono gli altri a farlo con te », sentenziò con un mezzo sorriso, e così come era arrivato se ne andò, ignorando il ringhio di Haizaki in risposta.

Asuto si schiarì la gola con un colpetto di tosse, tornando a respirare. « Comunque », gli disse con un sorriso enorme, « Sei stato bravissimo! Sapevo di potermi fidare di te! ».

Forse era la tensione che si era allentata di colpo, o forse il fatto che con quell’espressione era davvero adorabile e che i suoi occhi stavano brillando solo per lui e per nessun altro, ma Haizaki a quella frase arrossì come un peperone e iniziò a sudare freddo. « N-Non è niente di speciale », balbettò, « Che vuoi che sia… una festa di Natale… ».

Asuto ridacchiò, sapendo che quello era il massimo che poteva ottenere da un Haizaki imbarazzato. Arrossì appena anche lui, e affondò il viso nel bicchiere che si era riempito poco prima per nascondere le proprie guance.

Hiroto intercettò l’atmosfera strana e si avvicinò di corsa con un sorrisetto da schiaffi sul viso. Diede un leggero colpetto con il gomito ad Haizaki, tutto ammiccante. Con tanto di occhiolino che fece avvampare entrambi ancora di più.

Prima che Haizaki potesse mettergli le mani addosso, Hiroto si era già defilato. Raggiunse Tatsuya e gli cinse le spalle con un braccio, facendogli cenno di seguirlo. Lo portò di fronte all’albero, e Haizaki capì cosa stava per fare.

Indicò due palline con un dito. « Verde e rosso », disse, « Vicini vicini. Ti ricorda forse qualcuno? ».

Tatsuya lo guardò storto, ma non disse niente. Sembrava un po’ a disagio, ma Haizaki immaginava fosse abituato a quel genere di battutine su lui e Midorikawa… non doveva essere facile averlo in squadra tutto il tempo e frequentarlo anche nella vita privata.

Hiroto sembrò deluso da quell’assenza di reazioni, ma non si scoraggiò. « Allora ti faccio vedere qualcosa che di sicuro ti piacerà! », dichiarò, e si precipitò vicino alla pila di giacche. Infilò le mani in un sacchetto di plastica e ne estrasse un pacchetto che quasi lanciò fra le braccia di Tatsuya.

« Cos’è questo? », chiese lui, titubante.

Hiroto incrociò le braccia al petto con aria soddisfatta. « Il tuo regalo di Natale », disse, « Aprilo, aprilo! ».

L’intera squadra si strinse intorno a Tatsuya per vedere cosa ci fosse dentro a quella scatola. Erano tutti così curiosi da trattenere il respiro, l’unico rumore udibile era la carta che si strappava e la musica che rimbombava attraverso le casse.

Tatsuya sollevò il coperchio.

All’interno del pacchetto, c’era… un paio di mutande. E non un paio di mutande normali, ma dei boxer rossi con un enorme muso di renna stampato sopra. Al posto del naso c’era una sfera rossa che, a detta di Hiroto, si illuminava alla pressione di un pulsante sul sedere.

Tutti scoppiarono a ridere di fronte a quel regalo di pessimo gusto. Tatsuya era scuro in volto, a metà strada fra l’imbarazzo più totale e la voglia di commettere un omicidio. Cosa che peggiorava a mano a mano che Hiroto aggiungeva altre frasi al suo bel discorso. « Vedrai che a Midorikawa piaceranno! », stava giusto urlando fra le risate, « Com’era? Ah, sì… Sulla Terra c’è un detto che dice “a caval donato”… ».

Haizaki scosse la testa. Chissà da quanto tempo stava progettando uno scherzo così stupido. E non faceva nemmeno ridere. Comunque, Hiroto aveva messo tre persone in imbarazzo nel giro di dieci minuti. Un nuovo record mondiale.

Riusciva a perdonarlo soltanto perché, almeno, era riuscito a rendersi utile e a finire almeno il presepe, alla fine...

« È costato molto, ma ne è valsa la pena! E oggi era pure in saldo, apposta per te ».

Quella frase fece suonare un campanello d’allarme nella mente di Haizaki. Un momento... se non aveva soldi con sé, con cosa lo aveva comprato quel coso? Tutto ciò che aveva quando era uscito erano le monete della loro colletta, che erano abbastanza soltanto per comprare la statuetta… oh, no.

Asuto si avvicinò al presepe e vi si sedette di fronte, sorseggiando il suo succo. Il suo viso si fece confuso tutto a un tratto. « Ehi… ma perché qui ci sono due statuette di Maria? ».

Hiroto poteva considerarsi un uomo morto.

   
 
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