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Autore: meilunye    22/12/2019    1 recensioni
{ Minamisawa Atsushi/Doug McArthur x Kurama Norihito/Michael Ballzack }
Il suo era amore sincero o solo possessività? Gli era impossibile distinguerli, anzi spesso e volentieri gli sembrava persino di odiarlo dal più profondo del cuore per il modo in cui lo faceva soffrire di proposito. Eppure, per quanto fosse bugiardo, effimero e sbagliato, quel rapporto gli apparteneva.
E questo vano senso di possesso era l’unica ragione per cui si trascinava dietro quel patetico siparietto.

{ Scritta usando i prompt del Writober 2019 di Fanwriter.it (combinando il #4 della pumpINK (Champagne) e il #29 della pumpFIC (Fake Boyfriend). }
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kurama Norihito, Minamisawa Atsushi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note
Come al solito sono in ritardo di SECOLI, ma questa fanfiction l'ho scritta utilizzando i prompt del Writober 2019 di Fanwriter.it. Nello specifico, ho deciso di combinare i prompt delle due liste, quindi questo è ciò che deriva dalla fusione del n° 4 della pumpINK list (Champagne) e del n° 29 della pumpFIC list (Fake Boyfriend). Stavolta ho una scusante (credo? spero?), ovvero ho lavorato all'estero fino a novembre quindi sono stata impossibilitata a scrivere, ho iniziato appena rientrata in Italia e adesso ho intenzione di completare qualcuno dei progetti arretrati proprio per il Writober ;__;

In ogni caso il titolo, "Still Champagne", significa "Champagne fermo" (cioè non frizzante e sì, purtroppo esiste davvero, a quanto pare).
Buona lettura!

 

I
 

« Per favore, Kurama, guarda nella mia direzione! ».

Il ragazzo dalla pelle scura obbedì, e attese di sentire il solito clic. Hikaru abbassò lo sguardo sullo schermo e, dopo aver controllato che la foto fosse rimasta bene, alzò il pollice in segno di approvazione.

Soltanto in quel momento Minamisawa si rialzò dal muretto su cui era appoggiato, togliendosi la polvere dai pantaloni con le dita. « E con questo abbiamo finito », disse.

Kurama lo imitò, rimettendosi finalmente in piedi. Non mancò di notare il modo in cui Minamisawa lo snobbò, senza neppure tendergli una mano per aiutarlo, benché l’idea di farlo sedere sul marciapiede per avere una “composizione migliore” fosse stata proprio sua.

Raggiunsero Hikaru, intento ad armeggiare con la sua macchina professionale. Da quando l’aveva acquistata era diventato il loro fotografo di fiducia. Era stato un patto equo: lui poteva fare pratica e loro ci guadagnavano alcuni scatti niente male. Il ragazzo aveva un talento, nonché un gusto eccellente per i dettagli, e riusciva sempre a immortalarli nelle pose ed espressioni migliori.

Quel giorno non era un’eccezione. Hikaru mostrò loro lo schermo: aveva realizzato un piccolo set fotografico che pareva uscito direttamente da una rivista di moda.

« Vi piace? », chiese, sprizzando felicità da tutti i pori.

Kurama osservò il proprio viso negli scatti e a stento si riconobbe. All’inizio si era mostrato contrario a quell’idea, però doveva ammettere di essersi scoperto molto fotogenico. E dire che, sin da quando era piccolo, correva via all’impazzata ogni volta che qualcuno si avvicinava a lui con una macchina.

« Molto », disse Minamisawa. Gli diede una pacca sulla spalla, e il guanto quasi rimbalzò sul cappotto azzurro. « Avranno sicuramente un successone ».

Kurama fece una smorfia infastidita. Già, dopotutto gli importava solo di quello. Mentre lui sfruttava quella chance per rialzare un minimo quell’unico brandello di autostima che gli era rimasto, e tutto sommato era contento di avere qualche foto da mostrare ai suoi (seppur pochi) amici, all’altro ragazzo interessava una cosa e basta: i likes su Instagram.

« Il tempo di ritoccarle un pochino », continuò Hikaru, troppo concentrato sui frutti del suo lavoro per badare all’egoismo di Minamisawa, « E ve le mando. Sono sicuro che il risultato finale ti piacerà ancora di più! ».

Minamisawa infilò le mani in tasca e si allontanò di un passo. « Non vedo l’ora », disse.

Hikaru gli rivolse un sorriso gentile. « Che ne dite di andare a bere qualcosa assieme? », propose, « Conosco un bar qui nei dintorni che fa una cioccolata calda squisita ».

Lo stomaco di Kurama scelse proprio quel momento per brontolare, strappando una risata a tutti i presenti. Lui era decisamente propenso ad accettare l’offerta, senza ombra di dubbio...

Ma lo stesso non si poteva dire di Minamisawa. « Mi dispiace », declinò, senza mai perdere la sua espressione composta. « Ho altri impegni, purtroppo. Sarà per la prossima volta ».

Un’altra delle sue bugie. Soltanto Kurama era in grado di notare quando mentiva, glielo leggeva negli occhi. Il suo viso era perennemente teso in una maschera di cortesia ed educazione, mentre nelle sue iridi si scorgeva la verità.

Hikaru non aveva il suo stesso allenamento, perché gli credette senza battere ciglio. «  D’accordo », lo salutò con la mano, « A presto! ».

« Grazie per oggi ». Con estrema freddezza, Minamisawa si incamminò da solo lungo la strada gremita. Gli altri due rimasero fermi finché il suo cappotto scuro non sparì all’orizzonte, inghiottito dalla massa di persone in frenetico movimento.

« Che strano... », mormorò Hikaru tutto ad un tratto. « È il tuo ragazzo, eppure ha sempre di meglio da fare ».

Kurama dovette trattenersi dal sospirare. Certo, agli occhi degli altri doveva essere una cosa assurda. O forse lui c’era semplicemente abituato.

« Lascialo stare », rispose, « È fatto così. Andiamo, ho fame ».

E senza aspettarlo, si diresse a passo di marcia verso l’attraversamento pedonale.
 


Era logico che la gente iniziasse a nutrire dei sospetti.

Quale coppia si incontrava solo per scattare delle foto, non si mostrava mai in pubblico assieme al di fuori di quei momenti, e passava tutto il tempo divisa, ognuno con i propri amici – o, nel caso di Kurama, i propri videogiochi?

Non sembrava una cosa molto realistica.

E, infatti, loro non erano una coppia. Facevano finta.

L’idea era balzata in mente a Minamisawa (e a chi, se no?) ormai molti mesi prima, in modo del tutto casuale. Un giorno, Tenma aveva deciso di organizzare una rimpatriata della vecchia Raimon. Non era stato semplice radunare tutti, impegnati com’erano con il liceo, lo studio, gli esami di ammissione di università o il part time. Qualcuno si era trasferito altrove, altri avevano detto di avere di meglio da fare. Ma alla fine, c’erano riusciti.

E, ovviamente, erano state scattate delle foto. Una in particolare aveva conquistato il cuore di tutti: Kurama che rideva per una battuta, con un compiaciuto Minamisawa sullo sfondo. Qualcosa in quell’immagine trasmetteva un’atmosfera unica, complice, senza contare quanto fosse raro immortalare i due attaccanti – uno con il broncio perenne e l’altro che a malapena esprimeva le proprie emozioni – in un momento così spontaneo.

Così, Minamisawa aveva deciso di postarla su Instagram da sola, separata dal resto delle foto con la ex squadra. Era stato un successone.

L’unico risvolto negativo era che, vista la natura di quello scatto e il trattamento speciale che le era stato riservato, la gente aveva iniziato a sostenere che loro due uscissero insieme. Succedeva spesso, soprattutto ai personaggi di spicco. E Minamisawa, con il suo numero esorbitante di followers, era piuttosto in vista sul sito.

Di solito, bastava ignorare i pettegolezzi di questo tipo perché essi morissero a breve, tanto in fretta quanto erano spuntati.

Lui, però, aveva deciso di cavalcare l’onda.

La settimana successiva aveva chiamato Kurama in tutta fretta, dicendo di dovergli parlare con urgenza. E quando si erano visti, gli aveva proposto una cosa: di fingere di stare insieme.

“Una relazione finta?”, Kurama ricordava ancora il dialogo battuta per battuta. “E per quale motivo dovrei fare una cosa del genere?”.

Minamisawa si era esibito nel suo tipico ghigno saccente. “Per tanti motivi”, aveva risposto. Sollevo l’indice per contare, come con i bambini. “Uno, perché so che ti piaccio da tanto tempo...”.

“Ehi!”, lo aveva interrotto Kurama. “Questo non...”.

“Non azzardarti a negarlo”, aveva ripreso la parola Minamisawa, premendo con forza una mano sulle sue labbra per zittirlo. “Non ci crederesti neppure tu”.

Kurama, praticamente imbavagliato dalle sue dita, aveva bofonchiato qualcosa e lo aveva lasciato continuare, non senza arrossire fino alla punta dei capelli.

“Due, so che non hai molti amici”, aveva continuato Minamisawa, alzando anche il secondo dito. “Non fraintendermi, io ti considero davvero un ottimo compagno, e mi piace passare del tempo con te. Possiamo uscire insieme, come farebbe una coppia, e non credo farebbe male neanche a te”.

Kurama afferrò la mano di Minamisawa con entrambe le sue e la spinse via, liberandosi la bocca. “Non c’è bisogno di fingere di essere fidanzati per uscire insieme. Sorpresa sorpresa, è quello che fanno gli amici”.

“Chi lo sa”, aveva poi aggiunto Minamisawa con un sorriso beffardo. “Se accetti e ci frequentiamo, magari mi innamorerò sul serio di te, e potremo rendere la cosa realtà”.

Questo era un colpo tremendamente basso.

Ammettere la propria debolezza era una vergogna, ma semplicemente... ci era cascato. Forse erano state le parole usate, o magari credeva davvero in quell’assurda promessa, questo non lo sapeva neppure lui. Eppure, qualcosa nel suo animo si era smosso, e si era ritrovato ad accettare. “Solo per un po’”.

Minamisawa aveva annuito, soddisfatto.

Peccato che quel solo per un po’ si fosse poi trasformato in mesi. E ora Kurama era intrappolato in quella relazione fasulla, stretto tra due fuochi: da una parte i suoi sentimenti, che lo invitavano a restare e approfittare di ciò che poteva avere senza lamentarsi, dall’altra il suo buonsenso, che gli imponeva di scappare via da una situazione che non faceva altro se non infliggergli dolore a vuoto.

Era ancora lì.

Kurama era il perfetto opposto di Minamisawa, sotto ogni aspetto. Non aveva neppure creato un profilo sull’infausto social network, e si limitava a curiosare di tanto in tanto dal suo computer in totale anonimato. Guardava le foto, comprese quelle in cui compariva anche lui, contava i mi piace, leggeva i commenti.

Un numero spropositato di fan di Minamisawa si erano trasformate in sostenitrici della coppia. Li trovavano “adorabili”, “perfetti l’uno per l’altro”, e addirittura lasciavano decine di domande come “raccontaci il vostro primo bacio”, “vogliamo sapere tutti i dettagli”, “ti prego, dicci di più!”.

E cosa c’era da dire “di più”?

Nulla. Niente di niente.

Kurama era sconvolto da quanto gli estranei li ritenessero una coppia affiatata, al punto da chiamarli addirittura un “perfetto duo di idol mancati” o “destinati a stare insieme”, mentre la verità era quanto più di lontano ci fosse da questa scenetta idilliaca.

Il loro primo (e unico) appuntamento era stato in una cartoleria, per comprare un regalo di compleanno. Si tenevano per mano solo nelle foto. E, inutile dirlo, non si erano assolutamente mai baciati.

Anzi, a dirla tutta, litigavano in continuazione. Dopo un mese dall’inizio di quella farsa, e questo doveva ammetterlo, Minamisawa ci aveva provato. Si era impegnato per provare a trasformare il loro rapporto se non esattamente in una relazione fatta e finita, almeno in un’amicizia un poco più stretta. Gli mandava messaggi, lo chiamava, lo spronava a crearsi qualche account in giro per poter restare in contatto.

Era Kurama a non volere niente di tutto ciò. La sua ostinazione era da manuale, e quando si metteva in testa una cosa era impossibile smuoverlo. Temeva che, se si fosse messo al suo stesso livello, se gli avesse aperto il proprio cuore, se avesse ceduto per un solo istante a quell’illusione, avrebbe rovinato tutto. Avrebbe riversato su Minamisawa le sue imperfezioni, i suoi difetti, il suo brutto carattere, e lui si sarebbe accorto di quanto fosse impossibile mettere una punta di vero in quella bugia, e se ne sarebbe andato.

Egoisticamente, non poteva accettarlo. In passato aveva già sofferto a causa di un suo abbandono, quando Minamisawa aveva scelto di lasciare la Raimon per unirsi alla Gassan Kunimitsu, e non aveva intenzione di sprofondare di nuovo in quel baratro ora che era riuscito ad aggrapparsi a lui con tutte le sue forze.  

Il suo era amore sincero o solo possessività? Gli era impossibile distinguerli, anzi spesso e volentieri gli sembrava persino di odiarlo dal più profondo del cuore per il modo in cui lo faceva soffrire di proposito. Eppure, per quanto fosse bugiardo, effimero e sbagliato, quel rapporto gli apparteneva.

E questo vano senso di possesso era l’unica ragione per cui si trascinava dietro quel patetico siparietto.
 


 

Il telefono squillò.

Kurama sporse un braccio fuori dal suo bozzolo di coperte, lo afferrò al volo e lo staccò dal caricabatterie. La luce dello schermo lo abbagliò subito come un faro nella notte.

Era un messaggio da parte di Minamisawa.

Si strofinò gli occhi quanto bastava per mettere a fuoco le lettere sullo schermo, la vista appannata dal sonno, e osservò l’orologio in alto a destra.

Erano le tre di mattina.

“Scrivimi quando sei sveglio”, gli aveva scritto intorno a mezzanotte. E, adesso, una piccola aggiunta: “È importante. Non riesco a dormire al pensiero”.

Kurama sospirò. Era tentato di rispondergli “Io invece ci riesco, buonanotte”, ma sapeva che sarebbe servito solo a fomentare ancora di più i capricci di Minamisawa. La scelta migliore era assecondarlo, e sperare che si fosse addormentato nel frattempo per troncare il problema alla radice. In ogni caso, chissà quando sarebbe riuscito a riprendere sonno dopo un risveglio tanto brusco.

“Sono sveglio”, digitò lentamente, le dita ancora intorpidite. “Che vuoi?”.

Bloccò lo schermo e appoggiò il telefono contro il cuscino, aspettando di sentire a breve un trillo in risposta. Invece fu la suoneria a squillare, facendolo saltare per lo spavento.

Per quale motivo lo stava chiamando?!

Si gettò a capofitto sul tasto di risposta. « Ma che vuoi a quest’ora? », gli urlò in faccia. « Non puoi dormire come tutti i comuni mortali e lasciarmi in pace?! ».

Minamisawa ridacchiò, e il suo cuore mancò il solito, patetico battito. Quel suono era troppo bello, per quanto odiasse ammetterlo. « Ciao anche a te », disse, sarcastico. « Dovevo dirti una cosa importante ».

« E non potevi aspettare domattina? », rispose Kurama, sebbene più docile dopo aver sentito la sua voce. « È una cosa così urgente? Sei in pericolo di vita? È morto qualcuno? Ti hanno riempito di pugni per punirti per la tua stronzaggine? ».

Minamisawa rise ancora. Il viso di Kurama raggiunse tinte di rosso ancora sconosciute alla scienza e alla tecnica. « Niente di tutto questo », disse quando ebbe ripreso fiato, « Volevo solo invitarti a cena ».

Pausa. Lungo minuto di silenzio. Il cervello di Kurama si riaccese di colpo, abbandonando definitivamente la sonnolenza per sprofondare in una bolla di totale confusione. Con una nota di rabbia di sottofondo.

« Fammi capire », riuscì ad articolare dopo un’eternità, la voce ridotta a un sibilo furioso. « Non riesci a dormire, mi hai svegliato nel cuore della notte con un messaggio, mi hai telefonato tutto allarmato... per invitarmi a cena? ».

Mugolio di assenso.

Oddio, adesso percepiva una voglia matta di uscire di casa in pigiama e correre scalzo fino a casa sua solo per prenderlo a sberle. « Ma stai scherzando?! », riprese ad urlare, « Come se fosse la prima volta che usciamo, poi! Che c’è di così urgente, è una cena con l’imperatore per caso?! ».

Minamisawa esitò prima di rispondere, come se ci stesse effettivamente pensando su. « Ovviamente no », disse poi, « Però diciamo che... è importante. Ci stavo pensando, e dovevo dirtelo subito ».

Kurama sbuffò sonoramente. Diamine, era tanto stanco da non avere le forze di controbattere. E così disgustosamente innamorato di lui nonostante tutto da non trovarne neppure la voglia. Dopotutto, il fatto che a tenerlo sveglio fosse stata una cosa del genere era lusinghiero. Non gli sarebbe dispiaciuto questo trattamento da fidanzatino provetto... se solo fosse stato invitato in modo normale e non da uno stalker.

« Senti », disse, « Lo sai che non sono un fan delle smancerie in pubblico. Dove avresti intenzione di andare? ».

Minamisawa emise un verso soddisfatto. « Speravo me lo chiedessi », disse, tutto tronfio, « Cerca di vestirti bene, perché sarà in un posto molto lussuoso. Ti voglio più elegante di quanto tu non sia mai stato ».

La rabbia iniziava ad aumentare in impennata. Wow, adesso avanzava pure delle pretese. « Non ho ancora detto che verrò ».

Non fece neanche in tempo a finire la frase, che già se la stava immaginando. Oh, sì, riusciva a percepirla anche attraverso la cornetta. L’espressione facciale di Minamisawa doveva essere quella – la sfoderava solo nei momenti di estrema necessità. Quella in cui ogni muscolo si tendeva in modo minaccioso come a dire “guarda che ho qui pronta una lista di ottocento ragioni per cui non vorresti avermi come nemico, a cominciare dal fatto che ho più followers che capelli in testa e potrei rovinarti la reputazione con un clic se solo lo volessi”.

Kurama non aveva alcuna reputazione da difendere, ma nel dubbio preferiva assecondarlo quando percepiva quell’aura potentissima nei paraggi. Era letale anche per via telefonica.

« Kurama... », iniziò Minamisawa, ma lui lo interruppe, rapido come una freccia.

« Ok, ci vengo, ci vengo », disse in fretta, « Basta che ora mi lasci dormire, perché io a differenza tua avrei sonno ».

Non aspettò alcuna risposta e staccò il telefono dall’orecchio. Riuscì a malapena a udire un bofonchiato « Sabato sera alle nove », poi riattaccò.

Affondò il viso nelle coperte con una violenza tale da sentire male al naso per tutto il resto di quella lunghissima nottata insonne.

 

   
 
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