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Autore: Melanto    03/08/2009    1 recensioni
Anche se sapevo che alla fine non vi era alcun motivo per cui lo facessi, rimasi lì.
Perché mi piaceva.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Norge'
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Questa storia è stata scritta per la Rainbow Challenge indetta da Fanworld
Il prompt è il Violetto.

Violet

Anche se sapevo che alla fine non vi era alcun motivo per cui lo facessi, rimasi lì.
Perché mi piaceva.
Mi piaceva rimirare il finire del tramonto, quando il sole non era più visibile dietro i tetti delle case e lo strascico della sua luce aveva ormai tinto completamente il cielo di viola. Mi piaceva vedere gli uccellini correre ai propri nidi, per prepararsi al riposo, mentre i pipistrelli, invece, abbandonavano le dimore per affrontare la loro nuova nottata di vita.
Quel violetto mi ricordava i suoi iris, quelli dietro i quali perdeva la maggior parte del suo tempo, ma che la ripagavano sempre di tutta la fatica, sbocciando rigogliosi e lasciando che un sorriso di compiacimento e soddisfazione si dipingesse sulle sue labbra, mentre le mostrava a Tania, la nostra vicina di mille ricordi fa.
Mi ricordava i nastrini che tenevano legati i codini della nostra Camilla; risaltavano sui suoi capelli biondi e sul colorito chiaro delle sue guance quando correva da me per farmeli vedere.

“Come sto? Come sto, papà?”

Si flettevano come le ali di una libellula.
Alla fine, mi ricordava loro in quel tempo in cui eravamo noi, prima che lei se ne andasse lasciandomi solo i suoi iris divorati dalla gramigna come il risentimento le aveva divorato il cuore; prima che Camilla smettesse di legarsi i capelli in quelle splendide code che continueranno ad ondeggiare solo nei miei ricordi di vecchio, e mi rammaricai di non essere stato tanto sentimentale quando avrei dovuto.
«Ehilà, Norge!»
Pietro arrivò che c’era l’ultima striscia di viola nel cielo e lo osservai raggiungermi con quel suo passo claudicante di sempre e le mani dietro la schiena un po’ curva, le labbra distese sotto il baffo candido. Mi si affiancò, sospirando «Ancora qui che aspetti? Santo cielo, che pazienza che hai! Ma ormai è tardi e hanno chiuso i cancelli, non verrà più nessuno.». Mi diede una pacca sulla spalla «Purtroppo va così, i figli crescono, si sposano, fanno altri figli e non hanno più il tempo per nulla, figurati per venire a trovare due vecchietti come noi.»
Lo sapevo che era un suo modo per sdrammatizzare: era da un paio d’anni, ormai, che i suoi figli non si facevano più vedere e la cosa, sotto sotto, dispiaceva anche a lui, mentre continuava col suo tono risaputo.
«Per questo mi ero sempre impuntato, a suo tempo: “la cremazione, figli miei! La cremazione!” ma loro “noooo”, cocciuti come muli! Mi hanno tirato su quel bel mausoleo e ora… mai che venissero a cambiarmi quei rametti rinsecchiti, qualche volta!». Poi mi si avvicinò con fare più complice, sollevando le sopracciglia come fosse ancora un ragazzino. «Senti, perché non molli la lapide? Ho detto a Brunello che avremmo partecipato al torneo di Canasta. Dai, che ci divertiamo! C’è anche la Giulia, quella della famiglia Barbieri, gran bella donna. Gira voce che ti trovi molto affascinante. Eh! Ma che gli fai tu alle donne?!»
«O’ Pietro! O’ Norge!»
«Ecco il Brunello.» Pietro mi diede una leggera gomitata, mentre l’altro continuava a sbraitare col suo pesante accento fiorentino, agitando il bastone per farsi vedere.
«’Ovvia che s’aspetta solo voi bischeri, di là!»
«Arriviamo! Vedi di mischiare bene le carte! E non barare!» rispose Pietro, prima di cominciare a muoversi di nuovo con le mani dietro la schiena e rivolgendomi la solita vecchia sfida. «Forza, nonnetto, vediamo chi arriva prima alla tomba del Brunello!»
Sorrisi, in fondo un’allegra partita a carte non era poi una cattiva idea, ma non mi mossi subito, osservando ancora per un attimo il cielo sopra la mia testa dove il viola era stato completamente assorbito dall’arrivo del buio; dopotutto, il buon Pietro si meritava un po’ di vantaggio.

E’ il primo e l’ultimo colore del giorno
che scandisce nel cielo l’andata e il ritorno,
che accompagna lo scorrer del tempo che vola
ad ali spiegate sfumate di viola.

Fine

In teoria, non so proprio da dove sia uscita fuori. XD
Questo è stato il colore più difficile al quale affibbiare una trama qualsiasi, davvero. E all’inizio avevo pensato di scriverne una poesia, ma dopo aver tirato giù quei quattro versi che trovate in coda alla storia, non sapevo più che cosa inventare.
E poi, *zak*, è spuntato Norge. ** E’ un nome che mi piace tantissimo e che mi sarebbe piaciuto usare. Detto fatto. XD
Non avevo mai scritto di fantasmi e cimiteri, nonostante io veda proprio il cimitero dalla finestra della mia stanza (non scherzo XD), ma come idea mi pareva carina per buttare giù una storiella senza pretese.
Così è stato e con questa si chiude anche la mia Rainbow Challenge che è stata piacevolissima, ispirante e divertente *_* e per la quale posso fare un bel bilancio positivo perché mi ha permesso di:

- scrivere di un pairing che avrei sempre voluto trattare (Genzo/Yuzo)
- scrivere per un fandom in cui avrei voluto lasciare qualcosa di più profondo di una bakata (Terra e…)
- scrivere per un fandom che merita molta più attenzione (The Witcher)
- riprendere in mano una storia che devo muovermi a terminare (Elementia)
- scrivere per un fandom in cui non avevo mai scritto (Sovrannaturale -> Fantasmi)

Beh, niente male, no?
Grazie Fanworld! *_*v

   
 
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