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Autore: Moony3    03/08/2009    17 recensioni
Vent'anni dopo la Battaglia di Hogwarts il giovane Teddy, cresciuto nel Mondo Migliore che i suoi genitori avevano sognato e contribuito a conquistare per lui, decide di utilizzare un oggetto leggendario - donato decenni prima ad Andromeda dall'originale zio Alphard - per tentare di rendere quel mondo ancora migliore; per lui, per la nonna e... per i suoi genitori.
Una piccola storia dedicata a chi, come me, non ha proprio digerito una certa scelta di J.K. Rowling, ma è troppo legato al Canon per riuscire a ignorarla allegramente e a buttarsi in fantasiosi AU.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Una premessa: non sono esattamente un'autrice.
Questa è la mia prima (e unica, al momento) creazione.

E' stato un atto dovuto; nel senso che non ho potuto fare a meno di scriverla.
Una specie di terapia, suppongo, per esorcizzare la sola scelta di J.K. Rowling che non mi è piaciuta granché (eufemisticamente parlando): ossia la morte di Remus (il personaggio che preferisco in assoluto) e di Tonks (che divide amichevolmente l'affollato terzo gradino del mio podio personale con: il suo affascinante consanguineo evaso e Grifondoro, il Bambino che è Sopravvissuto ed Hermione).

Così ho tentato di porvi rimedio a modo mio, vale a dire tentando di non fare troppo male al Canon. Del resto J.K. è stata così gentile da offrirmi su un vassoio d'argento: movente (quelle due morti così defilate e misteriose... non poteva andarmi meglio), alibi (in fondo non offendo molto il Canon tentando di salvare i due. Nella prima versione della storia sopravvivevano... quindi...) e arma (Teddy Remus Lupin. Metamorfomagus, figlio di un licantropo, figlioccio del Prescelto e cresciuto da una Black. Assolutamente perfetto!)
Io mi sono divertita molto a scriverla... e ora riesco persino a leggere il capitolo 33 di "Harry Potter e i Doni della Morte" senza rischiare vivaci crisi isteriche; perché tanto so che vent'anni dopo la Battaglia di Hogwarts...
Anche alle mie lettrici "cavia" la storia non è troppo dispiaciuta (a proposito, grazie per la pazienza certosina e il coraggio Grifondoro, ragazze!) e una di loro ha insistito perché la pubblicassi qui.  
Dedicandola a tutti quelli che, come me, non hanno proprio digerito "quella" scelta di J.K. Rowling, ma sono troppo fissati con il Canon per riuscire a ignorarla allegramente. Be', eccola qui.

Come avvertimento ho messo What if? Anche se non sono davvero sicura che lo sia... visto e considerato che il tutto avviene dopo l'Epilogo raccontato dalla Rowling e che al momento in cui inizia la mia storia tutti i fatti da lei narrati sono regolarmente accaduti.  Ma, non avendo nessuna esperienza in questo campo, ho ritenuto meglio essere prudente.

Oh, naturalmente la storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro e i personaggi non sono miei ma di J.K. Rowling (con l'eccezione di tre licantropi ispirati, un Mangiamorte disperato, un Babbano pasticcere e un cagnetto pasticcione. Loro - che J.K. mi perdoni - sono una mia colpevole invenzione. Come la Chiave del Tempo che dà il titolo alla storia).
 



LA CHIAVE DEL TEMPO


Prologo




«Teddy? Tu quanti anni avevi quando lo hai fatto per la prima volta?»
Il giovane mago si riscosse dai suoi pensieri, scrutando allibito la ragazzina dai capelli ramati che gli sedeva accanto.
«Io... temo di essermi perso qualcosa, Lily, di cosa stiamo parlando, esattamente?» indagò, giocherellando distratto con la grossa fetta di crostata al rabarbaro che aveva nel piatto e sperando ardentemente che la prima volta in questione non riguardasse in nessun modo Victoire Weasley.
«La prima volta che hai volato su una vera scopa, naturalmente» precisò la piccola, scoccando un’occhiata infuocata alla madre.
Sollevato, Teddy posò la forchetta e corrugò la fronte. «Oh... sì... otto anni, credo. Più o meno».
«Sette anni, per la precisione» corresse subito Andromeda. «Fu il giorno della nascita di James. Eravamo tutti riuniti alla Tana quando Harry, abbandonata la scopa in giardino, irruppe in casa per darci la bella notizia. Il tempo di calmarlo e di capire cosa stava dicendo che tu già sfrecciavi sulle nostre teste! Se non sono morta quel giorno, penso proprio che non morirò più» concluse la strega con inconfondibile platealità Black.
«Miseriaccia!» esclamò ammirato il ragazzino dai crespi capelli castani seduto vicino a Lily. «Sette anni? E hai volato sulla Firebolt di zio Harry! Mica su una Scopalinda qualsiasi! Ma come hai fatto a salirci? Io ci ho provato milioni di volte... ma quella si mette a strillare come una Banshee e scappa via».
«Oh, questo succede perché tua madre ha incantato tutte le nostre scope, figliolo. E proprio a causa di Teddy e del suo imprevisto giretto sulla Firebolt» spiegò Ron, tra un boccone di crostata e l’altro. «Ci siamo divertiti molto quella volta. Io e George abbiamo subito afferrato le nostre scope per raggiungere il fuggitivo e...»
«Subito afferrato le vostre scope?» chiese ironica Hermione. «Racconta le cose come stanno, Ronald. Tu e George non siete stati esattamente due fulmini. Nel tempo che avete impiegato a staccarvi da terra Teddy avrebbe potuto tranquillamente raggiungere la Scozia» sorrise divertita al figlioletto. «Fortunatamente nonno Arthur ha avuto il buon senso di appellare la scopa fuggiasca. E, a giudicare dalla disinvolta sicurezza che ha mostrato, credo che non fosse una cosa nuova per lui».
Ron fu colto da un improvviso interesse per l'elaborato arabesco che decorava la tovaglia di Ginny, le orecchie di un’affascinante tonalità ciclamino. «Er, sì. Potrebbe anche essere raccontata così. Ma ora è tardi, figliolo. Meglio se ce ne torniamo a casa».
Hermione ridacchiò, sfiorando la mano del marito. «Sì, è meglio. Io ho promesso a Ginny che mi occuperò del suo Cespuglio Farfallino, ma voi cominciate ad andare. Domani sarà una lunga giornata» mormorò seria, prendendo la sua minuscola borsetta e uscendo in giardino con Harry.
Hugo scattò in piedi con entusiasmo, un sorriso gigantesco gli illuminava il visetto lentigginoso. «Sì! Non vedo l’ora di essere al Castello. Adoro la Commemorazione dei Cinquantasette Caduti della Battaglia di Hogwarts! Ough... Lily perché mi hai appena dato un calcio?» chiese, scrutando ad occhi sgranati la cuginetta e sfregandosi vigorosamente lo stinco offeso.
«Perché hai la sensibilità di uno Schiopodo, Hugo!» affermò furente la ragazzina, abbracciando Teddy e schioccandogli un bacio sulla fronte. Il giovane ricambiò l’abbraccio e sorrise conciliante allo sbigottito Hugo che, mortificato, si avvicinò zoppicante al caminetto, afferrò una manciata di polvere volante e scomparve tra vivaci fiamme smeraldine. Immediatamente seguito dal padre.
Lily si sciolse dall'abbraccio, si avvicinò ad Andromeda che guardava pensosa il nipote e la prese affettuosamente per mano. «Voi due vi fermate qui per la notte, vero nonna Andromeda? Hai promesso che mi avresti raccontato tutta la storia di Teddy e del portaombrelli».
La donna sorrise alla ragazzina. «Certo, Lily. E’ una storia interessante, sai? Teddy e la sua passione per i grossi libri pieni di astrusi incantesimi e di mostruose creature. E quel portaombrelli era così elegante e raffinato...»
«Oh, ancora con questa storia. Avevo sei anni, nonna. Avevo da poco imparato a leggere e...»
«E le storie di Beda il Bardo non erano affascinanti quanto quel libro, vero, tesoro? Un libro di incantesimi senza bacchetta. Niente meno» sospirò melodrammatica la strega.
Teddy tentò debolmente di protestare ma la nonna lo azzittì con una delle sue famose occhiate Black e si allontanò con l’interessata ragazzina.
Era assurdo che dopo quattordici anni ancora riuscisse a farlo sentire in colpa per quella faccenda. Era solo un portaombrelli, in fondo. Di ceramica. Decorato con puttini e ghirlande di frutta. Non era stata una gran perdita, a suo modesto parere.

Sospirando rassegnato per il fatto che la nonna avrebbe raccontato quella storia ancora per decenni, Teddy uscì alla ricerca del padrino. Doveva assolutamente parlargli prima di fare quello a cui aveva pensato per tutta la serata.
Si fermò un istante a godersi l’aria tiepida e profumata di quella limpida sera di maggio e ad ammirare la sottile falce di luna che illuminava il cielo stellato. Poi, guidato dalla voce di Hermione che diceva qualcosa a proposito di infestazioni di fate, scorse Harry. Era accanto a un grosso cespuglio, intento a osservare la strega spargere una misteriosa polverina iridescente. Sopra alle loro teste fluttuava una vecchia lanterna che irradiava una calda luce ambrata.
Teddy si avvicinò ai due e tossicchiò titubante.
«Scusa, Harry, potrei parlarti un momento?»
Il mago annuì, sorridendo al nuovo venuto, mentre Hermione fece per andarsene.
«No, resta pure, Hermione. Puoi ascoltare anche tu» mormorò il giovane. «Harry, volevo solo chiederti se quella notte... vent'anni fa... pensi che avresti fatto quello che hai fatto anche se mio padre non fosse uscito dalla... Pietra?» chiese poi, scrutando con apprensione gli occhi del padrino.

Harry sospirò ma, con grande sorpresa del ragazzo, non parve stupito dalla domanda. Teddy sapeva che non era facile per lui parlare di quell’episodio. Ma sapeva anche che lo avrebbe fatto. Harry non evitava mai di condividere i suoi ricordi con il figlioccio. Mai. Neppure quelli più dolorosi. Era sempre disponibile a parlarne. A discuterne. A condurre Teddy nel prodigioso Pensatoio che troneggiava sulla scrivania dello studio.
C'erano solo due ricordi riguardanti Remus e Tonks che Harry non aveva mostrato a Teddy. E solo perché Teddy non aveva voluto: uno era quello della “resurrezione” di Lily e dei Malandrini.
«La presenza di tuo padre, quella notte, è stata molto importante per me, Teddy. Mi ha aiutato averlo accanto con tutto il suo amore ma... mi ha fatto un male immenso vederlo uscire dalla Pietra» si fermò, massaggiandosi assorto la vecchia cicatrice che gli segnava la fronte, poi riprese, la voce insolitamente roca. «Perché era la prova tangibile della sua morte. Oh, era sereno, sai? Mi ha detto parole bellissime. Il suo unico rammarico era che non ti avrebbe visto crescere. Mi è stato utile, sì. Ancora una volta mi ha aiutato ad allontanare le mie paure. Ma avrei davvero voluto che non fosse lì, che fosse al sicuro al Castello. E sì, certo che avrei fatto comunque quello che ho fatto. Come avrei potuto fare altrimenti?»
Teddy annuì, sollevato. «Grazie, Harry. Ora so cosa devo fare. So che posso farlo. E che devo farlo questa notte. Non dormirò qui».
Harry lo osservò pensoso. Teddy si sentì come trapassato da quei brillanti occhi verdi. Il suo padrino aveva l’inquietante capacità di farlo sentire trasparente. Non era esattamente piacevole.
«Non insisterò, Ted. Te lo chiederò solo una volta: puoi dirmi cosa devi fare, di preciso? Se non vuoi rispondere lo capisco, so che alcune cose vanno fatte senza pubblicità ma... confidare negli amici è molto importante».
«Penso tu lo abbia già capito, Harry. Ne abbiamo parlato diverse volte, sai cosa ho sempre desiderato fare. Ora so come farlo».
L'uomo scrutò per un istante il ragazzo, poi annuì e chiese con dolcezza: «Vuoi che ti dica dove ho lasciato cadere la Pietra, Teddy?»
«Cosa?» Hermione si riscosse all'improvviso, fissando l'amico a occhi sgranati. «La Pietra della Resurrezione? E' di questo che state parlando? Gli permetteresti di usarla? Di richiamare Remus e Tonks? Lo sai che è sbagliato: i morti non vogliono tornare!»
Harry la guardò, sorridendo triste. «Lo so, Hermione. E anche Ted lo sa. Ma sì, se me lo chiedesse gli direi dove mi è caduta la Pietra. Lo farei perché so cosa potrebbe significare per lui, Hermione. Io lo so».
Teddy fissò stupito i due maghi più anziani, profondamente toccato da quello che Harry era disposto a fare per lui. Poi sorrise tranquillizzante.
«No, non sono interessato alla Pietra, Harry. So che loro non gradirebbero. Non potrei mai farlo. O meglio, potrei farlo solo se mi trovassi nella situazione in cui ti sei trovato tu. No, è un'altra la cosa che voglio fare» concluse, frugandosi nella tasca ed estraendo una vecchia pergamena fittamente ornata da strani simboli.
Harry la prese, fissandola perplesso. «Molto decorativa, Ted, ma cosa...»
Hermione sbuffò spazientita, impossessandosi della pergamena. La scrutò con estremo interesse per qualche istante.
«Non è decorativa, Harry. E’ istruttiva. Sono rune. Parla di una Chiave del Tempo e spiega come azionarla ma...» guardò Teddy con comprensiva simpatia. «E’ solo una leggenda, tesoro. Lo sai, vero? Non esistono davvero le Chiavi del Tempo».
Teddy sorrise malandrino. «Pensavo che la storia dei “Doni della Morte” ti avesse insegnato che le leggende nascondono sempre una verità, Hermione».
Harry tentò di mascherare una risata con un colpo di tosse, ma il tentativo non ebbe molto successo ed Hermione sbuffò sdegnata.
«Sì, Teddy... ma anche se fosse, questa è solo una pergamena che spiega come usare una Chiave del Tempo. Ma non dove trovarla... oh».
Si azzittì quando il ragazzo le mise in mano uno strano oggetto dorato, in apparenza molto antico. Sembrava un incrocio tra un grosso medaglione e un antiquato orologio da taschino. Un sinuoso serpente nero correva su tutto il bordo del coperchio, la testa che mordeva la coda. Al centro una fenice di un rosso brillante sorgeva maestosa da fiamme argentate. Hermione lo scrutò meravigliata, sfiorando cautamente la piccola fenice. «Ma dove...»
«Zio Alphard la donò alla nonna il giorno del suo matrimonio - insieme alla pergamena, naturalmente - dicendole che, se mai si fosse pentita di avere sposato un figlio di Babbani e di essere stata rinnegata dai Black per questo, non avrebbe dovuto fare altro che seguire le istruzioni della pergamena. Non sapendo, probabilmente, che nonna non è molto ferrata in Rune Antiche» concluse ironico. «Del resto non si è mai pentita di avere sposato nonno Ted, così si era anche dimenticata del curioso regalo dell’originale zio Alphard».
Hermione osservò affascinata l’oggetto. «Quindi tu vorresti... è pericoloso giocare con il tempo!»
Teddy fissò serio gli occhi della strega, nessun dubbio nello sguardo. «Lo so Hermione. Ma non è poi così diverso da quello che tu e Harry avete fatto per Sirius e Fierobecco, in fondo».
Un sorriso furbo gli stirò le labbra rispecchiando quello, identico, che illuminava il volto del padrino.
«Te lo avevo detto, Hermione, di non raccontargli quella storia...»
Hermione scoccò un’occhiata inceneritrice a Harry e riportò l’attenzione sul giovane.
«Questo è molto più rischioso di una Giratempo, Teddy. La pergamena dice che se qualcosa non dovesse funzionare potresti perderti nel flusso del tempo».
Il giovane abbassò gli occhi, tormentandosi il cinturino dell’orologio. «Io... devo provarci, Hermione. Ho la possibilità di salvarli, non posso non farlo. Loro avrebbero rischiato per me. Loro hanno rischiato per me» alzò lo sguardo e abbozzò un sorriso mesto. «Voi non avrete ripercussioni. Domani andrete a Hogwarts per la Commemorazione, come previsto. Se il mio piano riesce avrete semplicemente due caduti in meno da onorare. Se fallisce... be’, sarà come se io non fossi mai nato. Non potrete certo sentire la mancanza di chi non è mai esistito, vi pare?»
Hermione trattenne il respiro, gli occhi lucidi. «Non dirlo neppure, Teddy. Non ti rendi conto di quanto tu sia stato importante per tutti noi... senza di te tutto sarebbe stato diverso...»
«Certo, non avresti incantato tutte le scope di casa, per esempio» osservò il giovane Lupin con dolce ironia, strappando un sorriso alla strega.
«Per esempio. Ma non era a quello che pensavo. La tua nascita, Teddy, è stata importantissima per tutti noi. Una vera iniezione di speranza. Una luce nel momento più buio. Tu eri l’incarnazione di tutto ciò per cui combattevamo. Per cui loro hanno combattuto» si fermò un istante, come folgorata da una rivelazione improvvisa. «Ed è per questo che andrai, vero?»
Il ragazzo annuì con decisione. Subito imitato da Harry che si schierò al suo fianco cingendogli le spalle con un braccio.
«E’ per questo che andremo» si aggiustò gli occhiali sul naso guardando l’allibito figlioccio. «Io verrò con te, naturalmente».
Teddy sorrise al padrino, poi si scostò scuotendo il capo.
«No, rischieresti di incontrare te stesso, Harry. Cose terribili accadono a chi lo fa. E poi, una volta, un uomo molto giovane ma molto saggio disse a mio padre che i genitori devono stare con i figli finché possono... lo credo anch’io, sai?»
Harry lo fissò serio. «Ho sempre pensato a te in questi termini, Ted».
Il giovane annuì convinto. «Lo so, Harry. Anche mio padre pensava a te in questi termini, suppongo» poi riprese la pergamena e la Chiave dalle mani di Hermione e fece per allontanarsi. Ma fu bloccato dal vigoroso abbraccio della strega.
«Oh, Teddy, sono così fiera di te! Come il giorno in cui fondasti il C.A.L.D.O.».
Teddy rise al ricordo del Comitato Amici dei Licantropi Discriminati Ottusamente e, baciando con dolcezza una guancia di Hermione, si sciolse dall’abbraccio, fissando stupito la strega frugare furiosamente nella borsetta che portava a tracolla e porgergli una piccola spilla blu decorata con una testa di lupo d'argento su cui spiccava, in un rosso vivace, la scritta C.A.L.D.O.
Hermione era stata la prima a iscriversi al comitato da lui fondato il quarto anno di Hogwarts, rammentò Teddy serrando distratto la spilla in una mano, quindi rimise in tasca la pergamena e si chinò a raccogliere una vecchia foto caduta dalla borsetta, mentre Hermione estraeva quattro ampolline colme di un denso liquido color fango. Il ragazzo sgranò gli occhi, non capendo come potessero starci in quella borsa minuscola, e Harry ridacchiò alle sue spalle.
«Un incantesimo che ha imparato anni fa, Teddy. Molto utile, devo ammettere».
Hermione sorrise all'uomo e offrì le ampolline al ragazzo.
«Ecco, Pozione Polisucco, ti sarà utile... ora dobbiamo solo trovare dei capelli da aggiungere».
«Hermione, non è necessario...»
«Taci, Harry. Guardalo, è identico a suo padre. Ne resteremmo tutti sconvolti».
«Hermione...»
«Insomma, Harry, sto pensando. Dobbiamo subito trovare quei capelli. Abbiamo poco tempo. Non sarà facile a quest’ora. Devono essere di uno sconosciuto».
Teddy ammiccò al padrino, diede un’occhiata alla vecchia foto che ancora stringeva tra le mani e socchiuse gli occhi, concentrandosi. I suoi capelli si accorciarono e divennero nerissimi, mentre il naso si fece più grosso e aquilino, poi, davanti agli occhi sgranati di Hermione, scoppiò a ridere allegramente.
«Sai, Hermione, somiglierò pure a papà... ma ho preso molto anche da mamma. Sono un Metamorfomagus. Non mi serve la Pozione Polisucco».
«Io non ci pensavo... non cambi mai il tuo aspetto, Teddy, così...» Hermione arrossì, scoccando l'ennesima occhiataccia a Harry che fissava stralunato il figlioccio, e riprese la vecchia foto.
Il ragazzo sorrise comprensivo. «Non uso quasi mai i miei poteri perché non ne ho bisogno, Hermione. Non ci tengo ad avere capelli rosa cicca, io. Non mi donano. Ma questo non cambia il fatto che possa farlo. Bene, se ti sei rassicurata me ne vado».
Baciò Hermione, un po' sorpreso dall’ulteriore rossore che le colorò il viso, abbracciò il padrino e, con un leggero schiocco, si Smaterializzò.

Harry ed Hermione restarono per un istante a osservare il punto dove era scomparso il giovane.
«Ci riuscirà?» chiese preoccupata la strega.
«Certamente. Ho una fiducia assoluta in lui!» affermò sicuro il mago.
Hermione sbirciò la vecchia foto e guardò Harry, mormorando imbarazzata: «Non so come sia finita nella borsa... davvero, io non...»
Harry sorrise complice, stringendosi nelle spalle.
«Krum, eh? Va bene, non parliamone più. Però ora mi spieghi che ci fai con quattro ampolline di Polisucco nella borsa, Hermione?»
La strega lo guardò seria. Un lampo malizioso negli occhi color caffè.
«Vigilanza Costante, Potter. Vigilanza Costante!»
Poi, ridendo divertiti, i due maghi si avviarono verso casa. Seguiti da una luminosa lanterna fluttuante.


  
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