MIA PADRONA
A lungo ti ho cercata in mille mondi,
e mille volte quasi ho rinunciato,
ma ho ribaltato cieli e bassifondi,
e infine, mia padrona, ti ho trovato.
Rinchiusa in una gabbia come schiava,
non eri tua, ma d’altri posseduta,
ed un dolore acuto riecheggiava
dentro ai tuoi occhi e nella gola muta.
Mi hai prima percepito e poi m’hai visto,
lottare senza piano né speranza,
il mio destino un mietitore tristo
che già scortava l’ultima mia danza;
temevo il colpo che m’avrebbe ucciso,
serrando gli occhi ad un destino pravo,
ma quando li ho riaperti, il paradiso
al posto dell’inferno che aspettavo.
Tu libera, stupenda e vittoriosa,
e fra i nostri nemici solo morte,
e tu che mi fissavi sì altezzosa,
che il cuore mi tremava troppo forte;
ho visto che son stata ininfluente,
non c’era alcun bisogno di salvarti,
e nei tuoi occhi… Non ho letto niente.
È stato allora che ho iniziato a amarti.
Mi son chinata in fronte al tuo volere,
ti ho dato tutto ciò che possedevo,
da tempo ormai il mio unico piacere
avulso da ogni cosa in cui credevo;
ed ora è te che segue il mio pensiero,
la presa tua sul cuore si fa stretta,
e il gaudio si fa triste, si fa nero,
e l’emozione mia si fa costretta,
ed ora liberarsi è un’illusione,
l’amore toglie ciò che prima dona,
e non v’è più una traccia di emozione
nel modo in cui ti chiamo mia padrona.