December 5th – MakoHaru
“First Time”
Quello in cui vivono è un
palazzo come a Tokyo ce ne sono tanti – troppi, secondo lui: appartamenti di
dimensioni ridotte per studenti dalle finanze limitate. Le mura che li
circondano sono sottili e bianche e non hanno niente a che vedere con le case
in cui sono cresciuti, la litania della risacca e i garriti dei gabbiani un
ricordo fumoso appartenente ad un altro mondo, un’altra vita; ma quando Haru vuole sentirsi a casa gli basta bussare in un punto
preciso della parete per sentirsi restituito, nel giro di qualche istante, il
saluto di Makoto.
*
« Va tutto bene? »
Potrebbe
quasi specchiarsi negli occhi verdi di Makoto, resi lucidi dalle lacrime. Con
un breve cenno della testa gli conferma che sì, sta bene – nonostante il
disagio che prova sul corpo, nonostante la paura. Makoto non è stupido
abbastanza da credergli, però: sospira e si lascia cadere accanto a lui, nel
letto troppo piccolo in cui è piacevole stare troppo stretti.
« Perché senti il bisogno di mentirmi? »
Haru ora rifugge il suo sguardo, posandolo sulla finestra a
lato del letto – al gioco di luci verdi e azzurre che si riflettono sulla
tapparella in plastica, ipnotico e silenzioso. Sente la presenza di Makoto
addosso a sé, rassicurante e non invasiva, il corpo nudo che conosce come fosse
il proprio ma che non ha mai avuto il coraggio di esplorare con malizia. « Non ti sto mentendo. », mormora. Makoto si fa ancora più
vicino: posa il dorso della mano sul suo volto e fa sì che lui si volti. Nel
trovarlo tranquillo e paziente sente l’improvviso bisogno di fare qualcosa di
stupido – una sensazione rara, per lui, ma non unica: afferra il suo polso e
preme le proprie labbra contro le sue, eccitato nel sentire Makoto
assecondarlo, ubriaco di lui e del sapore della sua bocca. Le labbra di Makoto
sono straordinariamente morbide, contratte in un sorriso gentile anche mentre
lo bacia – come non riuscisse a capacitarsi del fatto che Haru
lo stia baciando, nemmeno dopo tutto quel tempo.
Haru si
ritrae appena, sperando che lui lo segua in un gesto avventato che non gli
appartiene – e non si sorprende nello scoprire che Makoto è sereno, sorridente
e in attesa. Ha gettato un sasso in quello specchio d’acqua e tutto ciò che ha
ottenuto è l’increspare momentaneo della sua superficie; è frustrante,
doloroso, ma è tutto ciò che Makoto è: comprensivo e gentile, anche quando Haruka non vuol essere comprensivo e gentile con se stesso.
« Perché
te lo meriti. », risponde, finalmente. Sente il sesso rigido di Makoto contro
la propria coscia, caldo e invitante, ma rimane fermo. Il petto segue il ritmo
dei suoi respiri agitati.
« Posso
aspettare. », gli risponde serafico. Anche in quella posizione scomoda,
sdraiato su un fianco, solleva le spalle e si fa piccolo, minuscolo. « Posso aspettarti. »
Haru
non gli risponde, non è da lui. Scivola sul suo corpo, piano, il bacino che
preme con dolce insistenza contro quello di Makoto – la cui espressione muta in
quieta sorpresa, in gratitudine. « Sì. », mormora Haru; posa una mano sul suo petto e gli concede un sorriso,
una volta tanto. « Lo so. »
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