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Autore: Vega_95    27/01/2020    3 recensioni
Passiamo la vita a chiederci il perché delle cose, porci un'infinità di se, ma, forse...
Se fossi andato, se avessi detto, se avessi fatto...
Peccato che alla fine tutto si riduca ad unica scelta, una sola via che porta la nostra vita verso quell'unica strada, perché alla fine non viviamo di "se" e di "ma", bensì dell'unica, triste e cruda realtà.
Impressionato da quello scenario di distruzione, Adrien ingoiò una grossa boccata d'aria e cominciò a camminare tra i detriti in cerca di feriti, fu difficile mantenere il sangue freddo, ma tenne duro e proseguì, finché i suoi piedi smisero di muoversi, il suo corpo si paralizzò impedendogli di fare un altro passo, gli servirono alcuni minuti per capirne il motivo.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passiamo la vita a chiederci il perché delle cose, porci un'infinità di se, ma, forse...
Se fossi andato, se avessi detto, se avessi fatto... 
Peccato che alla fine tutto si riduca ad unica scelta, una sola via che porta la nostra vita verso quell'unica strada, perché alla fine non viviamo di "se" e di "ma", bensì dell'unica, triste e cruda realtà.
Una realtà che Adrien non accetterà mai, una realtà in cui Marinette non c'è e non ci sarà mai più.

Ormai per Adrien era diventato un chiodo fisso: Marinette. Erano andati insieme al cinema, avevano organizzato un pic-nic con i loro amici, si era imbucata ad una festa in casa sua... insomma aveva passato molto tempo con lei, ma aveva la sensazione che gli mancasse ancora qualcosa, ecco perché passò la settimana implorando suo padre di lasciargli un pomeriggio libero perché potesse uscire con lei.
«Marinette? E chi sarebbe?» gli aveva chiesto Gabriel.
«Una mia amica, andiamo a scuola insieme. La conosci, è la ragazza che ha realizzato quel fantastico cappello con le piume ed è stata scelta per il video clip di Clara, come Ladybug» cercò di fargliela ricordare dettagliatamente Adrien.
«Sì, mi ricordo di lei» fu la breve e concisa risposta dello stilista.
«Allora... Posso uscire domani pomeriggio?»
«Considerando i tuoi progressi al pianoforte e il tuo rendimento scolastico, direi che ti sei guadagnato questo pomeriggio libero. Nathalie e la tua guardia del corpo ti accompagneranno».
Un sorriso smagliante illuminò il viso di Adrien che saltò di gioia.
«Grazie papà!»

Riuscire a invitare Marinette non fu semplice, non voleva essere frainteso e cercò di farle capire che si trattava di un'uscita tra amici e non di un appuntamento e notò con gioia che lei fu comunque ben felice del suo invito.
Si sarebbero incontrati al Pont des Arts il pomeriggio seguente.
Peccato che a quell'appuntamento Marinette non ci arrivò mai.

Nathalie e l'autista avevano appena lasciato Adrien nel luogo dell'incontro, quando gli arrivò un messaggio dalla sua amica che lo avvisava che avrebbe tardato qualche minuto per via del traffico in cui si era imbottigliato l'autobus.
Adrien si diede immediatamente dello stupido: sarebbe potuto benissimo andare a prenderla, ma non ci aveva pensato.
Quel "se" fu, forse, il più grosso che l'avrebbe tormentato per lungo tempo.

Dopo mezz'ora, Marinette non era ancora arrivata e dopo un paio di chiamate senza risposta, il suo cellulare smise di dare segni di vita.
All'improvviso, scoprì che in città era scoppiato un allarme akuma. Forse Marinette aveva dovuto nascondersi, ecco perché stava tardando. Eppure era strano, se ci fosse stata un'akuma in giro, Nathalie sarebbe già stata lì per riportarlo a casa.

Ad ogni modo sentì clacson e sirene suonare all'impazzata a circa un isolato di distanza. 
«Plagg c'è qualcosa che non va. Dobbiamo intervenire!» esclamò al suo kwami che annuì, ma dal suo sguardo schivo Adrien capì che qualcosa non andava
«Che ti succede?»
«Nulla... Ho solo una brutta sensazione» gli confidò. «Andiamo» sospirò.
Contagiato dalla sua preoccupazione, Adrien si trasformò correndo verso il luogo da cui arrivavano le sirene e dove, probabilmente, si trovava l'akuma.

Mentre saltava tra i tetti sperando di intercettare Ladybug, le sirene delle ambulanze attirarono la sua attenzione e prima che potesse rendersene conto, i suoi piedi avevano già cambiato direzione lanciandosi all'inseguimento di quei lampeggianti blu.
Un groppo alla gola lo paralizzò quando si ritrovò di fronte a quel disastro.

Ed eccolo lì un altro "se".

Se l'autista del tir fosse stato più attento, non sarebbe passato con il rosso, ma lo fece perché dallo specchietto retrovisore aveva scorto una figura sospetta che aveva scambiato per un akumizzzato e, spaventato, si era dato alla fuga. Se Papillon non avesse insinuato così tanta paura tra i parigini rendendo i più suscettibili così ansiosi, quel tir non avrebbe travolto a tutta velocità l'autobus che stava passando, diretto alla prossima fermata.
Ma così era andata: il tir aveva preso in pieno il mezzo pubblico che si era piegato in due come un foglietto di carta rotolando poi sull'asfalto, mentre i passeggeri venivano sballottati qua e là al suo interno. 
Conscio che non ci fosse nessuna akuma, Chat Noir si sbrigò a soccorrere quelle persone, c'erano molti feriti, ma sembravano stare abbastanza bene, almeno finché non si addentrò tra le lamiere.

Impressionato da quello scenario di distruzione, Adrien ingoiò una grossa boccata d'aria e cominciò a camminare tra i detriti in cerca di feriti, fu difficile mantenere il sangue freddo, ma tenne duro e proseguì finché i suoi piedi smisero di muoversi, il suo corpo si paralizzò impedendogli di fare un altro passo. Gli servirono alcuni minuti per capirne il motivo.
La borsetta rosa che giaceva a terra fu la spiegazione a quelle palpitazioni che l'avevano paralizzato e non appena la raccolse prendendo coscienza di chi fosse, perse completamente la testa.
Un colpo di Cataclisma e le lamiere si sbriciolarono svelando poco a poco una mano piccola e affusolata che proseguiva in un braccio esile coperto da una giacchetta color antracite con risvoltini bianchi a pois, i pinocchietti rosa strappati sulle ginocchia e i piedi nudi, graffiati e feriti.

Marinette.

Inginocchiatosi al suo fianco, la voltò sollevandola tra le braccia. Si trovò di fronte al suo viso sfregiato dall'incidente, un taglio sulla fronte che sanguinava copiosamente e una brutta abrasione sulla guancia. 
La chiamò più volte, la scosse, ma Marinette non si svegliò.
Era coperta di polvere e graffi, i vestiti strappati, macchiati di sangue, pallida e fredda, tanto che l'istinto lo portò a stringerla forte, avvolgerla nel suo abbraccio per scaldarla.

«Andrà tutto bene Marinette, non aver paura, si sistemerà tutto» pigolò iniziando a cullarla tra le braccia, parlandole come se potesse rispondergli e come se quel movimento avrebbe potuto aiutarla. Inconsciamente, si riferì a se stesso, era un modo per cercare di calmarsi, ritrovare la lucidità che aveva perso da quando aveva trovato la sua borsetta.

«Ladybug! Ladybug dove sei?!» gridò nella speranza di vederla comparire da un momento all'altro, lanciare il suo "Miraculous Ladybug" riportando tutto alla normalità.

Il terrore si stava facendo spazio in lui e gli occhi pizzicavano sempre di più, finché non riuscì più a trattenere le lacrime, mentre invocava il nome dell'eroina che, ancora non lo sapeva, non sarebbe mai arrivata.

«Non aver paura Marinette, presto arriverà Ladybug e sistemerà tutto. Starai bene, andrà tutto bene».

Non andava bene, non aveva idea di dove fosse ferita, ma stava perdendo davvero troppo sangue, ne sentiva l'odore, così forte da nausearlo, gli stava imbrattando le mani e la tuta e lei non accennava a svegliarsi.

«Marinette, apri gli occhi, guardami» la pregò: «Ti prego, svegliati!»

Non riusciva a muoversi, sapeva che c'erano altre vittime dell'incidente, che Nathalie lo stava cercando, ma non riuscì, anzi non volle muoversi, non poteva lasciarla.
Quando arrivarono i soccorsi, fu difficile per i paramedici convincere il supereroe a lasciarla, ma quando uno di loro, dopo un primo controllo constatò che era ancora viva, Chat Noir si convinse, si rimise in piedi tenendola stretta tra le braccia e, accompagnato da loro, la portò fino alla barella stendendola.

Nel momento in cui il contatto tra loro si annullò l'intero mondo iniziò a vorticare troppo in fretta per Adrien, li vide correre da una parte all'altra con maschere d'ossigeno, garze, medicamenti, siringhe e flebo, in attesa che arrivassero altre ambulanze per soccorrere tutti i feriti.

Adrien tornò cosciente quando udì l'ultimo "bip" del suo anello.
Nascostosi in un vicolo, lasciò che il tempo giungesse al termine ritrovandosi faccia a faccia con Plagg che si adagiò tra le sue mani, abbattuto e desolato. Non sapeva che fare, se dirgli la verità, ovvero che Ladybug non sarebbe mai arrivata o sperare che la ragazza si salvasse. 
Adrien era sempre più sconvolto, lo guardava in cerca di un suo conforto che non arrivò e nel momento in cui udì le sirene di una nuova ambulanza, volò fuori dal vicolo correndo verso di loro.

«Stai indietro» lo fermò uno dei vigili del fuoco, mentre i paramedici caricavano Marinette sull'ambulanza.
«Mi faccia passare! La conosco!» si dimenò, cercando di sgusciare via e raggiungerla. «Lei... è la mia ragazza!»

Così dicendo oltrepassò l'uomo arrivando al suo capezzale. Non era cambiato niente, era ancora pallida e immobile.
Come c'era da aspettarsi, non lo lasciarono salire, ma prima che potesse darsi per vinto, una mano gli si posò sulla spalla facendogli trovare alle sue spalle l'agente Roger.

«Vieni con me, Adrien» disse.

A sirene spiegate, la volante del poliziotto partì seguendo l'ambulanza di Marinette e in pochi minuti il ragazzo si ritrovò a percorrere il corridoio del pronto soccorso al suo fianco, finché non giunsero davanti al reparto e l'infermiera lo trattenne.

«Andrà tutto bene» cercò di rassicurarlo tenendogli le mani sulle spalle con fare materno, accompagnandolo a sedersi. Era così pallido da farle pensare che le gambe non l'avrebbero retto ancora a lungo.
«Potresti darmi il recapito dei genitori della tua amica?» mormorò la donna cercando il viso del ragazzo sotto al ciuffo biondo.

Adrien sembrava troppo sconvolto per parlare, nemmeno si era reso conto di stare ancora stringendo tra le mani la borsetta di Marinette.

«Posso farlo io» intervenne il poliziotto, raggiungendo finalmente il ragazzo, seguito da Nathalie e dalla sua guardia del corpo.
«Adrien, sta bene?» si preoccupò immediatamente la donna prendendo il posto dell'infermiera al fianco del giovane che si ostinò a tacere, fissando la borsetta della sua amica.

Perché Ladybug non era venuta ad aiutarlo? Perché non li aveva salvati? Dov'era finita?

Disperato e sconvolto, serrò i denti stringendo con forza la stoffa rosa della borsa, lasciandosi sconvolgere di nuovo dalle lacrime, da quel pianto che faticava a liberarsi, ma di cui sentiva un forte bisogno. La paura per la sorte di Marinette era così forte da pesargli come un macigno nel petto. 
Ancora una volta non riuscì a sfogarsi, un piccolo squittio gli fece riaprire gli occhi guardando con curiosità la borsa, qualcosa si mosse al suo interno ed ebbe il terrore di scoprire che cosa fosse.
Il mondo intorno a lui cessò muoversi mentre prendeva coscienza di ciò che, probabilmente, era la triste verità, la risposta a tutte le sue domande era proprio lì dentro.

Si alzò velocemente muovendosi meccanicamente verso un punto ben preciso. 
Nathalie lo seguì finché non lo vide infilarsi nei bagni del piano.

Una volta avuta la certezza di essere solo, Adrien prese coraggio e aprì la clip.
Tutto gli crollò addosso nel preciso istante in cui il sospetto si tramutò in certezza, quando vide un kwami rosso stretto tra le zampette di Plagg, che piangeva e singhiozzava in silenzio. Non c'era modo di fraintendere, era il kwami della coccinella di Ladybug e se il kwami di Ladybug era nella borsa di Marinette, voleva dire una sola cosa: Marinette era Ladybug.

Ogni tassello del puzzle andò al suo posto, ma lo fece troppo velocemente.
Fece appena in tempo a scambiarsi uno sguardo con il suo kwami, quando delle vertigini spaventose lo travolsero sconquassando il suo stomaco già in subbuglio per tutto quel sangue e per lo spavento provato.

Con colpo spalancò uno dei gabbiotti del bagno sconvolto da un vomito improvviso che lo prosciugò di tutte le forze.

Ladybug era la ragazza di cui era innamorato
Marinette era Ladybug.
La ragazza di cui era follemente innamorato era quella che sedeva ogni giorno dietro di lui a scuola.
Ladybug non era intervenuta, perché era rimasta vittima dell'incidente.
Marinette stava lottando tra la vita e la morte.

Quando finalmente i conati si placarono, uscì. Adrien si sentiva ancora debole e frastornato, ma voleva avere notizie di Marinette, vederla, sapere che stava bene, dirle tutta la verità, quanto l'amasse, quanto l'aveva sempre amata senza saperlo, ma quando tornò nella corsia, si trovò di fronte ai genitori della ragazza, Alya, Nino, Luka, Juleka e quasi tutti gli altri compagni di classe, tutti ansiosi di sapere, avere quei dettagli che solo lui avrebbe potuto dare loro. Lo circondarono tempestandolo di domande che non trovarono risposta, prima ancora di capire cosa volessero da lui, il mondo di Adrien si oscurò. Troppo sconvolto, terrorizzato, troppe emozioni tutte insieme, troppe persone, il suo corpo non resse e perse i sensi ritrovandosi steso sul pavimento freddo dell'ospedale.

Si risvegliò su una delle barelle del pronto soccorso, con Nino al fianco.
Ci mise qualche minuto a capire cosa fosse successo e quando accadde drizzò la schiena.

«Marinette!» gridò. «Dov'è? Nino! Dov'è Marinette!»
«Calmati, amico» lo bloccò, prima che potesse alzarsi. Era ancora pallido e visibilmente debole.
«Nino... ti prego non dirmi che...» pigolò, cercando la verità nei suoi occhi.
«È stabile, dicono» gli comunicò. «ma ancora non si è svegliata. Dicono che abbia perso molto sangue e che il colpo sia stato veramente devastante per lei» gli raccontò molto lentamente, perché le informazioni non lo sconvolgessero ulteriormente. «A quanto hanno detto gli altri feriti, era seduta proprio nel punto dell'impatto maggiore»

Ogni parola di Nino lasciò focalizzare nella mente di Adrien tutto quello che era successo. Senza che potesse controllarlo, la sua mente mise a fuoco Marinette seduta sul sedile dell'autobus mentre dava le spalle al finestrino, magari gli stava scrivendo un messaggio per avvisarlo che stava arrivando e in quel momento il camion andò a sbattere violentemente proprio contro quel punto della vettura. Nella sua mente, la vide mentre veniva scaraventata dall'altro lato dell'autobus che aveva iniziato a carambolare sulla strada trascinandosi dietro tutti i passeggeri e si accartocciava come carta crespa sull'asfalto.
Di nuovo le lacrime tornarono a farsi prepotentemente strada tra le ciglia colando incontrollate sulle sue guance, zittendo Nino che si pentì amaramente di averglielo detto.

«È colpa mia! È successo per colpa mia!» singhiozzò intrecciando le mani tra i capelli, affondando le unghie nella testa e strattonando i fili biondi. «Perché non sono passato a prenderla? Perché ho lasciato che venisse da sola! Come ho potuto?! È solo colpa mia!»
«Non dire sciocchezze!». Alya zittì i suoi lamenti facendosi avanti, con una sicurezza che mascherò in maniera perfetta il fatto che avesse pianto fino a pochi minuti prima. «Non è colpa tua! Non è colpa di nessuno! È stato un incidente!»

Nel suo cuore, la ragazza dava la colpa di tutto quanto a Papillon, alle sue akuma e a quella sua spasmodica ricerca dei Miraculous, alla paura che aveva insinuato nei parigini, al punto da terrorizzare un povero autista per il presentimento di un pericolo, ma non era il caso di dirlo ad alta voce e fomentare un odio che in quel momento non sarebbe servito a niente.

Riportare a casa Adrien fu una vera impresa. Scalciò e si dimenò come non aveva mai fatto, cercò in ogni modo di restare accanto alla sua Marinette e una volta a casa, nonostante la strettissima sorveglianza che suo padre gli fece avere, cercò comunque di sgattaiolare fuori venendo ripescato più di una volta mentre varcava la porta di casa. Neanche trasformarsi in Chat Noir fu una soluzione, perché la sua guardia del corpo si era piazzata in camera sua per tenerlo sotto controllo.
Non avrebbe potuto fare nulla per la ragazza ed era così sconvolto da necessitare di assoluto riposo.
Gabriel stesso si ritenne responsabile dell'incidente, non capì per quale motivo Ladybug non fosse intervenuta a rimettere le cose a posto, lasciando quelle persone al proprio destino. Non poteva sapere che tra le vittime dell'incidente c'era proprio la sua acerrima nemica che altre non era che l'innamorata di suo figlio per cui tanto stava scalpitando.

Il giorno dopo in classe dilagò un silenzio agghiacciante, nessuno osò proferire parola sull'accaduto. Fissarono tutti il banco vuoto della loro amica finché Alya non si accorse che anche il posto accanto a Nino era libero.

«Credi che verrà?» bisbigliò Alya al suo ragazzo, cercando di non rompere quel silenzio che avevano creato. Non voleva andare a scuola quella mattina, avrebbe preferito tornare in ospedale dalla sua amica, ma i suoi genitori avevano insistito perché si distraesse per qualche ora. Difficile, visto che gli stessi professori avevano deciso di sospendere le lezioni per quel giorno.
Marinette non era stata l'unica studentessa della scuola coinvolta nell'incidente, ce n'erano stati altri due di altre classi, riamasti feriti. Uno sullo stesso autobus della ragazza e l'altro colpito di striscio dalla vettura che rotolava sull'asfalto.
Nino non fece in tempo a risponderle che, nello stupore generale, Adrien entrò in classe a testa bassa, rifiutandosi di guardare in faccia chiunque. Si sentiva colpevole per l'incidente, nonostante le parole di Alya, nonostante nessuno avesse pensato neanche per un secondo che fosse accaduto a causa sua, lui si sentiva in colpa. Non voleva andare a scuola, non voleva farsi vedere dai suoi amici, ma suo padre l'aveva costretto pensando che fosse una buona distrazione, esattamente come per la maggior parte dei genitori che quella mattina avevano costretto i ragazzi ad entrare in aula.

Adrien buttò la cartella a terra senza troppi riguardi e si sedette al suo posto, in silenzio incrociando le braccia davanti a sé e chinando la testa sopra.

«Adrien, stai bene?» gli domandò Nino sfiorandogli il braccio.
Il ragazzo si scostò al tocco e scosse la testa.
«Adrien, non è stata colpa tua» insistette Alya sporgendosi in avanti. «Se vuoi dare la colpa a qualcuno, dalla a Papillon!»
«Per una volta concordo con lei» s'intromise Chloé, accostandosi al banco del suo amico, spingendolo ad alzare lo sguardo. «Da quello che ha saputo Sabrina da suo padre, pare che l'autista del tir stesse fuggendo dall'akuma di Papillon, almeno lui credeva di averne vista una, in realtà ieri non abbiamo avuto attacchi, ma si è fatto prendere dal panico e ha perso il controllo del mezzo» spiegò in vece della sua amica che non se la sentì di parlare.
Quello di certo non fece sentire meglio Adrien, anzi lo caricò di rabbia, ma si sentiva troppo debole e spossato per esprimerla e, borsa in spalla, se ne andò di corsa dalla classe.
Doveva vedere assolutamente Marinette, ma non poteva uscire dal portone, la sua guardia del corpo puntellava l'ingresso per impedirgli di fare ciò che lui era intenzionato a fare.

«Perché per una volta non dai retta a tuo padre e torni in classe?» gli consigliò lo stesso Plagg.
«Perché io voglio vedere Marinette e se tu vuoi stare vicino alla tua amica, mi aiuterai» lo zittì, acido, infilandosi in uno dei gabbiotti del bagno. «Scusa...» sospirò, rendendosi conto di essere stato sgarbato, offrendogli un pezzo di formaggio in segno di pace.
«Non importa. Sono io che dovrei scusarmi per non averti detto la verità» borbottò il kwami divorando il suo pezzo di camembert.
«Non potevi, lo so» lo rassicurò il ragazzo accarezzandogli la testa con l'indice.

Trasformato, fu facile per Adrien uscire da scuola saltando tra i tetti della città fino ad arrivare su quello dell'ospedale. Entrò dalla porta di servizio dopo essersi ritrasformato e si mosse con discrezione lungo il corridoio della terapia intensiva fino alla camera della ragazza. Grosse bende le fasciavano il capo inghiottendo quasi completamente i suoi meravigliosi capelli neri, fortunatamente respirava da sola anche se, per precauzione, l'avevano attaccata all'ossigeno.

Tikki era accoccolata al suo fianco, nascosta sotto alle coperte.

«Come sta?» chiese alla kwami che non seppe rispondere, i medici dicevano che non aveva ancora superato la fase critica, che avrebbe dovuto svegliarsi prima di poter avere un'idea precisa del danno.

Preoccupato, Adrien si sedette accanto a lei e le prese la mano. Per un po' non disse nulla, restò in silenzio tenendo le loro dita intrecciate osservandola e pensando a quante volte le aveva preso la mano, ignaro della verità.

«Tu sai che ti amo da molto tempo, ma non hai mai saputo chi sono veramente e io non ho mai saputo di te... vorrei... mi piacerebbe avere una seconda possibilità. Se non fossi stato così sciocco e cieco da non riconoscerti. Se avessi saputo fin dall'inizio che eri tu... ma questo non avrebbe cambiato niente, tu ami un altro. Forse è lui che dovrebbe stare qui con te, sono certo che se lui fosse qui, se lui fosse stato con te, tutto questo non sarebbe mai accaduto. Se solo avessi saputo che la mia Insettina eri tu, che sei sempre stata tu... ecco cosa cercava di dirmi il mio cuore ogni volta che ti vedevo a scuola, la ragione per cui sentivo un nodo allo stomaco... ti amo M'Lady, Marinette, Ladybug, sei tu, la sola e unica. Ti prego svegliati, apri gli occhi e guardami, dimmi che ami un altro, che per te non sono niente, mi andrà bene, ma tu svegliati... ti scongiuro!» si disperò stringendole la mano, premendola contro la fronte in cerca del suo calore.
«Adrien...» lo chiamò Tikki, pronta a dirgli tutto, decisa a infrangere tutte le regole esistenti per regalare loro la felicità tanto agognata, ma non ne ebbe l'occasione. Marinette mugugnò sforzandosi di aprire gli occhi, stringendo la mano di Adrien.

«Marinette!» scattò in piedi.

A fatica, la ragazza aprì gli occhi rivolgendo un sorriso al ragazzo al suo capezzale. Adrien sembrò sollevato, felice di vederla sveglia. Marinette, invece, era confusa, aveva un ricordo vago di ciò che era accaduto, sapeva di essere stata sull'autobus per andare ad un appuntamento con lui e poi c'era stato un gran caos, la gente che urlava, aveva sentito dolore e il mondo intorno a lei aveva iniziato a vorticare finché non si era fatto buio.

«C'è stato un incidente» le raccontò Adrien iniziando a realizzare cosa doveva fare in un momento come quello. «Chiamo il dottore!»

Marinette lo fermò tenendogli stretta la mano, pronunciando il suo nome con un sussurro. Aveva sentito ogni parola di ciò che aveva detto, l'emozione era incredibilmente forte, nonostante fosse stroncata dalla debolezza. L'idea di aver rincorso per così tanto tempo il ragazzo che l'aveva sempre amata, la fece sentire incredibilmente stupida.

«Ti amo anch'io, Gattino» bisbigliò facendo leva sul gomito per alzarsi. Fu faticoso e doloroso, ma insistette per farlo e Adrien la aiutò. Non era sicuro di aver capito bene. 
«Non... Non capisco» 
«Perché sei tonto» ribatté Plagg, strappando un sorriso alla ragazza. 
«Voglio dire che sei tu il ragazzo di cui sono sempre stata innamorata, ma non ho mai realizzato che tu e Chat Noir foste la stessa persona, fino ad ora» gli confidò. Parlare così a lungo le costò una gran fatica, la testa le faceva così male da impedirle di udire le proprie parole, non era sicura di ciò che stava dicendo, ma a giudicare dalle lacrime che rigarono il viso di Adrien, doveva essere stata abbastanza chiara o aver detto l'esatto contrario di ciò aveva pensato.

Capì che si trattava della prima ipotesi quando lui le si accostò lentamente e lasciò che le loro labbra si toccassero delicatamente in attesa che lei rispondesse al suo bacio e quando accadde si spinse in avanti con più decisione. 
Adrien le accarezzò il viso e si lasciò stringere la mano, aveva aspettato quel momento per molto, troppo tempo e volle imprimerlo nella sua mente così da poterlo ricordare in eterno. Non era ancora pronto a staccarsi da lei, desiderava che quel momento durasse molto più a lungo, ma così non fu. Forse per la stanchezza, sentì Marinette staccarsi e spostare la testa fino ad appoggiarsi sulla sua spalla.

«Ti amo, mio Principe»

Contento che le cose tra loro si fossero sistemate, Adrien le avvolse le braccia intorno alle spalle senza stringerla, rispondendo alla sua dichiarazione con un bacio vicino all'orecchio. Forse era troppo emozionato, oppure la sua mente era incapace di accettare quel suono lungo e acuto che fece scoppiare a piangere Tikki e spinse Plagg a schiacciare ripetutamente il campanello d'allarme delle infermiere che, insieme al resto dello staff medico corsero nella camera.

Adrien non si era ancora reso conto di cosa stava accadendo, teneva ancora Marinette tra le braccia, quando una delle infermiere lo allontanò. Solo quando fu sulla porta comprese cosa stesse succedendo e iniziò di nuovo a ribellarsi, a urlare e scalciare. «Lasciatemi! Devo andare da lei! Marinette!!» urlò e si dimenò, invocò il suo nome ripetutamente mentre gli infermieri lo trattenevano cercando di calmarlo.

Durò poco, dopo alcuni tentativi di rianimazione, il medico si tirò indietro con aria rassegnata e guardò l'orologio. Adrien smise di dimenarsi, tacque e l'inserviente lo lasciò permettendogli di avvicinarsi. Una delle infermiere stava coprendo la ragazzina, quando Adrien le si accostò fermando la sua mano.

«Perché? Perché proprio ora che ci siamo trovati? Perché Marinette?!» pianse, appoggiando la fronte contro quella della ragazza. «Eri speciale, la sei sempre stata e non me ne sono mai accorto, mi dispiace... torna, ti prego!»

Non servì a niente, se non a rendere il tutto ancora più straziante e difficile.

«Andiamo» lo abbracciò un'infermiera.

Quella volta Adrien non si oppose, si lasciò portare via, ma prima tornò indietro per posarle un ultimo, gelido bacio sulle labbra ancora calde, che ancora sapevano di lei.

Uscito in corridoio, la prima cosa che Adrien vide furono i genitori di Marinette seguiti da Nathalie e da suo padre (avvisati dalla scuola della sua fuga) . Guardò Sabine e Tom con gli occhi gonfi di lacrime che non si sforzò di trattenere, non servirono parole per capire, Tom perse le forze, le gambe non lo resero e cadde sulle ginocchia, mentre sua moglie scoppiò in lacrime appoggiandosi alla sua spalla. Addolorato, Adrien si avvicinò, timoroso della reazione che avrebbero potuto avere nei suoi confronti, invece la madre di Marinette lo abbracciò forte e lo ringraziò per essere stato accanto alla sua bambina fino all'ultimo momento.

Quelli che seguirono furono giorni molto difficili per tutti. 
Tre persone erano morte quel giorno e tutta la città incolpava Papillon, tutti sapevano che lui era l'unico responsabile di quella tragedia che aveva strappato ai loro cari una giovane studentessa, un uomo che stava per diventare nonno e una stagista che tornava dal lavoro. Tre innocenti, vittime della bramosia di un uomo assetato di potere.

Gabriel accusò tutte le male parole contro il suo alter-ego, era colpevole, così come era colpevole del malessere di suo figlio, usciva raramente dalla sua stanza, si incolpava per ciò che era capitato alla sua amica e non c'era nessuno in grado a dissuaderlo del contrario.
Per amore di Adrien, Gabriel rinunciò momentaneamente ai suoi piani per stargli vicino, ma cercare di convincere Adrien ad aprirsi con lui fu quasi impossibile. Capì che l'unica in grado di aiutarlo era stata Emilie, ecco perché avrebbe dovuto fare tutto il possibile per riportarla indietro.

Pur non essendo il guardiano, Adrien si era ritrovato a dover tenere e proteggere la Miracle box di Marinette.

«Dovrei riportarla ai guardiani del tempio» sospirò guardando Plagg. «Ci separeranno».
«Tu sei Chat Noir, sei stato scelto da un Guardiano»
«Il compito di Chat Noir era quello di proteggere Ladybug e... e non l'ho fatto» tornò a mortificarsi osservando gli orecchini appoggiati alla sua scrivania. Più di una volta aveva pensato di usare quegli orecchini per invocare il Potere Assoluto, tirandosi indietro subito dopo. Far tornare Marinette avrebbe implicato uccidere qualcuno e lui temeva di perdere un'altra persona cara e poi la sua Lady non gliel'avrebbe mai perdonato.

Ancora una volta, Adrien andò a sfogliare l'omaggio di Alya alla loro amica sul suo Ladyblog, un video con le foto della loro cara Marinette e tutti i commenti dei suoi amici, elogi e addii strazianti ad una ragazza che aveva sempre dato tutta se stessa per tutti.

Improvvisamente il cellulare di Adrien suonò avvisandolo di un'edizione straordinaria del telegiornale: Papillon era tornato all'attacco. L'akuma stava seminando il panico per la città, ma quella volta i cittadini decisero di ribellarsi e lanciarsi all'attacco. Chat Noir doveva intervenire, prima che quel folle mietesse altre vittime. Nessun Lucky Charm lì avrebbe salvati da una fine certa.

Adrien si appostò su un tetto per studiare la situazione, ma la sua mente tornò indietro nel tempo, a quella mattina in cui decise di ribellarsi a suo padre e cominciare a frequentare la scuola pubblica. Se quella mattina non fosse uscito di casa, non avrebbe mai incontrato il maestro Fu, non sarebbe diventato Chat Noir e non avrebbe mai conosciuto Ladybug.
Se Adrien non fosse mai andato a scuola, non avrebbe mai ricevuto il Miraculous non avrebbe mai saputo cos'era la vera libertà e non avrebbe mai incontrato Marinette.
Era successo, però, la ragazza che era stata scelta per essere Ladybug era morta tra le braccia del suo compagno di avventure e grande amore, mentre si recava ad un appuntamento proprio con lui.

Avevano lottato a lungo contro Papillon mettendo a repentaglio la loro vita un'infinità di volte e lei era stata vittima di un comune incidente stradale, nessuno riuscì ad accettare quel fatto, ma nessuno sapeva che lei era Ladybug e non l'avrebbero mai saputo.

Era stato tutto un triste convergere di eventi, se Adrien avesse ignorato la notifica e non fosse mai venuto a sapere dell'attacco, non sarebbe intervenuto, non avrebbe sconfitto l'akumizzato da solo e non avrebbe disintegrato la farfalla con il Cataclisma.
Se Chat Noir non si fosse presentato, quel giorno, Papillon non avrebbe mai captato il suo cuore a pezzi.

Allo stesso modo, se Papillon avesse saputo che sotto alla maschera di Chat Noir c'era suo figlio, non avrebbe mai lanciato un'akuma su di lui, Adrien non si sarebbe mai trasformato in Chat Blanc e il mondo non avrebbe mai visto la sua fine. 

~•~ 🐞~•~

Credo sia passato più di un anno da quando buttai giù la bozza di questa storia, ci ho pensato a lungo, ma alla fine ho deciso di pubblicarla. Spero di non avervi fatto scendere troppe lacrime 😅

 

   
 
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