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Autore: My fair lady    02/03/2020    0 recensioni
Sono belli, sono uniti, sono divertenti, sono incasinati. Sono amici. Sono gay. Sono i personaggi di questa storia. Imparerete ad amarli.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Max si svegliò. Erano le sette di mattina. Aprì lentamente gli occhi e vide al suo fianco Chuck.
Solo in quel momento realizzò che era stato il loro quarto incontro 'romantico' in tre giorni.  Avevano decisamente esagerato, presi dalla passione, ma allo stesso tempo si sentiva bene.
Era in pace con il mondo e con sé stesso.
Una parte del suo cervello, che non smetteva mai di lavorare iniziò a preoccuparsi, perché in un certo senso, avevano oltrepassato il punto di non ritorno. Ora il loro rapporto sarebbe cambiato. Ma come?
Chuck emise qualche grugnito e poi aprì gli occhi.
Vedendo quelli di Max sorrise dolcemente “Buongiorno.”
“Buongiorno.”
Chuck lo baciò e poi lo abbracciò dicendo “Voglio che tu sia la prima persona che vedo quando mi sveglio.”
Max ironizzò “Non ti facevo così romantico.”
“Non conosci il Chuck innamorato. È un bel tipo.” rispose lui. “Sono esausto. Non avremmo dovuto farlo anche la quarta volta.”
“No decisamente.” sospirò Max. Guardò in giro per la stanza per cercare i suoi boxer.
Chuck chiese “Ti ricordi se abbiamo mangiato qualcosa?”
“Beh…c’è stato quel giochino con la panna e il cioccolato…Ah e poi ti sei fatto fuori i cetriolini sottaceto e due banane. Ridevi dicendo che sembravano tanti cazzi."
“Beh, frutta, verdura, sesso...una vita sana.” ironizzò l’uomo con la barba. Max si mise addosso i boxer e porse quelli di Chuck al suo amante.
“Stasera c’è la cena da Tato e Dave…direi che…per adesso è meglio non dire niente di noi.” disse Max
“E perché? Ormai stiamo insieme.”
Il riccio chiese “Da quando?”
“Pensavo che visto che…”
Max sospirò “Non basta andare a letto insieme per essere una coppia.”
A Chuck cadde tutto il peso del mondo sulle sue spalle. “Credevo che avessi capito che ti piaccio...”
“Tu mi piaci...mente, corpo, anima, ma ho ancora dubbi che non sono magicamente scomparsi.”
Chuck sbottò, alzandosi di colpo, per poi pentirsene, perché aveva parecchi dolori alle cosce. “Io sono innamorato di te. Ma la cosa non può funzionare se continui a fare un passo in avanti e due dietro. Decidi quello che vuoi una volta per tutte.”
Si mise le scarpe, si infilò i vestiti in fretta e poi uscì sbattendo la porta.
**
“Alex, ma tu non lavori mai?”
Il parrucchiere moro guardò Tato e rise “Questi sono i pregi dall'essere un libero professionista. Decido io quando andare in pausa pranzo, e scroccare un pasto al ristorante della mia anima gemella.”
Alex era andato a trovare John a lavoro, alle undici di mattina, e stava pranzando. John cercava come poteva di fargli compagnia quando non veniva chiamato in cucina.
“Il ristorante non è mio, tesoro. Comunque mi fa piacere. È sempre bello stare in famiglia.”
“Ormai a te interessa solo il tuo maritino.” sbuffò Alex.
“A proposito di Dave, ultimamente è un po’ strano nei miei confronti… non mi guarda nel solito modo.”
Alex chiese “Cioè?” Tato rispose con aria sognante “Come se fossi la sua ragione di vita.”
Alex si portò due dita vicino alla bocca, come a mimare l’atto di provocarsi il vomito. “Sono proprio passati i tempi in cui ti strusciavi addosso ad ogni moro.”
“Oh è vero. Avevo un debole per i ragazzi dai capelli scuri, e poi mi sono messo insieme ad un biondo.”
“Si si, intanto è passato il tempo in cui eravamo solo io e te contro il mondo… tu almeno hai Dave, ma io chi ho?”
John inarcò le sopracciglia e disse “Avevi una persona che ti amava molto. Ma l’hai trattata come spazzatura. Quindi non venirmi a dire queste cose.”
Tasto dolente. Tato non aveva ancora perdonato ad Alex il modo in cui si era comportato con Javier.
“Ma non preoccuparti. È andato oltre. Ha incontrato un altro ragazzo e ha passato la notte da lui.”
Alex per poco non si strozzò con il caffè. “Che cosa?”
“Si, me l’ha scritto. Ma guarda un po’. Tutti non fanno altro che rimpiazzarti. Io ti rimpiazzo con Dave, e Javier con un altro.”
Alex sbuffò “E tu saresti il mio migliore amico?”
**
Javier era riuscito con preghiere e lusinghe a farsi ridare il cellulare dalla madre, e a ricreazione, trovò un posto isolato, e chiamò Robin.
“Pronto?”
“Ciao, sono Javier”
“Ah finalmente…pensavo che non mi avessi più richiamato.”
“Io avrei voluto…Ma…sono in punizione.”
“Cosa?”
“E’ una storia lunga, ma sì, ho diciassette anni e mia madre ha esercitato il suo potere mettendomi in punizione e sequestrandomi il cellulare. Ti prego, non farmelo ridire. È già imbarazzante così.”
Sentì dall'altra parte una risata.
“Stai ridendo di me?”
“No, no, anzi un po’ si…ma più che altro mi fa piacere che avresti voluto contattarmi prima.”
“Si. Assolutamente. Vorrei rivederti.”
“Anche io. Vuoi venire da me o ci vediamo da qualche parte?”
“Beh… ho un orario di tempo limitato. Dalle 9 alle 15. Sono ancora in punizione.”
Sentì di nuovo ridere.
“Scusa scusa…è che è…assurdo. Comunque, va bene. Possiamo vederci alle 10, uno di questi giorni.”
“Sarebbe grandioso. Quindi...fammi sapere quando puoi.”
“Certo.”
Dopo un po’ la conversazione finì. Javier sorrise tra sé e se. Il suo primo appuntamento.
All'uscita raggiunse Lara e le disse “Esco con Robin!”
“Bene! Vedo che hai seguito il mio consiglio. Io oggi vado al Vitamina. Tu…non puoi vero?”
Javier sbuffò “Potresti anche evitare di rinfacciarmi il fatto che non posso uscire ogni secondo.”
Lara sorrise chiedendogli scusa.
Javier guardò e come sempre c’era sua madre ad aspettarlo. Puntuale come un orologio svizzero.
**
Max e George furono i primi ad arrivare a casa di Tato e Dave.
“Ecco chi torna dalle paludi della solitudine.” disse George.
“Perché?”
Il ragazzo biondo sbuffò “Non ti si sente da un po’. Hai scopato con qualcuno?
Max arrossì leggermente.
“Oh cazzo. Allora avevo ragione. Chi è?”
Tato disse “Chuck!”
Il colorito di Max diventò violaceo. John concluse “Chuck mi ha appena scritto, dicendo che non verrà alla cena, e neanche dopo. Non si sente bene.”
“Peccato. Ho letto che ci sarà Ben  al Poptastic, stasera. Potrei approfittarne per provarci di nuovo.” sorrise George sognante
Alex sbuffò “Pensi di avere qualche chance? Neanche tra un milione di anni.”
L’uomo biondo ironizzò, bevendosi un bicchiere di vino “Grazie Alex. Senza di te non saprei come fare a distruggere la mia autostima già scarsa? A proposito, nell’evento Facebook c’è scritto che oggi verranno eletti i tre uomini più belli della serata, giudicati dal pubblico, e uno di questi tre diventerà Mr Poptastic.”
“Interessante. So già chi diventerà Mr Poptastic. Io. Dimmi come funziona.”
George prese il cellulare e lesse “All'entrata, danno a tutti un adesivo con un numero da mettere sui vestiti. Mandi un messaggio ai PR e scrivi il numero del tipo che secondo te è il più figo.  I tre che otterranno la maggioranza di voti andranno sul palco, e subiranno una piccola intervista divertente, presentata da Ben.”
Alex fece l’imitazione di Mr Burns dei Simpson, con un ghigno maligno. “Eccellente. Quindi verrò eletto Mr Poptastic e allo stesso tempo potrò flirtare con Ben.”
Max ironizzò “Stai attento. Ultimamente tutti quelli che ti fai si innamorano di te.”
“Questa potevi risparmiartela. E poi non è colpa mia se sono bellissimo, intelligente, adorabile e divertente”
Max continuò ad infierire “E comunque a quanto pare Javier ci ha messo poco a dimenticarti”
Ancora Javier. Ogni volta che sentiva quel nome sentiva quasi il desiderio di vederlo.
“Allora, come ti vestirai oggi Mr Poptastic?”
Alex assunse un’espressione pensierosa e poi disse “Una bella canotta attillata. Classica, che però mette in risalto il mio corpo.”
“Beato te che puoi permettertela. Se la mettessi io sembrerei un wurstel dentro la pasta sfoglia.”
Alex sorrise “Beh, quando vuoi sai essere sexy anche tu. Ricordate la sua lap dance sopra il bancone del bar?”
Max rise “Oh mio dio sì. Beh, devo ammettere che in quel caso eri molto sexy, con quei pantaloni di pelle e la camicia rossa sbottonata. E come facevi twerking”
Tato sospirò “Ragazzi, vi prego non riportate alla mente certe scene. Ero ubriaco e fatto come una zucca.” poi salì le scale e andò in camera da letto.
Dave era seduto sul letto con il pc. “Sono arrivati i ragazzi.”
Il suo fidanzato rispose senza neanche guardarlo “Arrivo subito.”
Il cuoco fece per uscire dalla stanza, poi si girò e chiese “Si può sapere che hai? E’ qualche giorno che ti comporti in modo strano. Ti ho fatto qualcosa?”
Dave guardò il fidanzato e gli chiese solo “Mi ami?”
“Certo che ti amo. Tantissimo.” rispose senza neanche pensarci Tato.
“E allora perché tieni una foto di te ed Alex nel nostro album? Tu parli sempre di lui, lo difendi a spada tratta. Vi siete anche toccati, e…credo che un po’ di voglia ti sia rimasta.”
John si sentì profondamente offeso da quelle parole “Non abbiamo fatto niente, e poi avevamo sedici anni, molto prima di conoscerti.”
“E ti sembra normale tenere la foto del tuo migliore amico nel nostro album?”
La voce di Tato diventò aspra “Dave. Stiamo insieme da sei anni e mezzo. Io ti ho dato tutto quello che ho, corpo, anima, cuore. Come puoi anche solo pensare che ci sia una persona più importante di te? Io capisco che ultimamente non riusciamo a vederci spesso, e abbiamo degli screzi a letto, ma, e forse non ti farà piacere sentirlo, Alex in questo non c’entra niente. Forse senti il bisogno di trovare un capro espiatorio, ma non è così.”
“Ad Alex basterebbe una parola per portarti via da me, se solo lo volesse.” disse Dave.
Tato si avvicinò al fidanzato, e cercò di assumere un tono comprensivo “Non esiste uomo al mondo che potrebbe portarmi via da te.  Sei il primo uomo che ho amato e che mi ha fatto credere davvero in un ‘per sempre’. E poi…sei l’unico che riesce a sopportare il mio essere lunatico e acido.”
Queste ultime parole riuscirono a strappare un sorriso dalla bocca di Dave. “Lo so…Io mi fido di te. Non mi fido di me stesso…Ho paura di non piacerti più…e magari…è per questo che non facciamo l’amore.”
“Tu mi piaci, e mi piacerai sempre. Anche con le rughe, la pancetta e stempiato. Per sempre.”
I due si baciarono, a lungo, poi si separarono abbracciandosi e Dave affondò il naso nella spalla del compagno.
“Adoro il tuo odore…Ora…vai giù dai ragazzi. Io vi raggiungo tra qualche minuto.”
“Ok.”
**
Max guardò l’abbondanza di portate e sospirò “Stasera non hai badato alle calorie, Tato.”
“E’ tutto il mese che provo a stare a dieta. L’unico risultato che ho ottenuto è di non aver preso chili. Quindi per oggi fanculo alla dieta.”
“Bravo, così si parla. Ribelliamoci agli ideali di bellezza mascolini!” disse George.
Tato andò in cucina, e Max lo seguì.
“Posso darti una mano?”
“Certo.”
Tato stava scolando la pasta e la stava iniziando a condire.
“Senti...mi è venuta in mente una curiosità. Posso chiedertela?”
“Certo.”
Max era nervoso “Ti sei mai innamorato di un amico?”
Tato sbuffò “Hai parlato con Dave?”
“No no…semplice curiosità... a volte può capitare di guardare un amico con occhi diversi…. Ma forse una bella amicizia dovrebbe rimanere una bella amicizia, non trovi?”
Tato sbuffò “Credo che dipenda. Non è detto che sia una cosa negativa, se ti trovi bene con l’amico di cui ti sei innamorato. Ora…aiutami a portare i piatti a tavola. Attento che scottano.”
A tavola i tre stavano parlottando tutti eccitati “Dave ha detto che mi presta la sua canotta a rete! Ottimo!” sorrise raggiante Alex.
Tato chiese “Ma non è passata di moda?”
“Si dice vintage Tato. E comunque mi sta benissimo.”
Dave chiese ad Alex “Sei così sicuro di vincere il concorso?”
“Stiamo parlando del Poptastic. Di solito c’è la feccia di New York. Farò una strage di erezioni.”
**
“Ho finito. Posso lasciare la tavola?”
Carmen guardò il figlio e rispose “D’accordo.”
In casa Morales-Santos il clima era molto teso. Era rientrato dal pomeriggio Enrique Santos, il padre di Javier. Lo stesso uomo che aveva inondato di spazzatura Alex e il figlio.
La cena era passata senza danni. Javier prese il suo piatto e lo portò in cucina a lavarlo.
Il signor Santos lo raggiunse portando il suo e disse “Sei tornato a casa.”
Lui annuì con la testa. “E sono anche in punizione.”
“Bene. Non voglio che tu esca quando ti pare. Potrai uscire il venerdì e il sabato sera.”
Javier rispose “Sai che divertimento. Ero abituato a uscire quando volevo.”
Enrique alzò la voce “Finché sei in questa casa, rispetti le nostre regole.”
Il ragazzo guardò negli occhi il padre e rispose “Io rispetterò le vostre regole quando voi rispetterete me.”
Enrique Santos incuteva soggezione. Era alto 1.90, muscoloso e aveva sempre un’espressione severa. Per non parlare delle sue tante pistole, eppure il figlio riusciva sempre in qualche modo a ribellarsi a lui.
“Sappi che non è una fase…Non mi passerà crescendo. È quello che sono, e non puoi farci nulla in proposito.”
“Tu non sei…maricona.”
Javier rise “Non riesci neanche a dirlo in inglese? Gay, gay, gay, gay.”
Enrique sbuffò alterato “Smettila. C’è tua sorella, e non voglio che ascolti queste cose. Comunque…se tu hai deciso così non ti farò cambiare idea e tra qualche mese sarai maggiorenne. Ma ugualmente non voglio che tu esca e frequenti quei…posti”
Javier rise “Certo che te e mamma non andate d’accordo su niente tranne che sul dirmi come devo vivere la mia vita e sul preoccuparvi inutilmente.”
Enrique “Sei stato fortunato che non sapessi dove stavi, altrimenti sarei venuto a prenderti a calci e riportarti a casa.”
“Beh, Mamma lo sapeva. È venuta a casa degli uomini che mi ospitavano.”
Una smorfia di rabbia comparve sul viso di Enrique, e una di paura invece su quello di Javier. Questa volta aveva decisamente parlato troppo.
Il padre del ragazzo strinse i pugni e andò in salotto, dove Carmen stava mangiando una mela. “Chingada.
Porque no me dijiste que habias sido de los hombres que han acogido Javier?”
“Come osi darmi della Chingada? E abbassa la voce”
“Perché non me l’hai detto? Io sarei corso subito a riprendere Javier!”
Carmen guardò il marito con aria di sfida e chiese “Ah sì? E come? Con la forza? Picchiando quei due ragazzi magari? Beccandoti una denuncia? Lo sai che non è la prima volta.”
Enrique urlò “Non parlarmi con questo tono!”
Carmen si fece seria “No infatti. Non voglio parlarti più.”
Chiamò la figlia che stava guardando la televisione e guardò Javier “Andiamo.”
I tre uscirono di casa ed Enrique Santos urlò “Dove porti i miei figli, donna?”
“Sono i miei figli. E li porto dove possano essere lontani da te, Hijo de puta.”
Aprì la sua macchina e i tre entrarono, mise in moto, schiacciò l’acceleratore e corse via sfrecciando.
Javier guardò la madre che era limite di un attacco isterico “Mamma…stai bene?”
Carmen borbottò “Ti farò vedere di cosa sono capaci le donne messicane, mijo.”
E andò ancora più veloce.
Ariana chiese “Ma che è successo? Perché papà è impazzito?”
“Niente, tesoro…diciamo che tuo fratello ha parlato un po’ troppo…ma la colpa non è sua.”
Il ragazzo propose “Conosco un posto dove papà non ci cercherà mai.”
“Non vorrai dire…uno dei tuoi locali?” chiese lei preoccupata.
Javier annuì “Esattamente. Papà non ci cercherebbe mai lì. Saremo al sicuro.”
Carmen sospirò “Ma non dalla droga, dall’alcol, e dal sesso.”
“Mamma, la droga, l’alcol e il sesso sono ovunque. Non puoi proteggermi in eterno. Prima o poi succederà di scottarmi, di ubriacarmi, di andare a letto con le persone sbagliate. Non puoi difendermi da questo.”
“No, infatti. È proprio questo che mi spaventa. Vorrei che tu restassi un bambino per sempre.”
Javier sorrise “Ma non lo sono più. Però ho ancora bisogno di te.”
Carmen sorrise ed accarezzò la guancia del figlio.
Arrivarono al Poptastic.
Javier aveva mandato un messaggio a George dicendo che sarebbe venuto insieme alla sua famiglia. George lo lesse anche agli altri e Tato rise “Oh mio dio. Carmen in un covo di peccatori.”
I tre parcheggiarono e si diressero all’entrata. Carmen disse alla figlia “Non guardare…fai finta di niente!”
Ariana sospirò “Mamma, ho quattordici anni. Non sono una bambina.”
“Eh no. Oggi ne ho abbastanza di questo discorso. Tu non sei più autorizzata a crescere!”
Javier guardò la sorella e le fece segno di lasciar perdere “Non preoccuparti mamma, vedrai che dopo un po’ ti abituerai al locale, e alla gente.”
I tre furono subito accolti da musica allegra, e moltissime persone. Dai branchi ai cacciatori individuali, dalle persone che venivano solo per distrarsi, e da tanta allegria.
Javier vide il gruppo dei suoi amici e li raggiunse.
Si diressero verso di loro, sperando che delle facce conosciute avrebbero aiutato sua madre a rilassarsi.
Javier salutò tutti i suoi amici, con un piccolo abbraccio, poi presentò la sua famiglia all’altra sua famiglia. Alex non c’era.
Probabilmente era andato a prendere qualcosa da bere.
“Spero che il gatto stia bene a casa… appena posso tornerò a prenderlo.” disse Carmen, preoccupata per il loro gatto, Tito.
Tato iniziò ad avere gli occhi lucidi, come ogni volta che si parlava di animali.
Alex arrivò e se ne accorse e rise “Qualcuno ha parlato di animali?”
Tato sbuffò “Mi conosci bene.”
“Non farò mai più l’errore di andare con te in un negozio di animali.”
Si accorse di Javier e di una donna e una ragazza insieme a lui.
Lo salutò, e Javier rispose al saluto in maniera imbarazzata.
La madre li guardò in maniera sospettosa. Il comportamento tra i due era strano…non sembrava essere uno dei suoi amici. Un’intuizione la colse. Lui era quello. L’uomo che aveva preso suo figlio.
Provò subito una forte rabbia per lui, poi cercò di scemarla.
Javier disse al gruppo “Vado a bere qualcosa.”
Si allontanò del gruppo.
Javier vide con la coda dell’occhio che Alex lo seguiva, e ciò lo rendeva molto a disagio. Si mise in coda per il bar e Alex camminando piano lo raggiunse.
“È da un po’ che non ci si vede.”
“Già.”
Alex disse guardandosi le unghie “Sono contento di sapere che ti vedi con qualcuno.”
Javier lo guardò incuriosito, e stava per parlare, ma Alex lo anticipò “Tato è adorabile ma non sa tenersi nulla per lui. Digli qualcosa ed entro un’ora lo sanno tutti. Comunque…che tipo è quello con cui esci?”
“Beh in realtà non siamo ancora mai usciti insieme. Ci siamo conosciuti dopo essere uscito dal Vitamina e ho passato la notte da lui.”
Javier non capiva dove Alex volesse andare. Sembrava quasi geloso.
“Pensi che sia qualcosa di serio?”
Javier scrollò le spalle “Non lo so. Non lo conosco ancora bene.”
Alex annuì “Come mai hai portato la tua famiglia?”
Javier rise, ripensando alla sfuriata di suo padre “Beh…mio padre ha di nuovo dato di matto. Loro hanno litigato, e questo è un posto dove mio padre non ci verrebbe mai a cercare.”
“Beh, il fatto che abbia accettato di venire qui, è una buona cosa.”
Poi lo salutò e se ne andò.
Javier notò che quella era delle poche volte in cui loro due avevano avuto una conversazione normale, senza battute cattive, doppi sensi o altro. Era strano.
Anche un’altra persona reputava strano Alex, e andò a constatare di persona. Carmen si separò dal gruppo dicendo ad Ariana di rimanere con gli amici di Javier, e seguì Alex. Lo vide e lo raggiunse.
Non poté fare a meno di suscitare strane reazioni tra gli avventori del locale. In effetti una donna di quarantaquattro anni in un locale gay era sospetta.
“Ciao.” disse ad Alex.
Il moro si girò “Salve. Lei è la madre di Javier? Si parcheggi o si sposti. Mi sta levando la visuale. Cerco di farmi quel ragazzo prima che avvenga l’annuncio dei tre candidati.”
Carmen cercò di apparire tranquilla. Chiese “Quale?”
Alex rispose “È quello lì, con la maglietta arancione e il pizzetto.”
“Ah sì, lo vedo. Se ti piace quel genere…”
Alex era molto stupito dalla freddezza della donna. “Senta, andiamo al dunque. Immagino che vorrà farmi la predica per essermi fatto suo figlio, che sono uno schifoso che approfitta di innocenti ragazzi.”
Carmen sorrise “A quello ci ha già pensato mio marito. Io invece…volevo solo capire cosa ha visto mio figlio in te. Non sei poi così bello.”
Alex sbuffò “Mi dispiace dirglielo, ma non ha molto gusto in fatto di uomini.”
La donna sospirò “Sarà…ma ci sono ragazzi in giro più belli di te. Mio figlio per esempio. È bellissimo, non trovi? Beh, immagino che sarai d’accordo con me, visto che per esserci andato a letto sarai stato attratto da lui. E comunque…ti stupirà sapere che in un certo senso sono contenta di sapere che tu sia stato il primo di Javier.”
“Questa è una cosa che nessuna madre mi ha mai detto in vita mia.” rise il parrucchiere.
“Beh. Sei sano, credo, sei normale, non ti piacciono cose ‘estreme’ e non ti droghi.”
Alex scosse la testa “Non mi conosce affatto. Io fumo, sigarette e canne, e se mi capita, qualche pasticca in giro me la faccio. Assumo Popper, mi scopo un ragazzo ogni volta che mi va. Però sempre protetto, questo glielo concedo.”
Carmen accusò il colpo, ma dissimulò con arte “Apprezzo la tua onesta. Se non altro non hai trasmesso queste cose a mio figlio, è sano come un pesce e non assume droghe di nessun tipo.”
Alex rispose “Lei ha delle idee molto idealizzate di suo figlio. Non è certo l’angioletto perfetto che lei pensa.”
“Io non mi arrendo mai. Sono una donna messicana, non mi piego, non mi inchino e non mi spezzo.”
Alex rise “Comincia a fare la femminista?”
Carmen ricambiò la risata “Sono donna, sono una madre, sono latina, e ho la pelle scura. Tu non resisteresti neanche due giorni. Per fortuna Dio ti ha creato bianco e belloccio, creandoti la strada spianata, perché altrimenti non avresti potuto fare niente.”
“Io non credo in Dio.”
“Questo non vuol dire che lui non creda in te.” disse e se ne andò.
Alex era provato dallo scontro con quella donna. Iniziava a capire dove Javier avesse preso il suo carattere.
Javier era al bar e prese una birra. “Ma tu bevi solo birra?” chiese una voce.
Javier si girò e sorrise. Dietro di lui c’era Robin.
“Ehi. Non sapevo se fossi venuto.”
L’uomo sorrise “Beh, dopo il tuo messaggio, mi sono liberato a lavoro…e sono corso.”
I due si avvicinarono e si baciarono.
“Vieni…ti presento i miei amici e…mia madre e mia sorella.”
“Wow, mi presenti già la famiglia? È una cosa seria allora.” ironizzò il ragazzo.
Javier rise e lo baciò di nuovo.
Si fecero strada per raggiungere gli altri. Ariana si era lasciata andare al ritmo e ballava.
Carmen vide che il figlio teneva per mano un ragazzo. Questo le fece battere il cuore forte.
Fece tutto il giro di presentazione.
“Ah sì, quello che hai rimorchi…” Javier lanciò un’occhiataccia a George.
Carmen si presentò “Piacere, sono la madre di Javier. Carmen.” Robin le strinse la mano e sorrise.
Javier immaginava che per la madre non fosse facile tutto questo, ma non stava cedendo.
Il ragazzo diede un bacio alla madre “Non ti cambierei con nessuna.”
La madre sorrise e gli diede un leggero buffetto sulla guancia.
Robin sorrise “Vuoi ballare?”
“Certo!”
I due sparirono in mezzo alla folla.
Max disse “Sono carini insieme.”
“Secondo me non durano.” disse caustico Alex.
 
  
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