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Autore: NeveDelicata    07/03/2020    6 recensioni
“Sarà anche una contadina, ma vale molto più di te principessa” si sentì rimproverare.
Questi personaggi non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Yzawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Abel Butman, Elisa Dangering
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Yzawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
 
 
 
 
 
“Sarà anche una contadina, ma vale molto più di te principessa” si sentì rimproverare da quel ragazzo dai capelli scuri e dagli occhi color dell’oceano, dov’è più profondo.
Mai nessuno le aveva parlato a quel modo, o meglio era la seconda volta che quell’uomo le parlava a quel modo: un modo arrogante, in una maniera che la spiazzava nella sua durezza. La presunzione che lei gli fosse inferiore e non il contrario.
Quell’uomo sembrava rimetterla al suo posto, come un re di fronte ad un suddito troppo irriverente.
“Un uomo rozzo e volgare” l’aveva definito lei, ma potevano le parole di un solo uomo ferirla a quel modo?
Era come se desse loro importanza.
A Elise salì la rabbia in viso. Le si colorarono le guance, più come una bambina irritata dal commento di un amico antipatico, a cui però si tiene.
Oh, figuriamoci! si disse.
Il suo Lowell, non le parlava così! Non le avrebbe mai parlato così… s’appellò ad un paragone improbabile.
Che le dispiacesse Lowell si comportasse a quel modo? Avrebbe preferito altrimenti?
Certo che no! si disse.
Considerava Lowell come una cosa sua; anche a dispetto di quello che lui le aveva detto chiaro e tondo, prendendo posizione sul loro matrimonio.
L’unica cosa che Elise aveva provato di fronte a quella ribellione era seccatura.
Che fosse stanca dell’atteggiamento di apatia di Lowell nei suoi riguardi?
Chiedeva forse altro?
Oh, figuriamoci! Certo che no! si scoprì a pensare, eppure…
Il suo pensiero realizzò dovesse fermare quell’uomo presuntuoso.
Lowell sembrava già un ricordo, perché se ne era appena andato in carrozza assieme a quell’odiosa di Georgie.
“Scusami, Elise, ma non me la sento di sposarti…” aveva detto Lowell scuotendola nell’animo, ma le parole che avevano giustificato la sua azione di annullare le nozze “Il nostro matrimonio sarebbe stato una farsa, e tu meriti…” erano la realizzazione di una verità che le ricadde chiara sotto gli occhi.
Lo schiaffo che lei aveva tirato a Lowell, era stato sufficiente a ripagare il proprio ego mortificato e, lui l’aveva incassato, senza ribattere parola.
Nessuna reazione, da parte di Lowell, proprio come il vuoto che era sempre apparso avvolgerli nella loro relazione, fatto di utopistico amore, di una vicinanza di pura circostanza, proprio come aveva appuntato lui.
Cosa le rimaneva allora? Solo sentimenti confusi, che non sembravano più essere tali.
C’era mai stato amore nel suo cuore?
Elise, ora ne dubitava.
Eppure una voce la chiamava, come chiama ogni fanciulla a cui il cuore è risvegliato, da parole che lambiscono il cuore come una carezza eppure taglienti come una lama.
No, doveva fermare quell’uomo.
Per far capire anche a lui, una volta per tutte che lei era superiore; le era superiore.
Ci teneva.
Ci teneva perché lei era una nobile. Solo per quello.
Non c’erano altri motivi.
No, null’altro motivo, si disse.
Era la seconda volta che quell’uomo la trattava così: si girava, tornando sui suoi passi e se ne andava.
La offendeva.
Lui la umiliava, probabilmente inconsapevolmente o chissà, e con indifferenza se ne andava.
Come… qualcuno che ti bacia e poi disprezza quel bacio.
Con Lowell aveva provato quella sensazione, ma questa volta era molto più frustante e intensa.
Lui se ne stava andando.
Non la considerava.
Se ne stava nuovamente andando via.
Ormai le dava le spalle; il suo mantello svolazzava al vento che ne delineava la figura. Il pappagallo bianco lo precedeva lontano, anticipando la sua strada. Un’immagine intensa e travolgente come in un racconto o in un sogno sempre agognato.
“Aspetta” biascicò Elise: i bei merletti della manica del vestito di tartan scozzese, uscirono da sotto la mantellina color ardesia. La sua voce suonò distinta, alta e impertinente, perché sapeva che questa volta non avrebbe potuto impedirgli di andarsene, trattenendolo perché si scusasse.
Nella mente, l’eco delle saccenti parole di quell’uomo: “Sarà anche una contadina, ma vale molto più di te principessa” e quelle che inspiegabilmente ricordava come fosse ieri “Cosa dovrei fare? Forse morire qui, per farti un piacere?”.
Sembrò non le importasse di voltarsi allo zio per chiedere licenza, solo con gli occhi, senza parlare.
Elise corse semplicemente fuori del cancello della residenza del Visconte Barnes con la propria voce che pretendeva che quell’uomo si fermasse per aspettarla.
“Aspetta” invocò e, lo rincorse….
 
   
 
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