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Autore: Freez shad    15/03/2020    4 recensioni
La vita chiama ognuno di noi a fare delle scelte precise. Importanti o meno che siano.
I benefici di una scelta saggia possono essere molteplici; come, diversamente, lo possono essere le ripercussioni di una sbagliata.
Solo una legge, in circostanze simili, è inequivocabile: una volta scelta quale strada intraprendere, difficilmente è possibile tornare indietro. Specie quando, nel suo percorso, si intreccia nella vita di chi si ha accanto.
Alla fine di questo racconto, una domanda è d'obbligo: quale via avresti preso?
Genere: Azione, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era ormai notte inoltrata.
La Luna era piena, limpida. Alta, nella sua massima estensione, in un cielo meravigliosamente pulito.
Per una volta il meteo ci aveva preso; nemmeno sembrava trattarsi di uno dei mesi più freddi e piovosi dell’anno.
Persino la città, come in cielo così in terra, godeva di una calma e un silenzio intenso e quasi irreale.  
Apparentemente, ma quale utopia.



Due auto sfrecciavano in quel fantomatico paradiso zen, percorrendo a gran velocità le vie principali, superando una dopo l’altra i vari sotto-quartieri e zone del centro. La prima in fuga. La seconda al suo inseguimento, con la differenza di avere le sirene spiegate.
Al suo interno vi erano due eccellenti agenti di polizia, preda e predatore, rinomati per le loro capacità.
La giovane coniglietta Judy, al volante dell’enorme mezzo, si mostrava concentrata verso ogni variazione dell’inseguito, tallonandolo senza perderlo di vista: sentiva quasi esploderle il cuore per l’adrenalina che le stava circolando nel sangue e il respiro, come conseguenza, ne scandiva i battiti. Del tutto normale per la sua natura.
Nick, la volpe seduta al suo fianco, sfoggiava in volto i suoi adorati occhiali neri d’ordinanza, impersonando nel suo atteggiamento uno di quei freddi e fieri poliziotti da serie televisiva degli anni ’70-’80; pochi avrebbero sospettato che, sotto quelle lenti così scure e un’espressione tanto scanzonata, si celasse uno sguardo attento e una mente pronta ad intervenire.

“Fate molta attenzione! Il soggetto è armato e pericoloso. Non tollererò distrazioni di sorta o superficialità, chiaro?”.

Queste erano state le direttive di Bogo.
Questo, per pura coincidenza, era divenuto il loro caso.
Il dovere li imponeva di rispondere alla chiamata e, tale inseguimento, era forse il miglior “presente!” che potessero esclamare.



Veloci a dritto. Sterzata a destra. Poi a sinistra. Un vicolo stretto come via di fuga.
Il malvivente riuscì ad imboccarlo; perse un cerchione nel farlo, ma l’inseguimento non era finito.
Entrambi sbucarono all’entrata di Acacia Street, in una zona cantieristica.
<< Sembra essere un osso duro! >> esclamò la volpe,
<< Così pare! >> rispose la coniglietta, mantenendo lo sguardo concentrato avanti a sé,
<< Scommetto che nella tua pessima guida, un trucchetto per bloccarlo ce l’hai, non è così? >> domandò, rivolgendole un canzonatorio sorriso,
<< Infatti! >>.
La leporide accelerò improvvisamente, schiacciando il canide contro lo schienale, fino a tamponare l’auto dinanzi.
Questa sbandò, nel tentativo di frenare, finendo per schiantare la fiancata contro un lampione che si piegò. Fortuna che era quella destra.
Il criminale, mezzo scombussolato e barcollante, ne uscì incolume e seguitò ad entrare nella vecchia palazzetta abbandonata e fatiscente di fronte.
<< Carotina…wow, non ti facevo così aggressiva! >> fece stupito Nick, osservando le orecchie di lei abbassarsi in un palese imbarazzo,
<< Mi spiace! Volevo speronarlo, ma credevo si sarebbe fermato >>,
<< A quanto pare, non è nelle sue intenzioni >> fece, portando la zampa alla fondina << Ti consiglio di caricare al massimo lo spara-dardi! >>,
<< Dose massima? >>,
<< La più grande che hai! >> fece, porgendole poi un comunicatore << Questo ci terrà in contatto. Il primo che lo scova, chiama l’altro e aspetta, ok? >>.



I due si separarono.
Nick oltrepassò l’entrata principale, la cui porta era stata già sfondata dal criminale, con circospezione e fare guardingo.
Judy, sfruttando le minute dimensioni, scivolò attraverso una finestra aperta sul retro che si affacciava sulla lavanderia, nel basement della struttura. Silenziosa, misurando perfettamente ogni movimento.
La luminosità del cielo, che aveva attraversato e rimbalzato sui vetri rotti sparsi un po' ovunque, andava sempre più affievolendosi.
Delle nubi erano comparse.
Dalla bocca della volpe una maledizione si levò alta. Il rombare di un tuono la sancì.
Solo la luce proveniente dal lampione sano fungeva da aiuto ma, essendo disposto dalla parte sbagliata, era quasi ininfluente. Una seconda maledizione, più silenziosa, seguì la prima.
Man mano che il canide saliva la rampa di scale, ispezionando un piano per volta, poche piccole gocce cominciarono a scendere taglienti.
Un secondo tuono, assieme all’alzarsi del vento, costrinse Nick ad arrendersi all’evidenza. Se la buona sorte lo avesse assistito, questa volta se la sarebbe cavata solo con un raffreddore.
Uno scricchiolio, proveniente dal corridoio del piano di sopra, lo mise in allerta.
Non poteva essere Judy; il suo peso era troppo irrilevante, persino per delle assi di legno vecchie come quelle. Doveva essere qualcosa di molto più grosso. La volpe scattò verso le scale.
Il malvivente salì ancora. I brevi tonfi dei suoi passi, echeggianti nel silenzio, ne erano la conferma.
Piano dopo piano, Nick continuò ad inseguirlo senza sosta; solo una porta socchiusa, l’ultima, lo arrestò.
Oltre vi era la terrazza. Probabilmente una di quelle spoglie, con qualche comignolo o tubo qua e là. La fine della corsa.
<< Carotina, è in trappola! Raggiungimi sul tetto! >> fece Nick, comunicando col walkie talkie,
-<< Cosa? So…nel co….to d’are….ne! Pas…ò da….sfo….su….tto! >>-.
Poche parole, troppa interferenza. Il comune avrebbe dovuto sborsare qualche spicciolo in più, se volevano permettersi anticaglie più recenti.


Il primo che lo avesse trovato, avrebbe dovuto contattare e aspettare l’altro; l’accordo era questo.
In quel frangente, rispettarlo, avrebbe significato la sicura fuga del criminale. Solo qualche piccolo vicolo separava i palazzi, largo giusto quanto un salto ben calibrato. Forse, però, non era questo il vero motivo della sua impazienza.

“Il soggetto è armato e pericoloso….! “

Quelle parole continuavano a rimbombargli nel cervello.
La responsabilità di cui si era incaricato non gli permetteva ampi spazi di scelta.
L’età non c’entrava. Trentadue anni non erano di certo molti; però, Judy ne aveva sicuramente più di lui da vivere ancora. Ognuno di questi, dediti al servizio di un ideale insostenibile per qualsiasi altro mammifero esistente sul pianeta.
Una sorta di retaggio in continuo sviluppo, a beneficio di tutta la collettività; meritevole di perdurare.
Il suo, di retaggio, non poteva nemmeno sognare di competere. Niente aveva dato, probabilmente niente avrebbe lasciato. Poteva solo conservare ciò che di buono gli era stato affidato dal caso. Una volta tanto benigno verso di lui
Almeno, se le cose gli fossero andate male, si sarebbe risparmiato quel raffreddore.


Spara-dardi pronta. Ancora qualche breve e rapido sbuffo, per caricare i nervi.
Con scatto deciso, la volpe calciò la porta spalancandola, gettandosi al suo esterno. Un terzo tuono lo accolse.
La pioggia cominciò a cadergli sul pelo rosso del muso, mentre il cappello forniva l’unico riparo alla vista. Il dito sul grilletto, leggermente contratto alla seconda nocca. Il busto era rigido, mentre il passo si mostrava fermo e le gambe pronte a scattare come una molla.
L’esplosione di un fulmine illuminò il cielo, mentre le prime chiazze d’acqua sul pavimento ne fecero da riflesso.
Il criminale ne fu tradito; l’ombra della sua immagine si mostrò dietro la cabina del distributore di corrente.
<< Ok, ti ho visto! Tana libera tutti, adesso puoi uscire >> scherzò Nick, sdrammatizzando il momento, puntando la spara-dardi verso l’unico angolo da cui poteva uscire << Non c’è bisogno che ti ricordo di tenere le mani bene in vista e che sei in arresto, vero? >>,
<< Per quanto riguarda il tenere le mani in vista, non ho alcun problema a darti retta, sbirro >> esclamò, con voce rozza e rauca il criminale, fuoriuscendo dal nascondiglio << Ma per l’essere sotto arresto, è tutto da vedere >>.
Una pistola vera, serie Beretta 92, puntata contro; odiava davvero tanto avere torto. Almeno, in simili frangenti.
Un altro lampo illuminò il suo volto. Un muso deturpato, spregevole; varie linee di pelo mancante ne marcavano le cicatrici. L’espressione ghignante, maligna, ma al contempo distaccata. Un cliché vivente del cattivo ideale. Unica cosa che la volpe sentì d’invidiargli era il lungo, scuro impermeabile verde.
Nemmeno quello erano stati in grado di procurargli alla centrale, con tutti i tagli economici subiti.
<< Allora, sbirro, cosa vogliamo fare? >> continuò lui provocatorio, facendo cenno con la pistola di posare a terra l’arma in possesso della volpe. Nick lasciò scivolare in basso il braccio con cui la teneva impugnata, mollandola.
<< Senti, amico, che ne diresti di risolverla con una bella partitina a carte? Inizi tu, ok? >> tentò la volpe, sfoggiando teatrale spavalderia,
<< Che ne dici se rispondo, “no!”? >>,
<< Dico che hai ragione! In effetti, con questa pioggia, non è una buona idea! E a scacchi? >>.
Non lo faceva apposta. Temporeggiare in quel modo gli era divenuto naturale; magari funzionava. Una grassa e schifosa risata tuonò dalla bocca del delinquente.
<< Sei simpatico, sbirro! Forse saresti stato più bravo come cabarettista che come piedipiatti >> fece provocatorio << Senti: eri tu a guidare l’auto poco fa? >>,
<< No! >>. Risposta stupida; non era davvero bravo come piedipiatti.
Udito ciò, la sua lurida faccia si fece improvvisamente seria. Un altro lampo illuminò l’aria; della strana luce rifletté nei suoi occhi.
Il colpo partì dalla sua pistola; un buco, seguito da un fiotto di sangue, comparve nell’arto inferiore destro della volpe, costringendolo a cedere sotto il proprio peso. Un guaito stridulo lo accompagnò.
<< Perfetto! >> pronunciò semplicemente, con ghigno sadico,
<< Non è carino! Non è per niente carino! >> esclamò la volpe, tamponando la ferita con la zampa,
<< Senti, amico, non ce l’ho con te! >> fece lui affabile, preparando in canna un nuovo proiettile << Dovevo però assicurarmi che non potessi muoverti da lì mentre aspetto questo tuo presunto partner, chiunque esso sia. Vedi, qualcuno dovrà pagare il danno fatto alla mia preziosa auto e…prima di pensare a te… capisci, vero? >>. Mai intenzioni gli erano state più chiare.

In fondo, con quella ferita, gli sarebbe stato comunque impossibile presentarsi al lavoro. Inoltre sentiva già pizzicarsi il naso, sicuramente per il raffreddore imminente, quindi c’era tutto di guadagnato.
Il criminale si lasciò ad un’altra sguaiata risata; si era distratto. La spara-dardi era già carica e accanto a lui.
Pregò che le lezioni al poligono di tiro gli avessero fruttato qualcosa. Un terzo lampo gli illuminò le iridi verdi.
Lesto afferrò l’arma d’ordinanza; lo sciocco ghignante non se ne era neanche accorto.
Poche frazioni di secondo lo separarono tra il prendere la mira, lo spazio al di sotto della mandibola, e l’imprimere forza sul grilletto.
Dopo non gli restava che aspettare l’altrui reazione; un secondo mortale proiettile, sicuramente.
Un pensiero volò su Judy; probabilmente lo stava raggiungendo e, alla peggio, avrebbe potuto godere del suo sguardo prima di abbandonarla.
Dopo anni di fiele, avrebbe concluso l’esperienza della vita con pochi dolci secondi. Un sorriso si abbozzò nel suo volto.

Le cose, però, non vanno sempre come da programmato.
Il destino o l'imprevedibilità degli eventi, secondo la scelta, doveva ancora emettere il suo giudizio.
Allo scoccare del dardo una piccola figura, dalle orecchie troppo lunghe, sbucò dallo sfogo di un condotto d’areazione, alla sinistra del criminale. Un attacco a sorpresa.  
Il calcio che Judy si era apprestata a infliggere, potenziato dallo slancio effettuato, lo centrò pienamente nel muso; approfittò di quell’estremo contatto per conficcargli anche il dardo soporifero. Una mossa magistrale che avrebbe tenuto a terra il malvivente per tutto il tempo necessario.
La fortuna aveva nuovamente salvato la vita alla volpe. La sfortuna gliela avrebbe spezzata, ma dall’interno.
Ormai aveva sparato; il suo dardo centrò la spalla della coniglietta. Con una dose simile, non vi erano possibilità che se la cavasse.


Judy atterrò malamente, accasciandosi al pavimento; tentò di rialzarsi, facendo leva sugli arti anteriori, invano.
Nick provò ad avvicinarsi, trascinando il corpo col braccio libero. La ferita pulsava di fuoco; un dolore intenso, colante di rosso.
Il respiro della coniglietta si faceva sempre più lungo, lento. Pesante da sostenere. Le sue labbra si muovevano.
Lo stava chiamando. Un’agonia per le sue orecchie.
Riuscì a raggiungerla. Le afferrò subito la zampina umida; il cuore stava rallentando ad ogni battito.
Si portò sopra di lei, fornendosi come riparo dalla pioggia. Gli occhi della coniglia si socchiusero, incrociando i suoi.
Mosse nuovamente la bocca, ma il suono era troppo flebile per poterla udire. Lo voleva rassicurare, ne era certo; l’aveva imparata a conoscere durante quelle ore passate insieme.
Gli passò lentamente la piccola zampa grigia sul pelo della guancia; una carezza materna, per le ore buie.
Gli occhi si chiusero. La zampina scivolò lentamente a terra, fredda. Un ultimo battito per salutare la vita.
Il tempo era finito; il siero aveva fatto il suo corso.


Un urlo venne rivolto alla Luna. Rabbia, frustrazione, angoscia e paura strariparono dal suo spirito.
Calde lacrime gli pervasero gli occhi, mischiandosi alla fredda pioggia; il cielo si sarebbe unito al suo pianto. Le stelle avevano perso una sorella, la più preziosa, scesa in terra.
La volpe portò quel corpicino a sé; non era riuscito a proteggerla. Lo strinse, come ad infondergli quel calore che la stava abbandonando. Non avrebbe più sentito la gioia danzare dentro di lei, nel suo petto. Solo il triste, vuoto, silenzio dell’Ade.
Posò delicatamente la coniglietta a terra. Si tolse la camicia d’ordinanza; le coprì il volto.
Un nuovo latrato di dolore echeggiò. Riuscì ad alzarsi sulle zampe posteriori; quello sforzo, per il giusto saluto, lo doveva.
Luci blu e rosse si stavano avvicinando; le sirene della polizia, ai suoi orecchi, erano quelle grida che non riusciva ad emettere. Sue erano state le mani della morte.
La pistola si illuminò di riflesso; la volpe la raccolse. Giustizia doveva essere fatta.
Il corpo del criminale giaceva dormiente, sereno, a pochi passi di distanza. Era stato la causa di tutto.
Il colpo era ancora in canna. Ora la legge si sarebbe presa cura di lui.


Il suono di uno sparo risuonò.
Poi il silenzio.










Dalla scrivania dell’autore:
Chiedo perdono a chi sta aspettando l’uscita del nuovo capitolo, ma non potevo aspettare.
Purtroppo, come qualcuno saprà, l’ispirazione non ha orario e a volte, quando ti spinge a non trattenerti dallo scrivere quello che hai “sognato”, non conviene farla attendere. Altrimenti corri il rischio di dimenticare tutto.
Comunque, spero che questa piccolezza possa esservi stata di vostro gradimento.
Un saluto e un ringraziamento a tutti coloro che sono arrivati fino a qui.


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