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Autore: amirarcieri    16/03/2020    0 recensioni
E' domenica pomeriggio e Saeko ha deciso di passarla da sola al mare per arricchire la sua riserva di creatività.
Ma lei non sa che in quella spiaggia, intento a cavalcare un'onda, c'è anche il senpai per il quale ha una crush, e che questo loro inaspettato incontro porterà ad una serie di gaffe che le faranno guadagnare il titolo di "regina delle brutte figure".
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Ayako, Nobunaga Kiyota, Nuovo personaggio, Shinichi Maki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Change my rules [SAGA]. '
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[Attenzione questa One Shot è una parentesi speciale della mia FF in corso su Slam Dunk "Change my rules", ma potete leggerla comunque, così magari chissà vi stuzzica la voglia di cominciarla.
Buona lettura quindi.]






Diario di una regina delle brutte figure.


Saeko quella domenica pomeriggio decise di passarla in solitudine al mare.
Si era vestita con una t - shirt bianca – evidenziata da una striscia di nero nel colletto e i bordi delle maniche - , una gonna di Jeans a vita alta anch'essa nera e un paio di comode converse petrolio. I riccioli li aveva semi raccolti in un cignon centrale a forma di rosa.
Con quella macchina fotografica al collo e lo sguardo attento a catalizzare ogni cosa che si contorceva ai suoi occhi, sembrava una turista straniera dispersa che si stava godendo quell’attimo di totale libertà a rimessa del resto del gruppo.
Ma lei era li sopratutto per inondare la testa di ispirazione quotidiana, ma non perché si fosse nuovamente incagliata in una parte del suo romanzo, bensì per estendere gli orizzonti delle sue parole e immaginazione.
E a quanto pare aveva scelto una giornata proficua.
Saeko si era lasciata ispirare dagli schiamazzi dei bambini in acqua, i sorrisi paciosi dei genitori che li sorvegliavano, le chiacchiere elettrizzate delle comitive dei suoi coetanei, le acrobazie aeree dei pochi surfisti presenti, l’odore di salsedine di cui era intrisa la spiaggia, la sabbia setosa che gli solleticava le mani e la colonna sonora balsamica delle onde languide del mare.
Ad un certo punto, Saeko si sentiva pazzamente satura di felicità da voler correre lungo tutta la spiaggia per gridarlo ai quattro venti.
Aveva fatto una così appagante riserva di creatività, da poter permettersi di fermarsi a metà strada e scattare una foto cartolina dominata da un'incantevole mare e cielo.
Mentre si adoperava per impostare il diaframma della macchina, notò uno dei surfisti effettuare uno strepitoso bottom turn. Il cuore gli si gasò repentinamente.
Saeko aveva sempre trovato il surf come uno sport maliardo.
Insomma, sapere che l’uomo potesse essere in grado di cavalcare un elemento naturale senza consistenza mediante una tavola da surf, era qualcosa di stoicamente suggestivo.
E lei, si sapeva andava a braccetto con tutto quello che riguardava la parola “magia”.
Mentre il surfista che teneva d’occhio si avvicinava alla riva, Saeko cominciò a provare uno sconfinato senso di famigliarità per la sua presenza.
Era miope a trenta gradi, ma nella mente aveva marchiato a fuoco ogni muscolo e lineamento facciale del senpai per il quale aveva una farraginosa infatuazione.
Io,non sto avendo un’allucinazione. È, è davvero lui?” si tormentò mordicchiandosi il labbro inferiore, ma quando furono a pochi metri di distanza e anche lui la notò, non ebbe più alcun cruccio con il quale struggersi.
Oh, merda. È lui” Saeko avrebbe voluto smaterializzarsi come un illusionista faceva con il suo mantello durante uno spettacolo, o al limite, battibeccare con quell’idiota spaccone di Sendoh.
Almeno sarebbe stata coscientemente scatenata, non di certo ingovernabilmente impacciata.
E poi lui si stava avvicinando per salutarla e a quel punto sarebbe stato scortese fare finta di non averlo visto.
«Saeko, anche tu qui?» gli chiese calorosamente.
«Ciao senpai. Io...»
Calma, Saeko. Mantieni la calma. In fondo cosa vuoi che sia? È solo il senpai che fa surf in costume da bagno. Mica è illegale o ti sta provocando.” per lo statuto della legge giapponese no, ma per il suo cuore e il corpo era enormemente illegale.
«Io, s...» balbettò schiarendosi la gola.
Respira e rispondi. Non fare la figura della scema perché tu sai di non esserlo e anche lui lo sa. Altrimenti non sarebbe felice di vederti. Perché lui è felice no?”
«Si, ero...in cerca...» l’occhio gli cadde precipitosamente in basso.
No, Saeko, non farlo. Distraiti. Guarda qualunque altra cosa. La ciambella gialla dietro di lui, le nuvole, la nonnina con il cappello di paglia, ma non il suo petto scultoreo e abbronzato.”
Quindi Saeko spostò abilmente lo sguardo sul neo situato sotto l’occhio sinistro – caratteristica di lui che aveva da sempre trovato mirabolante – ma nel soffermarsi su quel suo tratto distintivo, non poté non accorgersi di una gocciolina d’acqua scivolargli lungo la mascella quadrata, e seguirla tuffarsi impazientemente gioiosa su un suo grande pettorale.
Saeko pigolò come un uccellino affamato.
Maledizione Saeko. Non farlo.” si disapprovò per il comportamento poco pudico.
Ma ormai le sue iridi castano cioccolata stavano audacemente anatomizzando quella sua parte del corpo esposta in bella vista.
Oh, Kami per favore aiutatemi. Forze della natura fate qualcosa. Qualunque cosa, ma fermatemi invocò accaldandosi.
Saeko, non riusciva proprio a staccare la pupille da lì.
Quei maledetti addominali sembravano i calchi scolpiti di una statua greca.
Quei superbi, magnifici addominali erano imperlati dall’abbraccio insussistente dell’acqua e placcati dal bacio dorato del sole.
Nel realizzarlo, Saeko pigolò di gola una seconda volta.
No, saeko non farlo non guardare oltre il terzo scuto del suo carapace di muscoli. Non farlo. Non scendere.” Si vietò imperiosa. Cosa gli stava succedendo? Sentiva una sensazione bruciate all’altezza del ventre e avvertiva tutto il corpo inebriarsi in reazione. Che questa fosse la tanto parlata “eccitazione”?
Maledizione, basta Saeko non fare la teenager con gli ormoni in fervore. Comportati come la Saeko che è abituata a vedere. Composta ed esemplare.” si valutò per ricomporsi in modo risoluto.
«Io sono venuta in cerca di ispirazione» concluse infine sollevando la macchina fotografica – anziché prendere il taccuino dalla borsa – per dimostrargli il vero. Tipico di lei che quando andava nel panico più totale diceva e faceva due cose incongruenti tra di loro.
«Già, il tuo romanzo» il senpai gli sorrise invitandola a seguirlo al suo posto per continuare a chiacchierare.
Si era avviato mostrandogli la schiena altrettanto scolpita e abbronzata, ma Saeko si forzò a volgere la vista altrove.
Le spalle, erano una delle tante parti fisiche maschili che aveva segretamente amato ammirare.
Ma se avesse ammirato quelle del ragazzo che gli piaceva che cosa sarebbe successo a ogni molecola del suo corpo?
Un oceano incorporeo di emozioni che vorticando febbrile l’avrebbe trascinata al suo appagante nucleo”.
No, non devo pensarci. Devo invece tenere a bada l’ormone. Cosa sarà mai alla fine? Una cosa da niente sopratutto se a farmi compagnia è la mia crush” pensò sarcasticamente Saeko, trovando l’ingegnosa distrazione della macchina fotografica.
Il posto del senpai era tra due coppie di rispettivamente due e un figlio.
Mentre gli andava dietro Saeko si accorse che tre ragazze site in angoli diversi della spiaggia stessero apprezzando ciò che vedevano, ma lui non gli diede conto o forse non se ne accorse.
Ma se le avesse adocchiate? Ne avrebbe ricambiato lo sguardo con la stesso appetitoso interesse?
Saeko scosse forte il capo per dirsi di farsi i beneamati affari suoi e ripetersi che il solo pensare ad uno scenario simile, non avrebbe provato affatto gelosia.

Quando fu seduto questo gli offrì una lattina di Coca da bere, ma lei rifiuto educatamente.
Agitata com’era a stare in sua compagnia sarebbe sembrata una foca monaca dopata di caffè: un'esibjzione orrenda a vedersi.
Saeko comunque si sedette di fronte a lui con le gambe piegate lateralmente e una domanda che gli grattava la parete cranica.
«Quindi, quindi tu oltre a praticare basket come passione primaria, fai surf in qualità di..hobby?»
«Mi piace. Non hai livelli del basket, ma mi entusiasma, capisci?» gli chiese sapendo che lei aveva recepito alla perfezione.
«Si, capisco. Un po’ come me è la fotografia» Saeko fece un comparativo appropriato per fargli capire di aver afferrato il concetto.
«Si, brava» e lui ne fu d’accordo.
«E...» Saeko strinse e rilassò la mano sulla sabbia fina un paio di volte prima di chiedergli dell’altro.
«Da quanto lo pratichi?»
«Quasi quattro anni. La prima volta l’ho visto fare durante un allenamento di running della squadra e da in poi ho preso ad informarmi su tutto quello che riguarda lo sport»
«Però nonostante tutto sei, abbastanza bravo anche in questo» lo elogiò imparziale.
Buona parte della fazione dell’istituto del Kainan se lo chiedeva frequentemente: c’era qualcosa che non sapeva fare? Era un super ragazzo dotato da super abilità flessibili che gli permettevano di compire super imprese. Anche quelle più impossibili.
«Già, ho frequentato una scuola di surf di quattro lezioni imparando le sua basi fondamentali, ma ho ancora da migliorarmi. Purtroppo il basket mi lascia poco tempo per affinarne l’arte, e quest’anno più che mai lo studio, così quando ho un buco libero ne approfitto. E mi va bene perché alla fine è per il basket che vivo» fu inguaribilmente umile anche in questa occasione.
Più Saeko lo ascoltava, più gli si addormentavano i sensi.
Stare a sentirlo era sempre uno spettacolo quanto il vederlo risplendere in campo durante una partita. Saeko non si annoiava mai o ne rivalutava il contenuto della personalità. Per lei era come leggere e rileggere il suo romanzo preferito di cui non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
«Io...invece...tra tra due settimane porterò il rullino della macchina fotografica a sviluppare così potremo vedere le foto che ho, abbiamo, fatto un po’ tutti» disse lei allacciandosi ad un altro argomento che aveva “a portata di mano”.
«Fantastico. Sono curioso di vederle» le palesò con sincero trasporto.
«Si, anche io» anche se per lei era più indicato il verbo “averle” dato che sapeva cosa ci fosse immortalato.
«Ma che dici? Quello non può essere il re del Kainan. Shinichi Maki non fa surf» i due sentirono improvvisamente la voce di uno dei figli della coppia accanto, confabulare proprio sull’identità del senpai.
«Ma gli assomiglia moltissimo» insistette la sorellina.
Incuriosita dalla simpatica polemica tra i due marmocchi, Saeko li supervisionò con lo sguardo voltandosi misuratamente a tre quarti.Vide una bambina di sette anni con le treccine carota, i grandi occhi cristallini e il costume a un pezzo giallo sole tappezzato di cubi rossi.
Al suo fianco svettava un piccoletto di dieci anni dalla corporatura mingherlina, la zazzera nero lucente che portava un costume a pantaloncino blu Savoia.
Entrambi continuavano a perlustrare con occhio indagatore la loro postazione, oltre che dibattere sulla questione investigativa “quello è o non è Shinichi Maki del Kainan?”
«Allora facciamo una scommessa. Se è lui dici tu a papà di comprarci una nuova bici» il fratello maggiore gli lanciò una scommessa onesta.
«Ci sto» rispose la sorella tutta pimpante.
I due fratellini si incamminarono quindi verso la loro direzione ognuno con la sicurezza di avere la vittoria in tasca, ma in realtà solo uno di loro avrebbe avuto la soddisfazione di godere per averla intascata.
«Scusi, senpai» esordì il maschietto una volta raggiunti.
«Si?» lo interpellò Maki che si era alzato a mano conserte.
«Questa baka qui dice che lei è Shinichi Maki, il formidabile e imbattibile campione del Kainan, ma io penso che lei gli somigli solamente. Quindi può dirgli che non lo è così la smette di tartassarmi le orecchie?» gli spiegò posizionando l’indice sopra la sua testolina nella funzione di freccia da segnaletica.
«Ti dico che è lui invece» si inbufalì la bimba.
«Si, hai indovinato piccola. Sono io» confermò Maki. I fratelli ebbero contemporaneamente due reazioni opposte: uno spalancò la bocca scioccato, l’altra si lanciò in una danza euforica come se fosse il Setsubun da poco festeggiato.
«Hai visto? Hai perso la scommessa e devi pagare pegno»
«Seh» il suo fu un implicito no.
«Capitano?» il bimbo cambiò atteggiamento assumendone una ponderatamente reverenziale.
«Posso stringerti la mano?» gli chiese filato. Maki gliela porse con un mezzo sorriso stampato sul volto e lasciò che fosse lui a stringergliela.
«Capitano, sei un mito. Io e mio padre veniamo sempre a vedervi giocare. Che partite che ci date. Non vediamo l’ora che arriva il campionato nazionale per tifare ancora una volta per voi» a ogni parola proferita gli occhi del bambino accrescevano di lucentezza.
«Si mai io voglio fare una foto ricordo!» si intromise la sorellina, facendo la viziata.
«Akemi sei veramente una maleducata» la rimproverò incavolato. Saeko pensò bene di interrompere la loro concorrenziale lite con un suo essenziale contributo.
«Emh….ragazzi, se volete la faccio io» disse sollevandone il meccanico oggetto armonizzandolo al gesto casuale delle spallucce.
Saeko scattò la foto e si fece dare l’indirizzo dai genitori premunandosi di recapitargliela personalmente. Oltre ad assicurarsi il bottino di un’altra sua imperdibile foto.
Fatte quelle premesse, i bambini si dileguarono statuendo una nuova scommessa su chi sarebbe stato il primo a raggiungere la battigia.
«Beh, adesso» anche per Saeko fu tempo di congedarsi. In realtà non voleva andarsene, ma doveva. Passare troppe ore con il senpai non avrebbe fatto altro che aggravare quella sua febbre d’amore utopica.
«Vad...» definì, ma nell’essersi alzata troppo affrettatamente, stoccò la gamba, cadendo rocambolescamente addosso a lui.
La metà del suo corpo che andava dalla testa ai fianchi, era correntemente spalmata su l’equivalente metà di quella del senpai, facendola ritrovare in una posizione compromettente nei riguardi del suo giovane ansioso cuore.
«Ahi!» bofonchiò urtata dalla cosa. E non appena riaprì gli occhi, si ritrovò a una distanza inesistente con ciò che aveva evitato di adocchiare fino a quel momento.
Per Saeko fu come se i pettorali del senpai godessero di vita propria e la stessero provocando apertamente Eccoci qui, siamo tutti tuoi. Non puoi più evitarci. Ammiraci e fai di noi ciò che vuoi”.
La cosa assurda era che una sua mano stava inconsciamente tastando audace sul suo grande pettorale sinistro.
La pelle del senpai aveva una consistenza marmorea e scottava come una roccia esposta perennemente al sole.
Nel constatalo, il cervello di Saeko non rispose più a nessun segnale. Si trovava in uno stadio di oscuramento totale.
«Stai bene, Saeko?» si accertò Maki rialzandosi quel poco che bastava per poggiarsi su un gomito.
Sentendosi pervadere dalla sua voce rocamente balsamica, Saeko sollevò la testa in riflesso. E furono occhi negli occhi.
Allora, Lei ebbe difficoltà a sgombrare la mente da ciò di cui era stata invasa.
Sotto l’effetto abbagliante dei raggi solari, le iridi ardesia del senpai avevano assunto una tonalità grigio iridescente indefinibile.
Saeko era caduta incondizionatamente schiava del suo grigio iridescente.
Non vedeva altro che quel grigio
iridescente. Davanti a se, intorno a se e nel retroscena dei suoi occhi.
Oh, no. no. Io non riesco. Io non so c.. farfugliò in preda al delirio. Sapeva di non doversi muovere perché anche un solo microscopico movimento avrebbe significato ritrovarsi labbra su labbra in un bacio inaspettato.
«...hai avuto una  brutta storta» sentì dire al senpai che gli poggiò una mano sulla schiena. Quel contatto volitivo operò da terapia invasiva per la sua mente, risvegliandola impetuosamente dal trans emotivo nel quale era piombata.
Oh, Porca paletta!” esclamò mentalmente nel momento in cui reattiva come un judoka si rialzava da terra per allontanarsene a una velocità anormale e fargli le sue costernate scuse.
«Kami scusami, scusami. Perdono, io non volevo è ...stato un...io non voglio che pensi che io...io non sono così...è un equivoco ....ti giuro che non volevo ....e….ora io vado» farneticò sparendo dal posto manco fosse una saetta.
Maki si scompigliò la chioma umida, lasciando la mano ad adombrargli metà viso.
Mentre la vedeva allontanarsi nello stile di una maratoneta olimpionica, non poté fare a meno di pensare a quanto fosse goffamente piacevole.

 

 

_____________

 

 

A casa Saeko si rivoltava nel suo letto lavanda alternando i pugni sul cuscino ai calci sulle coperte.
«Ma perché a me? Perché mi piace qualcuno? Perché sono così odiosamente goffa» gemeva di rabbia rivolta alla sua personalità incapace.
Nel tornare a casa e sentire i suoi lamentosi versi, Ayako entrò nella camera della gemella per spegnare quella nevrastenica sirena di nervi.
«Si può sapere che c’hai?» rese la sua vocalità autoritaria come un fischietto. Nel sentire la presenza della gemella Saeko fermò quel suo bizzarro e invisibile incontro di box.
«Ti sei per caso presa un’insolazione al cervello?»
«Sarebbe stato meglio Ayako»
«Allora che c’hai?»
«Sono...una...gigantesca, anzi no galattica cogliona, ecco cosa» disse sedendosi a gambe incrociate sul letto mentre con le braccia strozzava il cuscino al costato.
«Quello credevo che l’avessimo appurato cinque anni fa, ma cos’è stato ad incoronarti regina delle brutte figure del secolo?» Saeko deglutì terrorizzata. Il solo doverglielo dire gli fece visibilmente diventare il viso rosso ciliegia. Ayako allora assottigliò gli occhi scovandone la verità.
«C’è di mezzo il tuo senpai non è vero?» Se Saeko fosse stata un anime sicuramente avrebbe fumato come acqua incandescente di una pentola.
«Noi, ci, siamo incontrati in spiaggia» ammise laconica.
«Uh uh» Ayako la pizzicò nel reato primario in cui stavano sciabordando le sue colpe. Ovvero “la perversione”.
«No. uh uh! Perché io sono un’inetta e rovino sempre tutto con la mia incapacità relazionale»
«Oh, ma dai che cosa avrai fatto mai?» le chiese abulica. Saeko che intanto gli aveva dato le spalle, trasalì sapendo di non poter frodare la curiosità maliziosa della sorella con un semplice “Ci siamo incontrati in spiaggia”. Indi per cui si avviò al letto e salendoci sopra, se ne erse a mo di presidente parlamentare che faceva il suo discorso da edizione straordinaria.
«Noi abbiamo parlato tranquillamente per un po’, come sempre d’altronde, ma al solito io sono maldestra...e al momento del mio ritiro a casa...mi sono alzata troppo bruscamente e….gli sono caduta addosso….è stato imbarazzante e io...io...sono stata così mortificata che sono fuggita via chiedendogli mille volte scusa» Saeko si coprì il viso con ambedue le mani come a ostruire la diga rabbiosa di lacrime.
«Oh credo di comprendere. Per caso quella vicinanza ha generato pensieri impuri nella tua mente? Sta tranquilla nella fase adolescenziale è normale avere gli ormoni carichi a pallettoni. E ora che ci penso anche dopo li si hanno. Sopratutto in età avanzata»
«Ayako, smettila. Non è quello.» le vociò imponendosene. ed era la verità, il suo cervello era andato talmente in fase rem da essere rimasto vergine di ogni fantasia libidinosa.
«Io non riesco più a guardarlo, parlarci. Mi vergogno troppo di essere stata così impudicamente diretta. Io non voglio neanche pensare che opinione adesso ha di me. O che ribrezzo gli ho fatto provare. E se ha pensato che fossi arrapata come un gatto in calore? O meglio ancora che ci stessi provando con lui?» si impanicò infilandosi vigorosamente le mani all’interno della chioma boccolosa. E per poco non ne strappo qualche ciocca.
«E se ha notato un mio difetto fisico? E se puzzavo? O il contatto con la mia pelle gli è risultato sgradevole?» continuò distorcendo la sua figura all’iconico all’urlo di Munch.
«Certo che te ne fai di seghe mentali» parlò la gemella perplessa. Se fosse stata un manga gli sarebbe scivolata una gocciolina d’acqua al lato per incentivare il suo sconcerto.
Saeko si calmò e saltellando giù dal letto, si portò faccia a faccia con lei creando un impressionante effetto specchio.
«Tu non capisci» cominciò composta.
«Io devo espatriare in un altro paese. Devo espatriare in un altro paese» ma poi si disperò nuovamente scivolando sul pavimento come un omino gonfiabile svuotato di elio.
Al quel punto la gemella non ne poté più del suo piagnisteo e la colpì con un esemplare stoccata di ventaglio sul capo.
«Ahi! Ma sei scema?» si lamentò lacrimante.
«Beh, almeno ti ho fatto smettere di dire cazzate» la fronteggiò poggiando le mani sui fianchi.
«Non l’hai fatto invece perché non cambierò il mio modo di vedere le cose» ribatté l’altra, incazzata, stringendo i pugni lungo i fianchi.
«Secondo me la stai facendo troppo drammatica. Magari lui non l’ha interpretato alla tua stessa maniera e di conseguenza non è successo niente» gli espose i fatti picchiandogli l’indice sulla fronte.
«Quello che devi fare e andare a scuola e comportarti come niente fosse» le impose assumendo le veci di un manager che esigeva mezz’ora di palleggi da parte il suo atleta.
«Non io non farò un bel niente» replicò voltandogli seccamente le spalle.
«Prenderò un anno di pausa così si scorderanno di me» tanto era facile dimenticarsi di una ragazza trascurabile come lei. Forse nei primi mesi l’avrebbero ancora cercata, ma passati quelli sarebbero andati oltre la loro amicizia.
Saeko non si spostò da quella posizione fino a quando la mattina non sopraggiunse dalle tende della sua camera.
Perché, nel concreto le cose non andarono come da programma.
Contro ogni suo pronostico, incredulamente, Saeko andò a scuola, anche se, si assicurò bene di essere una donna spettro.
Perché lei poteva essere la regina delle brutte figure, però se diceva si sarebbe svegliata seguendo un certo schema strategico, avrebbe persistito a compierlo battendosi ossessivamente in testa la sua varie fasi.
Quindi, arrivò in ritardo per evitare di incontrare la comitiva al completo, alla ricreazione finse di avere un malore rintanandosi in infermeria e al momento della giornaliera pulizia dell’istituto ci mise più impegno del necessario.
Correntemente, stava camminando tranquilla lungo il corridoio del secondo piano con un secchio pieno d’acqua insaponata per svuotarlo all’esterno.
Giunta e ormai convinta di pregustare la fine di quella giornata al sapore di fragola, nella sua inappuntabile strategia non aveva incluso - per una svista involontaria - l’imponderabilità delle coincidenze che scompaginava deliberatamente ogni nostra previsione.
«Saeko, allora sei viva. Pensavo di non doverti vedere per due mesi e passa» si sentì dire alle spalle da una voce che lei conosceva bene.
In rimando sussultò sul posto, facendo ballonzolare l’acqua saponata dal secchio, ma già propensa a slanciarsi come una maratoneta impazzita.
Però, è Kiyota. Se è lui è okay” pensò rilassando i muscoli della spalla. Tuttavia una volta voltata vide che Kiyota non era solo, ma affiancato da un tale ragazzone, l’unico ragazzone in grado di fargli sentire il cuore in costante celebrazione della fioritura dei ciliegi.
«Nami ci ha detto che sei stata in infermeria per un malore, stai meglio?» gli pose la domanda accompagnandola con un sorriso sghembo e accattivante.
Il cuore di Saeko partì a galopparle anomalamente, mandandola in una vertiginosa paranoia in pochi secondi.
«No, io….devo...andare….» farfugliò cominciando a correre nella parte opposta dalla quale era venuta. Quella sua corsa trafelata però fu un azzardo avventato che fece schizzare l’acqua saponata fuori dal secchio e provocare irreparabilmente la sua caduta con tanto di scivolone per mezzo corridoio.
I due atleti amici si guardarono attoniti della scena tragi – comica, accorrendo in suo soccorso tempestivo quasi come se l’arbitro avesse fischiato l'inizio di una partita.
«Ma dico sei scema? Potevi romperti l’osso del collo» la rimproverò Kiyota con tono fraterno.
Lui che di gaffe ne combinava mille al giorno e di peggiori.
«Ahi» rispose Saeko massaggiandosi la schiena.
Merda, merda che figuraccia”. Disse poi nella mente odiandosi.
«Che combini Saeko?» gli chiese il senpai ora accovacciato per poterla esplorare a tutto tondo.
Oh, no, no” una volta udita la voce del senpai ad una distanza così ristretta, i tendini di Saeko si tesero alla loro massima estremità.
Non va bene, non va affatto bene. Troppo vicinanza. Troppa vicinanza. Devo stabilire almeno una distanza di un metro.commentò e influenzata da un istinto insopprimibile di guardarlo, si voltò con uno scatto frenetico verso di lui.
Quando furono occhi dentro occhi Saeko pigolo nuovamente come un uccellino affamato.
No, è tutto sbagliato. Tutto” si pentì di essersi girata dopo averlo visto sorriderle comprensivo.
Perciò lo scostò rudemente da dietro di se e scappò via di lì per evitare che quel momento potesse contribuire a farla incoronare ufficialmente regina delle brutte figure.
«Ah! Ma che gli prende oggi? Sembra quasi che gli diamo fastidio e fa di tutto per evitarci» si scervellò Kyota scomponendosi la lunga chioma mora con entrambe le mani.
Proprio allora dal corridoio dell’angolo comparì Nami che camminava a braccia distese e mani intrecciate dietro la schiena quasi a dichiararsi vagabonda delle selve.
«Hey, voi due che fate li impalati?» gli chiese ravvisandoli a pochi centimetri.
«Capisco che uno di voi mi trova irresistibile però...» punzecchiò Kiyota facendogli la linguaccia. Kyota reagì a quelle avance alternative emettendo un sorriso deliziato dalla controprova di dovergli dire tutt'altro.
«No, carina, stavolta la nostra attenzione è rivolta a Saeko» Nami si spostò lesta alle loro spalle per riuscire a vederla anche lei.
«Dove? Non la vedo» chiese con una mano sugli occhi a mò di binocolo umanoide.
«E’ appena scappata dopo essere scivolata nel corridoio» gli riferì Kiyota indicandogli la prova schiacciante che lei aveva bellamente ignorato. Nami osservò il secchio rovesciato sul pavimento parzialmente bagnato.
«E’ entrata lì» la istruì il senpai indicandogliela a sua volta.
«Okay, vado a parlarci. Intanto voi pulite» li notificò avviandosi alla porta.
«Tanto per cambiare» brontolò Kiyota.
Ignara della conversazione appena avvenuta tra i suoi amici, Saeko infatti, aveva scartato in un’aula qualsiasi deserta, nascondendosi in mezzo a due banchi.
Seduta sul pavimento, teneva i palmi conficcati sulle ginocchia alzate sul petto e cercava di trattenere una crisi di pianto ormai sul punto di infurioare dai suoi occhi.
"Perché cavolo sono così, sgradevole? Perché non riesco a comportarmi con naturalità di fronte alla mia crush? Perché devo finire di fare sempre qualcosa di imbarazzante di cui mi vergognerò fino al duemila e infinito?" il sovraffollamento di quei pensieri stava facendo accrescere il diniego che provava verso di lei.
Avrebbe tanto voluto annullarsi dall'esistenza come un mangaka faceva con un suo personaggio tramite la gomma da cancellare o strapparsi in mille pezzi per poi finire gettate dentro un cassonetto dell'immondizia.
"Come farò a guardarlo negli occhi dopo quella pessima figura di ieri? Come posso pensare che voglia ancora parlarmi dopo essermi comportata così male con lui?”
"Mi schiferà di sicuro". Saeko poggiò la testa al freddo muro cercando di calmarsi.
Tutte quelle emozioni gli stavano provocando una reazione nervosa dell'intero corpo che avrebbe reagito facendola svenire.
"Già, ma come posso risolvere questa svantaggiosa situazione?".
Saeko strinse le palpebre, raggiungendo in breve una soluzione.
"Cambierò liceo, non vedo altra soluzione. Tanto ormai ci sono abituata." disse sentendo un groppo salirgli per la gola.
«Toc Toc» sentì una voce femminile - a lei molto vicina - dilettarsi nell’arte del rumorismo.
«Nami perché devi sempre trovarmi nei momenti meno indicati?» si lagnò questa con tono ovattato.
«Boh, non so!» rispose Nami sedendosi allegramente sul banco combaciante.
Saeko fece sprofondare la testa all’interno delle sue braccia sperando che al suo tre fosse scomparsa dalla sua vista.
«Oggi sei strana» le disse smaliziata. Saeko drizzò il capo occhieggiandola.
Nami non pronunciava mai la parola strana per descriverla, casi eccezionali in cui lei lo era nel concreto.
«Ho incontrato i ragazzi e mi hanno detto cosa è successo. Non devi preoccuparti. A tutti capita di fare brutte figure. È ...»
«Apprezzo le tue parole, ma non è così» la interruppe adirata.
«Perché no? Guarda Kiyota e Sakuragi. Loro sembra che lo facciano per professione»
«Non è per questo. Cioè, si, ma» Saeko si domandò se fosse il caso di dirgli dell’accaduto di un pomeriggio fa e perciò di anticipare i tempi del suo spiattellamento perché storielle imbarazzanti come quelle avrebbero potuto venire fuori in situazioni in cui lei stessa avrebbe potuto essere ubriaca o per colpa di una spia dalla lingua lunga.
«Ieri, io e il senpai ci siamo incontrati al mare e...» la ricciolina gli raccontò ogni accenno e parola del loro incontro, senza censurare la parte viziosa che le faceva chiazzare le guance di un bollore insopportabile.
Quando l’amica finì, Nami non sembrò trovarci nulla di esilarante o ignobile come si credeva lei. Tant'è che la prima domanda che le rivolse fu quella da copione, ovvero «Aspetta il senpai fa surf? Ecco da cosa proviene quella sua bella tintarella» poi gettò gli occhi al soffitto così imbastire il discorso da esporgli.
«Tutto qui? Saeko non è successo niente di che e poi se non lo sai i maschietti gradiscono particolarmente questo genere di incontri fisici….» arrivando a dove voleva andare a parare l’amica, Saeko si tappo le orecchie per tutelarsi dalle sue frasi arci - sconce.
«Nami non voglio sentire» ma non poté scongiurarsi di sentire la frase «Gli danno, piacere perché noi donne risvegliamo i loro bollenti spiriti» e chiedersi in reazione.
Una come me è sgradevole per forza sia al tatto che alla vista. Nel caso di Maki quel nostro contatto fisico gli ha provocato ribrezzo come se a cadermi addosso fosse stato Sendoh o impassibilità come se invece fosse stato Sakuragi?”
«Saeko devi capire che non puoi fissarti e sentirti in colpa per tutto quello che fai o succede in reazione. Certe cose devi lasciarle semplicemente accadere» le spiegò facendo la tuttologa.
«Ma, io sono così. Non posso fare a meno di essere nervosa e tentare di correggere il danno che ho combinato» e più cercava di rimediare più questo si potenziava in un clamoroso pasticcio.
«E poi non voglio che lui pensi che io sia una ragazza dai facili costumi» A Nami scoppiò da ridere perché era sicura che il senpai potesse avere tante opinioni su Saeko, ma quella era esclusa a priori. Da ogni creatura respirante del cosmo.
«Il fatto che vuoi rimediare è obbiettivamente ammirevole, ma devi imparare che non puoi fornirti versioni a senso unico e stare a sentire anche l’altra parte della campana così da essere sicura di non aver avuto una visione sbagliata delle cose» dispensò l’amica con quella sua sporadica sapienza che Saeko non aveva mai compreso da dove tirasse fuori e sempre quando aveva un bisogno estremo di un’imparziale supporto morale.
Forse ha ragione, ma io proprio non riesco ad affrontarlo.” si detestava per non essere all’altezza delle relazioni perché quando si tiravano in ballo le emozioni a lei mancava cronicamente il respiro e coraggio.
«È arrabbiato? Schifato? Mi detesta? Lo irrito?»
«Nessuna di queste. Anzi voleva darti una cosa, ma non so cosa» gli confessò facendogli aggrottare le sopracciglia per curiosità.
«Come?»
«Cioè so cos’è, ma non voglio rovinarti la sorpresa» premsesso quello, Nami le diede le spalle e se la filò per evitare di strombazzargli "il regalo". 
Il pomeriggio passò tra una scopa e uno straccio e finiti anche i club scolastici, Nami spedì Saeko al suo posto per eccellenza – la panchina vicino allo stagno di carpe – inviando nel luogo anche il messaggero di pace di nome Shinichi Maki. Perché nonostante fosse ancora rigida e pesante quanto due Nunchaku, sperava almeno che non se la sarebbe filata lasciandolo per l’ennesima volta in tredici.
Quando il senpai la vide li seduta con le gambe dondolanti, il taccuino in mano e la penna sbattere ripetutamente sulla pagina predominante, non poté arrestare il sorriso che germogliò tra le sue labbra in reazione.
Proprio non riusciva a ricordarsi dove fosse avvenuto il loro misterioso incontro e perché i ricordi mantenevano a essere una lastra di ghiaccio spezzata, però era sicuro di gradire sua compagnia e scambiarci quante più chiacchierare possibili.
«Ti godi l’aria primaverile?» le disse rimanendo alzato davanti alla panca.
Saeko riconobbe istantaneamente il suono serafico e caloroso di quella voce. Era parte di lei come uno dei 2000 pezzi che componevano il puzzle della sua anima.
«Ah, io….»
Respira. Calmati. Non ti sta trattando male o con sufficienza. Anzi sembra quello di ogni giorno che si ferma a parlare con te per minuti e minuti. Quindi non essere codarda e affrontalo”. Riordinò le idee prima di proferire parola.
«Ciao senpai, si io….io amo ascoltare i suoi della natura. Mi rilassano» rispose depositando il taccuino nella cartella.
«Si, concordo. Anche a me piacciono» corrispose sedendosene al fianco.
Saeko ebbe l’istinto di alzarsi e scappare, ma alla fine restò immobile ingobbendosi per il moto di rassegnazione provato. Era arrivato il momento di recitare le sue scuse ufficiali.
«Senti, senpai, io….mi scuso per il mio comportamento poco elegante e pudico avuto. Non era affatto mia intenzione comportarmi come una persona, inopportuna. La mia è stata una condotta indecente, so di essere imperdonabile, ma spero comunque che tu possa perdonarmi»
«Tranquilla. È tutto okay» la rassicurò lui. Anche perché non aveva idea a cosa in particolare si riferisse.
Passarono degli altri secondi di silenzio in cui Saeko tornò a rinchiudersi nel suo pungente guscio e lui si chinava per prendere la sua cartella scolastica nera.
Di sottecchi lei notò quello che ne estrasse, che la fece quasi morire di stupore.
«Tieni» gli disse depositandoli sulla panchina in mezzo a loro due. Lei lasciò capitombolare lentamente lo sguardo sulla torre di tre libri legati con una corda a treccia argento.
«Come? Ma? Io? Perché?» gli domandò permanendo a rimanere meravigliata.
«Questa collana di libri è di mia sorella e ci tiene molto, ma proprio per questo le ho chiesto di prestarmeli. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere leggerla dato che tratta lo stesso tema del romanzo che stai scrivendo»
«Io...sono bellissimi» manifestò la sua contentezza stringendoli al petto quasi che volesse cullarli.
Oltre il nucleo famigliare, in pochi, gli avevano parlato e fatto dono della cosa che più amava al mondo fornendosi di un’empatia così ricercata. Sentirle pronunciare dalla bocca del senpai era stato come, come se una pioggia di petali fosse tornata ad accarezzargli il cuore con un rinnovato tepore delicato e malinconico.
«Ne avrò cura come se fossero i miei» promise respirandole l’odore di carta.
Maki gli sorrise pensando che non ci fossero mani più sicure nelle quali metterli perché era consapevole che quella ragazza amasse i libri con la stessa persistente passione con cui lui amava il basket.
«Guarda» proprio in quell’attimo un aereo aveva appena tranciato il cielo lasciando una lunga scia bianca a mò di firma personalizzata.
«Esprimi un desiderio» le rammentò la dove lui lo stava già esprimendo.
Saeko pensò a fondo su cosa desiderare.
Volere che questi momenti peculiari insieme al senpai non terminassero mai?
No. eccessivamente romantico e troppo poco da lei.
Che il suo libro venisse pubblicato?
No. lei era cazzutamente realista e voleva guadagnarsi il merito con il proprio sudore.
Poteva desiderare di non fare più brutte figure per il resto dei suoi giorni.
Ma per quanto fosse stuzzicante, neanche questo era idoneo.
Senza di queste, se pur scandalosamente imbarazzanti, lei non avrebbe avuto aneddoti sui quali poter scriverci persino un diario.
Diario. Quella parola conteneva quello che desiderava per lei con tutte le sue forze. E finalmente seppe che desiderio voler esprimere.
"
Vivere. Voglio vivere al massimo ogni secondo e passo della mia vita come se fossi il personaggio di fantasia di un libro”
Perciò questa si voltò verso il senpai ed entrambi si sorrisero complici di una sensazione di pacifico benessere condiviso.



NOTE AUTRICE: rieccomi con una nuova One Shot che devo dire mi sono divertita a scrivere. E la domanda è: ma quante pippe mentali si farà Saeko? Ahahah beh, non sarebbe lei protagonista per eccellenza alla fine.
Beh, che ve ne pare? Vi è piaciuta? Aspetto i vostri pareri e ringrazio in anticipo chi mi aggiungerà alle preferite, seguite e ricordate, chi recensirà e chi invece leggere sinziosamente. 
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