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Autore: May Begood    17/03/2020    1 recensioni
[Shigadabi x Momo] [Roleplay] [Crack-Pairing]
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Shigaraki e Dabi non ospiterebbero mai Momo, né si comporterebbero come presto vedete.
Ma questa è una FanFiction.
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Sembra una barzelletta, una di quelle che nessun villain troverebbe divertente, ma sì, ci siamo: Shigaraki e Dabi devono creare un alibi e ospitare una studentessa della U.A. per realizzare i loro obiettivi.
Il vantaggio è enorme, l'occasione è unica.
Nulla di complicato, due settimane passano veloci. Cosa mai potrebbe distoglierli dal loro scopo?
Forse... un paio di occhi da cerbiatta.
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Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Dabi, Momo Yaoyorozu, Shigaraki Tomura
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Threesome, Triangolo
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Buona sera, EFP!
Lasciate che vi faccia una piccola premessa per questa storia: è nata dal roleplay, semplicemente. Quindi il motivo di questa storia è nata dal confronto con altre player che hanno preso a cuore il progetto e che hanno dato una speranza a questo Crack-Pairing piuttosto inusuale. Ebbene sì, sarà una sorta di trangolo amoroso, e poi una threesome, ma per dare a voi lettori la possibilità di dare un'occasione sola a questo progetto sarà soprattutto una commedia, o una parodia.
Shigaraki e Dabi non ospiterebbero mai Momo, né si comporterebbero come presto vedete. 
Ma questa è una
FanFiction.



1. FUJIMINO

 

Le notti tranquille di Musutafu erano solitamente notti noiose per un villain, ma per una volta Dabi non poteva fare altro che apprezzare e approfittare di quell’insolito torpore che invadeva le strade della città per fumarsi una sigaretta in pace. La perlustrazione di vicoli sudici, alla ricerca di possibili alleati - o nemici - aveva improvvisamente rallentato nel momento esatto in cui il giovane uomo aveva riconosciuto un gruppo di studenti della U.A. godersi quel momento di libertà dallo studio ed entrare in un locale dove probabilmente avrebbe trascorso la serata.

Ogni cosa passava in secondo piano quando si trattava di quei mocciosi, così gli aveva detto Shigaraki prima di mandarlo a quel paese. Perciò aveva deciso di pedinarli di nascosto; forse non ci avrebbe ricavato nulla, ma l’ordine del ‘boss’ era quello di controllarli in ogni caso. 

Erano già due ore che fissava la porta del caffè, in attesa che i ragazzini uscissero per continuare a seguirli, come una costante minaccia che doveva aleggiare su di loro - una punizione giusta per chi non capiva cosa c’era dall’altra parte di un’impresa. 

Tuttavia Dabi aveva un altro motivo che lo invitava a tenerli d’occhio. Aveva infatti riconosciuto la chioma bicromata di Shōto Todoroki, il quale era senza dubbio la persona che più suscitava il suo interesse. Era una fortuna che gli intenti di Shigaraki lo aiutassero con il suo desiderio di vendetta - d’altronde era per questo che lo aveva cercato e, nonostante entrassero spesso in conflitto fra loro, doveva ammettere che aveva testa. I suoi piani erano di facile realizzazione e le conseguenze erano sempre soddisfacenti, eppure Dabi aveva avuto l’impressione che fosse un tipo molto impulsivo, quasi quanto lui - avevano cercato o no di ammazzarsi al loro primo incontro? Insomma, entrambi restavano buoni per i fatti loro finché Dabi non apriva bocca per farlo incazzare.

Non lo avrebbe mai neanche lontanamente pensato, ma forse la vita che conduceva al Covo un po’ gli sarebbe mancata, se tutto fosse finito troppo in fretta. Ecco: una fine, Dabi non riusciva a vederla, era impossibile immaginarla. C’era sempre dell’altro da fare, nonostante l’obiettivo fosse solo uno. Se avesse potuto, in un momento di pacificità Dabi avrebbe trascinato con la forza uno di quei marmocchi al Covo per fargli ascoltare la loro storia, ma quegli stupidi continuavano a reagire nel modo sbagliato.

Quella sigaretta l’aveva addolcito più del solito…

Per fortuna il gruppo della U.A. era uscito dal locale e ora si dirigeva lentamente al parco di fronte. Uscire allo scoperto sarebbe stato difficile, ma una volta lì, anche Dabi avrebbe avuto il suo riparo. Probabilmente Shigaraki avrebbe avuto un’idea diversa - un’idea migliore … ma Shigaraki non era lì, quindi Dabi attraversò la strada ed entrò a sua volta nel parco, mantenendosi ben distante da quel gruppo: non poteva rischiare di esser visto da un altro osservatore mentre li pedinava.

Era nascosto dietro un alto cespuglio di rose quando si accorse che il gruppo si era diviso: quattro studenti stavano continuando a camminare, seppur lentamente, ma due si erano fermati in prossimità di una panchina, proprio davanti Dabi. 

Shōto Todoroki aveva fatto qualche passo verso gli altri, ma si era accorto che una compagna di classe era rimasta indietro, esausta a causa delle scarpe scomode che si apprestava a cambiare. 

La ragazza posò la giacchetta e su di essa il cellulare che teneva ancora in mano prima di chinarsi per liberare i piedini.

  «Yaoyorozu, vuoi riposare?» le aveva chiesto il bicromato, avvicinandosi all’amica per prestarle soccorso. Ma lei lo aveva rassicurato subito:

  «Per fortuna ho portato con me le scarpe di ricambio. Mi basta solo un attimo, Todoroki-san, raggiungi pure gli altri, vi raggiungerò fra un minuto...»

Così dicendo si spostò il ciuffo dal viso e si dedicò alle scarpe, dimenticando di aver lasciato il cellulare incustodito, che lentamente scivolò sul prato con un tonfo sordo. Per un ladro qualsiasi sarebbe stata un’occasione fortuita, e Dabi rifletté sul da farsi, ma era chiaro che dovesse afferrare quel cellulare. Con disinvoltura se ne impossessò e lo infilò nella tasca del cappotto scuro. Non si allontanò subito perché vedendolo allontanarsi verso l’uscita la ragazza avrebbe capito. Invece nulla: completamente dimentica del cellulare, la studentessa afferrò la giacca e corse verso i compagni di classe. Ecco. La sua sbadataggine del momento le costò la fortuna del villain di fuoco. Era quello il momento giusto per allontanarsi, mentre loro erano dall’altra parte del parco.

  “Forse ho fatto una stronzata” si disse mentre si dirigeva al Covo in tutta tranquillità, poi ci ripensò. Quella ragazzina poteva essersi già accorta o meno della perdita, ma non l’avrebbe mai collegata a un furto. 


 




Dopo aver consumato velocemente l’umile ma generosa cena preparata da Kurogiri, con gran sorpresa di tutti Dabi si rinchiuse nella camera del Covo in cui riposava abitudinariamente e si lasciò cadere sul vecchio materasso. Si accese un’altra sigaretta, la più appetitosa, perché avrebbe voluto fumare al bar, ma Kurogiri e Shigaraki non erano molto convinti, e poiché il corvino si sentiva incredibilmente magnanimo quella sera, decise di non innervosirli.

Stava ancora riflettendo sul furto del cellulare - che non smetteva un attimo di squillare con una fastidiosa suoneria che lo stava facendo impazzire! Probabilmente la sua padroncina stava cercando di rintracciarlo.  

Bene, era ora di disattivarlo, prima che prendesse seri provvedimenti.

Dabi si sollevò a fatica dallo scomodo giaciglio per recuperare il telefonino, che finalmente aveva smesso di far baccano. Fece per spegnerlo, ma un’altra idea meno furba gli balenò alla testa: e se avesse dato un’occhiata alle conversazioni con Shōto? Gli era sembrato che fossero in buoni rapporti; sì, magari una lettura veloce, quanto bastava per mettersi al corrente degli ultimi avvenimenti in casa Todoroki. 

 

Ma prima doveva disattivare la localizzazione di quel coso. 

Pochi minuti dopo il suo sguardo era perso su quel piccolo schermo come fosse un qualsiasi adolescente. In effetti sembrava fossero passati secoli dall’ultima volta che aveva avuto in mano un cellulare, e da allora erano cambiate così tante cose: curiosare nella vita privata di una ragazzina gli permise di conoscere una realtà stupida - era davvero così necessario essere attivi su decine di applicazioni ‘social’? - che però avrebbe potuto rivelarsi utile. Dabi aveva finalmente realizzato di avere tra le mani una fonte preziosa di informazioni sulla scuola di eroi: il gruppo di classe, quello dei rappresentanti di istituto, aggiornamenti sulla difesa e la sorveglianza dell’istituto, le ultime notizie sui pro-heroes e sui loro movimenti. Le chat con i compagni di classe non gli furono d’aiuto: a parte qualche scambio di compiti e suggerimenti, Shōto non le diceva nient’altro. Che strano, aveva intuito che fossero grandi amici. In quella e in tante altre conversazioni c’erano foto di libri, esercizi di matematica, battutine, auguri di compleanno…

Poi Dabi trovò la chat con Jirō Kyōka. 

Doveva essere la sua migliore amica, o qualcosa del genere, perché lì sì che c’era da leggere. 

Forse troppo, ma di tanto in tanto parlavano di cose serie, nonostante il settanta percento di ciò che lesse lo fece sorridere: c’era questo Kaminari di cui parlavano e che citavano almeno sette volte al giorno, dalle ore diciotto fino alle dieci, quando era Yaoyorozu ad abbandonare la conversazione per andare a riposare.

  «Oh, bimba, vai già a dormire a quest’ora? Che peccato… La mia serata è appena iniziata» commentò il villain di fuoco con il solito tono derisorio, come se lei potesse sentirlo mentre si prendeva gioco delle sue abitudini da studentessa modello. Lanciò un’occhiata fugace all’orario indicato e ridacchiò. 

  «Fai foto ai compiti. Sei davvero così noiosa? Vediamo un po’...»

Dalla chat con Jirō Kyōka risalì alla galleria e gli si aprì un altro mondo. L’impegno con cui la ragazza aveva raccolto le foto in diversi album dal nome specifico era da ammirare e da ridere allo stesso tempo. Quello intitolato ‘Plus Ultra’ conteneva foto della classe scattate durante una pausa, una gita, il pranzo a mensa, ed erano quasi tutte simili. Shōto compariva solo in alcune foto, con la stessa espressione indecifrabile; ‘Appunti da ricopiare’, neanche lo aprì. ‘Girls just wanna have fun!’ raccoglieva le foto con le amiche, a scuola o fuori dal contesto scolastico. Erano tante, ma Dabi si chiese comunque se fosse tutta scena o se Momo Yaoyorozu - il nome completo lo apprese dalle informazioni generali del cellulare, dal momento che tutti si rivolgevano a lei con l’appellativo di “Yaomomo” - avesse davvero così tante amiche. Vi era infatti un solo album che ritraeva lei e Jirō Kyōka insieme, ed era pieno zeppo di scatti di ogni genere. Dabi arrivò a pensare che fossero molto più che semplici amiche: trovava insolitamente invitante il modo in cui si appoggiavano l’una all’altra o si scambiavano baci sulla guancia. A Jirō Kyōka erano destinate anche alcune delle foto dell’album intitolato ‘Me’, ma nessuna si rivelò rivelatoria come Dabi si aspettava: si trattava di selfie improvvisati alla domanda Cosa stai facendo?. Momo si era fotografata prima di rimettersi a studiare, mentre preparava del té o leggeva un libro, o in abiti molto eleganti, con l’espressione annoiata, un sorriso o una smorfia. E Dabi si ritrovò a sorridere a sua volta: È insicura. Molto carina, ma insicura. Forse un po’ superficiale, ma se fossi al suo posto - sai cosa? - farei anche peggio pensò Dabi, continuando a curiosare, finché non si fece un’idea ancora più precisa su quella sbadata ragazzina: era brava a scuola, una studentessa diligente, una compagna di classe generosa, e nulla di tutto questo era una maschera se non alla sua insicurezza. Una personalità insopportabilmente debole per Dabi.

Se tu fossi stata me, invece, non saresti durata un giorno

Se rivedere Shōto Todoroki non gli avesse riportato alla mente dei ricordi e non lo avesse reso così arrendevole, Dabi avrebbe riso, ma si era appena reso conto che ciò che aveva subito lui era ciò che anche quella ragazza stava subendo: l’ordine di superarsi, di andare oltre le proprie possibilità per arrivare al limite e ... poi? Rischiare di scomparire.

 

... Di sentire le fiamme divorarti la pelle e udire quell’uomo dirti che non sei abbastanza

 

Così faceva quella nuova, eroica società gridando a gran voce il ‘Plus Ultra’.

Che Momo avesse deciso di farne parte, a lui non riguardava di certo, non era interessato a salvare una ragazzina; ma forse avrebbe trascinato una persona ragionevole come lei al Covo per avere un confronto. Ti sembra giusto dover fare mille sacrifici per poi veder premiato qualcun altro? Ti sembra giusto che persone del genere abbiano questo potere? Qual è la differenza fra un eroe e chi fa il proprio dovere?, così l’avrebbe provocata. Ecco cosa stava pensando mentre si accendeva l’ennesima sigaretta per fuggire quei pensieri e quella rabbia che lo stava invadendo. Sperava che un buon riposo lo avrebbe aiutato a dimenticarsene. 

 

Chi non aveva voglia di dormire era Shigaraki, decisamente troppo preso dalla console che le sue mani mortali reggevano con insolita premura. Finalmente poteva stendersi sul letto; finalmente era arrivato il momento di staccare la mente dalle pessime idee dei suoi fedeli e strambi seguaci. Interagire troppo spesso con loro danneggiava la sua intelligenza. Se ne accorgeva ogni volta che si ritirava nella propria stanza: il piano impeccabile ideato la notte prima si arricchiva di consigli e osservazioni che lo rendevano scadente rispetto all’originale, per questo Shigaraki era sempre impegnato a riflettere sul da farsi, rendendo il piano dieci volte più complicato. Quindi il loro intervento poteva considerarsi un bene, ma a Tomura dava fastidio e basta. Il piano sarebbe rimasto quello dell’attacco a sorpresa, non c’era altro tempo da perdere. 

Per fortuna non erano presi da chissà quali altri pensieri - o forse Tomura li ignorava: gli sarebbe bastato radunarli e dare il via. Un brivido di perversa eccitazione lo percorse al pensiero di terrorizzare quei ragazzini e allarmare tutti i Pro-Hero, la cui sicurezza era stata improvvisamente annientata.

Il piccolo schermo divenne improvvisamente nero e il rumore graffiante di un’interferenza gli solleticò le orecchie attraverso gli auricolari un attimo prima di sentire la voce del suo protettore che lo chiamava e gli chiedeva se gli fosse possibile sentirlo chiaro e forte. L’emozione lo colse di sorpresa e Tomura dovette sollevarsi sui gomiti affinché la sua voce uscisse:

  «Maestro… è Lei?»

  «Tomura...» ottenne in risposta. La voce - la risata del suo padre adottivo era così calma, confortante, che Shigaraki tornò a sentirsi come un bambino. La contentezza fu tale che aveva voglia di piangere, ma l’uomo sapeva bene come attirare la sua attenzione:

  «Ho bisogno che tu faccia una consegna. Si tratta di una fase fondamentale per la realizzazione del nostro sogno...»

Come fu facile prevedere, Tomura confermò prontamente la propria collaborazione, così All For One continuò: «Il fornitore ti aspetta fra due giorni da qualche parte fuori Musutafu - gli ho riferito che sarai tu a decidere la località esatta, a seconda delle tue necessità. Devi raggiungerlo, prendere i soldi e rispedirli a Musutafu, al Dottore, per via indiretta. Sta a te scegliere il corriere successivo e le modalità dello scambio, so che farai un ottimo lavoro. Raccomando solo la complessità della faccenda: l’affare deve risultare irrintracciabile»

 

  «Dobbiamo rimandare l’attacco ancora una volta...» si disse il leader della League, non appena la comunicazione terminò. Tre dita erano andate a sfiorare insistentemente il collo per la frustrazione attenuata dal tenero ricordo dell’uomo che si era occupato di lui per così tanto tempo. Shigaraki non voleva perdere l’occasione di colpire la U.A., ma il Maestro gli aveva detto che questa missione li avrebbe avvantaggiati, e nonostante Tomura avrebbe preferito guadagnarsi la vittoria con le proprie mani, decise che era meglio portarsi avanti: non conosceva i progressi fatti da quei mocciosi, ma sapeva che erano testardi quasi quanto lui. Adesso gli bastava pensare prima a una scusa per uscire da Musutafu, poi a chi affidare un compito così importante.

La situazione sembrava pericolosa, ma il giorno successivo, quando comunicò agli altri la sua decisione e descrisse loro i punti chiave del nuovo piano, Dabi aveva detto semplicemente: «Progetto Fujimino», e si era acceso un enorme, fiammeggiante punto interrogativo prima che una speranza.

  «Progetto Fujimino? Di cosa si tratta?» chiese Shigaraki con rinnovato interesse. Era la prima volta che Dabi dicesse qualcosa di sensato durante le loro riunioni. O almeno sembrava qualcosa di sensato, ma quello parlava a monosillabi incomprensibili con lunghe pause. I brillanti occhi azzurri del villain di fuoco guardarono con stanca apatia il leader:

  «Alcuni studenti della U.A. vanno a Fujimino per un apprendistato e verranno ospitati da famiglie del luogo. C’è anche il figlio illegittimo di All Might tra loro.»

  «Non è il figlio illegittimo di All Might.»

  «Secondo me sì.»

Tomura batté le palpebre un paio di volte, inspirò profondamente e divenuto di nuovo l’uomo più paziente del Giappone, lo incalzò:  «Chi te l’ha detto? Come fai ad avere questa notizia?»

Di nuovo, Dabi impiegò più secondi per rispondere, ma stavolta sembrava esitare, il che era davvero insolito. Shigaraki lo vide infilare una mano in una tasca del lungo cappotto ed estrarvi un cellulare rosa che poggiò sul bancone, proprio davanti al leader. Davanti all’espressione irritata e perplessa dell’azzurrino, confessò:

  «Ho seguito un gruppetto di studenti che passeggiava ieri sera, uno di loro ha perso il cellulare. La proprietaria non se n’è accorta. Sembra essere una qualche rappresentante di classe, è molto aggiornata sugli avvenimenti della scuola: ha annotato le date sul calendario e ha salvato i moduli di iscrizione. Li ha già spediti. E venerdì ha un appuntamento dal dietologo.»

  «Perché cazzo non me l'hai detto prima?»

  «… Del dietologo?»

  «Ngh! Del fatto che hai incontrato quei mocciosi!»

Ora che i piani erano cambiati, avrebbe potuto risparmiarsi quella scenata, ma per Shigaraki era una questione di principio, per cui scaricò la rabbia e la frustrazione - nonché tutto il suo orgoglio - sul collo già straziato, lasciando che il suo sguardo si perdesse nel vuoto per rielaborare le informazioni. 

Quel cellulare era senza dubbio una fonte preziosissima di informazioni, Dabi lo aveva sorpreso per ben due volte nell’arco di pochi minuti, ma iniziò a pensare che lo avesse rubato per il gusto di farlo, senza pensare alle conseguenze.

  «Fujimino, eh?» sussurrò poi, poggiando per un attimo le labbra al bicchiere di whiskey mentre con le dita della mano libera faceva scivolare il cellulare sul bancone. Sembrava l’occasione perfetta per attuare il piano del Maestro, ma doveva agire alla svelta: in due giorni avrebbe dovuto stabilirsi a Fujimino, chiedere a uno dei suoi sottoposti di entrare in contatto con il fornitore e da lì seguire le coordinate dell’affare; intanto avrebbero ospitato uno studente della U.A. e… e non gli veniva altro in mente, ma avere vicino uno di quei mocciosi era più vantaggioso di un attacco a sorpresa. Doveva ammettere che la situazione era cambiata al meglio: sarebbe andato tutto liscio, nessun intoppo lo avrebbe distratto. A compensare il bisogno di sfida ci avrebbero pensato ore e ore di videogames - già pregustava quel momento. 

In pochi minuti il piano era deciso:

  «Andiamo a Fujimino: Compress penserà alla consegna, è l’unico che può agire in stealth mode. Io e Dabi ci occuperemo della falsificazione di qualche documento per ospitare la ragazzina del cellulare e, Kurogiri...»

Qui il tono di Shigaraki parve diventare più cauto mentre chiedeva al suo custode l’ennesimo favore, uno dei più difficili, da esaudire nel minor tempo possibile: «Kurogiri, ho bisogno di trovare degli appartamenti a Fujimino, un condominio che possa ospitarci per un paio di settimane. Non mi interessa della sorte dei reali occupanti, ma non mi sembra il caso di dare nell’occhio...»

Il fedele barista annuì in modo impercettibile e pronunciò le due parole che rasserenavano le notti di Shigaraki:

  «Sarà fatto.»



  C’era stato tanto lavoro da fare, forse addirittura troppo

Il trasferimento dal solito Covo tanto sicuro e famigliare a un posto normale, pulito… ordinario, aveva stressato tutto il gruppo che si era diviso in tre appartamenti, distribuiti su due piani diversi della stessa struttura; inoltre, il ritardo di alcuni affari aveva portato allo stremo alcuni membri della League e lo stesso leader.

I due giorni di attesa erano appena trascorsi e il fornitore non si era presentato all’appuntamento con Compress, a sua volta stressato per il mancato incontro: trascorreva le giornate in strada per controllare se il fornitore si fosse presentato all’ultimo momento, ma ormai era tardi per pensare a un imprevisto.

Tomura non sapeva cosa fare, gli era difficile ragionare a causa della rabbia che stava provando in quel momento: non poteva contattare il Maestro e magari offenderlo insultando il fornitore da lui scelto, ma non poteva neanche starsene tranquillo, senza agire. Aveva già mandato Dabi, suo mercenario, a cercare una soluzione estrema, ma era tornato con i documenti identificativi; anche questi erano stati falsificati in ritardo perché la League non conosceva ancora l’indirizzo esatto degli appartamenti in cui avrebbero vissuto. Ora almeno conoscevano gli anagrammi che nascondevano la loro identità, una precauzione ideata da Kurogiri.

  «Davie Bickler? Non mi piace.»

  «Sta’ zitto! Così impari a non dirmi il tuo vero nome!» abbaiò di rimando il leader, cercando di calmarsi con un bicchiere pieno di scotch, ma riusciva ben poco a restare fermo e composto. Pensava a come sarebbe stato difficile dividere l’appartamento con Dabi e fingersi in buoni rapporti; tuttavia, per il momento era l’unico ad avere un contatto diretto con la ragazzina, e il sesto senso gli diceva che era anche l’unico che avrebbe saputo gestire la situazione. Altrimenti cosa avrebbero dovuto fare? Lasciare da soli Shigaraki e la ragazzina, mettendo in pericolo quest’ultima? Stessa sorte le sarebbe toccata se la sua coinquilina fosse stata quella stramba di Toga o Twice; Compress parlava troppo, Spinner l’avrebbe terrorizzata. L’alternativa sarebbe stata Magne, ma come avrebbe fatto il solo Kurogiri a gestire quella mandria di pecore?

Le unghie affondarono nuovamente nel collo di Tomura, il quale cercava di convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio: sarebbero stati lì per due settimane come programmato, intanto avrebbero incontrato il fornitore - lo avrebbero ringraziato, poi ucciso! - e infine sarebbero tornati a Musutafu.

  «Ah, ho capito: l’abbreviazione è Da-Bi. Ingegnoso.»

  «B r a v o, meriti un premio!» esclamò sarcastico Shigaraki. 

Ma Dabi ignorò quel tono e rispose:

  «Ricordi quando ti ho chiesto-...»

  «Non avrai un cazzo in cambio!»

  «Non l’ho mai chiesto...»

E mentre Shigaraki elaborava il significato nascosto di quelle parole, ecco bussare alla porta. I colpetti rieccheggiarono nel lungo corridoio che andava dalla porta d’ingresso al salotto dove si trovavano e da cui era possibile accedere alle altre stanze. I due villains si scambiarono un’occhiata veloce, prima di percorrere insieme e con fare circospetto l’ingresso dell’appartamento: non c’era nessun rumore particolare che potesse tradire il loro visitatore.

Impaziente, Dabi decise di aprire la porta col palmo aperto, pronto all’attacco, ma al posto di una possibile minaccia c’era la studentessa che ‘per caso’ avevano chiesto di ospitare. Era diversa dalle foto che il villain di fuoco aveva osservato, forse perché stavolta non indossava la divisa scolastica e aveva i folti capelli neri sciolti sulle spalle, e gli occhi neri da cerbiatta cercavano di sorridere mentre azzardava una presentazione:

  «Ciao! Sono Momo Yaoyorozu.»





 
   
 
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