Fandom: Boku No Hero Academia
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
1-A, TodoBakuDeku
Tipologia:
Two-shot
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama
ufficiale da cui ho
elaborato la seguente storia, non mi appartengono.
STAND
BY YOU
CAPITOLO
1
Con
la vista annebbiata e le dita intirizzite per il freddo glaciale della
notte
che minacciava neve, Izuku si aggrappò con tutte le proprie
forze al bordo del
cassonetto della spazzatura per evitare di cadere rovinosamente a terra
mentre,
in lontananza, poteva vedere i cancelli dell’Accademia,
illuminati a giorno.
Poteva
farcela, c’era quasi, ancora poco…
Respirando
affannosamente e combattendo contro l’impulso di vomitare
– pessimo segno – si
rimise in piedi e, stretto in quello che restava della sua divisa, si
rimise
dritto e, mentre si appoggiava al muro, riprese lentamente a camminare.
Sentiva
gli occhi bruciare per il vento e le lacrime che faticava a trattenere:
sentiva
così tanto dolore che avrebbe voluto urlare, fermarsi
lì e urlare nella
speranza che i suoi compagni lo sentissero e lo venissero a prendere,
ma doveva
risparmiare quelle poche energie e continuare a muoversi, ad ogni costo.
Con
uno sforzo immane, avanzò di un’altra decina di
passi ma un giramento
improvviso di testa – probabilmente dovuto alla perdita di
sangue dalle ferite
ancora aperte – lo costrinse a fermarsi ancora, ma ben presto
si forzò a
ripartire mentre il cancello sembrava sempre più vicino.
Non
poteva fermarsi o svenire lì, sarebbe morto o, peggio,
ricatturato.
Già…
Ricatturato…
Perché
Izuku Midoriya ne era certo: gli stessi villain che l’avevano
tenuto
prigioniero in quei giorni – non era sicuro esattamente di
quanto tempo fosse
passato - con il solo desiderio di vederlo spezzato sotto le torture,
dovevano
essergli alle calcagna; sicuramente avevano già scoperto la
sua fuga.
Finalmente,
il ragazzo uscì dal vicolo puzzolente e si
ritrovò sul marciapiede sferzato dal
vento proprio di fronte alla scuola, ne vide le luci accese su ogni
piano e per
poco non scoppiò in lacrime per il sollievo.
Mancava
così poco…
Poteva
quasi toccare con mano il muro di cinta.
Per
un attimo, l’energia ritornò nel suo corpo
martoriato e i pugni graffiati si
strinsero insieme ai denti e lui spiccò una corsa che gli
fece attraversare in
quello che gli era sembrato un secondo la strada, fino a farlo
collassare – del
tutto esausto – a faccia in giù di fronte al
cancello della U.A.
Senza
fiato, con il cuore che gli batteva forsennatamente nel petto per lo
sforzo che
aveva richiesto al suo fisico martoriato, Midoriya sbattè
più volte le palpebre
nel tentativo di mettere a fuoco la massiccia figura
dell’edificio a pochi
passi da sé, lo sguardo fisso sul punto apparentemente vuoto
in mezzo
all’arcata d’ingresso dove sapeva esserci la
Barriera.
Le
costole gli facevano male, respirare era difficile.
Ma
il suo obiettivo era lì, a un passo.
Era
quasi a casa, e nessuno lo avrebbe fermato.
Con
l’ultima stilla di forza rimastagli, strisciò in
avanti di qualche centimetro e
sfiorò con la punta delle dita la barriera energetica: la
sentì solida sotto le
proprie dita e ne percepì l’energia statica che
emanava.
E
mentre nel campus risuonò penetrante l’allarme
anti-intrusione, semplicemente
si lasciò andare a un pianto disperato e a
un’ultima, struggente, richiesta di
aiuto sussurrata alle stelle prima di perdere i sensi.
“Sono
qui… Aiutatemi…”
§§§
L’allarme
anti-intrusione non era un’eventualità rara di
quei tempi, ma solitamente si
trattava di qualche giornalista o ficcanaso, e per questo motivo
Aizawa-sensei subito
non si preoccupò più di tanto; per di
più, in quel momento, aveva ben altro per
le mani: in particolare, le condizioni psico-fisiche dei suoi studenti,
sempre
più precarie ad ogni ora che passava.
Sottovoce,
imprecò mentre si richiudeva la porta della propria stanza
alle spalle e
permetteva ai pensieri che gli avevano turbinato in testa per tutto il
giorno
di vagare liberi: aveva dovuto fermare per l’ennesima volta
Bakugou e Todoroki
e impedirgli di fare cazzate mentre, dall’altra parte, il
resto del corpo
docente dell’Accademia era impegnato nelle ricerche di
Midoriya.
Non
ne era stato felice, doveva ammetterlo, soprattutto perché
aveva dovuto calcare
un po’ la mano con loro, ma sapeva che entrambi –
soprattutto quell’incosciente
dall’esplosione facile – si sarebbero cacciati in
un mare di guai nel tentativo
di ritrovare il loro compagno, forse si sarebbero anche fatti uccidere.
Aizawa
scrollò la testa e si passò una mano sul volto
prima di sospirare
rumorosamente, esausto: calcolò mentalmente di avere ancora
un paio d’ore prima
che quei due si liberassero dai nodi e tentassero di nuovo la fuga dal
dormitorio, ma contava che Iida riuscisse a tenere sotto controllo la
situazione e dargli il tempo di arrivare.
Nella
stanza semi-buia, l’unica cosa che si vedeva era la sagoma
della scrivania
illuminata dalla luce dello schermo direttamente collegato con il
sistema di
sorveglianza esterno.
Più
per curiosità che per qualunque altro motivo,
gettò uno sguardo alle immagini e
la sua attenzione fu subito attirata dalle figure degli altri
insegnanti che
correvano nei corridoi, vide con crescente allarme gli studenti
attirati dal
baccano venir spinti nelle proprie stanze, poi sentì le
grida provenienti da
fuori e vide il corpo docente riversarsi fuori da Heights Alliance e
dirigersi,
in un mix di Quirk, verso il corpo centrale dell’Accademia.
Aizawa
guardò di nuovo lo schermo e non gli ci volle molto per
identificare la ragione
di quel movimento: gli mancò il fiato in gola e gli occhi si
sgranarono per lo
stupore quando riconobbe la figura gettata per terra come uno straccio
sporco
davanti alla Barriera, e come poteva non essere?
Quel
cespuglio verde spettinato in tutte le direzioni… La divisa
strappata…
Venne
strappato dai suoi pensieri da un bussare insistente alla porta mentre
parecchie voci si coprivano l’un l’altra
chiamandolo a gran voce e con urgenza;
desiderava unirsi agli altri insegnanti e assicurarsi delle condizioni
di
Midoriya, ma prima aveva un altro compito.
Quando
spalancò la porta senza troppa cautela, si
ritrovò davanti la capigliatura rossiccia
di Kirishima, il quale lo fissava con espressione stralunata, e
così anche
Kaminari e poi – dietro di loro – il resto della
1-A, mentre Iida, seppur con
difficoltà, tratteneva Bakugou e Todoroki.
A
vederli così, pallidi e dall’espressione furente,
l’uomo si incupì per un
attimo, salvo poi riprendersi subito, consapevole del momento difficile
che
stavano passando non soltanto loro ma anche gli altri studenti della
classe: tutti
volevano bene a Midoriya, in fondo.
“Aizawa-sensei,
abbiamo sentito un gran chiasso provenire dagli altri
dormitori.” disse Ochaco
in pigiama: “Siamo sotto attacco?” chiese lei.
“Ho
visto gli altri professori uscire nel campus e dirigersi verso la
scuola, c’è
qualche problema?” Momo si tirò su i capelli e
rifece la coda.
Il
brusio aumentò mentre gli studenti riprendevano a
interrompersi e a parlarsi
addosso e solo l’intervento di Iida, che spinse in avanti i
suoi “prigionieri”,
azzittì tutti: “Sensei!” prese la parola
lui, “Se ci stanno attaccando,
vogliamo combattere con voi!”
“D’accordo,
ora però tacete tutti, marmocchi.” Aizawa
alzò la mano e, all’improvviso, nel
corridoio cadde il silenzio: “Non siamo sotto attacco, ma
c’è stato un allarme anti-intrusione
al cancello e stanno verificando.”
Fu
in quel momento che la voce del preside riecheggiò
nell’interfono del
dormitorio: “Evacuazione per la 1-A, seguite Aizawa-sensei e
dirigetevi all’edificio
principale. Aizawa-kun, dopo averli portati al sicuro, raggiungi il
cancello
principale.”
Approfittando
del silenzio successivo alla comunicazione del preside, Eraser Head
battè le
mani e riprese il controllo della situazione: “Avete sentito
tutti? Uscite in
ordine, Iida, assicurati che nessuno resti nell’edificio e
non fate deviazioni.”
“E
lei, sensei?” chiese Mina.
“Al
cancello. Iida, Yaoyorozu, se pesco qualcuno in giro lo farò
espellere, e voi
con loro.”
§§§
Nella
sua vita da Pro-Hero, Shota Aizawa aveva visto di tutto, per non
parlare di
quella da insegnante, ma nulla lo aveva preparato a quello che vide una
volta
raggiunto il cancello principale della U.A; l’aria era gelida
ma se la rabbia
avesse potuto generare calore, probabilmente i presenti da soli
avrebbero
generato l’energia di un piccolo sole.
Non
c’era nessuno sul marciapiede al di là delle mura,
ma tutti erano riuniti in
cerchio all’interno del perimetro, immobili, come a fare da
scudo a tre persone
al centro: Izuku era rannicchiato contro il petto di All Might, con i
piedi
nudi che spuntavano da sotto una coperta troppo corta per lui, mentre
Recovery
Girl, al suo fianco, ne esaminava le condizioni.
Ipnotizzato,
e un poco instupidito dal sollievo per il ritorno del suo allievo misto
alla
preoccupazione per le sue condizioni, Aizawa osservò la
scena con gli occhi
sgranati, mentre le orecchie gli ronzavano, rendendogli difficile udire
le
parole rassicuranti di Chiyo-san all’orecchio del ragazzino.
“Shh,
bambino… Andrà tutto bene, sei al
sicuro…” come fosse stata una ninna-nanna, la
voce dell’anziana donna calmava gli spasmi di dolore del
ferito, i cui
lineamenti – ora che Eraser Head si era fatto più
vicino – erano quasi del
tutto irriconoscibili.
Ansioso,
All Might era seduto a gambe incrociate per terra e sosteneva del tutto
il
corpo del suo successore tra le braccia, lasciando che la testa del
ragazzo gli
poggiasse sul petto mentre i capelli sporchi di sangue incrostato gli
solleticavano
il naso: dalla sua espressione, Aizawa era sicuro che avrebbe mutilato
benissimo chiunque fosse stato tanto incauto da avvicinare Midoriya
senza
permesso.
In
fondo, non l’avrebbe biasimato: se avesse avuto sottomano i
responsabili di
quello scempio, probabilmente la mutilazione sarebbe stata la punizione
più
blanda che lui stesso gli avrebbe inflitto.
“Più
di così al momento non posso fare. Portiamolo in infermeria,
Yagi-kun.”
La
voce di Recovery Girl risuonò nel cerchio e la donna si
rimise in piedi, le
mani erano ancora sporche del sangue di Midoriya ma Eraser Head si
impose di
non pensarci; il gruppo di adulti ebbe un fremito, poi si allontanarono
gli uni
dagli altri e, mentre alcuni s disperdevano per il campus –
probabilmente di
pattuglia –, altri varcarono la barriera e scomparvero nella
notte.
Il
coordinatore della 1-A, invece, mosse un passo in avanti, poi un altro
e un
altro ancora fino a ritrovarsi accanto ad All Might, alzatosi in piedi
con il
ferito stretto tra le braccia: Shota avrebbe potuto sfiorare con la
mano la guancia
tumefatta di Izuku, tanto era vicino, ma non osò, temendo di
provocargli ancora
più dolore; invece, catalogò a vista ogni singolo
taglio, ogni frattura ancora
da risanare, ogni minima lesione, anche la più piccola, con
l’intento di riservare
un trattamento cento volte peggiore agli autori di quel massacro.
Non
meritavano altro.
Fu
in quel momento che dalle labbra gonfie di Midoriya uscì un
lamento strozzato, seguito
poi da un rivolo di sangue che imbrattò di scarlatto la
camicia bianca di Toshinori,
mentre le dita strette debolmente a pugno del ragazzo si strinsero al
tessuto
di cotone come se per lui fosse l’unica ancora alla
realtà; la coperta, per
quel movimento improvviso, scivolò verso il basso ma Yagi la
prese al volo e
coprì con cura infinita il corpo martoriato del suo
successore, rimboccandogliela
con affetto fino al collo come a volerlo proteggere, e non solo dal
freddo
della notte.
“Midoriya-kun
si riprenderà, ma vorrei davvero che non prendesse una
polmonite con queste
temperature polari, Yagi-kun. Non costringermi a chiedere a Shota-kun
di
sostituirti.”
All
Might sembrò riscuotersi dal torpore e, dopo aver alzato lo
sguardo alla
ricerca di Aizawa, gli lanciò un’occhiata di sfida
prima di affrettarsi dietro
Recovery Girl, che avanzava a passo rapido verso la scuola; mentre la
stanchezza, che già in dormitorio si era fatta sentire, lo
travolgeva
nuovamente, il coordinatore della 1-A li seguì a distanza,
con negli occhi i
piedi di Izuku che dondolavano fuori dalla coperta.