La strada buia
La
strada era buia, gli alti alberi, che la costeggiavano nascondendo le case
dietro le loro ampie fronde, impedivano alla tenue luce delle stelle di
filtrare. Un’ombra nera si mosse rapida e la ragazza rabbrividì.
No, non mi farò influenzare dagli
sciocchi racconti di mio fratello.
Cercò
di convincersi, ma i suoi piedi sembravano rifiutarsi e lei rimaneva immobile
nell’ultima pozza di luce concessa da un lampione.
Con
aria indispettita…
Sicura.
Con
aria fintamente sicura, la ragazza si scosse via i ricordi di demoni ed esseri
nascosti nelle ombre e percorse il buio cammino, casa sua non distava poi
molto, dopo tutto.
La
via continuava ad essere buia, iniziava a chiedersi se non ci fosse lo zampino
di suo fratello in quel malaugurato inconveniente posto proprio sulla sua
strada. Sulla loro strada.
Andiamo, è solo una strada!!
Non
voleva proprio pensare alle aggiunte fatte dal fratello la sera prima, non
voleva pensare all’essere che succhiava l’anima dagli occhi dei viandanti che
osavano attraversare una strada buia. Suo fratello aveva parlato di un cane
nero, grande quanto la paura di chi lo vedeva, e uno bianco, grande quanto la
speranza e la fiducia, il primo di mangiava l’anima, l’altro ti salvava, ma la
ragazza in quel momento riusciva solo a pensare al grosso cane nero e…
Sei proprio d’aiuto, grazie mille!
Un’ombra
rapida attraversò la strada e lei si ritrovò a fare un balzo indietro, un
urletto che sfuggiva dalle sue labbra.
Non ho urlato, non dire…
“Ciao!”
La
voce alle sue spalle la fece sobbalzare, non vi era stato nessun suono di passi
a prepararla, nessun fruscio di abiti, nulla di nulla. “Anche tu rientri così
tardi?” Chiese la… cosa? Alle sue
spalle.
Malgrado
il suo profondo amore per la scienza e il suo aggrapparsi tenacemente al metodo
scientifico, fu, limpidamente sicura, che quello dietro di lei fosse uno
spettro.
Un dannato spettro che di certo non otterrà
da me una risposta e neppure, questo è l’ABC, mi volterò!
“Stavo
pensando: dovrebbero proprio sistemarli i lampioni di questa via… non credi?”
Certo che lo credo! Questa via è
l’emblema stesso del posto in cui si potrebbe incontrare qualcosa di
decisamente paranormale!!
Sperava
davvero che l’essere non sentisse i suoi pensieri o che quelli non contassero
come risposta…
“Sono
nuova, tu abiti qua da tanto?”
Oh sì! E ho intenzione di abitarci
ancora invece di finire in qualche limbo per anime divorate da tipi come te!
Doveva
seriamente smetterla di pensare le risposte, non si poteva mai sapere con gli
spiriti.
Grazie del suggerimento.
“Vengo
dalla città, ma i miei si sono traferiti, aria fresca dicono loro, meno cibo da
asporto, dico io.” Ridacchiò. Un brivido freddo le corse lungo la schiena. Va
bene, non era proprio una risata malefica, ma il sottinteso era, quantomeno, inquietante.
“Io
vado di là… ciao!”
Come no, credi che basti questo per
farmi voltare?
Non
salutò, invece accelerò ancora un poco, sollevata nell’entrare, finalmente, in
una strada illuminata. Presto sarebbe stata a casa. Doccia calda, cibo e magari
un fantasy e si sarebbe dimenticata di tutta quella faccenda.
La
via era ancora buia dei due giorni precedenti, esitò un istante, ma la strada era
quella e doveva percorrerla, ne andava del suo orgoglio.
“Ehi!”
Aveva fatto due passi nel buio.
Due passi!! Questo spirito non aveva
altro da fare che aspettare lei?
Incassò
la testa nella giacca e continuò a camminare.
“Sempre
la stessa strada eh?”
Già! Purtroppo proprio quella che hai
deciso di infestare!
“Credi
che li aggiusteranno i lampioni? Ti è già capitato di inciampare? Perché di
certo potrebbe succedermi, faccio sempre qualche disastro.”
Ok… questa era strana, persino per un
essere mangia umani.
“Giusto
la settimana scorsa ho rovesciato un intero barattolo di vernice sul patio,
temo rimarrà sempre una chiazza… rossa…”
Eccola
l’allusione al sangue, però l’aveva presa da lontano.
Deve essere uno di quegli spiriti alle
prime armi.
Doveva
essere uno di quegli spiriti in addestramento.
“A
te non succede mai di cadere? Lungo questa strada, magari?”
Ti piacerebbe!!
Accelerò
ancora, non si sarebbe messa a correre, ma non voleva neanche cadere in
letargo.
“Ecco
il mio bivio, ciao.”
Entrò
nella luce e la voce scomparve.
Casa!!
Incredibile, eccola di nuovo.
“Neanche
a farlo apposta, ieri ti ho raccontato della vernice che ho rovesciato, beh,
oggi ho fatto di peggio, credo che i vicini non mi parleranno più… ma ti giuro,
è stato un incidente! Non è colpa mia se il loro gatto...”
No,
questa non voleva proprio sentirla. Alzò le mani e si infilò le cuffiette nelle
orecchie.
Beccati questa spirito ammazza persone e…
gatti!
Il
giorno dopo avrebbe voluto adottare la stessa strategia, ma il cellulare era
scarico, non avrebbe dovuto passare tutta l’ora di fisica ad ascoltare musica
invece che il professore.
“Ho
capito una cosa: non ti piace chiacchierare.”
Wow… perspicace!
“Ma
sai… te l’ho detto che sono nuova e non ho nessun amico, per ora… a scuola è
tutto nuovo e con la mia ehm… incapacità a non fare danni è difficile. E poi ci
sono questi lampioni rotti che…”
A
volte sembrava proprio sono una ragazza della sua età.
Doveva aver avuto il massimo dei punti
in recitazione, corso: come fregare un umano in una via buia.
“Mia
sorella dice che dovrei imparare a cavarmela da sola, ma…” Rimase in silenzio
per un po’. “La sai una barzelletta? Io ne so una, te la racconto.”
Dovette
stringere con forza le labbra nel sentire cosa partorì l’essere.
È divertente
solo perché non lo è affatto!
“Non
era divertente?” Chiese l’entità, e lei dovette davvero, davvero sforzarsi per non
ridere.
Il
giorno dopo gliene raccontò un’altra. Aveva il cellulare e la musica, ma per
qualche motivo vedere, o meglio sentire, cosa si sarebbe inventato di nuovo lo
spirito, era più divertente.
Evidentemente non so più come
divertirmi, uno dei mali della mia generazione.
Vi
era qualcosa di estremamente semplice nello stare in silenzio e ascoltare senza
che si pretendesse nulla da lei. Ormai aspettava quasi con impazienza il
momento in cui avrebbe percorso quel pezzo di strada in silenzio, ascoltando i
resoconti sempre più sciolti e divertenti della ragazza…
Essere, cosa, entità!
Alle
sue spalle.
Uscì
di scuola quasi correndo, passò il viale alberato con i suoi eleganti lampioni
in ferro battuto, scese la strada pedonale con le luci a terra e superò la via
della biblioteca, illuminata dai lampioni, per poi fermarsi di netto davanti
alla via che portava a casa. La via buia non c’era più, o meglio, c’era, ma non
era buia. Mentre lei era in classe qualche operaio doveva essere passato e aver
riparato il guasto. Allora, forse, suo fratello non centrava, dopo tutto.
Non ne sarei così sicura…
Si
mise a camminare lentamente, aspettando la voce, aspettando la ragazza, ma…
nulla. Solo il silenzio.
Arrivò
a casa con uno strano sentimento nel cuore.
Delusione?
No!
Passò
una settimana e lei si rassegnò, ma vi era qualcosa…
Non essere ridicola! Era solo un
dannato… essere e te ne sei liberata.
Fu
completamente per caso se il giorno dopo, passando, si ritrovò a manomettere
l’intero circuito elettrico della via.
Un incidente! Ok, no… uno scatto d’ira,
una sfida contro il sistema, capita a noi adolescenti.
Non
aveva nulla a che fare con il fatto che, ora, la via era di nuovo al buio. Non
poteva avercelo visto che lei aveva chiaramente…
Descrivi la via buia e attieniti a
quello!
Dunque,
la via, era di nuovo buia e, malgrado la luna iniziasse a cresce nel cielo,
giorno dopo giorno, il suo chiarore latteo non riusciva a filtrare tra gli
alberi ricchi di fogliame.
Bene, continua così.
Un
passo, tese le orecchie e…
“Ciao!”
La
voce era roca, ma era decisamente lei.
Ora voglio proprio sentire…
“Mi
sono presa uno di quei raffreddori! Wow… non ci crederesti mai, ma non riuscivo
proprio a respirare, completamente senza fiato. Avevo anche la febbre, quasi
quaranta.”
Scusa del secolo!
Il
sollievo e la gioia che provava nel sentirla in quel momento non aveva nulla a
che vedere con il fatto che lei fosse di nuovo lì, dopo una settimana di
assenza.
Infatti non hanno nulla a che vedere con
quello che hai scritto.
“Quando
dirò a papà che le luci sono di nuovo spente sarà furioso… aveva tanto spinto
in comune affinché le aggiustassero."
Non dirgli che sono stata io, allora!
Mentre
lo pensava, un sorriso divertito sulle labbra, inciampò.
Ridicolo, conosco questa strada come le
mie tasche, non posso di certo…
Sì,
stava decisamente cadendo e l’asfalto era decisamente sempre più vicino alla
sua…
Ahi!
Faccia.
Ok, calma, devi solo…
“Ti
sei fatta male?” Lei era lì. Le sue mani erano lì, tese verso di lei,
combattendo tra l’istinto di aiutare e la paura che il suo tocco non fosse il
benvenuto.
Oddio è qui!
Davanti
ai suoi occhi, tangibile e… bionda.
Non
se l’era immaginata bionda.
“Vuoi
che chiami qualcuno, ti serve…?”
“No,
ce la faccio.”
Oh…
“Oh…”
Distolse
lo sguardo da lei.
“Mi
piace la tua voce.” Disse allora l’ess… la ragazza.
Non ti azzardare a…
Le
sue guance arrossirono.
Smettila, non è vero!
Si
tirò in piedi e si spazzolò gli abiti. Tutto per non guardare la giovane.
“Credo
sia meglio se andiamo a casa.” Si ritrovò a dire.
“Già…”
Fecero
qualche passo in silenzio. Una accanto a l’altra. Era strano.
Il silenzio?
No,
lo stare vicine, per la prima volta.
“Posso
dirti una cosa?”
“Ok.”
Non
che fosse la prima volta che diceva qualcosa e non che avesse mai chiesto il
permesso, ma…
Non mi sembra il caso di farglielo
notare.
“Ho
paura del buio.”
Si
fermò a guardarla, sorpresa. Doveva avere la sua età.
Non si ha più paura del buio alla mia
età!
O
almeno non lo si ammette.
Pfff…
Pensò
alle ultime settimane, a quel parlare, a quel condividere dettagli della
propria vita, pensieri, avvenimenti, solo per…
“…Riempire
il buio.”
“Come?”
Le chiese, perplessa. Non potendo seguire il flusso dei suoi pensieri.
“Per
questo chiacchieravi, dietro di me, per riempire il buio.”
“Sì,
infantile, lo so. Solo… da bambina sono rimasta intrappolata in un posto
stretto e buio per quelli che mi sono sembrati anni e così ora…” Scosse la
testa, come a sminuire quello che aveva detto, o forse quello che provava.
Non
le disse nulla.
Cosa dovrei dirle??
Rimase
semplicemente in silenzio, mentre continuavano a camminare, presto sarebbero
state di nuovo nella zona di luce e, lo sapeva, si sarebbero separate.
“Ho
spento io i lampioni, mi dispiace.”
Si
sentì ammettere, e non seppe neanche lei perché.
“Perché?”
Chiese la giovane, fermandosi a fissarla, i grandi occhi chiari, azzurri forse?
Che la fissavano sinceramente curiosi.
Perché pensavo fossi uno spirito mangia
umani che uscisse solo in una via buia e mi mancavi…
Forse
avrebbe dovuto dirle solo l’ultima parte.
Come no, la pazza che non sa il tuo nome,
ma è così sola da trovare conforto nel chiacchiericcio senza senso di una
sconosciuta!
“Uno
scatto d’ira.” Mentì.
Piantala.
Gli
occhi della ragazza la sondarono e per un istante credette che avesse capito.
“Anche
io a volte mi arrabbio.” Le disse invece, un piccolo sorriso sulle labbra.
Difficile da credere.
“Ah
sì?”
“Sì.”
“Per
esempio quando i tuoi vicini chiudono il gatto in casa?” Disse, mostrando di
aver ascoltato più di quanto aveva precedentemente ammesso.
“Ehi,
non sapevo fosse stato operato! Altrimenti non sarei andata a liberarlo.”
“Mmm…”
“Davvero!”
Si
ritrovò a sorridere. Non era così male, avere una conversazione invece di
ascoltare e basta…
Forse…
Ora
erano sulla linea tra buio e luce, lì la ragazza, di solito, la salutava.
Esitò.
“Quindi
tu…” Disse.
“Abito
lì.” Le indicò una casa poco distante. Poteva quasi immaginare l’ampia macchia
rossa sul patio.
Esitò.
Cosa dovrei dirle a questo punto?
Magari
poteva chiederle il suo nome o, più semplicemente, chiederle se domani potevano
fare la strada assieme. Dirle, che dopo tutto, anche lei aveva paura del buio.
Non ti allargare!
Avrebbe
persino potuto chiederle il numero di telefono, perché sapeva, molto bene, che
non appena fosse arrivata a casa avrebbe voluto parlarle ancora, ed era sempre
più acutamente consapevole che quei pochi minuti di strada assieme non
sarebbero più bastati.
Ci hai proprio preso la mano eh?
“Ci
vediamo domani?” La ragazza doveva avere più coraggio di quanto ne avesse lei.
Stai diventando saccente.
“Sì.”
Acconsentì, senza aggiungere che avrebbe atteso con impazienza il momento in cui
si sarebbero riviste.
Ora vado, forza… devo andare…
Fece
un passo indietro, senza voltarsi. Cercando il coraggio di…
“Lena.”
Sbottò.
“Oh…”
La sorprese.
“Mi
chiamo Lena.” Precisò. “E di solito non inciampo, anzi, di solito non cammino
neanche nelle vie buie, ho un autista, ma l’altro giorno era malato e ho deciso
di camminare, mio fratello asseriva che me la sarei fatta sotto, così ho deciso
che era una sfida e dovevo dimostrargli che ne ero capace. Perché… a volte ho
paura del buio e di cosa può esserci nel buio. Mia madre è annegata e ho
aspettato ore al buio prima che qualcuno mi trovasse e c’era una voce che mi
chiamava…” Scosse la testa.
“Io…
lo sospettavo.” La giovane sorrise, non vi era giudizio o sarcasmo nel suo tono
o nel suo sguardo, solo comprensione e volontà di conforto.
Forse è per questo che mi parlava, per
riempire il mio buio più del suo.
“L’altro
giorno avevo paura, ma sei spuntata tu e… e ho deciso che sarei riuscita a
tornare a casa camminando ancora per un po’ di giorni.” Si ritrovò ad ammettere,
poi si zittì. Aveva detto decisamente troppo, ora la ragazza sconosciuta
sarebbe scomparsa e non l’avrebbe mai più vista!
Sono una Luthor
maledizione! Se Lillian mi vedesse adesso, se sapesse
come mi sono messa a balbettare assurdità e…
“Kara.”
Disse allora la giovane. Aveva le guance rosse e un ampio sorriso sulle labbra.
“Come,
scusa?” Chiese, troppo confusa per capire.
“Io
sono Kara e sono contenta di averti incontrata. Sono anche contenta che sei
caduta oggi… cioè, non in quel senso… oh, così suona così male! Alex mi
prenderà troppo in giro…” Arrossì e si zittì. Decisamente una bella coppia!
Taci!
Le
guance leggermente rosse, un sorriso timido sulle labbra le due ragazze si
guardarono.
“A
domani.”
Forse
domani le avrebbe raccontato che credeva lei fosse uno spirito perché nessuno
si era mai azzardato a parlarle, forse le avrebbe detto che ascoltava la musica
durante il corso di fisica perché era cinque o persino dieci anni più avanti,
forse le avrebbe detto che non aveva amici, forse le avrebbe raccontato quanto
fosse difficile essere una Luthor. Forse avrebbe
semplicemente ascoltato.
“A
domani.”
Di
sicuro si sarebbe voltata a guardare.
Note: Spero abbiate apprezzato il piccolo gioco in atto in questa ff e ciò l’interagire diretto tra la protagonista e il narratore e, spero, che questo non abbia creato più confusione che divertimento.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
La storia partecipa all’iniziativa “Il Decamerone Mitologico” del gruppo LongLivetoTheFemslash.
Il prompt, che mi è stato consegnato e di cui ho voluto rispettare il suggerimento, era questo:
- Cadejo bianco e nero (Centro
America): Si dice che a chiunque debba camminare nel buio, in luoghi sperduti,
in mezzo al nulla, siano affiancati due cani. Uno è bianco. L’altro è nero. Il
cane bianco ha la funzione di proteggerti. Il cane nero ha la funzione di
distruggerti. Devi decidere tu, da che parte voltarti. (Prompt suggerimento: c’è una strada buia (causa lampioni rotti o percorsi di campagna)
che A e B (che non si conoscono) devono percorrere quasi tutti i giorni. Di
solito A cammina davanti e B indietro. A è sicura che B sia un qualche spirito
e di non poter girarsi a guardarla, ma B è una chiacchierona che non fa altro
che raccontarle la sua vita).