Il punto di non ritorno
[You have come
here
In pursuit of your deepest urge]
The
Phantom of the Opera
Il
cielo grigio sembrava coinvolgere e assorbire la città
intera; un
colore innaturale, simbolo di un presagio non indifferente.
I
corvi planavano leggeri sui tetti di Beika, quasi come a pregustare
il momento decisivo di quella lotta che durava da due anni.
«Ormai
c'è solo lui, non possiamo sbagliare»
dichiarò Shuichi Akai, la cui voce risoluta e distinta
echeggiò nel
corridoio, «lo
cerchiamo inutilmente da mesi. Come puoi essere così sicuro
che
uscirà allo scoperto?».
«Da
circa dieci giorni ha lasciato appositamente qualche indizio per far
capire ad Haibara di essere sulle sue tracce. Non ci vorrà
molto».
Sul
volto di Shinichi apparve un sorriso determinato e pieno di
sé, una
diretta conseguenza del suo essere così incredibilmente
convinto
delle sue idee; Shiho era appoggiata con le spalle allo stipite della
porta che divideva il salone dal sotterraneo e non poteva vederlo, ma
lo immaginò comunque mentre ascoltava con il cuore in gola
ogni
parola - ogni respiro - di quella conversazione riservata.
«Da
solo non potrà fare molto. Ammesso che sia davvero rimasto
l'unico»
rispose Akai, mostrando la sua
perplessità. Si fidava
di Kudo, ma sapeva anche quanto fosse pericoloso l'uomo al quale
stavano dando la caccia da quasi un mese. Avevano ben chiaro che
l'unico obiettivo, l'unica spinta che faceva muovere quest'ultimo
costantemente intorno alla zona di Beika senza allontanarsi mai era
la scienziata alla quale non aveva mai smesso di dare la caccia.
«Sì,
ne sono convinto»
affermò il giovane detective, spezzando un flusso di
pensiero
profondo e importante, «Gin
è con le spalle al muro.
Basterà solo-»
«-usare
un'esca».
Il silenzio che piombò immediatamente nell'intero laboratorio significava che entrambi erano giunti alla stessa conclusione, due menti geniali sulla medesima linea d'onda; Shiho poteva quasi percepire la tensione trattenuta del dottor Agasa, in piedi in un angolo con una tazza fumante in mano. Si giocava il tutto e per tutto, impossibile non rischiare. Impossibile non esserne coinvolti.
Fu
quello il momento in cui la ragazza decise di farlo, di muovere quel
passo verso di loro e di comunicare la sua intenzione. Non si
trattava di una richiesta, né di un favore.
«Lo farò io».
I
tre presenti s'immobilizzarono, il respiro mozzato nei polmoni a
causa della tensione. Soltanto Shinichi osò proferire
parola, sotto
il volto pallido del dottor Agasa.
«Non
se ne parla, ti ucciderà!».
«Sono
l'unica a poterlo fare e tu lo sai».
«Non
dire idiozie».
Il
detective la guardò negli occhi e, per la prima volta, vi
lesse un
sentimento strano.
Un qualcosa che non aveva mai visto in lei e
che non era soltanto paura.
Vendetta
Redenzione
Protezione
Non
servì che Shiho glielo dicesse, perché
intuì che il terrore che lei
aveva sempre provato in Loro presenza si era trasformato o aveva
semplicemente fatto spazio a un misto di emozioni particolari che non
riusciva a decifrare; lo vedeva dallo strano brillio che si era
acceso nei suoi occhi verde mare.
Shinichi comprese in quel momento che non sarebbe mai riuscito a farle
cambiare idea.
Quando
si voltò verso Akai, notò che non era l'unico a essersi
rassegnato.
Nonostante il cuore in gola e il terrore di perderla.
«Stai attenta».
Gin
è davanti a te, adesso.
Il
viso scavato rende la sua espressione ancora più brutale, il
pallore
del volto causato dalla latitanza lo invecchia, affibbiandogli forse
cinque o sei anni di più rispetto a quelli che possiede.
Non
avresti mai creduto, soltanto fino a poco tempo fa, di poterti
riavvicinare a lui così facilmente.
Hai
risposto a quella richiesta celata con il cuore in gola,
raggiungendolo nonostante l'inquietudine
e la terribile certezza di cosa avresti trovato, respirando a pieni
polmoni mentre camminavi con la consapevolezza che sarebbe stata
l'ultima.
E invece – prendendoti totalmente alla sprovvista –
ti ha risparmiata.
Ora, in quell'edificio fatiscente e angusto ai confini di Beika, puoi ancora osservare la sua figura – quella che tanto ti aveva terrorizzata – avvolta nel lungo cappotto nero a un metro da te.
Non che tu lo voglia davvero.
Vorresti
solo scappare, ora che sei lì con lui. Non riesci quasi a
reggere il
suo sguardo, non vuoi rivedere la te stessa di appena tre anni fa
in quegli occhi vitrei.
Hai paura, ma riesci a celarla. Le vostre
anime diventano nuovamente simili quando pensi al desiderio di
vendetta difficile da gestire.
Un desiderio che è riuscito a portarti lì, placando temporaneamente il dolore che comporta anche soltanto immaginare la sua espressione, lo stesso che ha riempito molte notti durante la tua fuga.
«Una
volta che ti dirà dove recarti dovrai farmelo sapere
immediatamente,
intesi?».
«Ho
capito, Kudo. Non sono una bambina».
«Prendi
questa microspia, ti rintracceremo attraverso gli occhiali di
localizzazione».
«Vuoi
dire che usi ancora quegli occhiali nonostante sia tu che io abbiamo
di nuovo il nostro vero aspetto?».
«Certo,
ti devo ricordare da quante situazioni ci hanno tirato fuori?».
È
bastato rimanere da sola qualche minuto dopo per convincerti a
togliere quella microspia dalla tasca. Shinichi se ne sarebbe
accorto, ma inizialmente non ti è importato.
L'ultima idea che
hai in testa è quella di mettere in pericolo lui, il dottor
Agasa e
gli altri; vuoi affrontare Gin da sola, a costo di rischiare la vita,
e non riesci a comprenderne ancora totalmente il motivo.
Ma non
scapperai, non
stavolta.
«Sei
qui, Sherry».
Sei
seduta sul divano di una stanza sporca e abbandonata, persa in
pensieri che equivalgono a coltellate al cuore.
La sua voce ti fa
rabbrividire, il magone sale dal petto e si blocca in gola l'istante
successivo.
Non gli rispondi per stare al suo gioco; lui non ti
guarda e sei libera di lasciare andare un po' di quel sentimento che
ti esplode nel petto.
«È
facile capirne il motivo»
continua Gin, lo sguardo
serio
rivolto verso il vetro della finestra, «io
e te siamo uguali. Sapevo che prima o poi saresti tornata al mio
fianco».
«È
per questo motivo che non mi hai dato il colpo di grazia all'hotel
Haido?»
gli chiedi quasi
istintivamente,
stringendo le palpebre.
Dopo
tutto il lavoro su te stessa, dopo tutta la fatica per realizzare di
non essere come lui perché qualcuno, un angelo arrivato
miracolosamente nella tua vita, era riuscito a fartelo capire, adesso
sta tornando tutto alla ribalta con la forza di un tornado.
Gin
ruota la schiena e, per la prima volta in quella giornata lunga e
struggente, i vostri sguardi s'incrociano.
Fai
fatica perché non ricordi esattamente chi fosse Sherry.
Non
vuoi ricordarlo.
E adesso è un colpo al cuore il costringerti
a vestire di nuovo quei panni.
«Sapevo
che mi saresti stata utile, prima o poi»
ti risponde, ispirando a
pieni
polmoni il fumo della sigaretta consumata, «ti
aspettavo».
«Come
puoi esserne certo?»
mormori seria,
seguendolo con lo
sguardo mentre si avvicina. «Potrei
voltarti le spalle come ho già fatto, perché non
mi uccidi e
basta?».
È
solo questione di tempo, lo sai. Ti ha cercata preda della sua
maniacale volontà di guardarti negli occhi mentre stai
morendo,
parlandoti, osservandoti di nuovo. Speri che Shinichi capisca dove
sei, stavolta – anche se ti senti egoista a pensarlo -
perché ogni
secondo trascorso in compagnia di quegli occhi, di quell'odore, ti
crea un malessere difficile da controllare. Solo in questo momento ti
accorgi di quanto fosse un'idea assurda cercare vendetta. Tu,
così
miseramente inerme di fronte a uno spietato assassino. Ti basta
guardarlo perché ceda ogni sorta di forza alla quale ti eri
aggrappata.
Gin
si ferma, studiando la tua espressione. Getta sul pavimento
appiccicoso ciò che rimane della sigaretta con un movimento
brusco,
il viso rilassato di chi ha la mente persa in chissà quali
pensieri.
Dopodiché, quando annulla definitivamente la distanza
fra voi, combatti contro il forte istinto di raggomitolarti, di
difenderti da quello sguardo che cerca di cogliere ogni tuo minimo
cedimento.
Non
puoi, non devi mostrarglielo.
Respiri
profondamente e cerchi di distogliere il pensiero dalla sua figura
così vicina, da quei capelli lunghi che ti sfiorano la
spalla.
«Perché
sapevo che non ti saresti lasciata sfuggire l'occasione di un faccia
a faccia con me»
dichiara, il tono
autoritario che
non ammette repliche. Ti afferra l'avambraccio costringendoti ad
alzarti in piedi e non riesci più a fuggire dal suo sguardo.
«Cosa
vuoi dire?».
Percepisci
il corpo tremare impercettibilmente, la paura trasformarsi in un peso
che si blocca all'altezza dei polmoni. Vorresti scappare, ma sai che
non puoi mandare tutto all'aria.
«Credi
che io sia sciocco? Che non sappia ciò che stai
architettando con il
tuo amichetto detective?».
Bastano
queste poche parole a mozzarti del tutto l'ossigeno nel sangue, a
farti perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Non riesci a
fingere l'indifferenza che ti sei imposta dall'inizio, non ora che
sai di aver messo tutti in pericolo.
Avresti dovuto saperlo: Gin
riesce a prevedere le tue mosse, i tuoi pensieri, come sempre. Non
hai segreti per lui, oggi come allora.
Non fai in tempo a
realizzarlo, perché la sua voce profonda interrompe
nuovamente il
flusso delle tue inquietudini.
«Io
ti conosco, Sherry. Non mi avresti mai raggiunto solo per tendermi
una trappola. C'è qualcos'altro che ti ha spinta qui da me».
Il
criminale non allenta la stretta neanche per un istante; il suo corpo
può sfiorare il tuo e puoi sentire l'odore acre
dell'Organizzazione,
il tuo campanello d'allarme.
Sgrani
gli occhi e percepisci il tessuto di pelle del guanto sotto il mento,
mentre ti costringe a sollevare lo sguardo verso la sua espressione
soddisfatta. Tremi e il cuore batte più forte, ne senti le
palpitazioni all'altezza dello stomaco.
«Perché
non la fai finita e non mi uccidi?»
gli rispondi a tono, mentre il terrore – quello vero
– si fa
spazio dentro di te ora che hai finalmente compreso il suo obiettivo: non ha mai voluto ucciderti, non così in fretta.
Avrebbe
voluto fartela pagare molte volte, infliggendoti una punizione
più
eloquente delle parole. La tua fuga lo ha portato all'esasperazione
di giorni vuoti che lo hanno torturato a causa di un tradimento che
non si sarebbe aspettato.
Non
di certo per amore, e lo sai. Lui non è mai stato capace di
provarne, in fin dei conti. Non quanto la bramosia, l'ossessione. La
possessione.
Maledici
il momento stesso in cui hai deciso di non far arrivare a Shinichi e
Akai l'indirizzo di quell'edificio fatiscente nella periferia
più
isolata di Beika.
Scruti il volto di Gin mentre ti si
avvicina maliziosamente all'orecchio e i suoi capelli ti solleticano
la pelle e, di colpo, capisci che l'unica cosa dalla quale vorresti
essere salvata è te stessa.
«Sei venuta fin qui per seguire il tuo più profondo desiderio» sussurra appena, provocandoti un brivido lungo la schiena, «un desiderio che è rimasto in silenzio da quando te ne sei andata».
La
tentazione di voltargli le spalle e scappare è forte
poiché
all'improvviso, nella tua testa, le carte si rimettono in gioco e la
persona che sei diventata da due anni rischia di crollare, di
disfarsi, a causa dei forti istinti che solo lui
riesce a
tirare fuori.
Quella capacità di farti sentire desiderata,
intrisa di un sentimento che non è amore, ma che ti appaga.
Devi
ricordare chi è, cerchi di tenere a mente l'immagine ferma
di
quell'assassino che spara ad Akemi senza pietà. Lo strattoni
nel
tentativo di allontanarlo, ma il tuo gesto è così
poco convinto che
se ne accorge in un attimo.
«Lasciami».
«Hai
abbassato le difese, Sherry»
mormora malizioso, stavolta abbastanza vicino da sfiorarti le labbra,
«ti
sei già arresa a me».
Dopodiché ti bacia, coinvolgendoti di nuovo in quelle sensazioni, quel sapore avido che pensavi di aver lasciato indietro, da qualche parte nella memoria. Lo respingi con più forza – inutilmente – perché lui infila la mano tra i tuoi capelli ramati in un gesto brusco di prepotenza e possessione.
Lotti
per alcuni interminabili istanti finché non riesci
più a
contrastare la foga del suo corpo e del suo temperamento; Sherry
sta tornando, la Sherry che si fidava di lui prima di
scoprire
chi fosse in realtà e ti vergogni di te stessa
perché sai che
quelle mani sono macchiate di sangue.
«Sei venuta fin qui per me, non accetto ripensamenti».
La
sua minaccia appena velata non ti spaventa, così come la
possibilità
di morire. Hai paura di quelle emozioni riaffiorate in superficie, di
quella necessità di avere un suo contatto, di percepire
quella pelle
contro il corpo.
Nessun ripensamento.
«Non
provare a resistermi, ormai sei mia. Questo è il punto di
non
ritorno».
Una
soglia che non avresti mai pensato di varcare ancora. Ti torna in
mente nel momento stesso in cui riprende a baciarti bruscamente,
facendoti arretrare piano di qualche passo.
Non puoi permetterlo,
ma non riesci a opporti. Sherry è lì, dentro di
te. Hai cercato di
soffocarla per due anni, ma esiste ancora e sta prevalendo in una
battaglia impari tra mente e cuore.
Le
lacrime iniziano a scivolarti lungo il viso senza rendertene conto,
immobilizzata da quel contatto, tra quelle mani che ti sfiorano e ti
accarezzano decise.
Chiudi gli occhi e, per un istante, sei ancora
in quel piccolo laboratorio. Il camice che hai addosso ti pesa, ma
quella vicinanza è l'unica cosa che ti fa stare bene.
No,
non è più così.
Non hai bisogno di lui.
E
invece sì, altrimenti non l'avresti raggiunto.
È stato lui a
tenderti una trappola, non l'hai fatto tu.
Come puoi dopo quello
che ha fatto ad Akemi?
Dopo quello che ha fatto a te.
Non
fai in tempo e pensarlo, perché realizzi all'improvviso di
essere
con le spalle contro la parete fredda e sporca. Le sue labbra non ti
lasciano scampo, non respiri, ma Gin ha ragione. Tu e lui siete
uguali.
No, non è vero.
«Lasciala
andare! Subito».
Il
suo corpo s'immobilizza all'improvviso e si allontana da te. Apri gli
occhi e ti accorgi di essere di nuovo in quel luogo angusto, non vi
è
più traccia del laboratorio di poco fa.
Sollevi
lo sguardo oltre le spalle del biondo e Akai è davanti a
voi,
armato, il braccio teso verso Gin. Altri quattro uomini sono
leggermente più indietro, le pistole rivolte nella stessa
direzione,
e il sollievo ti fa perdere la sensibilità alle gambe che
iniziano a
minacciare di cedere.
Vedi
il criminale alzare le braccia, l'espressione dura non ha un cenno di
debolezza, né di preoccupazione.
Dopodiché, scatta verso di te con il chiaro
intento di usarti
come ostaggio, ma qualcosa gli impedisce di avvicinarsi
ulteriormente e di estrarre la pistola dalla fondina; Shinichi si
pone fra voi circondandoti le spalle con le braccia,
dopodiché ti trascina via da quella traiettoria.
Approfittando
di quella distrazione, Shuichi Akai si avvicina rapidamente al biondo
e gli punta la canna della pistola allo stomaco.
«Sarebbe
proprio una bella occasione per premere il grilletto»
dichiara, fremendo all'idea di farlo davvero. Non può
– sa
che non può – tuttavia continua a pensarci anche
mentre gli altri
agenti corrono verso l'uomo, tirando fuori le manette dalla tasca interna
della giacca per arrestarlo.
Rimani
ad assistere alla scena incapace di muoverti, stretta tra le braccia
di Shinichi che non perde un solo istante di quei interminabili
secondi, la durezza impressa nelle iridi blu dei suoi occhi.
Tremi,
sollevata e spaventata allo stesso tempo da quelle sensazioni
assopite e ora tornate alla ribalta con la potenza di un uragano.
Gin si volta un solo istante verso i tuoi occhi, ma non c'è traccia di disprezzo o di vendetta in quello sguardo. Ti fissa e basta mentre viene portato via, un momento smorzato solo dal movimento della sua bocca appena percettibile.
Addio,
Sherry.
Ti
volti contro il petto di Shinichi e sfoghi silenziosamente tutte le
lacrime represse che non riesci a comprendere. Hai già
vissuto un
momento simile, ma stavolta il ragazzo ha la prontezza di accoglierti
in un abbraccio gentile, premuroso, celando la rabbia che trattiene a
stento.
Lui
e Akai si lanciano una breve occhiata complice prima che quest'ultimo
sparisca dietro ai suoi agenti e, con loro, realizzi di guardare per
l'ultima volta la figura nera di quell'uomo, lo stesso che ha
riempito la tua vita di sofferenza e solitudine, un profilo che non
rivedrai più nella tua vita.
Nonostante
questo pensiero, non riesci a smettere di tremare e a malapena ti
accorgi di premere le dita sulla stoffa bianca della camicia del detective.
Percepisci le braccia di quest'ultimo stringersi attorno
alle tue spalle, ma la tua mente è da tutt'altra parte.
È rimasta
impigliata in un tranello del diavolo senza uscita e respiri
profondamente nel tentativo di riordinare il caos.
«È
finita, lo abbiamo preso»
mormora Shinichi, senza
perdere un
secondo la durezza nel suo sguardo, «stai
tranquilla».
Sollevi gli occhi e noti appena il suo viso a causa delle lacrime che ti offuscano la visuale; odi che
lui possa vederti in quella situazione di debolezza, ma non te lo
fa pesare. Non ti rimprovera per non averlo avvisato, né per
aver
lasciato a casa quella maledetta cimice come invece ti saresti
aspettata.
Per la prima volta, il detective comprende e basta,
senza parlare e senza farti pesare nulla.
Annuisci, rimanendo
immobile tra le sue braccia.
E va bene così.
Note dell'autrice
Ciao
a tutti! Volevo specificare qualche chiarimento in merito a questa
fanfic che in realtà pare strana anche a me.
È nata da un sogno
in cui mi si è delineata solo l'ultima scena, in
realtà. Volevo
scriverne qualcosa a riguardo e l'idea mi si è presentata
con il
contest di Lita_EFP, che ringrazio per l'ispirazione.
Come si
dovrebbe intuire, la storia si svolge alla fine di – quasi
–
tutto, una volta che Shinichi e Shiho hanno riottenuto i loro corpi e
la maggior parte dell'Organizzazione è stata sgominata:
manca,
appunto, proprio Gin.
Non so il motivo, ma ho sempre avuto il
sospetto che lui non ucciderebbe davvero Shiho se lei tornasse
–
per qualunque motivo – sui suoi passi. Vuoi perché
è sempre stata
troppo importante, vuoi perché lui ha una specie di
ossessione mai
chiarita; tuttavia, mi ci ha fatto pensare proprio lei durante un
episodio in cui spiegava l'alternativa che le avrebbe potuto dare
l'Organizzazione di tornare con loro.
Ora che ho scritto un papiro
di note, posso lasciarvi. Grazie a tutti coloro che leggeranno e
avranno voglia di farmi sapere cosa ne pensano!
Ile