(Questa
è la quarta storia, e l'ultima, della serie
“Heart's Mutation”
dopo:
“September
in the rain”,
“Just
the way you are” e
“Don't
let me go”.)
La
mano accarezzò il pelo del gatto, che fece delle fusa
distratte.
Isabel
ridacchiò, passando a grattare le orecchie del felino, prima
di
prenderlo in braccio e rimetterlo nella sua gabbia, assicurandosi che
avesse tutto il necessario. Il micio le soffiò contro, un
po' offeso
per essere stato messo via, poi se ne andò ad acciambellarsi
sul
cuscino.
“Mi
dispiace, miciomiao! Ma ho altri pazienti da visitare oggi!”
disse
la donna a mo' di scusa, rialzandosi per controllare la cartella.
Camminò
fino all'altra stanza con il naso ancora incollato ai fogli, seguendo
il latrare dei cani, il miagolio dei gatti e ogni genere di verso
prodotto dalla moltitudine di piccoli pazienti dei quali si occupava.
La
clinica per animali andava alla grande. Aveva aperto non più
di tre
mesi prima, un mese dopo il matrimonio, e in pochissimo tempo si era
sparsa la voce in tutta la città, con lodi sul trattamento,
l'efficienza e la preparazione medica.
Alcuni,
scherzosamente, la chiamavano “dottoressa
Dolittle”. Ovviamente
non poteva guarire completamente gli animali con la magia, qualcuno
avrebbe mangiato la foglia se le guarigioni fossero state istantanee,
ma li aiutava un po', per permettere ai suoi piccoli pazienti di
rimettersi più velocemente.
Donnie
le dava un grande aiuto, anche se non aveva particolare interesse per
la vita da medico; la laurea presa era stata più per piacere
personale e per curare i suoi fratelli, che per il desiderio di
diventare medico. Ma quando l'ambulatorio era troppo pieno, e
succedeva spesso, o quando c'era un'emergenza, suo cognato accorreva
in suo aiuto molto volentieri.
“Isabel,
c'è la signora Garcia con la piccola
Lulù” disse la voce
familiare di Angel.
Sollevò
la testa dalle cartelle, fissando l'amica che le sorrideva dalla
porta.
“Come?”
“La
piccola Lulù. Pare che si sia tolta il cono e si sia
mangiata via
l'ingessatura e i punti alla zampa” continuò
Angel, che si era
accorta della sua sbadataggine.
L'amica
lavorava part-time per pagarsi l'ultimo anno di studi umanistici
all'università; tempo prima aveva fatto la cameriera e la
barista,
ma una volta aperto il suo studio, Isabel le aveva offerto il lavoro:
ottima paga, orario non proibitivo e la possibilità di stare
in un
ambiente familiare. Ad Angel gli animali piacevano e si doveva
occupare principalmente della parte organizzativa, -prendere
appuntamenti, compilare le cartelle mediche, chiamare i padroni,-
quindi aveva accettato al volo.
“Grazie,
Angel. Arrivo!”
Rimise
i punti di sutura alla cagnolina, raccomandando alla padrona di
controllarla perché non lo facesse più, poi corse
da una parte
all'altra dell'ambulatorio, curando un paziente dopo l'altro, senza
un attimo di tregua.
“Una
tazza di té?” chiese Angel a tarda sera, entrando
nello studio con
un vassoio con due tazze fumanti.
“Oh,
sì! Grazie!” esclamò entusiasta e
stremata allo stesso tempo.
Rimise il coniglietto Blinky nella sua gabbietta, l'ultimo paziente
della giornata, poi andò a lavarsi le mani.
Era
quasi arrivata alla scrivania, quando un violento giramento di testa
la colse: fece appena in tempo a poggiarsi all'angolo, strizzando gli
occhi per mandare via quella orribile sensazione.
“Ehy!
Che succede?” si preoccupò l'amica, alzandosi per
andarle
incontro.
“Credo
di aver chiesto troppo al mio corpo” si scusò lei,
appoggiandosi e
lasciandosi guidare fino alla sedia.
“Stanotte
sei tornata a casa?” domandò Angel, perspicace.
“No.
Ho avuto un paio di emergenze. Son dovuta rimanere a operare
d'urgenza.”
“Da
quante ore sei in piedi?”
“Quasi
trenta, credo.”
“Lavori
troppo!” esclamò oltraggiata Angel, leggermente
arrabbiata.
“Sono
fortunata a fare un lavoro che mi piace, per lo meno. Ma sì,
avrei
tanto bisogno di Donnie in questi giorni!”
“Non
è solo quello! Non dovresti andare anche in giro a
pattugliare la
notte se sei così stanca” la rimproverò
Angel, con
preoccupazione.
Isabel
fece spallucce, ma si bloccò immediatamente al sentire i
muscoli
indolenziti protestare e si limitò a mandarle una smorfia
solo per
metà contrita.
“Devo
farlo, o chi proteggerà la città adesso che loro
sono via?”
domandò con una lieve punta di tristezza.
Angel
sospirò colpita, la sua sfuriata annullata al percepire
l'angoscia
dell'amica.
Isabel
sorseggiò il té caldo, con gratitudine. Il
liquido scese giù per
la gola, donando benessere e sollievo alla stanchezza. Chiuse gli
occhi, sciogliendo un po' il collo, digrignando i denti per lo
sforzo.
“Stasera
verrò anche io con te, allora” mormorò
Angel, che così sperava
perlomeno di poterle alleggerire la fatica.
“E
Sam. C'è anche lei, non sa che fare da quando non
c'è Mikey” le
rivelò Isabel con un sorrisino allusivo, che fece arrossire
un po'
Angel.
Era
sempre divertente prenderla un po' in giro. In realtà non
c'era
niente di sconcio, Samantha sentiva solo la mancanza del suo ragazzo,
ed era lecito, col quale passava la maggior parte del suo tempo di
solito, com'era giusto. E dato che sapeva cavarsela bene nelle lotte,
benché nel ninjitsu fosse ancora una principiante, Isabel la
portava
con sé, per permetterle di allenarsi un po' in veri scontri.
Tanto
ci pensava lei a tenerla d'occhio.
“Certo
che è molto che sono lontani. Dieci giorni”
sentì dire all'amica,
con malinconia, dopo qualche attimo di silenzio.
Isabel
mise giù la tazza, spaziando con lo sguardo sulle pareti
bianche
dello studio, decorate con impronte e foto di animali, in un tripudio
di tonalità allegre.
“Già.
E sentirsi al telefono non è abbastanza”
sospirò assorta, con lo
sguardo fisso sul lampadario a ventola.
“E'
per quello che non sei tornata a casa, vero? Raphael ti
manca”
chiese Angel, con un sorrisino furbo.
Mancarle?
Si sentiva morire da quanto il cuore le facesse male. Era la prima
volta da che si erano sposati che rimanevano separati e così
a
lungo, poi. Ma non c'era stata altra soluzione: lui e i suoi fratelli
erano dovuti partire per il Giappone, per una missione affidatagli
dal ninja tribunal, su un clan divenuto oscuro, convertito alle
rapine, allo stupro, allo strozzinaggio e ogni altro genere di
nefanderia.
I
rapporti coi cinque maestri del ninja tribunal si erano un po'
ricuciti dopo il matrimonio, con fatica, e diffidenza da parte dei
mutanti, con tensione e regole ferree decise a tavolino; gli
“shisho”
non erano più in possesso dei loro poteri, non potevano
più far
fronte ai problemi che si presentavano, magici o meno, e avevano
deciso di cedere parte delle loro responsabilità alle
quattro
tartarughe mutanti, che vedevano come loro successori ormai.
Leo
e gli altri avevano accettato solo dietro infinita insistenza
dell'Antico, l'unico verso cui sentivano un minimo moto di rispetto e
affetto, ormai.
E
in fondo sentivano che era loro compito fare ciò che
potevano per
aiutare, era nella loro natura.
All'inizio
anche Isabel era stata inclusa nella missione, ovviamente, ma le era
stata rifiutata all'ultimo momento, prima di partire: i cinque le
avevano solo sorriso, dicendole che c'era ben altro di cui si dovesse
occupare ormai e che doveva dedicarsi solo ad esso, nel futuro.
Ok,
il suo ambulatorio era importante. Ma se fosse mancata per qualche
giorno non sarebbe stato un problema; ed era certa che con il suo
aiuto forse sarebbero già stati in viaggio di ritorno.
Invece erano
fuori da dieci giorni, senza sapere cosa effettivamente stesse
accadendo, dato che le telefonate che poteva fare con Raffaello erano
troppo brevi.
“Figurati
se mi manca quell'idiota” rispose, dissimulando la sua
preoccupazione.
Angel
sorrise, leggendo perfettamente tra le righe.
“A
me mancano” disse con un'alzata di spalle, guardando nel
vuoto come
in preda ad un ricordo.
“Ah
sì? Chi, in particolare?” le domandò
Isabel con un ghigno
furbetto, allungandosi per riprendere la sua tazza di té.
Angel
si mosse un po' a disagio sulla sedia, gli occhi spalancati di colpo
su di lei.
“Tutti
allo stesso modo!” rispose offesa, arrossendo suo malgrado.
Isabel
si trattenne dal ridere.
“Sei
sicura? A parte mio marito e Mikey non ci sarebbe nulla di male se
qualcuno ti fosse mancato in particolar modo!” la
punzecchiò
ancora, piegando la testa con fare malizioso.
Angel
divenne completamente rossa, alzandosi di scatto.
“Io...
non so di cosa parli!” strillò, prima di scappare
fuori dalla
porta come un fulmine. Isabel guardò verso l'uscio con un
gran
sorriso, senza scomporsi, continuando a sorseggiare il suo
té.
“Oh,
sì che lo sai. Solo che ancora non vuoi
ammetterlo” mormorò tra
sé e sé, con fare cospiratorio.
Cenò
velocemente, nel silenzio del villino, -se non avesse punzecchiato
Angel avrebbe potuto invitarla per farle compagnia,- e dopo aver
indossato la tuta si sdraiò nel divano per riposare un
po'gli occhi
prima dell'arrivo di Samantha.
L'amica
era a cena con Leatherhead, come ogni sera ormai, e perciò
non le
aveva chiesto di raggiungerla prima, lasciandola più che
poteva a
godersi il tempo con suo padre.
Sia
Sam che Leatherhead si erano trasferiti al rifugio subito dopo il
matrimonio, prendendo possesso rispettivamente della stanza di Isabel
e di quella di Raphael: ormai grazie all'influenza positiva della
figlia adottiva, il coccodrillo umanoide non perdeva più il
controllo e sembrava così felice di averla nella sua vita e
di stare
coi suoi amici; passava molto tempo nel laboratorio con Donatello e
meditava con Splinter, o gli chiedeva perfino consigli su come fare
il padre, da lui che era il migliore mai conosciuto.
Era
felice e sereno e Sam con lui, i due il ritratto della famiglia.
Strana,
era vero, una famiglia composta da un coccodrillo umanoide e una
giovane donna che conservava una piccola parte di poteri della
mutazione, ma erano così teneri e felici assieme, che
avrebbero
potuto fare da testimonial per una pubblicità per la
famiglia
perfetta.
E
poi Sam aveva Mikey, il più dolce e allo stesso tempo
fastidioso
fidanzato del mondo, e Donnie, Leonardo e Raph erano quindi come
fratelli, un giorno cognati, perché Isabel era certa che
quei due si
sarebbero sposati in futuro; lei la vedeva già come una
cognata, le
piaceva da impazzire Sam,era tosta e divertente, ma anche dolce e
buona.
Amava
la sua variegata e sempre più grande famiglia.
Un
giorno anche Leo e Donnie avrebbero trovato qualcuno da amare e
sarebbero stati riamati, e sarebbe diventata ancora più
grande e
piena di amore e affetto. Felice.
Ora,
se solo fosse riuscita a far ammettere ad Angel quello che provava,
sarebbero stati già un passo avanti.
Lo
squillo del telefonino la riscosse dal circolo dei suoi pensieri, e
il riposo venne dimenticato quando si accorse del nome sul display,
tirandosi su di scatto con solo un lieve capogiro e una smania
addosso nel rispondere.
“Pronto!
Amore! Dio come sono felice di sentirti” trillò
euforica, mentre
una mano carezzava distrattamente i cuscini del divano.
La
risata calda di Raphael alla sua emozione risuonò nel
ricevitore,
mandandole brividi delicati per la schiena, facendole sentire ancora
di più la sua mancanza.
“Sto
bene, sto lavorando un po' più del normale, ma va tutto
bene. Il
sensei sta bene e anche gli altri, Sam dovrebbe arrivare tra
poco”
gli raccontò con un grosso sorriso, che lui
riuscì a sentire anche
se così lontano.
“Come
stai? E quando torni?... Capisco... sì, lo so, non
preoccuparti. Gli
altri? State tutti bene? O dottor Donnie vi ha dovuto
ricucire?”
domandò velocemente, in attesa di notizie.
La
voce di Raph suonava più nitida degli altri giorni, ma
sempre
stanca. Strinse il telefono più forte, desiderando
inconsciamente di
abbracciarlo.
“Sono
sollevata che stiate tutti bene!” esalò quando lui
l'ebbe
rassicurata.
Non
si azzardava a chiedere nulla della loro missione, né come
stesse
andando, né se fosse terminata, perché sapeva che
era una cosa
molto segreta e anche se si fidava del segnale dei loro telefonini,
schermato da Donnie, preferiva riservare le domande a quando avrebbe
potuto fargliele di persona. Forse anche un po' per scaramanzia.
Intanto
continuava a pregare che loro stessero bene e che tornassero presto.
“Mi
manchi” soffiò fuori, accorata. Non voleva fargli
pesare la
lontananza, poteva solo immaginare quanto stesse soffrendo lui, dopo
tutto quello che gli aveva fatto passare, con quella sottaciuta paura
che provava continuamente di perderla ancora, di vederla scomparire
ancora una volta e definitivamente dalla sua vita.
C'era
una grossa cicatrice nel cuore di Raffaello che lei stessa aveva
creato, di proposito o per cause di forze maggiore, che non sapeva se
avrebbe mai potuto guarire del tutto.
Anche
se ci avrebbe provato ogni giorno concessogli al suo fianco, con
tutto l'amore che provava.
Raphael
le disse che anche lei gli mancava moltissimo e che l'amava, e Isabel
sentì gli occhi inumidirsi, prima di sentire da lontano nel
ricevitore la voce di Michelangelo che prendeva in giro il fratello
per la sua sdolcinatezza. Isabel ridacchiò, soprattutto
perché le
arrivò nitido il rumore dello scappellotto che il marito
aveva
certamente tirato al fratello, e un po' del magone si era dissolto,
al sentirli battibeccare come sempre.
Dio
come le mancavano, tutti.
“Dì
a Mikey di non fare tanto lo spiritoso, Sam mi ha detto che l'altro
giorno piagnucolava al telefono con lei, che non vedeva l'ora di
vederla” rivelò con una punta di cattiveria, solo
un poco.
Sentì
Raphael riportare le sue parole e poi l'esclamazione offesa di Mikey
seguita dalle risate degli altri tre, ripagandolo con la stessa
moneta.
“Devi
riattaccare? Sì, lo so... dopo? Devo uscire di ronda con Sam
e
Angel, faremo un giretto per controllare un po' i dintorni, voi non
ci siete e New York non dorme mai, perciò... certo che
staremo
attente. Sì, starò attenta... non ti devi
preoccupare, sono capace
di difendermi e difendere le altre se dovesse servire. Raffaello, ora
stai esagerando! Ti assicuro che non ci succederà nulla,
parola di
strega, ora basta con le raccomand- oh, devono essere arrivate Sam e
Angel!”
Un
tramestio dall'ingresso e due voci avevano distolto la sua attenzione
dalla chiamata, e si alzò in tempo per accogliere l'arrivo
delle due
amiche, -ormai entravano a proprio piacere nel villino,- impegnate in
una fitta conversazione.
Angel
era rossa, e forse non di rabbia, con le mani che le coprivano
parzialmente le orecchie, e Sam sorrideva in maniera furba e
dispettosa.
“Sto
solo dicendo che ho il metro di paragone per dirlo e Mikey
è-”
“Aaaah,
non voglio sentirlo!”
“Ragazze!”
le chiamò Isabel trattenendo una risata, -aveva
più o meno capito
su cosa vertesse il discorso,- e attirò la loro attenzione.
Puntò
il telefonino.
“I
ragazzi vi salutano” disse loro e lo sguardo di Sam si
illuminò,
le pupille per un attimo a fessura.
Era
una cosa a cui ancora facevano fatica ad abituarsi. Fortunatamente
riusciva a controllarlo e non le capitava in giro di giorno tra gli
umani, o sarebbero sorte molte domande.
“Passami
Mikey, passami Mikey!” strillò entusiasta,
strappandole quasi il
telefonino da mano.
“Ciao
Brontolo” esalò quando lo ebbe portato
all'orecchio, “ passami
Mikey.”
Isabel
rise al sentire il soprannome che ogni tanto Sam usava per
infastidire Raphael.
“Per
favore, va bene? Passami Mikey ora” aggiunse Samantha dopo
qualche
attimo, sollevando gli occhi al cielo. Poi quelli splendettero,
mentre ascoltava con emozione.
“Ciao
zucchero, mi manchi, non vedo l'ora che tu sia qui, e stringerti e
baciarti” mormorò ormai dimentica di loro, con una
intonazione
mielosa nella voce.
Nessuno
avrebbe mai potuto immaginare che quella tosta biondina che passava
il tempo a cercare risse e a menare le mani, diventasse una gattina
che faceva le fusa al solo sentire la voce del suo fidanzato. Sam
avrebbe potuto uccidere ogni essere vivente sulla faccia della terra,
probabilmente, tranne Mikey.
Isabel
poté giurare di riuscire a sentire la voce emozionata di
Michelangelo rispondere sulla stessa riga di sdolcinatezze, anche da
quella distanza, e si chiese quanto lo stessero prendendo in giro i
fratelli. O se si fosse allontanato abbastanza perché loro
non lo
sentissero. Anche se dubitava che Raphael gli lasciasse così
il
proprio telefonino.
Angel
invece era diventata se possibile ancora più rossa e si
tappava le
orecchie con più foga per non sentire tutte le effusioni che
i due
si scambiavano, in un'escalation che prometteva di sfociare dallo
stucchevole al rating arancione, se non fosse intervenuta.
“Ok,
Sam, saluta il tuo ragazzo prima che vi diciate qualcosa che nemmeno
io voglio sentire, ed è tutto dire, e ripassami mio
marito” disse,
con solo un mezzo sorriso.
Sentì
Angel lasciare andare un sospiro sollevato, e Sam chiudere con Mikey
con una serie di baci sonori, forse solo per infastidire l'amica.
Isabel
ritornò in possesso del telefonino e sentì la
risata imbarazzata di
Michelangelo prima che la voce del marito chiamasse il suo nome.
“Sì,
sono io, Raffaello. Ti capisco, sono imbarazzanti, davvero, ma sono
così carini che possiamo far finta di nulla.”
Sam
le fece una linguaccia e un gran sorriso.
“Ora
ti lascio andare, stai attento, mi raccomando. State tutti attenti.
Non vedo l'ora che torniate. Ti amo.”
Chiuse
la chiamata, ma tenne il telefonino stretto nella mano, e
respirò a
fondo.
Era
di nuovo senza Raffaello e quella chiamata non era stata abbastanza.
Se non poteva averlo lì almeno avrebbe desiderato sentirlo
continuamente al telefono, parlare anche solo delle cose più
stupide, pur di continuare a sentire la sua voce e illudersi che
fosse con lei.
Sam
si avvicinò e le passò un braccio sulle spalle,
nella sua versione
di un abbraccio, a quanto pareva.
“Torneranno
presto. E tu e tuo marito potrete fare i piccioncini che tubano senza
ritegno” le disse consolatoria, stringendo appena la presa.
“E
tu e Mikey potrete far venire il diabete a tutto il
quartiere”
ribatté Isabel con un mezzo sorriso, sollevando una mano e
allacciandola a quella della futura cognata.
Le
due si voltarono a guardare Angel nello stesso momento, come se
desiderassero dirle qualcosa, ma entrambe si fermarono con la bocca
semi aperta, poi si scambiarono uno sguardo complice e scoppiarono a
ridere.
Angel
le guardò, mezzo offesa.
“Non
voglio nemmeno saperlo!” soffiò piccata, andando a
prendere il
borsone che aveva lasciato nell'ingresso.
Erano
già tutte e tre vestite delle tute nere, pronte per uscire
di ronda,
e Angel passò a Sam i suoi tonfa, prima di assicurare i
propri alla
cintura.
Samantha
stava imparando l'uso di varie armi con Splinter, tuttavia dato che
aveva terminato l'Accademia di polizia con successo da qualche
settimana e che aveva iniziato il tirocinio con giri di ronda per le
strade, e che nell'armamentario da poliziotta c'era anche il
manganello, praticamente un tonfa, il saggio ratto aveva preferito
concentrarsi soprattutto su quell'arma, perché fosse
già pratica e
potesse usarlo nel suo lavoro.
Forse
un giorno avrebbe trovato un'arma che le sarebbe stata più
congeniale, che sarebbe stata “sua”, - Mikey
insisteva per
insegnarle ad usare i nunchaku sperando che lei li scegliesse,- ma
per il momento Sam si trovava bene con i tonfa e ci sapeva fare anche
molto bene.
Dato
che i tonfa erano anche le armi predilette di Angel, Isabel aveva
ceduto e aveva deciso di usarli anche lei quando andava in ronda con
loro; non aveva problemi ad usarli, gli shisho l'avevano allenata con
ogni genere di arma fino allo sfinimento, tuttavia assicurò
alle
cosce anche i tessen, per ogni evenienza.
Da
tempo meditava di riprendere ad usare i Sai che le aveva regalato
Raffaello, ma poi continuava a rimandare.
Una
volta pronte, indossarono le bandane, rossa quella di Isabel,
arancione quella di Sam e viola quella di Angel. Quella rimasta, blu,
Isabel la legò al bicipite sinistro.
Poi
uscirono nella notte, ombre indistinte che si mescolavano nelle
altre, veloci e silenziose.
Isabel
amava New York, amava correre con Sam e Angel e
vederle compiere avvitamenti e acrobazie con grazia, leggiadre e
tuttavia letali.
Erano
una banda di kunoichi che correvano nella notte, donne potenti e
fiere che proteggevano nell'ombra, pensò con un moto di
orgoglio nel
cuore, e lei ne era il leader provvisorio.
Pattugliarono
in relativo silenzio, concentrate solo sul controllare bene i
dintorni e fare bene il loro lavoro.
Scivolarono
di quartiere in quartiere, di tetto in tetto, di cornicione in
cornicione
Sembrava
tutto relativamente calmo, forse era ancora troppo presto per i
criminali, perciò si fermarono per un attimo nel quartiere
dei
Jones, quando si accorsero che le luci nel loro appartamento erano
accese.
“Ehilà?
C'è nessuno?” trillò Sam, infilando la
testa nella finestra.
“Prima
devi bussare!” la sgridò Isabel, dietro di lei.
April
entrò nel salone e guardò nella loro direzione,
nemmeno troppo
sorpresa di vederle. La vestaglia da camera era tesa sul pancione di
quasi cinque mesi e August in braccio allungava le manine verso di
loro, gli occhioni azzurri pieni di felicità.
“Ero
quasi riuscita ad addormentarlo” mugugnò la donna,
mentre le osservava tuffarsi con leggiadria sul suo tappeto, per poi
rimettersi
in piedi con un gesto fluido.
“Scusa,
Ape” mormorò Sam, allungando le braccia per
prendere August, forse
per scusarsi.
“Zia
Isabel! Zia Angel! Zia Sam!” esclamò Carl,
schizzando nella stanza
come un petardo, tuffandosi tra le braccia di quella più
vicino.
Isabel riuscì a non farsi buttare giù e lo
sollevò in alto,
facendolo ridere.
Certo,
quello non faceva che peggiorare la sua emicrania e il suo capogiro,
ma non avrebbe smesso per nulla al mondo. Carl era adorabile.
Ed
era vestito a metà con un pigiamino di Ben 10, la parte di
sopra
infilata nella testa, ma le maniche svolazzanti.
Casey
entrò subito dopo, mezzo arrabbiato, ma il suo volto si
dipinse di
sorpresa nel vederle.
“Oh,
ecco perché è scappato via come un
razzo” esclamò, rivolgendo
alla moglie un sorriso stanco.
Isabel
aiutò Carl a mettere per bene il pigiama, con una mano sola
mentre
con l'altra lo teneva contro un fianco.
“Scusate
se siamo piombate qui, abbiamo visto la luce accesa e abbiamo pensato
di farvi una breve visita.”
April
si sedette nel divano e rivolse loro un gesto con la mano che voleva
dire che era tutto a posto.
“Siete
in giro di ronda?” domandò Casey con un lieve
scintillio di
invidia nello sguardo. Temettero per un attimo che avrebbe proposto
loro di andare anche lui.
“Devo
dirvelo, ragazze: siete decisamente meglio da vedere delle tartarughe
mutanti, dovreste prendere il loro posto permanentemente”
esclamò
dopo un attimo, facendole scoppiare a ridere.
April
rollò gli occhi al cielo, trattenendo una risata all'uscita
di suo
marito, benché detta senza cattiveria.
“E
io li conosco da quando andavano in giro nudi, posso dirlo con
cognizione di causa.”
A
quell'uscita April non riuscì davvero a trattenersi e
scoppiò a
ridere, anche e soprattutto per come era arrossita Angel, che faceva
uno strano contrasto con la bandana viola.
“Non
ricordarmelo” gemette quella, scuotendo la testa.
“Beh,
anche io e Isabel possiamo dire con cognizione di causa che non
è
così, comunque” ribatté Sam, mentre
faceva giocare August con le
code della sua maschera arancione.
Quello
provava a prenderle per metterle in bocca, ma la ragazza li spostava
sempre all'ultimo momento, facendolo ridere; il piccolo
mandò uno
sbadiglio esagerato, provato.
Isabel
gettò un'occhiata veloce verso Angel e vide che il suo
imbarazzo
stava ormai toccando vette altissime e non mancava ormai molto
perché
sbottasse.
Prima
che qualcuno potesse aggiungere la parola che l'avrebbe fatta
esplodere, comunque, una lieve ticchettio li sorprese e si voltarono
tutti insieme per guardare verso la finestra: oltre il vetro il viso
sorridente di Steve li osservava, in attesa.
Al
cenno di Casey di entrare, il ragazzo sollevò la finestra a
tagliola
e si tuffò sul tappeto con una capriola ben studiata. Si
tirò su e
si strofinò appena la tuta, voltandosi a guardarli.
“Buona
sera a tutti” squittì, con fare gioviale.
“Tu
che ci fai qui, scricciolo?” disse Sam, provando a
scompigliargli i
capelli, allungandosi fin sulle punte per riuscirci.
Era
la più bassa delle donne e la cosa la faceva arrabbiare, a
volte.
“Domani
non ho scuola, ho pensato di uscire di ronda. E sapevo che almeno
Isabel sarebbe stata fuori, mi sono messo a cercarla per un po', poi
ho pensato che potesse essere passata dai Jones e... eccomi
qua!”
rivelò Steve, allargando le braccia.
Aveva
già la tuta nera, i suoi Tanbō di metallo legati alla
cintura nella
parte posteriore e la maschera nera in mano, come se l'avesse tolta
appena prima di bussare.
“Non
pensavo di trovare anche te e Angel, comunque. Se sono di troppo
torno a casa” aggiunse in fretta, notando le loro occhiate
strane.
“Ma
scherzi? Sei della famiglia, e con te siamo quattro, proprio come il
gruppo originale” sorrise Isabel furba, allontanandosi per
passare
uno scontento Carl nelle braccia di Casey. Diede un bacio sulla
testolina del piccolo, prima di portarsi vicino a Steve e iniziare a
trafficare con la bandana al braccio.
“Ti
serve solo il giusto tocco per essere perfetto per uscire con
noi”
aggiunse, legando la bandana blu di Leo alla testa del giovane.
Steve
sembrò imbarazzato al solo pensiero, ma non si oppose e
quando lei
ebbe finito si rimirò nel vetro della finestra con un moto
di
orgoglio.
“Ma
sono io il leader, ricordatelo, Blue ninja” finì
Isabel con un
ghigno, e Steve sapeva che si stava divertendo a prenderlo in giro.
“Già,
ci stavo pensando prima: perché avete le bandane dei ragazzi
e non
le maschere nere che coprono tutta la vostra faccia?”
domandò
Casey, provando distrattamente a cullare Carl, ovviamente senza
successo.
“Isa
le ha incantate perché nessuno possa riconoscerci, a parte
voi della
famiglia” rivelò contenta Samantha, scuotendo le
code arancioni
della sua con un colpo di testa, facendo ondeggiare anche la coda
alta di morbidi boccoli dorati.
“In
questo modo i ragazzi non sembrano così lontani”
incalzò Angel,
con una smorfia triste.
“E
questi colori devono sempre sventolare nella notte, la città
non
deve dimenticare chi l'ha sempre protetta” aggiunse Isabel
seria,
decisa a portare avanti il lavoro delle turtles finché non
fossero
tornate.
“Beh,
riesco a capire perché Isa indossi quella rossa del marito e
perché
Sam abbia quella arancione di Mikey, ovviamente, ma come mai tu hai
scelto quella di Donnie, Angie?” domandò April,
con un tono
fintamente innocente.
La
giovane si trovò addosso cinque paia di occhi curiosi e
più di un
sopracciglio allusivo nella sua direzione. Odiava arrossire, diamine,
ma non riusciva a controllarlo.
“I-
Il viola sta bene con la mia carnagione” balbettò
con tono semi
arrabbiato, sapendo di fare solo il loro gioco.
I
loro sorrisi divennero perfino più aperti e predatori.
“Si
intona bene alle ciocche viola nei tuoi capelli, in effetti.
È quasi la stessa tonalità, per
coincidenza” la punzecchiò
Samantha con tono lieve, mentre passava il piccolo August ormai
addormentato nelle braccia di April.
“Secondo
me le starebbe bene anche quella blu, in fin dei conti” disse
la
donna, e Angel seppe per certo che non si stava davvero riferendo
alle bandane, non più per lo meno.
E
ne aveva abbastanza per quella giornata.
“Siete-”
iniziò, cercando una parola abbastanza forte eppure non
troppo
offensiva, “siete impossibili!”
Fece
un altero e sdegnato dietro front e in un secondo era alla finestra:
la spalancò e si tuffò fuori, urlando un
“buona notte” molto
seccato.
Isabel
e Sam si scambiarono uno sguardo allarmato, prima di scattare nella
sua scia.
“Buona
notte, Ape, Case'! Scusate se scappiamo! Steve, andiamo!”
gridò
Isabel prima di uscire con un balzo nella notte, cercando traccia
dell'amica fuggitiva.
La
vide saltare tra due palazzi, un isolato più avanti, e si
affrettò
a seguirla, Sam e Steve proprio dietro.
In
pochi attimi bruciarono la maggior parte del divario che li separava,
benché la kuoichi dalla benda viola continuasse a restare
ancora
troppo lontana.
“Oh,
Angie, scusaci! Dai, non correre così!”
esclamò Sam a voce alta,
saltando uno strapiombo con facilità. Come Mikey, anche lei
era
estremamente veloce, grazie ai muscoli ben allenati delle gambe.
Isabel
le era accanto e sentiva di doversi scusare anche lei. Stavano
decisamente calcando troppo la mano, se Angel ancora non si sentiva
pronta, se non aveva ancora razionalizzato la cosa, potevano fare
solo più male che bene a continuare ad insistere e a
punzecchiarla.
“La
pianteremo, Angie, promesso. Ci dispiace!”
L'amica
non si fermò, ma sembrò rallentare un poco, forse
per permettere
loro di raggiungerle.
Isabel
e Samantha non si dissero una parola, ma entrambe stavano pensando la
stessa cosa, e si ripromisero di non darle fastidio per un po'.
Magari
giusto qualche piccolo consiglio innocuo per provare a tastare il
terreno più avanti.
Steve
se ne stava quieto e non sentiva di dover intervenire in quel
momento, benché avesse capito cosa stesse succedendo: era
circondato
da donne ormai e nemmeno del genere più tranquillo, non
voleva
mettersi in mezzo al loro litigio e finire dilaniato se avesse detto
una cosa sbagliata.
Raggiunsero
Angel proprio nel momento in cui il grido di una donna
squarciò la
notte.
Si
scambiarono uno sguardo veloce, poi Isabel fece segno di seguirla e
si gettò in una corsa sfrenata, verso la fonte di altre
grida, altre
due voci terrorizzate ad unirsi alla prima.
Si
fermarono di colpo su un cornicione che dava nel vicolo sul retro di
un famoso locale della zona, molto alla moda. Non era inusuale che
alcuni schifosi depravati ci provassero con qualche bella ragazza,
tra alcool e chissà quale droga, ma quello andava ben oltre:
c'era
un gruppetto di uomini, la loro età era molto variabile, che
teneva
tre donne spaventate e forse leggermente sedate nascoste nell'angolo
più buio e nascosto; due di loro erano bloccate per le
braccia
contro il muro, l'altra premuta a terra da due uomini mentre uno si
slacciava i primi bottoni del pantaloni.
Ridevano,
sguaiatamente, dileggiando la loro paura e le loro lacrime.
E
le loro intenzioni erano ben chiare.
“Non
piangere, puttanella. Ti farò divertire, ti
piacerà” diceva
quello con i pantaloni quasi calati, con tono viscido e da
voltastomaco.
“Perché
invece non fai divertire un po' noi, stasera?”
ringhiò Isabel, a
voce ben alta e tagliente. Raphael e Leonardo sarebbero stati molto
fieri del suo tono da leader.
Gli
uomini si bloccarono al sentirla, girando freneticamente la testa da
una parte all'altra, allarmati, ma non troppo.
“Quassù,
geni” sbottò Sam esasperata, inchinata sul
cornicione come un
gargoyle pronto a balzare di sotto. Bruciava dalla voglia di scendere
giù e picchiarli uno ad uno finché non avessero
chiesto pietà.
“Cosa-”
li sentirono esclamare quando infine li scorsero. Ritti e furenti, i
tonfa già nelle mani, quelli di Sam roteavano con
impazienza. Steve
chiudeva la fila, con i suoi tanbō ben alti che riflettevano le luci
dei palazzi attorno.
“Adesso
lasciate andare le ragazze, e noi in cambio non vi picchieremo troppo
forte” disse Isabel con calma.
“Forse
solo appena appena” incalzò Sam.
“E
poi andrete dritti dritti in una bella cella fredda, e pregate che
lì
qualcuno non voglia far divertire voi, perché non vi
piacerebbe”
finì Angel con tono grave, pieno di disgusto.
Una
risatina sarcastica fu la risposta alle loro parole, e non potevano
nemmeno dire di esserne sorprese, succedeva continuamente, purtroppo.
Dopo
la sorpresa iniziale gli uomini avevano squadrato i misteriosi
“eroi”
e non ci avevano messo molto a pensare che non fossero una gran
minaccia e che potessero batterli molto facilmente. Quel genere di
opponente, poi, in genere veniva distratto anche dalle loro forme e
si faceva una mezza idea di allungare le mani anche su di loro una
volta battute.
Steve
era furente e strinse la mascella con stizza, mordendosi la lingua
per non imprecare nella loro direzione.
L'uomo
che doveva essere il capo si riallacciò i pantaloni con un
ghigno
lascivo sul viso volgare. Poi aprì le braccia in un gesto di
invito,
come a sfidarli a farsi avanti.
Isabel
sbuffò, roteando gli occhi al cielo.
“Ok,
ragazzi, fategli molto male” mormorò Isabel,
preparandosi a
saltare.
“Non
mi sembra una cosa che dovrebbe dire un leader”
ribatté Steve con
un mezza smorfia di divertimento.
“Decisamente
no” incalzò Angel, scuotendo incredula la testa.
Sam
si tirò su per poter prendere la spinta per il salto.
“Ecco
perché sta con brontolo e non con karate kid”
disse velocemente,
facendoli ridere.
Si
gettarono di sotto con un paio di avvitamenti e già quello
bastò a
congelare i sorrisini sui volti dei loro avversari.
Attaccarono
veloci come il vento e impietosi come il gelo di quella fredda notte
di Gennaio.
I
primi uomini caddero a terra con urla di dolore, colpiti da stoccate
decise e precise. Angel e Sam si diressero immediatamente verso le
due ragazze tenute contro il muro e si lanciarono contro quelli che
ancora non le volevano lasciare andare, forse intenzionati ad usarle
come scudo. Quelle erano inermi e immobili, forse dalla paura o forse
drogate.
Steve
supportava le due kunoichi, colpendo con decisione i malviventi che
provarono a scappare, tra colpi di bastone e calci in volo
spettacolari.
Isabel
aveva intanto neutralizzato i due uomini che tenevano la terza
poverina a terra e si era chinata con premura per controllare come
stesse, con gesti lenti e gentili e parole dolci davanti alla sua
paura. Le sue pupille erano dilatate e i suoi occhi lucidi come in
preda alla febbre, pieni di confusione e terrore.
Isabel
poggiò una mano sulla sua fronte, rivolgendole un sorriso
tenue.
“È
tutto a posto ora. È tutto finito”
mormorò, mettendo la sua magia
in atto.
“Red!
Attenta!” sentì urlare Samantha, con urgenza.
Qualcosa
sbatté contro lo scudo innalzato all'ultimo secondo e Isabel
si
voltò lentamente per guardare con espressione furente il
capo di
quella feccia che la osservava a sua volta con occhi spalancati di
paura, il tubo di ferro che aveva usato per attaccarla che rotolava a
terra con un gran tramestio metallico.
Si
alzò con lentezza, lasciando cadere lo scudo.
Lui
e gli altri ancora in piedi si diedero alla fuga tutti
contemporaneamente, ma sbatterono contro una barriera invisibile alla
fine del vicolo, che impediva loro di scappare verso l'unica via di
uscita.
Caddero
a terra e si voltarono strisciando, verso la minaccia alle loro
spalle, verso i quattro guerrieri che si avvicinavano a passi
calcolati verso di loro, senza nessuna paura.
Isabel
gettò un'occhiata verso i suoi amici, prima di riportare lo
sguardo
verso le loro prede. I suoi occhi si illuminarono di bianco e sorrise
tra sé al sentire il grido di paura di un paio di loro.
Leonardo
non avrebbe approvato che giocasse con i loro opponenti in quel modo,
ma far saggiare loro un po' di paura le rendeva il mal di testa e la
stanchezza che ancora sentiva più sopportabile.
E
se la meritavano tutta.
“Avete
terrorizzato queste donne. Avete cercato di stuprarle. Le avete
ferite e dileggiate” iniziò a elencare i loro
crimini, gelida.
“E
mi hanno colpito” aggiunse Sam, indicando il livido viola che
si
stava formando sulla sua guancia, di sicuro a causa di un pugno.
“E
avete ferito Orange” incalzò Isabel, come se fosse
un'offesa
personale.
Ghignò
crudele, poi chiese: “Purple, Blue, voi tutto bene?”
Steve
lasciò andare un verso rauco che esprimeva assenso, senza
staccare
lo sguardo schifato da quello dell'uomo.
Angel
fece spallucce, poi con un colpo di testa fece mulinare la lunga coda
nera all'indietro con sdegno.
“Sono
disgustata che vermi come questi vivano e respirino la nostra aria, a
dir la verità.”
Isabel
rise amara , e il suo bagliore crebbe un poco; gli aggressori
slittarono
ancora di più all'indietro, premendo quasi come un unico
groviglio
contro la barriera, in preda al panico.
“Avete
disgustato anche me. Direi che la vostra sentenza sarà bella
pesante.”
Si
fermò davanti a loro, vide negli occhi del capo una
scintilla di
disperazione mista a rabbia.
“Non
lo farei, fossi in te” soffiò, risoluta.
Brillò
intensamente e la magia fluì libera, più debole
del solito, ma
abbastanza per elettrizzare quei bastardi fino a far perdere loro i
sensi. Si accasciarono al suolo uno su l'altro, come le bestie
immonde che erano.
Poi
ritornò normale e lasciò andare un sospiro stanco.
“Ehy,
Red, stai bene?” chiese Angel, con solo una lieve titubanza
ad
usare il suo nome in codice. Non c'era abituata e le faceva strano,
ma non avrebbero mai usato i loro veri nomi allo scoperto; usare i
colori delle bandane che portavano era stato naturale.
Isabel
le sorrise con affetto, prima di sporgersi verso Samantha e stamparle
un grosso bacio sulla guancia, curando il suo livido in un paio di
minuti.
“Sto
bene, adesso curo le ragazze mentre uno di voi chiama la
polizia”
disse infine, camminando con calma verso le donne poggiate al muro e
verso quella ancora seduta a terra, pronta a rivolgere la sua magia
su di loro.
Angel
sapeva che era molto stanca e che aveva assoluto bisogno di dormire,
perciò si ripromise di portarla subito a casa non appena
avessero
finito lì.
Sam
chiuse la chiamata e si misero ad aspettare con pazienza che la
polizia arrivasse.
Le
donne erano tutte strette attorno a Isabel come se fosse un'ancora di
salvezza, con gratitudine e spasmodico sollievo.
“Ancora
non capisco. Perché non usi semplicemente i tuoi poteri? Non
avresti
bisogno di sporcarti le mani. Non prenderla male, io adoro fare a
pugni e soprattutto picchiare gente come questi schifosi che meritano
solo una bella ripassata nella vita, ma potresti eliminare stronzi
del genere solo con uno schiocco di dita, senza fare fatica.”
Sam
aspettava che le rispondesse, seduta sul bidone dell'immondizia al di
fuori del locale, facendo ciondolare le gambe come una bimba curiosa.
Steve le era accanto a gambe incrociate, e giocava distrattamente con
la fibbia degli stivali, ma dal modo in cui la sua testa era piegata
si capiva che era molto interessato all'argomento.
Isabel
storse la bocca e strinse gli occhi con fastidio, mentre pensava.
Come
avrebbe voluto addormentarsi all'istante.
“Non
mi sembra giusto” rispose dopo qualche attimo.
“Raffaello una
volta mi ha detto che non devo fare troppo affidamento su di essi,
sai già che in inverno non sono al massimo, ma che
succederebbe se
un giorno li perdessi? Non posso fare affidamento completo solo sui
miei poteri. Sono una kunoichi, ho faticato tanto per imparare a
combattere a questo livello e ho intenzione di lottare con le mie
sole forze.”
“A
meno che non ti facciano arrabbiare” si intromise Angel, con
un
sorrisino furbo.
Isabel
annuì piano, ma smise al sentire il fastidio dentro le
orbite.
“Sì,
a meno che non mi facciano arrabbiare. Allora fulminerò
tutti senza
pietà.”
Risero
tutti lievemente, poi Sam ci pensò su e le rivolse un'altra
domanda.
“È
mai successo che una strega o un mago perdesse i poteri? Per sempre
intendo?”
“Non
che io sappia” rispose Isabel con sincerità.
“Ma non si può mai
dire.”
Le
sirene della polizia li distrassero e si alzarono per sparire. Isabel
cercò di calmare le donne, con parole gentili le convinse a
rimanere
lì e a raccontare tutto ai gentili poliziotti che stavano
arrivando,
dicendo loro che tutto sarebbe andato bene.
Diede
un lieve bacio ad ognuna sulla fronte, prima di raggiungere Steve,
Angel e Samantha sul tetto del palazzo. Rimasero qualche attimo per
controllare che le donne venissero trovate e trattate bene, poi si
dileguarono, in fretta e in silenzio.
“Ok,
possiamo terminare per stanotte, che ne dite?”
esclamò Angel, dopo
che ebbero oltrepassato un paio di isolati.
“Di
già? È ancora presto” si
lagnò Sam.
“Tu
sei in servizio domani mattina” le ricordò allora
Angel, decisa.
“E Isa non si regge in piedi dalla stanchezza, anche se fa
sempre
la sciocca martire.”
Isabel
si voltò velocemente per rivolgerle un'occhiata seccata per
quell'uscita, ma si bloccò invece completamente, rimanendo
indietro.
Si
era congelata nel bel mezzo di un palazzo, gli occhi attenti e
vigili, il respiro corto e urgente.
I
tre amici si accorsero immediatamente del suo gesto e si fermarono e
bloccarono anche loro, ritornando in fretta sui loro passi.
“Che
c'è, perché-”
Le
parole di Steve gli morirono in gola al vedere Isabel sfilare
velocemente i Tessen legati alla coscia e aprirli nella loro gelida
bellezza.
La
giovane rimase un secondo in attesa, come in ascolto, prima di
lanciare un tessen con un gesto secco, alto verso il palazzo alla
loro destra, su su, verso il tetto.
L'arma
sibilò nella sua parabola letale, piantandosi nel cemento
con un
tocco sordo e crudo.
C'erano
delle ombre al di sopra, che li osservavano.
Isabel
accomodò meglio l'arma restante nella mano, spostandosi per
proteggere i suoi amici alle sue spalle, e le ombre si staccarono dal
cornicione al suo gesto, calando a pochi passi da loro.
Non
sentiva proprio una minaccia, più una fastidiosa
curiosità, come se
li stessero sondando, ma la stanchezza che provava, e soprattutto il
mal di testa, potevano aver alterato le sue percezioni e non voleva
rischiare la vita dei suoi amici per un giudizio sbagliato.
Meglio
attaccare prima e domandare dopo.
Una
delle ombre si staccò dalle altre e si avvicinò a
grandi passi e
Isabel scattò immediatamente, il tessen pronto e letale, in
posizione di difesa.
Si
udì un gran fragore di metallo contro metallo, quando la sua
arma si
scontrò contro quelle del suo avversario.
“Mi
sei mancata anche tu, Isa” mormorò Raphael,
sporgendosi oltre le
loro armi incrociate per darle un bacio a stampo.
Dopo
il primo attimo di sorpresa Isabel lasciò andare il tessen,
che
cadde al suolo insieme ai Sai con un forte rumore metallico, e lo
strinse in un abbraccio.
“Sei
tornato” strillò euforica, accoccolandosi contro
di lui con foga,
lasciando andare un sospiro sollevato. Sentiva che perfino il mal di
testa si affievoliva.
Nello
stesso istante il gridolino estatico di Sam si sentì in
quasi tutta
la città.
“Zuccherino!”
la sentirono dire, mentre si gettava contro Mikey con l'energia di
una palla di cannone, avvinghiandosi a lui a mo' di koala,
tempestandogli il viso di baci.
“Mi
sei mancata un casino, pasticcino al miele”
ridacchiò quello,
inebriato dalla passione della sua ragazza. In pochi secondi furono
in un mondo tutto loro, dimentichi degli altri su quella terrazza.
“Questa
è una cosa a cui ancora non riesco ad abituarmi”
disse Donatello,
scuotendo la testa davanti alle effusioni dei due.
Isabel
lasciò andare Raphael e si sbrigò a salutare
anche gli altri, a
cominciare proprio dal cognato genio: constatò che sembrava
stanco,
ma in salute.
“Come
stai? Al lavoro tutto ok?” le chiese lui, come sempre col suo
fare
gentile.
“Tutto
bene! I cuccioli stanno bene e il piccolo Rocky si sta riprendendo
splendidamente dopo l'operazione” lo informò,
contenta di riavere
il dottor Donnie.
Isabel
si sporse poi a salutare Leo, lasciando che Angel abbracciasse Don.
“È
andato tutto bene, spero” gli disse lei, notando la
stanchezza
accumulata, trasmessa perfino nell'abbraccio.
Leonardo
le rivolse un sorriso tirato che poteva dire nulla o tutto, ma fece
spallucce, con modestia.
“Ce
la siamo cavata. Quel clan non dovrebbe darci più problemi.
Qui
com'è andata? È stato difficile proteggere la
città?”
Isabel
sollevò le spalle in una replica del suo gesto, con
casualità.
“Tutto
bene, abbiamo preso a calci qualche delinquente” rispose
vaga, come
se non fosse stato nulla.
“Red
è stata una buona leader” si intromise Sam, tra un
bacio e l'altro
a Mikey. La ragazza gli diede un ultimo bacio a stampo prima di
slacciarsi da lui e decidersi ad andare a salutare gli altri.
Isabel
rollò gli occhi al cielo, ma ricambiò il sorriso
fiero di Leo con
gentilezza.
“Red?
E come mai avete le nostre bandane?” esclamò
Raphael, tirando le
code di quella alla testa della moglie, con uno strattone deciso, ma
non troppo forte, riportandola vicino a sé.
“Oh,
Orange adora i nostri nomi in codice, il suo le ricordava il suo
ragazzo lontano” rivelò Isabel rivolgendo una
linguaccia a Sam,
che comunque non se ne accorse perché Mikey l'aveva
strappata dalle
braccia di Donnie per stringerla di nuovo dopo aver urlato:
“Orange
ti sta benissimo!”
“Per
ragionamento logico tu devi essere Purple, allora. Ti dona”
mormorò
Donatello verso Angel, rivolgendole un sorriso dolce.
La
ragazza avvampò a quelle parole e sembrò
pietrificarsi e Isabel ne
ebbe pietà, perché cerco di distogliere
immediatamente
l'attenzione, riprendendo a parlare.
“E
le bandane le abbiamo messe per ricordare ai vostri nemici che siete
sempre voi a proteggere questa città. E per sentirvi
più vicini”
aggiunse in fretta, guadagnandosi quattro sorrisi di gratitudine da
quattro tartarughe mutanti.
“Quindi
tu sei Blue” concluse Leonardo, allungando un buffetto sul
braccio
di Steve, con un sorriso. “Spero tu abbia tenuto alto il
nome.”
Il
ragazzo si grattò il collo in imbarazzo, ignaro del tono
scherzoso
di Leo.
“È
stato magnifico” si intromise Isabel con fare bonario, prima
che il
piccolo si gettasse a terra per scusarsi con Leonardo, troppo teso
come sempre a voler fare tutto alla perfezione.
“Ah,
ma quella con la bandana rossa era la leader, adesso mi sento in pace
col mondo” scherzò Raphael, mandando un'occhiata
pungente e
sarcastica al suo leader in blu, ricevendo in risposta solo una
rollata di occhi al cielo e un sottofondo di risatine.
“Sono
troppo stanco per battibeccare con te, Raph”
mormorò Leo
quietamente, soffocando uno sbadiglio con garbo dietro una mano.
Sembravano
tutti davvero molto provati e al limite delle loro forze.
“Non
siamo riusciti a dormire nemmeno in aereo, c'era una coppia di gatti
che ha miagolato e litigato tutto il volo da Tokyo fino a qui,
è
stato decisamente lungo” spiegò Donatello,
sfregandosi gli occhi
distrattamente con fare adorabile.
“Sarà
meglio andare tutti a dormire, allora. Domani ci racconterete tutto
del vostro viaggio e della vostra missione” propose Isabel,
incamminandosi verso il palazzo a destra a piccoli passi.
Si
librò con la magia, in alto, sempre più in alto,
fino a raggiungere
il suo tessen piantato nel cemento e con uno strattone deciso lo
staccò, richiudendolo con uno schiocco secco.
Si
voltò verso gli altri, giù ad osservare quello
che lei faceva con
espressioni sorprese e curiose, e si fermò, impietrita, uno
strano
gelo a correrle nelle vene.
Si
sentì come se qualcosa la stesse comprimendo, come se tutto
il suo
potere si stesse rimescolando.
Il
respiro le si bloccò in gola e vide dalle loro espressioni
preoccupate che si erano accorti che in lei qualcosa non andava.
Iniziò
a cadere e a strillare nello stesso momento.
“Isa!
Non è divertente!” la sgridò Raphael,
che evidentemente pensava
ad uno scherzo.
Ma
più lei si avvicinava al suolo e il suo grido si
amplificava, più
capiva con terrore che non lo era. Erano tutti pietrificati dalla
paura, i piedi incollati al suolo dall'orrore, ma Mikey
riuscì a
saltare in tempo: la afferrò, compiendo un avvitamento a
mezz'aria,
portandola al sicuro sul tetto.
Isabel
era pallida e stravolta e li guardò uno ad uno con il
terrore negli
occhi.
“I
miei poteri... li ho persi” esalò con voce
stridula, prima di
svenire.
Note:
Salve, ben ritrovati.
Sono
felice ed emozionata di iniziare una nuova storia, succederanno
così
tante cose, personaggi vecchi che torneranno, nuovi che spero
apprezzerete, e ovviamente azione e dramma, prima dell'epilogo
finale. Che sarà definitivo. L'epilogo a tutta questa serie.
Spero
che vi piacerà.
Tutto
quello che chiedo a voi è pazienza, ci vorrà del
tempo per finirla,
ma spero che mi accompagnerete anche in questa avventura.
Iniziamo
con un mistero: Perché Isabel ha perso i poteri? E
sarà una cosa
definitiva?
Vorrei
tranquillizzarvi, non sarà tutto incentrato su Isabel,
ovviamente
lei è importante, ma ci saranno i punti di vista di tutti,
alternati, e tutti avranno spazio, soprattutto le nuove relazioni.
Basta
spoiler.
Piccolo
promemoria, arrivati a questo punto vi sarete persi, questa
è l'età
che compiranno durante la storia, visto che inizia a Gennaio e
comprenderà l'arco di un anno circa:
Leo,
Donnie, Raph e Mikey: 26 anni
Isa:
24
Angel:
23
Sam:
23
Steve:
18
Casey:
34
April:
33
Carl:
5
August:
1
Ignoro completamente che età abbiano Splinter e Leatherhead!
Grazie per aver letto,
vi abbraccio fortissimo