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Autore: Criccobrugo    26/04/2020    1 recensioni
Aneddoto inventato da un paese della mia mente
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono nato e vivevo in un vecchio paese di montagna. Un silenzioso mondo a parte dove fin troppo spesso si confondevano usanza e routine, buon senso e pregiudizio. Quel tipo di posto in cui ancora potevi assaggiare la torta di riso fatta come la cucinava la trisnonna della tua bisnonna...ma l'ufficio postale era aperto tre misere ore a settimana; dove si conoscevano tutti per nome e in autunno ti regalavano le castagne quando scendevano dai monti...ma esisteva un solo bancomat, guasto, la città più vicina era a mezz'ora di macchina e nessuno ti faceva pagare con la carta. Quel tipo di posto.

Nel mio paese c'era un tale che tutti chiamano Lento. Un soprannome fin troppo elementare, verrebbe da obiettare. E certo l'originalità e la scaltrezza non erano fra le virtù più ostentate dagli abitanti (basti vedere il bar vicino alla chiesa che ha nome Bar della Chiesa). Sta di fatto che Lento era ed era sempre stato...lento. Nell'incerta camminata di chi ha sempre paura di mettere un piede in fallo, certo; ma anche e sopratutto nello scarso comprendonio. "Aveva fatto le scuole fino in terza elementare, ai suoi tempi" dicevano quelli che ne conoscevano la storia, aggiungendo poi "ma in prima e seconda era stato promosso per compassione."
"C'era una ragazza di cui era innamorato ma poi ha sposato un altro e lui e diventato così"
Oppure
"Era così fin da piccolo. Purtroppo a Lento un contorno di collettiva compassione era la sua totale incapacità nel parlare. Nessuno sapeva il perché, che fosse stata una malattia a ridurlo così, un trauma o un puro e semplice rifiuto alla comunicazione, Lento incespicava un giorno dopo l'altro lungo la sua pacata esistenza senza proferire parola.
"Quand'era ragazzo parlava" dicevano tutti come a discolparsi, quando chiedevi perché dare "Lento" come soprannome ad un muto, e se Muto fosse già stato preso da qualcun'altro.
Lento aveva indosso sempre i soliti abiti, ma non puzzava. Aveva le mani nodose e salutava sempre (in ritardo, spesso di diversi secondi) quando lo chiamavi. Aveva una casa vecchia nella parte più vecchia del vecchio paese, rughe sul viso e una nipote che aveva fatto carriera a Milano e passava una volta ogni troppi mesi a salutare.
Una delle poche persone in paese che non poteva proprio tollerare il mutismo di Lento era il Dottor Mangaldi. Quando, sbuffante, lo vedevate arrampicarsi trascinando i suoi 90 chili per un metro e 50 sugli stretti gradini d'ingresso della vecchia casa, potevate star sicuri che da li a poco gli urli e gli improperi sarebbero incominciati. Lento non rendeva la vita facile al Dottore. Lo aspettava sempre sull'uscio, in cima a tutti quei gradini, con in faccia ogni volta quel sorriso ebete che, a non sapere che il suddetto fosse un noto mentecatto, avreste di certo detto si beasse del travaglio del povero medico corpulento.
E nelle diagnosi, poi. Non parlava, né sembrava capire molto quando gli si parlava, al vecchio Lento. E ogni volta che il sudato Mangaldi gridava "Cosa posso FARE, IO, se non mi dici cosa ti fa male??!!" dalle case accanto rispondevano puntualmente gli echi di risate strozzate e, ogni tanto, qualche malevolo suggerimento.

Era il tempo, quello, in cui in paese girava la voce dell'ineffabile musico fantasma. Per anni il suono di una fisarmonica si era potuto avvertire mentre aleggiava, al calar della sera, fra le vie del centro. E nonostante i tentativi degli abitanti di capirne la provenienza, nonostante le richieste del parroco di farsi avanti, nonostante le ricerche del maestro di musica, nessuno si era mai tolto la maschera. E il bardo fantasma tornava ogni sera a suonare le sue melodie talvolta tristi, talvolta festose, talvolta un po' di entrambe le cose.
La gente aveva opinioni contrastanti su queste esecuzioni. Per alcuni erano una gioia e le attendevano tutto il giorno, ormai senza neanche più chiedersi da dove venissero; per altri solo un fastidio che prima o poi sarebbe passato.
Eppure anche per questi, talvolta, la musica aveva significato qualcosa. Come per il figlio del barbiere, che le chiamava "perdite di tempo", ma che non potette fare a meno di fischiettare per i giorni a venire la dolce serenata che lo accompagnava la sera in cui, tutto impettito, ebbe il suo primo appuntamento romantico.
O la fioraia, secondo la quale erano solo "esibizioni di vanità" , ma che per anni ha mormorato al figlio per farlo addormentare il chiaro di luna eseguito dal musico la sera in cui era venuto al mondo.

Lento se ne andò dal paese nello stesso modo in cui ci aveva vissuto per gran parte della sua vita, in silenzio. Ci fu un funerale e vennero più persone di quanto il parroco si aspettasse, ma non così tante. La nipote non potette venire perché era in America per lavoro. Venne seppellito con nome cognome e soprannome, anche se citare i primi due sarebbe inutile; e una foto in cui sorrideva come un ebete, secondo il volere comune.

Adesso il paese non è più com'era quando ci abitavo. È più Veloce, moderno, e le torte di riso hanno perso gran parte del loro sapore perché le nipoti hanno iniziato a farle con le uova e la crema del supermercato. Ci sono 3 bancomat e un nuovo ufficio postale. Il paese si addormenta presto, spesso prima che il sole cali; e a volte ci sono giornate piovose dove non sembra neppure riuscire a svegliarsi.
Tante delle vecchie case sono abbandonate e la sera c' è molto più silenzio per le vie. Di sicuro, molto più del tempo in cui girava per le strade Lento e i ragazzini ridevano e schiamazzavano per spaventarlo; che poi era lo stesso tempo in cui il musico giocava con la fisarmonica spargendo le sue note dai ciottoli ai comignoli ad ogni tramonto.
Buffo che nessuno abbia mai fatto caso che quando Lento spariva dalle strade, la fisarmonica iniziasse a suonare..

Ma si sa, la vita è piena di coincidenze.
   
 
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