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Autore: MC_Gramma    04/05/2020    0 recensioni
Ebbene sì, non ho saputo resistere al cliché della perdita di memoria ^^
Per la seconda volta nella vita Marley è vittima di una sparatoria, questo la riporta indietro fino alla (mia versione rivisitata della) 4x18 e si ritrova così catapultata sette anni avanti in un futuro molto diverso da quello che immaginava per sé al liceo.
-.-.-
Ho ripreso gli aggiornamenti. Stay tuned!
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Hunter Clarington, Jake Puckerman, Marley Rose, Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Rachel, Quinn/Rachel
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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A/N: rimetto mano a questa ff dopo cinque anni e mi viene da piangere! Abbiate pazienza per il cambio di format.
N2:
andate a cercare le illustrazioni di Victoria France per farvi un'idea di come è conciata Marley.
N3: Lauren Michaels era il personaggio che Melissa Benoist interpretava nel film "Tennessee"
N4: Se seguite "Supergirl" sapete chi è Adam. Se non la seguite poco importa, è di facile intuizione.
N5: "Truth or Dare" è un film dove hanno recitato sia Nolan Funk sia Tyler Posey (i fan di "Teen Wolf" drizzeranno le orecchie)



Per un attimo gli abiti sfarzosi e le maschere ricercate le diedero l’impressione di trovarsi a Venezia durante i festeggiamenti del Carnevale piuttosto che al ballo del McKinley.
Un ballo dall’ambientazione molto gotica!
Lanterne dalla luce soffusa e candele rischiaravano appena la palestra buia, rendendo ancora più difficile riconoscere le persone dietro le maschere. E poi specchi, specchi ovunque, racchiusi in ricercate cornici sospese a mezz’aria. Marley stentò a riconoscersi nel proprio riflesso. Indossava una lunga gonna nera, gonfia di merletti, e un corpetto rosso ornato di pizzo nero che le stringeva la vita e il seno, spingendolo in fuori. Per un attimo temette che la punta della croce appesa al collo li facesse scoppiare come palloncini! Dovette resistere alla tentazione di portare in avanti i lunghi capelli sciolti sulle spalle, sentendosi nuda. Si soffermò sul proprio viso, sullo sguardo, per calmarsi ma ottenne l’effetto opposto. Il trucco le era colato lungo le guance, come lacrime nere.
“Voi donne trovate sempre il modo di stare bene, noi uomini invece siamo sempre una chiavica...” ghignò Ryder passandole accanto.
Aveva i capelli cortissimi, tinti di un biondo platino innaturale. E c'era qualcosa di strano anche nel suo sorriso, nei suoi denti.
“Vampiri” sussurrò tra sé “Proprio un bel tema”
Improvvisamente individuò Jake, poco lontano, circondato da un piccolo gruppetto che sembrava pendere dalle sue labbra. Marley rimase incantata ad osservarlo, come era bello! Desiderò raggiungerlo, baciarlo, concedersi a lui totalmente… stava per muovere il primo passo nella sua direzione quando una voce la sorprese alle spalle.
“Non farlo, non umiliare la tua intelligenza!”
Voltandosi rischiò di cacciare un urlo. La maschera che si trovò davanti era diversa da tutte le altre, così… anonima. Completamente bianca, allungata come la corporatura di chi la indossava, con un sorriso beffardo e il taglio degli occhi così sottile da nascondere persino lo sguardo. Prima che potesse chiedergli chi fosse, si allontanò.
Sentì di dover inseguire la Maschera Bianca prima che si confondesse tra la folla e così fece finché, varcate le porte della palestra, si ritrovò nel solito corridoio.
SBAM! La Maschera Bianca era entrata in una delle stanze.
Marley respirò a fondo, quanto le permettevano le stecche del corpetto.
Il cigolio sommesso, prolungato quanto il movimento di una porta che, lentamente, si apriva attirò la sua attenzione. Al suo interno trovò una camera d’ospedale piena di fiori e tra tutti le rose rosse sul comodino attirarono il suo sguardo. Si avvicinò, notando che iniziavano a chinare il capo.
C’era un bigliettino, alcuni petali caddero quando lo prese.
La Maschera Bianca parlò ancora, troppo piano perché potesse afferrare una sola parola. 

 

“Parliamo un attimo di questa maschera, ricordi qualche altro particolare? Che so, aveva... dei baffi all’insù e un leggero pizzetto?”

“Forse, non ricordo bene...”

“Guy Fawkes!” 

“Chi?”

“La stai influenzando.”

“Non è vero, ti brucia non esserci arrivata prima tu!” 

Marley aveva appena finito di raccontare il sogno che avrebbe voluto condividere con Kitty, ma la terapeuta era in partenza per Seattle e prima di congedarsi non le aveva dato il tempo di farlo, così aveva ripiegato su Santana e la sua ragazza.
Ora, però, non le sembrava più una grande idea.
L’atmosfera era tesa, Santana era tesa e Allegra sembrava non accorgersene. Lei invece era sempre stata suo malgrado brava a registrare i cambiamenti di umore nel prossimo e ne veniva immancabilmente influenzata. Infatti, adesso anche Marley era tesa.

“Un uomo con la maschera di V per Vendetta a un ballo di vampiri,” continuò Allegra, ancora compiaciuta “le rielaborazioni del cervello umano non smetteranno mai di sorprendermi!”

"Dalla descrizione, e proprio perché indossava una maschera, poteva trattarsi tanto di un uomo quanto di una donna. Comunque, sono più curiosa di sapere cosa c’era scritto sul bigliettino.”

“Nei sogni non si riesce a leggere, San. Lo sanno tutti!” 

“Ecco perché non riesco a mettere a fuoco le lettere, anche se ricordo che la carta aveva dei ghirigori verdi negli angoli” si intromise Marley, spaventata dall’irritazione con cui l’ispanica roteò gli occhi “E credo di non aver mai visto quel… si tratta di un film o una serie?”

“Film, e l'hai visto con Ryder.” 

“Il quarterback, giusto?!” schioccò le dita Allegra “O mi confondo con quell'altro, Carter?"

“A dire il vero giocavano entrambi a football.” rammentò lei “Carter però era nella vecchia scuola e non mi ha mai degnato di uno sguardo.”

Come avrebbe potuto? Stava con Laurel Michaels, una bellezza dell’ultimo anno che faceva danza classica e stava preparando l’audizione per la Julliard. Marley invece era una matricola cotta di un ragazzo dell'ultimo anno che non riusciva a guardare in faccia senza arrossire, figuriamoci parlargli!

“E se ci fosse lui sotto la maschera?!”

Marley scosse la testa.

“Che ne dite di spararla davvero grossa?” sbottò Santana, azzittendole “E se ci fossi tu dietro la maschera, Marley? Quelle parole assumono tutt’altro significato! Come se il tuo subconscio sapesse che stai facendo una stronzata e stesse cercando di metterti in guardia.” 

“Ora sei tu che la stai influenzando!”

Santana si volse verso la sua ragazza con un movimento repentino che a Marley diede i brividi.

“Se fosse come dici” proseguì Allegra, sollevando il mento “sul biglietto ci sarebbe scritto, tanto per restare in tema: « Per tre anni ho avuto le rose e non ho dovuto chiedere scusa a nessuno. » E comunque non sarebbe vero!”

L’indelicatezza di quella battuta, insieme alla risata che la seguì, fu la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Santana si alzò in piedi rinfacciando ad Allegra quanto poco sapesse del contesto per metterci bocca. Allegra scattò di rimando e iniziò ad elencare a Santana tutto quello che non andava tra loro, partendo dalla sua invadenza in situazioni che francamente non le riguardavano e iniziavano a pesare sul loro rapporto.
“NON CREDERTI TANTO IMPORTANTE DA CHIEDERMI DI SCEGLIERE” inveì Santana, come per chiudere la questione anche se erano solo all’inizio “LEI C'ERA PRIMA DI TE E CI SARÀ ANCHE DOPO DI TE!”

Marley sgattaiolò via il più in fretta possibile, aveva appena messo piede sul pianerottolo che Hunter stava già aprendo la porta per farla entrare.

“Ho sentito le urla.” disse, rispondendo alla sua domanda implicita “Ero sul punto di venire a prenderti e dirgliene quattro.”

Stava per chiedergli perché ma di nuovo lui la anticipò, porgendole una scatola di kleenex, e solo allora Marley si rese conto di stare piangendo.

“Mi conosci, eh!” riuscì a scherzare, prendendo un fazzoletto.

Hunter rispose con un sorriso, poi fece strisciare la suola per staccare qualcosa rimasto attaccato sotto la scarpa. Sembra uno scalpitante centauro. Il paragone nacque spontaneo, associò quella velata irrequietezza al fatto che Kitty fosse partita senza salutarlo o avvertirlo ma non riuscì a trovare note positive in questo.

Quel sogno e le parole di Santana nutrivano i semi del dubbio che la sua ex terapeuta e amica aveva gettato.
Marley aveva bisogno di sapere la verità ma capiva da sé di non poter affrontare il discorso, né con Hunter né con Jake, se scoppiava a piangere solo assistendo a una discussione che non la riguardava minimamente. Non era nello stato emotivo ideale. Doveva calmarsi, evitare di pensare, estraniarsi… recuperò il diario di viaggio e si perse tra le sue pagine: il tappeto che le solleticava le gambe divenne l’erba pruriginosa che si attaccava ai suoi calzettoni, i bacchetti d’incenso presero il posto del diffusore per ambiente e l'appartamento venne invaso dai mantra cantati all’unisono dai monaci.
Dopo la prima settimana di assestamento aveva iniziato ad appuntare, in una colonna a margine, i momenti di pratica con sigung Mark e soprattutto le sensazioni che le suscitavano. Erano parole scritte di getto, a volte lapidarie, a volte ermetiche, ricche di mistero. Non poté fare a meno di pensare di averle scritte con la certezza che, a distanza di tempo, quelle poche frasi frammentate sarebbero bastate per rievocare ogni cosa. Una volta di più da quando si era svegliata in quel letto d'ospedale, Marley si sentì derubata.

"Tutto bene?" chiese Hunter, sentendole chiudere il diario con un tonfo.

"Quando ero in ospedale, le infermiere non avevano più vasi dove mettere i mazzi di fiori… c'erano anche dei bigliettini, vero? Che fine hanno fatto?"
Il pensiero era arrivato così in fretta che Marley lo aveva espresso, senza rendersi conto di quanto potesse suonare stupido finché non l'aveva sentito pronunciare dalla propria voce.
"Scusa." aggiunse subito "Di certo avevi altro di cui preoccuparti."

Hunter sospirò.
"Donna di poca fede! Ho fotografato ogni biglietto prima che ti dimettessero, e ogni mittente ha già ricevuto un messaggio di ringraziamento."

"No! Oddio, non intendevo..."

Lui però stava sorridendo mentre si avvicinava col cellulare in mano. Ha delle mani bellissime per essere un uomo. Marley rimase un attimo di troppo incantata, dovette dargli l'impressione di non saperlo o non volerlo usare perché Hunter smise di porgerle il telefono e si abbassò ulteriormente arrivando alla sua altezza. 

"Cerchi qualcuno in particolare?" 

"Non so chi ha scritto il biglietto ma so com'è fatto."

"Di carta?"

Rise per la bonaria presa in giro.

"Aveva dei ghirigori verdi negli angoli."

"Ghirigori. Termine tecnico! Verdi, eh…" ripeté lui mentre scorreva veloce le immagini fino all'ultima "No, niente. Sei sicura fossero proprio ghirigori?"

Marley succhiò in dentro il labbro inferiore, pensosa.
"Chi ha mandato le rose?" domandò "Le rose rosse. Il biglietto che cerco era tra le rose rosse." insistette lei "Che ti prende?"

Senza rispondere, Hunter mise il cellulare in tasca e si diresse alla vetrinetta. I suoi movimenti erano rallentati e frenetici mentre la apriva e iniziava a frugare. È un ossimoro vivente! Poi, aprendo un cofanetto, tra una marea di foglietti, estrasse con due dita un bigliettino e glielo porse.
Marley esultò individuando i ghirigori verdi nei quattro angoli.
"Perché hai tenuto solo questo?" le venne spontaneo chiedere.

"Non l'ho fatto"

Rimase interdetta da quella risposta secca.
Osservò meglio il biglietto, studiò la grafia perfettamente centrata che non tendeva né verso l'alto né verso il basso, poi notò la firma, la precisione con cui la H in corsivo maiuscolo era stata tracciata in un unico movimento.
"Ma questo l’hai scritto tu?!"

"Non ero sicuro lo avessi conservato, avevo iniziato a lavorare allo Slake da appena un mese quando ti ricoverarono." rivangò, sedendosi sul tappeto insieme a lei "Ti tennero qualche giorno in osservazione, il tempo necessario per fare degli accertamenti e permettere ai livelli di milza e fegato di rientrare nella norma. Ti rimandarono a casa raccomandando riposo assoluto ma anche volendo non riuscivi a reggerti in piedi… è stata una delle prime volte che ti ho portato in braccio su per le scale!”

“Che cosa avevo?”

“Mononucleosi."

"La malattia del bacio?!"

"Già, su chiunque altro sarebbero fioccate battutacce!" ridacchiò, piano, quasi un sussurro.

Poi iniziò a raccontarle di un tizio con cui aveva avuto una breve... relazione era un'esagerazione. Il buon Adam si era trattenuto in città qualche settimana, il tempo necessario per farsi vedere con lei nei posti che frequentava la sua ex e capire che la rivincita aveva un sapore per nulla piacevole. In quel lasso di tempo, però, c'era scappato quantomeno un bacio e, dopo tre mesi di incubazione, lei era caracollata giù dalle scale dello Slake direttamente ai suoi piedi.

"Santana fu la prima a ricollegare le due cose." Hunter reclinò la testa fino ad appoggiarla sul cuscino del divano e deglutì prima di continuare "Sospettava stessi avendo una ricaduta. Questo posso dirlo adesso che so , ma allora trovavo il suo attaccamento nei tuoi confronti morboso. Ti controllava la borsa. Ti seguiva in bagno!"

Marley annuì, non era una novità purtroppo!

"In ogni caso, si lasciò sfuggire che odiavi gli ospedali nonostante..." s'interruppe ma lei poteva immaginare il resto.

"Così hai pensato di farmi recapitare un mazzo di rose rosse"

"Te le ho portate, di persona." le assicurò, carezzandola con lo sguardo "Uno specializzando dell’ultimo anno mi prese in giro dicendo che mancavo di fantasia."

"E tu come ti sei giustificato?"

"Ho detto la verità! Non sapevo quali fiori preferivi e per non sbagliare sono andato sul classico." fece una pausa poi un sorriso dolcissimo "Allora tu hai aperto gli occhi e hai detto: 《Peonie, mi piacciono le peonie.》"

Per fortuna la porta dell’appartamento di fronte sbatté, subito seguita dal latrare dei cani, facendoli sobbalzare. Marley stava iniziando a pensare che avrebbe potuto restare lì, prigioniera di quegli occhi, per sempre.

“Tre. Due.”
Hunter contava troppo lentamente, prima che avesse finito Santana aveva già fatto il suo plateale ingresso.
“Uno.” concluse, strappandole un altro sorriso.

“Mi spiace interrompere questo bel quadretto…” esclamò l’ispanica, altissima dalla loro prospettiva “Mi serve un consulto perciò, Clarington, tua moglie è requisita!”

Prima che Marley potesse obiettare l’aveva già tirata in piedi e il suo sorriso non prometteva nulla di buono.

“Questa storia deve finire, Lopez.” disse stancamente Hunter, alzandosi a sua volta “Sai già come la penso.”

“Niente lesbicate se non in tua presenza?”

“Preferirei darmi una martellata sui piedi e morire ballando!”

Naturalmente non bastò a frenare la risata di Santana, anche se a divertirla non fu la risposta pronta quanto il vederla arrossire violentemente. 

 

“Dice così ma le volte in cui uscivo dalla gabbia e ti raggiungevo per ballare, te lo giuro, si piazzava a bordo pista e con la scusa di controllare la situazione, non ci toglieva gli occhi di dosso.” le assicurò, fermandosi in mezzo al marciapiede per mostrarle l’esatta posizione.
Piedi ben piazzati per terra, gambe larghe, mano destra sulla sinistra all’altezza dell’inguine.

Marley annuì a testa bassa, ancora troppo imbarazzata per rispondere.
Solo quando salirono in metropolitana riuscì a smettere di fissarsi i piedi e si volse verso l’ispanica, seduta al suo fianco.
“Ho trovato il bigliettino.”

Santana inarcò un sopracciglio poi prese il pezzo di carta che le porgeva.
“Sei un danno a lungo termine.” lesse, trattenendo una risata “Ci aveva visto giusto!”
Si alzò mentre glielo restituiva e Marley la seguì, intuendo che dovevano scendere e non solo.

“Tu lo sapevi! Sapevi che il biglietto era di Hunter.”

“Certamente ma volevo ci arrivassi da sola. Senza influenzarti!” sottolineò, poi le mostrò una foto sul cellulare “È questa la Maschera Bianca del tuo sogno?”

Studiò l’immagine mentre salivano con le scale mobili, rischiando di cadere quando arrivarono in cima. Santana la afferrò per un braccio e, di nuovo, Marley rimase sorpresa dalla forza della sua presa.

“Non credo.”

“Ah, il mio terzo occhio messicano non sbaglia un colpo!”

“Parlami di Adam.”

Santana sbuffò, lasciandola andare.
“Vuoi parlare di un coglione con cui sei uscita solo perché ti ricordava Ryder e baciava come lui? Perché non mi chiedi quello che vuoi sapere davvero?!”

Di fronte al suo silenzio l’ispanica accelerò il passo, lasciandola indietro senza degnarla di uno sguardo, ma lei la raggiunse.
“Com’è finita con Allegra?”

“È finita. Sai che sorpresa!” rispose con un’alzata di spalle “Tutte le ragazze che frequento impazziscono dopo due o tre mesi. L’unica normale era Dani… ma tu non hai idea di chi sto parlando, naturalmente!”

Marley ignorò la frecciatina.
“Perché lasciarvi se stavate bene insieme, cos'è capitato?”

Santana rallentò il passo fino a fermarsi.
“Brittany!” disse con semplicità, aprendo le braccia “Quando avete perso alle Nazionali e la Sylvester ha chiuso il Glee club ci siamo riuniti tutti quanti per un’ultima volta e noi... ci siamo riavvicinate. Britt mi ha detto tutto quello che avevo sempre sognato: che si sentiva viva solo ad avermi vicina, che mi voleva ancora… riempì l’aula canto di calle, solo per me!” sorrise al ricordo, anche se durò poco “Sapeva che stavo con qualcuno. E questa volta per davvero ! Disse che non sarebbe mai stato come tra noi, e in qualche modo aveva ragione. Così ho piantato Dani - per telefono, da vera stronza! - e sono partita con lei per l’isola di Lesbo. Una fuga romantica a tutti gli effetti. Fuggire però non risolve niente! Alla fine siamo tornate: lei si è diplomata, io le ho chiesto di venire a New York con me e per un po' ha funzionato o abbiamo finto che funzionasse" fece un gesto con la mano "finché ci siamo scontrate con la dura realtà. Non eravamo più le stesse ragazze del liceo, eravamo cambiate e a nessuna delle due piaceva com'era diventata l'altra. Lei è tornata ai suoi calcoli matematici e ha vinto due medaglie Field. Mentre io...” emise un gran sospiro, come quelli di Hunter “Io ho spezzato il cuore a una ragazza d’oro per inseguire un sogno. Un sogno che avevo già messo da parte, tra l’altro! Ma ho voluto riesumarlo comunque e ne ho ricavato soltanto dolore. Per me e per altre due persone.” si morse il labbro inferiore prima di concludere “Non immagini quanto mi fa incazzare... vederti commettere il mio stesso errore!”

Marley si sentiva davvero toccata dalle sue parole, fino a quell’ultima frase. Sentì una nuova ondata di calore ma questa volta non era l’imbarazzo a farla avvampare.
“Mi hai trascinato fuori solo per dirmi questo?”

“No ma già che ci siamo… ehi!” la trattenne “Io sono dalla tua parte, sempre. Ma devo dirtelo o mi inizieranno a bruciare le tette dal nervoso: quello che stai facendo è sbagliato. E anche se Hunter ha fatto passi da gigante rispetto a quando sbroccava se il barista sbagliava la sua ordinazione, non è giusto mettere alla prova la sua pazienza!”
Santana le stava ancora parlando ma non era la sua voce che sentiva, per un istante fu come non averla davanti.

 

Hunter aveva ancora il collo arrossato per lo sforzo ma le spalle si stavano rilassando e il suo sguardo era tornato ad abbracciarla.
“Ti prego, non mettermi alla prova per vedere fin dove puoi spingerti.”
“È questo che pensi?!” ribatté lei, sentendo la gola chiudersi per il magone “Non so che razza di gente hai frequentato in passato ma io non faccio simili giochetti!”
“Va bene però non piangere.”
“Oh, non farci caso! Le emozioni forti mi fanno aprire i rubinetti, ci vuole un po’ per chiuderli. Sono fatta così!”
“Questo lo so.” assicurò, prendendole il viso tra le mani “Ti sto imparando.”
Le venne da sorridere nonostante tutto, capì che la discussione era finita e lui stava cercando di fare pace.
“Ecco, così voglio vederti!” disse, stringendola al petto “Ti prometto che non alzerò più la voce ma tu invece urlami contro, prendimi a schiaffi, qualsiasi cosa… mi farà meno male che vederti piangere.”

 

Marley sbatté le palpebre, di nuovo presente. 

“Comunque, devi sapere che gli anni mi hanno reso una creatura abitudinaria.” stava dicendo l’ispanica, prendendola a braccetto “Ogni volta che mi faccio scappare una cricetina prendo un criceto.”
Aprì la bocca e la richiuse subito, capendo da sé a cosa si riferiva il termine ‘cricetina’.
“Segue poi una maratona di film strappalacrime, che in genere si svolge da voi. Perché se proprio devo piangere preferisco farlo davanti al vostro quaranta pollici! E per finire mi faccio un nuovo tatuaggio, così almeno mi resta qualcosa di bello. Hunter non approva per via dell’inevitabile dipartita del roditore, che segna la ripresa della caccia.” Santana si fermò per aprirle la porta del negozio “Secondo te smetterebbe di farmi la paternale se gli regalassi un serpente? Tutte quelle morti avrebbero uno scopo. Rilassati, Marley, sto scherzando!”

Lei non ne era tanto sicura, in compenso iniziava a capire perché aveva voluto portarla con sé a ogni costo.

Il commesso sollevò le folte sopracciglia nel vederle entrare, comprensibilissimo contando il numero di tatuaggi di Santana.
"Alfa" lo salutò lei.
"Diabla" rispose lui, poi chinò il capo nella sua direzione "I miei dispetti, Donna Marlena!"

Marley rimase perplessa un paio di secondi, poi ricordò di essersi calcata in testa la coppola per l’imbarazzo prima di uscire.

"Oddio, da quanto non ti sentivo chiamare così!" ridacchiò Santana, tirandola più vicina "Anche Lucas lavorava allo Slake."

"Mi sembra un po' magrolino per fare il buttafuori."

"Lo pensano in molti, sbagliando. In realtà è ben piazzato e se gli fanno girare i coglioni diventa una belva… te lo giuro, gli cambia proprio lo sguardo!"
Marley stentava a crederci. Il commesso sembrava un tipo tranquillo, alla mano, chi lo avrebbe preso sul serio a fare selezione davanti a un locale? Ma anche lei non si vedeva nei panni di ragazza immagine eppure lo aveva fatto.

"Iniziavo a temere che questa volta fosse una storia seria." esclamò Lucas, attirando la loro attenzione "Quanti erano, tre mesi?"

"Tre mesi." ripeté Santana, aggirandosi tra le gabbie "Anzi, forse abbiamo sfiorato i quattro!"

"Nuovo record! Che ne dici di provare qualcosa di diverso?"

"Come stavo dicendo a Marley, sei ben piazzato e sarebbe una gran bella scopata ma… che c'è? Mi innamoro delle donne ma il sesso mi piace in tutti i modi!"

Lucas scosse la testa poi si volse verso la porta d’ingresso e osservandolo così, di profilo, Marley trovò che somigliava un sacco a quell'attore che faceva il fratello gemello di Eva Green in The Dreamers. Stava per farlo notare anche a Santana ma questa la tirò da parte e le intimò di non parlare, non guardare, non respirare quasi perché era appena entrata la madre di Rachel Berry e guai se si fosse accorta della loro presenza.

"Ma non ha due papà gay?"

"Non dirmi che credi l'abbia partorita uno di loro!"

Dopo quella gaffe, l'ispanica le spiegò velocemente che Shelby Corcoran era molto di più: ex coach dei Vocal Adrenaline, ex coach di un secondo Glee club al McKinley tutto al femminile, direttrice nonché fondatrice del Nido di Broadway e moglie di Noah Puckerman.

"Intendi Puck, il fratellastro di Jake?"

"Non siamo mica nel Medioevo, a chi vuoi importi se sono figli di madri diverse?!"

"Quanto sei scema! Ma perché ci nascondiamo?"

"Non ci stiamo..." s'interruppe, rendendosi conto che erano acquattate nel reparto cucce "Ok, ci stiamo effettivamente nascondendo ma non da Shelby... da sua figlia, Beth."

Marley era sempre più confusa, avrebbe voluto chiedere di più ma Santana le intimò nuovamente il silenzio e insieme si misero in ascolto.

Lucas aveva abbandonato la sua postazione per offrire assistenza alle nuove clienti.
"Cercate qualcosa in particolare?" 

"Una volpe!" esordì la bambina.

"Tutta colpa del Piccolo Principe. E dei suoi zii preferiti.” spiegò Shelby, in cerca di compassione “Perché non bastava il film, no, le hanno fatto leggere il libro con la scusa di migliorare il francese! Poi ha sentito oncle Bastian cantare Apprivoise-moi a zio Dave e così ha scoperto che esiste anche un musical!"

La sua faccia doveva essere una maschera di confusione perché l'ispanica bisbigliò frettolosamente che Puck e Dave erano stati entrambi nella squadra di football del McKinley.

"All'inizio voleva una pecora, come il Piccolo Principe, ma il nostro appartamento non è il luogo adatto..."

"Potevamo tenerla sul balcone."

"Beth, mi sembra che tuo padre sia stato molto chiaro a riguardo."

"Niente ovini se non per Pasqua." recitò quella.

"Esattamente! Così ha chiesto una volpe. Mi sono informata con diverse associazioni e ho fatto delle ricerche ma, per quanto reputi nobile salvare una di quelle povere bestioline dagli allevamenti che le sfruttano e le uccido per la loro pelliccia..."

"Un appartamento non è l'opzione migliore per una volpe, anche se cresciuta in cattività." convenne Lucas.

Mentre il commesso mostrava loro una cucciolata di Volpini Italiani, leggermente più grandi di quelli di Pomerania e col muso che ricorda proprio quello di una volpe, Marley sbirciò tra gli scaffali per scorgere la bambina in grado di spingere Santana Lopez a battere in ritirata. 

"Il modo migliore per scegliere un cucciolo è lasciare che lui scelga te."

"Come le bacchette di Harry Potter!" ridacchiò Shelby, ravvivando i boccoli perfetti "Vuoi che la mamma entri con te, tesoro?"

Beth non mosse un passo, restando a guardare i cuccioli da fuori il recinto.
La nipote di Jake.
Nel contempo, la mano di Shelby scese in basso per compiere lo stesso gesto tra i capelli biondo fragola della figlia, quasi cercasse una scusa per toccarla in pubblico senza risultare troppo appiccicosa. Anche mamma lo faceva. Avrebbe dato cosa per ricevere di nuovo una simile carezza!

“A quale di questi piacciono le rose?” domandò inaspettatamente la bambina.

Marley tornò ad acquattarsi e si volse verso l'ispanica. "Ma che diavolo?!"

"Vero che è inquietante?" bisbigliò l'altra "Guarda, mi si sono rizzati i peli sulle braccia!"

Nel mentre Beth era partita con spiegazioni a raffica non richieste, esattamente come sua madre poco prima.
“Il Piccolo Principe aveva la sua Rosa e anch’io ho la mia! L’ho potata con l’aiuto di mamma, l’ho tenuta al caldo durante l’inverno e ho cantato per lei ogni giorno. E lei ha messo tante foglie nuove e gettato tanti boccioli! Adesso però è triste, fino al mese scorso stavamo sempre insieme ma con l'arrivo della bella stagione esco più spesso e si sente trascurata. Così ho pensato di prendere una volpe per tenerle compagnia quando non ci sono: è meno ingombrante di una pecora e papà non può minacciare di offrirla in sacrificio a Yahweh!”

“Sei fortunata!” esclamò Lucas, muovendosi per il negozio “Oggi è venuta a trovarmi un'amica molto speciale… sa leggere nella mente degli animali. Sono certo che potrà aiutarti!"
Prima che potessero rendersene conto il commesso le aveva scovate. Marley fece no più volte, poi Lucas le lanciò un'occhiata che non ammetteva repliche e con gesto perentorio le impose di alzarsi. Capì di non potersi tirare indietro. E nemmeno Santana, che li seguì con un bassissimo 'Ora ci credi che gli cambia lo sguardo?!' 

"Santana Lopez" esclamò Shelby vedendola "Ma quanto è piccola New York!"

L'ispanica fece un gran sorriso e la raggiunge, abbracciandola e baciandola su entrambe le guance. Marley rimase sconcertata dalla sua faccia di bronzo, soprattutto quando si complimentò con Beth per quanto era cresciuta! La bambina ringraziò, gettando i capelli oltre le spalle con una punta di orgoglio. 

Di nuovo sua madre allungò una mano con la scusa di sistemarle una ciocca dietro l'orecchio e di nuovo Marley avvertì una fitta al cuore. Beth si sottrasse in fretta a quel tocco, non sapendo quanto lo avrebbe rimpianto un giorno.

"Tu sei irlandese?" le chiese.

Lei e Santana si scambiarono uno sguardo.
"In un certo senso…” rispose, schiarendosi la voce “La mia mamma mi raccontava che ho un trisavolo irlandese."

"Ne ero certa! Perché hai i capelli rossi, come me."

"Bè, non proprio come te, tesoro!" ridacchiò Shelby voltandosi subito verso Santana, che stava bofonchiando qualcosa.
Marley afferrò solo poche parole - “... non si ricorda più... Quinn… non so che fare...” - mentre Beth la tirava in direzione del piccolo recinto. 

Avvertì qualcosa sciogliersi dentro appena si trovarono davanti a quelli che sembravano batuffoli di cotone. I cuccioli erano tutti egualmente adorabili, coi loro guaiti e le codine arricciate, ma in quel groviglio di pellicce ce n’era uno bianco dallo sguardo vispo e il musetto allungato da cui Marley non riusciva a staccare gli occhi di dosso. 

"Allora?! Qual'è quello giusto?" insistette Beth, disincantandola.

"Per te?"

"Per la mia rosa!"

Marley tornò a guardare il volpino bianco, succhiando in dentro il labbro inferiore.
“Secondo me non hai tenuto conto di una cosa. La volpe viene addomesticata dal Piccolo Principe, è lui l'anello di congiunzione tra la volpe e la rosa.”

Beth parve pensarci su.
“Hai ragione! Alla volpe non importa niente della rosa anzi, potrebbe esserne gelosa.” si allontanò dal recinto, come se fosse rimasta scottata “Che posso fare?”

“Perché non prendi un uccellino?” suggerì Lucas, rimasto finora in disparte “Potrebbe tenerle compagnia quando non ci sei cantando al posto tuo.”

“Un bel usignolo, magari!” si intromise Santana.

Marley le lanciò un’occhiataccia ma l’ispanica era già rivolta verso Shelby, che aveva seguito tutta la scena con aria sconsolata.
“Come gliela spiego questa a Noah? ‘Sai, caro, oggi tua figlia ha preso il suo primo uccello!’ Già sento il rumore del suo cuore di papà che si spezza…” 

Lucas, invece l’aveva presa sul serio.
“Per quanto trovi poetico il richiamo a Oscar Wilde, sono quasi certo sia illegale rinchiudere un usignolo in gabbia.”
Marley avvertì un brivido ripensando alle cicatrici di Hunter.
Era un miracolo che dopo un’esperienza simile fosse rimasto una brava persona. Perché lo era, davvero, anche se non credeva bastasse come motivo per averlo sposato.

“Hai l’imbarazzo della scelta! Abbiamo: canarini, cocorite, pappagallini verdi…”

“Come Paulie.” intervenne Shelby “Adoro quel film, piango ogni volta come fosse la prima!”

“Quello cos’è?” chiese Beth, indicando un uccello nero in una grande gabbia posata a terra.

“Un merlo indiano.”

“No, è un merlo irlandese . Vedi, anche lui ha i capelli rossi!”

“In genere la caruncola è gialla ma hai ragione, questa è più scura. L’animale è sano, si tratta di un difetto genetico!” assicurò Lucas, rivolto più alla madre che alla figlia “Però, pensandoci bene, è perfetto! Puoi insegnargli un sacco di cose: parole, melodie… prova a fischiare.”

La bambina socchiuse le labbra ma non uscì nessun suono, provò e riprovò finché non uscì un debole fischio. Il merlo saltellò nella sua direzione, ripetendo il flebile suono. Lucas fece un sorriso imbarazzato, poi portò due dita alla bocca e fece il tipico fischio di apprezzamento a una bella ragazza. Questa volta il merlo imitò il suono a ripetizione e Beth rise.

“Fallo anche tu!” la incitò.

Marley si umettò le labbra, con l’idea di fare il caratteristico fischio di Katniss, ma Santana la anticipò con un motivetto altrettanto familiare. 

“Nessuno la canti, vi prego!” implorò Shelby, riconoscendo Whistle  Vorrei che mia figlia mantenesse un briciolo di innocenza almeno fino al suo bat mitzwah . 

“Buona fortuna, allora!” commentò l’ispanica, prendendo Marley nuovamente a braccetto “Tu vieni, adesso devi aiutarmi a scegliere il mio criceto!”

“Prima stavo cercando di dirti una cosa.” la richiamò Lucas “Perché non provi con un topino russo? Non farti ingannare dal nome, solo il musetto ricorda topo! Sulla schiena invece ha una striscia nera come gli scoiattoli. E sono un po’ più resistenti dei criceti, ho avuto una femmina che ha vissuto ben due anni.”

 

“A quel punto Santana ha cacciato un urlo: 'Due anni di astinenza? Ma tu ti droghi, Lucas Moreno!' e per un attimo ho temuto avessimo perso tanto tempo per niente. Oh, e naturalmente Beth ha iniziato a chiedere con insistenza ‘Cosa significa astinenza?’ mentre Shelby fingeva di non sentirla cercando il portafogli.”

Hunter annuiva di tanto in tanto al suo racconto mentre sistemava la spesa.

"Sicuro di non volere una mano?"

"Mhm!" fece lui, e poteva voler dire qualsiasi cosa "Lucas come ha reagito?"

"Ha fatto un sorriso strano e le ha detto che se non se la sentiva poteva sempre fare penitenza… sinceramente, non l'ho capita."

"Obbligo o Verità"
Marley ammiccò sorpresa, perché tirare a mezzo quello stupido gioco adesso?
"Una fissa che gli ha passato una tizia con cui usciva." continuò Hunter, senza aspettare che rispondesse "Per renderlo più divertente ha aggiunto delle regole, tipo: se si sceglie due volte di fila Verità chi viene dopo non può più farlo oppure se uno si tira indietro deve fare penitenza e a quella non c'è scampo."

"Oh, capisco!"

"È riuscito a farsi la tizia e la sua migliore amica insieme con quel gioco! Poi però si è fatto prendere la mano. Era odioso quando ti chiamava per radio solo per chiederti Obbligo o Verità? E dovevi rispondere o non ti dava tregua."

"Quindi giocavate anche allo Slake."

"Giocavamo, te compresa. Una volta Santana voleva obbligarti a baciare qualcuno di noi. Tu hai obiettato che non stavamo facendo il gioco della bottiglia e non avresti baciato proprio nessuno! Così, per penitenza, hai dovuto fare dieci flessioni." fece una pausa "Dieci flessioni, fatte bene, con un ragazzo sdraiato sotto di te proprio perché avevi detto di non voler baciare nessuno. E se le tue labbra toccavano le sue dovevi ricominciare daccapo."

"Che stronza!"

"Non sai quanto, mi ha messo a controllare!"

Marley sgranò gli occhi.
"Da come lo raccontavi credevo avesse scelto te."

"Lo avrebbe fatto se non ti fossi tirata indietro!" le fece notare "Invece è toccato ad Antony, un gigante di un metro e novanta con gli occhi chiari e la pelle scura che sei riuscita a non baciare, ma è stato comunque imbarazzante."

"Lo è anche adesso!" gli assicurò e portò le mani al viso, sentendosi nuovamente accaldata.

Hunter rise appoggiato al piano della cucina e lei non poté fare a meno di trovarlo bello.
"Tornando a noi, la zietta Snixx ha già scelto cosa tatuarsi questa volta?"

"No ma ha detto che chiederà consiglio a Kurt."

"A ognuno il suo!"

Marley stava per chiedergli se anche il sopranista avesse dei tatuaggi quando Hunter estrasse il cellulare per rispondere a una chiamata.
Pensavo avesse finito con le telefonate.
Rientrando l'aveva trovato al telefono con uno dei dottori della lista. Avrebbe dovuto sentirsi offesa perché aveva agito senza interpellarla invece niente, forse perché s'era resa conto di stare comportandosi come una bambina capricciosa mentre diceva a Kitty di non volere un altro terapeuta. Non lo avrebbe comunque avuto, non nell'immediato almeno. 

Hunter non glielo aveva detto ma la sua frustrazione parlava per lui e Marley si era sorpresa a desiderare di sollevargli il morale. In fondosi era detta , dovevo tenere almeno un po' a lui se ho accettato di sposarlo! Per questo, non appena aveva posato il cellulare, gli aveva raccontato della sua bizzarra mattinata con Santana.
In ogni caso, il momento era passato. 

Tornò a sedersi sul tappeto, il diario era esattamente dove lo aveva posato ore prima. Aveva notato che Hunter non spostava mai le sue cose. Le lasciava dove lei le metteva anche se gli erano di intralcio, aveva fatto delle prove. 

Poteva capirlo finché si trattava dei suoi diari ma quando spostò lo sguardo sulla vetrinetta e la trovò aperta, bè, quello era strano per un tipo così preciso!
Sugli scaffali si alternavano scatole e cofanetti in legno a libri che andavano dalla narrativa classica al fantasy, da testi sul buddismo tibetano a quelli di crescita personale. Tra questi, un nome attirò la sua attenzione: J.P. Hamilton. Il cognome non le diceva niente ma quelle iniziali… erano le stesse di suo padre, soltanto invertite. 

Si avvicinò carponi e sfiorò la copertina con le dita, come una carezza sul viso. Un viso che non ricordo più. E per una volta non era colpa dell’amnesia!

Scorse altri titoli che trovò ad altezza occhi. Il primo era ‘Introduzione all’etica sessuale nel buddismo’ e aveva l’aria del piccolo manuale riassuntivo distribuito a qualche conferenza.
A farla arrossire ci pensò la serie di libri successiva, tutti del medesimo autore orientale: ‘Tao Yoga e Automassaggio’; ‘Tao Yoga dell’Amore’; ‘Tao Yoga Femminile’... prese quest’ultimo e tornò a sedersi. Era un’edizione tascabile, usurata e con le pagine ingiallite, suppose di averla trovata in un mercatino delle pulci. Il titolo si stagliava in alto, a caratteri neri, c’era poi un sottotitolo in azzurro: ‘L’amore che cura attraverso il tao’. Il resto della copertina era composto dall’immagine stilizzata di un uomo e una donna che si univano in una posizione inequivocabilmente sessuale.

Marley non aveva mai subito il fascino dell’argomento. Vuoi per carattere, vuoi per l’insicurezza che successivamente era sfociata in un disturbo alimentare, vuoi perché era rimasta a quel livello infantile in cui si pensa che due persone fanno sesso solo per avere un bambino. E lei non voleva un bambino, non ancora, quindi perché farlo? 

 

“Sembra che tu non prenda nemmeno in considerazione l’idea.” sbottò Jake, lasciandola sola sul letto “Sei la mia ragazza, non è normale che debba supplicarti per farlo!”
“Non è nemmeno normale farmi pesare il fatto che non mi sento pronta.” gli fece notare.
“Hai ragione” sospirò lui, tornando a baciarla.
Dopo qualche istante era di nuovo sopra di lei, il suo ginocchio si faceva strada tra le sue gambe e le sue mani sembravano inarrestabili.
“Sicura che non ti va?!”
Marley non era più sicura di niente.
“Che senso ha aspettare? Siamo qui, adesso, e ci amiamo.” insistette, facendole sentire quanto la desiderava “Lo vuoi anche tu, lo sento! Dai, facciamolo.”
Aprì la bocca per dire no e invece, con sua grande sorpresa, uscì un sì.

 

Marley mise da parte il libro, frustrata, sperando di togliersi quella sensazione di dosso.
Sempre la stessa. La vaga odiosa sensazione che le sfuggisse qualcosa.

Riprese la lettura del diario di viaggio.
A metà della visita al monastero Dira Puk Gompa, prima che le indicassero il monte sacro, l’occhio le cadde sulla pagina successiva. C’era solo un appunto cerchiato più e più volte. Aveva l’aria di essere importante. Interruppe il resoconto e lesse:

«Il Buddismo dice che quando incontri qualcuno e il tuo cuore batte più forte, le mani tremano e le ginocchia diventano deboli, chi hai davanti non è la persona giusta per te! Perché quando incontri la persona giusta non provi né ansia né agitazione. Ti senti rilassato. Sei calmo.» 

Marley tracciò con le dita quelle parole, come se volesse farle scomparire mentre invece le sentiva penetrare dentro sé.
Quasi contemporaneamente pensò che non era mai riuscita a sentirsi rilassata vicino a Jake, il solo trovarsi nella stessa stanza le provocava batticuore e tremori di aspettativa.
Gettò un’altra occhiata a Hunter, che si aggirava per la cucina.
Tralasciando la sorpresa iniziale nell’apprendere che erano sposati, non si era mai sentita agitata in sua presenza. Mai un battito mancato. Mai un brivido. Aveva interpretato la mancanza di emozioni forti come un fattore negativo, tanto da credere che la loro relazione fosse ridotta all’abitudine, alla reciproca compagnia per meglio affrontare la routine quotidiana, ma dopo aver letto quelle parole si scoprì rilassata per il semplice fatto di saperlo in casa. A casa loro.

“Ti serve qualcosa?” chiese lui, scoprendola a fissarlo.
Marley scosse la testa e tornò a fissare la pagina. Sto davvero mettendo tutto in discussione per un vecchio appunto? Ma non si trattava solo di un vecchio appunto, se ne rendeva conto.
Era stata lei a scrivere quelle parole, per questo non poteva ignorarle. 

Per lo stesso motivo, quello era l’unico diario che avesse letto finora.
Ma ammetterlo voleva dire che Santana aveva ragione. Che Kitty aveva ragione! L’ha sempre avuta! Non mi ha dato della sgualdrina fin dal primo giorno di scuola? Chiuse il diario tenendo il segno della pagina con un dito e portò la mano libera alla bocca dello stomaco. 

Trasse un profondo respiro mentre il senso di vuoto e nausea cresceva. Se solo la mamma fosse qui… lei sapeva sempre consigliarmi. Sembrava passato così poco dalla loro ultima conversazione, riusciva quasi a sentire la sua voce nelle orecchie: “Io non ho cresciuto una vittima arrendevole, ho cresciuto una star!” Millie Rose non alzava mai la voce, forse era questo a rendere le sue parole tanto pesanti da imprimersi nella memoria. Spero che, ovunque sia, non possa vedermi. Mai come adesso sentiva di averla delusa.

“Tutto bene? Sei un po’ pallida.”
Hunter aveva terminato la telefonata e la stava osservando con evidente apprensione.
“Hai mangiato?” chiese ancora. 

Lei scosse la testa e lui emise l'ennesimo sospiro ma questa volta sorridendo, lo stesso sorriso che si rivolge a una bambina.

“Ti preparo qualcosa.”

Per la prima volta le sue premure non la infastidirono, forse perché adesso le vedeva per quello che erano realmente. Mi sono comportata da egoista e lui non si è mai lamentato anzi, mi ha permesso di esserlo! Hunter le stava dimostrando quanto tenesse a lei lasciandole la libertà di… sì, di spezzargli il cuore! Non me lo merito un amore così. 

Marley strinse le mani e gli occhi e le labbra in una morsa per non più di cinque secondi poi lasciò andare tutto.
"Verità." mormorò tra sé, anche se Hunter non gliel'aveva chiesto per davvero.
Ora sapeva di non poter più rimandare.

  
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