Disclaimer: I
personaggi non mi appartengono,
La
storia è scritta senza scopo di lucro.
My Own Tale
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Ranuncolo,
il Bardo, sapeva far piangere e sapeva far ridere.
Un
pizzico alle corde del liuto e dalle sue dita salivano melodie,
intrecci ed ogni donna od uomo, ma preferibilmente donne, si
raccoglievano ad ascoltare con l'orecchio teso le trame intessute dal
cantastorie.
Perché,
inutile la falsa modestia, Ranuncolo era bravo, molto bravo in ciò
che faceva.
Cantava
di verdi ballate e subito una bimba tutta trecce ed efelidi chiudeva
gli occhietti, tratteneva il fiato, sgambettava sul ceppo su cui era
seduta, immaginando già di correre tra l'erba e i fiori.
Cantava
di una battaglia ed ecco il vigore infiammare le vene d'un reduce,
raddrizzargli la schiena e le spalle, fortificarne la posa.
Le
signore, fossero esse serve o nobili, amavano il sospirare delle sue
note, i detti e non-detti delle alcove gonfie di desiderio; si
sfioravano il seno o le collane posate sul petto in una carezza,
immerse fino alla punta delle dita negli ansimi liquidi della sua
musica.
Tuttavia,
Ranuncolo non era soddisfatto, giacché per quanto ne scrivesse non
gli riusciva in alcun modo di cantare Geralt Di Rivia.
Certo,
le ballate dello strigo erano le più richieste e dovunque si
fermasse la folla domandava a gran voce di questa o di quella
impresa, se fosse vivo o se fosse morto, se fosse innamorato di una
giovane donna o di una vecchia strega.
Ed
era strano, per Ranuncolo, accorgersi che mentre cantava non era mai
Geralt ad apparire sulla scena, bensì un'ombra od una linea
tracciata con mano veloce sullo spartito.
Egli
descriveva il modo in cui lo
strigo colpiva, ma mai come il movimento fosse un fluido prolungarsi
di un gesto minuscolo, un gesto che cominciava dal tallone e andava
poi riverberandosi attraverso la muscolatura, lungo i fasciami dei
nervi, nel bianco aggrapparsi delle ossa.
Egli
raccontava la maniera
in cui Geralt Di Rivia osserva l'intorno e fissava il proprio
interlocutore col solo scopo d'inculcargli una buona dose di terrore
in pancia, ma mai come il sole acquarellasse l'oro dell'iride e le
ciglia ombreggiassero l'osso dello zigomo e le pupille si
restringessero sottili, feline, quando gli elisir segreti degli
strighi gli arroventavano il corpo e la mente.
Egli
cantava gli attacchi di Geralt, la spada di Geralt, gli amori e gli
umori di Geralt, ma mai, mai Geralt
in sé e per sé, nella sua interezza, nella sua complessità, come
cambiasse la voce se era arrabbiato o divertito, come socchiudeva gli
occhi se era infastidito o perplesso, quale canzone preferisse
ascoltare in una notte d'estate e quale, invece, aborriva sia che ci
fosse il sole sia che infuriasse la tempesta.
Mentre
stavano seduti dinanzi al falò e Rutilia lanciava caldi sbuffi dalle
froge e lo strigo osservava le fiamme e nei suoi occhi l'ombra di
Yennefer danzava, seducente e dolorosa, e la bocca si contraeva,
s'assottigliava, ed il profilo delle nocche si tendeva sotto la
stoffa dei guanti e la mano si serrava attorno alla borraccia,
Ranuncolo, che non riusciva a comporre e che stizzito aveva gettato
la pergamena con la ballata malriuscita, Ranuncolo, ecco, nell'alzare
lo sguardo per richiamare l'attenzione dello strigo colse d'un tratto
un baleno di luce nel fondo dell'iride ed una carezza di fuoco tra i
capelli bianchi, ebbe in un guizzo la risposta alla sua domanda.
Quando
cantava alla folla, il bardo regalava loro immagini e suoni ed
emozioni, odori, gettava a piene mani clangore di battaglie e
tintinnare di bracciali, il bacio di una fanciulla, l'abbraccio d'un
cavaliere.
Quando
si trattava di Geralt Di Rivia, in sé e per sé, nella sua
interezza, nella sua complessità, nei sbuffi, nei suoi malumori,
quando si trattava dell'oro abbacinante dei suoi occhi...Se si
trattava di Geralt di Rivia, s'accorse Ranuncolo, non era disposto a
spartirlo con nessuno.
Geralt
di Rivia apparteneva alla loro silenziosa intimità, alle notti
all'addiaccio, alla birra calda delle locande, ai sentieri impervi,
al pericolo, alla luce oleosa dei bordelli, ai silenzi tesi sul filo dell'alba.
Geralt
di Rivia era suo e suo soltanto.