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Autore: arashinosora5927    24/06/2020    2 recensioni
Siamo nel meglio del mese del pride e io voglio dare giustizia a un concept che amo alla follia.
Gokudera ha in mano un vestito rosso, Tsuna capisce che è molto di più di un pezzo di stoffa.
Ringrazio Maggie per aver dato vita a tutto questo, senza di lei questa storia che ormai ha un annetto non sarebbe mai potuta esistere.
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Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G, Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gokudera si avvicinò all'espositore dove aveva visto il capo che gli interessava, lo prese e lo adagiò delicatamente sul proprio corpo guardando la propria immagine allo specchio.

È bellissimo pensò.

Cominciò a riflettere, convenne che avrebbe potuto provarlo davvero, ma subito un demone del suo passato prese possesso del suo essere.

"Bianchi, non devi vestire tuo fratello come una bambina."

La voce di suo padre risuonava nei suoi ricordi vividi anche dopo così tanti anni.

"Ma padre, ad Hayato piace..."

Bianche aveva ragione, perché quando non era costretto era lui stesso il primo a farsi i codini, rubarle i vestitini dall'armadio e giocare con i suoi trucchi.

"Vattene bamboccio. Nella mafia non ci servono femminucce che sanno solo suonare il piano..."

I ricordi dolorosi non erano mai solitari, venivano sempre in coppia con correlazioni. Era due situazioni completamente diverse, eppure gli erano sembrate la stessa.

Quell'ultima frase però lo aveva ferito al punto tale che si ripresentava per ogni fallimento e si trasformava in un pugno nello stomaco.

Probabilmente allora aveva introiettato una forma di misoginia, ancora prima che le ragazze cominciassero a fare la fila per aggrapparsi a un cuore che non avrebbero mai potuto avere, al suo cuore; ancora prima che rifiutare tutte quelle dichiarazioni diventasse una seccatura, che lo facesse sentire in difetto.

"Le ragazze sono stupide e fastidiose"

Lo aveva detto fin troppe volte.

C'era qualcosa di profondamente sbagliato nell'essere femmina nel loro mondo oppure semplicemente volevano fargli credere che i crimini non valevano nulla davanti a un maschio che si comporta da femmina.

Compiuti i sedici anni non aveva più potuto nascondere a se stesso una verità che aveva sepolto, doveva riconoscere perché il sesso femminile lo turbasse tanto, specialmente se coetaneo.

Andò in un camerino e indossò il capo che teneva in mano.

Non gli avevano detto che non era capace di fare nulla, gli avevano urlato contro che il suo sentire non valeva niente, che nessuno lo avrebbe mai accettato così come era quindi meglio fare finta di niente e piegarsi a come lo volevano, magari qualcuno gli avrebbe dato un po' di amore o almeno un tetto sulla testa.

Guardò il suo riflesso, il vestito gli calzava a pennello. Lo disegnava perfettamente perché era un modello che non aveva bisogno di grandi curve per essere indossato.

Sentì un piacevole calore all'altezza del petto, si sarebbe dovuto sentire sempre così.

Uscì dal camerino quasi piroettando, il negozio era quasi vuoto, non c'erano occhi indiscreti.

Lo specchio esterno era più grande senza contare che aveva un'illuminazione migliore.

Hayato si sentiva incantevole.

Sentì dei passi e sgattaiolò immediatamente dentro al camerino, sbrigandosi a indossare nuovamente i suoi jeans strappati neri, la maglietta rossa e la giacca di pelle, che amava esattamente come ciò che aveva appena tolto.

Hayato si sentiva ridicolo.

"Adesso è tutto normale, eh?" domandò allo specchio con un sussurro.

Sospirò, ascoltò le voci intorno a sé e quando fu sicuro di poter lasciare il camerino femminile senza problemi lo fece.

Incontrò ancora lo specchio e chiese in ultimo muto parere facendo ondeggiare il capo sul suo corpo, uno sguardo preoccupato alla cassa.

L'ultima volta che aveva cercato di comprarlo la commessa gli aveva domandato se fosse un regalo per la sua ragazza e tutto il coraggio raccolto era morto dietro un "no" sonoro.

Lo sguardo dell'impiegata gli rimase impresso, al punto tale che Hayato si assicurò che non fosse la stessa persona quella che avrebbe dovuto assisterlo nel pagamento.

Stavolta non avrebbe tremato e al limite avrebbe detto si trattava di un regalo per sua sorella, che non era esattamente una bugia, considerando che Hayato aveva iniziato a vedersi in una duplice natura quasi fosse due persone diverse.

Strinse il vestito rosso al petto e sorrise, lo avrebbe comprato a qualunque costo. L'anello della tempesta si accese come quando combatteva risuonando con la sua determinazione e Hayato lo guardò fieramente. Non c'era niente da temere.

"Gokudera-kun?"

Niente tranne quella mano sulla spalla, quella voce, quel viso, il viso sorridente del Decimo, di Tsuna.

"J-Ju-Juudaime! Che piacevole sorpresa.." disse imbarazzato, il suo volto paonazzo accennò un sorriso di circostanza.

E adesso? Cosa avrebbe pensato il suo boss di lui?
Dannazione, non era all'altezza di essere il suo braccio destro, né di fare parte della Famiglia. Non glielo avevano forse detto?  

Nella mafia non ci servono femminucce che sanno solo suonare il piano

"Che fai?" domandò allegramente Tsuna, sembrava davvero felice di vederlo.

"N-Niente! Devo andare!" squittì Hayato.

I suoi occhi si riempirono di lacrime e le sue mani lanciarono all'indietro il capo lasciandolo cadere sul pavimento.

Hayato corse a perdi fiato e non sapeva da cosa stesse scappando. Dal Decimo, da quelle che potevano essere parole che lo avrebbero ferito o semplicemente da se stessa.

E si odiava, anche in questo caso il verdetto finale era molto discusso. Per aver mentito a tutti, persino al Decimo, per quelli che erano sentimenti che non sapeva controllare.

Già forse si odiava proprio per non aver saputo mantenere il contegno, per aver reso così evidente che lo aveva colto con le mani nel sacco quando poteva davvero dire che stava solo facendo un regalo.

Invece no, qualcosa risuonò dentro e lo fece ragionare. Non voleva mentire, ma era ancora troppo presto per dirgli la verità.

Stava scappando senza una meta, da tutto anzi non da tutto perché non poteva scappare da quel corpo sbagliato. Era intrappolato in quello stupido corpo maschile senza morbidezza che gli dava solo seccature.

Oh sì, seccatura era un termine molto più facile da dire a se stessi piuttosto di disagio. Era più facile parlare di fastidio che di sofferenza, più facile che parlare di vergogna.

Se solo fosse stato una ragazza, se avesse avuto il fisico di Sasagawa Kyoko, le sue forme, allora forse Tsuna lo avrebbe guardato con occhi diversi, forse gli avrebbe indirizzato i suoi sospiri.

"Gokudera-kun!"

Hayato sussultò, si bloccò di scatto, il sangue gelò nelle vene.

"Fermati... ti prego..." Tsuna lo raggiunse, aveva il fiatone per quanto velocemente aveva corso.

Si mise le mani sulle ginocchia ed respirò a pieni polmoni.

"Se vuoi puoi ricominciare a... correre... ma... prima tieni questo..."

Tsuna ansimava, era praticamente a corto di fiato, c'era voluta tutta la sua forza per raggiungerlo.
Mantenendo quella posizione gli allungò una busta che portava il logo del negozio dove si erano incontrati.

"J-Juudaime..." mormorò Hayato sconvolto, aveva a malapena trovato la forza di articolare una risposta.

"È per te" disse Tsuna accennando un sorriso prima di rialzarsi lentamente incontrando il suo sguardo.

Hayato prese i manici della busta con mani tremanti e riconobbe con un solo sguardo dal piccolo spiraglio il suo vestito. Gli sembrava incredibile che Tsuna lo avesse comprato, che avesse speso i suoi soldi, ma ancora più incredibile era che non gli avesse fatto domande.

"Juudaime, io non so cosa dire. Non lo merito e po-"

Il giovane boss lo interruppe, respingendo la busta che era stata allungata nuovamente verso di lui.

"È tuo" disse con sicurezza.

"Lo vuoi, vero?"

Tsunayoshi non sapeva cosa ci fosse realmente dietro quell'atteggiamento, ma aveva riconosciuto che non era un semplice capriccio. C'era un significato più profondo, qualcosa di delicato, il suo intuito continuava a parlare chiaro in merito.

Gokudera non era esattamente una persona calma e pacata però non era neanche il tipo da schizzare fuori da un negozio in lacrime, non era il tipo che piangeva per cose futili.

Quindi quel vestito non doveva essere una leggerezza, doveva essere molto di più di un po' di stoffa cucita a dovere.

Questo aveva pensato Tsunayoshi quando lo aveva raccolto da terra e aveva letto il prezzo sul cartellino.

Mentre ancora cercava invano di chiamare Gokudera il suo cervello aveva già spostato l'attenzione.

Era più o meno tutta la sua paghetta, ma Tsuna sentiva che così sarebbe stata ben spesa. Se quegli occhi liquidi e addolorati avessero brillato di nuovo come al solito allora ne valeva la pena.

Quando era andato a pagare si era chiesto come avrebbe fatto a raggiungerlo, a capire che strada aveva preso. Forse avrebbe dovuto aspettare per consegnarlo.

"Chiudo la busta con un adesivo?" questa era stata l'unica domanda che gli era stata fatta, ma Tsunayoshi aveva troppa fretta quindi rifiutò perché ogni secondo gli sembrava troppo prezioso.

"È una cosa importante per te, vero Gokudera-kun?" domandò nuovamente Tsuna, aveva recuperato un tono più stabile.

"S-Sì.." ammise Hayato, nell'imbarazzo si concesse di ringraziare.

Tsunayoshi si fece più vicino fino a poter raggiungere facilmente il suo viso, le sue labbra sfiorarono un orecchio.

"Sarà il nostro segreto, Gokudera-kun"

Hayato arrossì più intensamente, ma le sue mani si strinsero naturalmente sulla schiena del ragazzo.

"Aspetterò che sia tu a parlarmene" aggiunse Tsunayoshi ricambiando l'abbraccio.

Gli occhi di Hayato erano nuovamente invasi dalle lacrime, che però avevano tutta altra natura, era commozione, qualcosa che quasi profumava di felicità.

Innamorarsi di Tsuna non era stata la cosa migliore che le potesse capitare, ma amarlo era un tale onore, ne riceveva continua conferma.

Tsunayoshi era una persona così bella dal cuore così grande, che essere la sua ragazza sarebbe stato un sogno e in effetti poteva solo rimanere tale.

"Grazie, Juudaime" mormorò Hayato sciogliendo l'abbraccio.

Tsunayoshi le asciugò una lacrima fugace e sorrise nuovamente.

"Dai non piangere più, hai avuto il tuo vestito rosso e se ti va puoi farmi vedere come ti sta."
   
 
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