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Autore: L_Fy    14/08/2009    19 recensioni
"Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v' ho scorte." Dante Alighieri, La Divina Commedia
Genere: Commedia, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO

EPILOGO

E io a lui: "Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch'io fugga questo male e peggio,
 
che tu mi meni là dov'or dicesti,
sì ch'io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti".
Allor si mosse, e io li tenni dietro.

Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto I

 

Il telefonino ronzò sommessamente, vibrando dentro la tasca interna dell’impermeabile. Eva, che stava svogliatamente mescolando un cappuccino dall’aria fangosa, lo ignorò bellamente, continuando a fissare truce il cucchiaino che aveva fra le dita. Un’ombra si frappose fra lei e l’impietosa lampada al neon del soffitto.

“E’ libero questo posto?” chiese una voce titubante.

Eva alzò gli occhi: era passato un mese dal Giorno del Triumviro (così momentaneamente battezzato dal Comitato di Sorveglianza che, bisognava ammetterlo, aveva una certa esperienza in altisonanti titoli biblici) e in quel tempo il suo viso si era affilato e la sua pelle aveva preso la tesa e pallida trama della pergamena antica. Quell’aria perennemente stanca e cupa la rendevano se possibile ancora più bella, agli occhi degli Umani. Non poteva sedersi sola a un tavolo senza che sciami di fastidiosi mosconi cercassero di attaccare bottone a ogni piè sospinto.

“No” rispose seccamente al povero tizio col vassoio in mano che sostava davanti a lei “Aspetto il mio fidanzato.”

Il tizio scivolò via mormorando qualche scusa smozzicata mentre l’avventore alle spalle di Eva ridacchiava educatamente. Eva lo ignorò, continuando a mescolare il suo cappuccino.

Il telefono continuava a ronzare lagnoso e il secondo tizio che chiese se il posto era libero si permise di aggiungere:

“Dovrebbe rispondere, sa?”

Eva lo fulminò con lo sguardo prima di estrarre seccamente il cellulare dalla tasca e portarselo all’orecchio.

“Che cazzo vuoi?” esordì con sublime arroganza.

“Anche io ti voglio tanto bene, Eva cara” cinguettò in risposta la voce serafica di Gino “Ed è meraviglioso sentire tanto amore trasparire dalle tue auliche parole.”

“Umpf.”

“Esatto!”

“Gino, ripeto: che cazzo vuoi?”

“Prima di tutto accertarmi che tu sia ancora viva. Non che tu sia mai stata un fiore di compagnia ma ultimamente sei più musona e solitaria di un lupo marsicano e ho sempre il timore che tu sparisca per sempre, in uno dei tuoi giretti asociali. Dopodiché, volevo avvisarti che oggi la tua presenza non è richiesta dal Comitato di Sorveglianza.”

Eva, suo malgrado, sollevò sorpresa un sopracciglio.

“Sul serio?”

“Quando mai non lo sono.”

“Devo ringraziare Raf, immagino.”

“Immagini bene. Ovviamente, l’Arcangelo ha di nuovo supplicato e scongiurato di vederti da sola.”

Eva chiuse gli occhi e si passò una mano sulle palpebre stanche: era più dura per lei che per Raf non vedersi se non davanti al Comitato di Sorveglianza, ma sapeva di doverlo fare. La situazione tra loro era rimasta troppo confusa, dopo quel maledetto giorno. Raf era stato a un pelo dal mollare tutto quanto, Comitato e Cori Angelici in primis. Perché era stanco e demotivato, diceva lui. Per lei, dicevano i suoi occhi. Se Eva non avesse immediatamente iniziato quell’ostracismo passivo, probabilmente la situazione sarebbe parecchio degenerata. Uno dei due doveva rendersi conto della situazione e Raf era stato troppo pericolosamente vicino ad ammettere….

(“Di essersi perso per te, scimmietta?” chiocciò allusiva la voce di Vlad nella sua testa)

… di essere troppo debole, nei suoi confronti. Anche lei stessa era debole nei confronti di Raf, e tutta quella debolezza non giovava a nessuno. La tentazione di aggrapparsi a lui era stata davvero forte… ma non poteva permetterlo. Amava troppo Raf per fargli così subdolamente male. Pertanto, preferiva evitarlo, sperando che finito il Processo e archiviato quello stramaledetto Giorno del Triumviro, Raf tornasse per un po’ nei Cori Angelici, dando tempo al tempo per ricucire le ferite. Tutte, di chiunque.

“Bene” sospirò quindi “E tu che gli hai detto?”

“Che stavi trasportando un carico di armi nucleari in Cambogia e che quindi non potevi dargli udienza. Non credo che se la sia bevuta, però. Pensavo di possedere una fantasia senza limiti, ma ormai non so più nemmeno io che balle inventare per nascondere al biondo la tua reticenza.”

Eva si sfregò le palpebre sospirando in silenzio.

“Capirai che è la cosa migliore” pensò cercando di convincersi “Perdonami, Raf.”

“Prendo il calzino, butto il calzino.” canticchiò remota la voce di Vlad nel suo cervello, immediatamente zittita da quella di Eva stessa.

“Oh, sta un po’ zitto. Raf non è mai stato un calzino. Ma che ne puoi sapere tu? Sei un Demone, e per giunta sei morto! La mentecatta sono io che parlo ancora con te come se fossi sempre qui a tediarmi…”

“Scusi, è occupato?” chiese l’ennesima ombra davanti al neon.

“Sì, deve arrivare il mio psicanalista. Hai altro da riferirmi, ingombrante palla di lardo, o posso bermi il mio cappuccino in pace?”

“Dunque, vediamo… ha chiamato Lorella e ha detto che stasera verrà a cena da noi.”

“Di nuovo” si lamentò Eva riaprendo gli occhi “Quella ragazzina è peggio di una zecca!”

“Vuole solo accertarsi che tu mangi qualcosa… ultimamente ti nutri peggio di un biafrano. La piccoletta ti è affezionata e tiene alla tua salute molto più di te. E poi cucina decisamente meglio di entrambi.”

“Umpf.” grugnì di nuovo Eva: inutile mentire, avere Lorella sempre tra i piedi era diventata una piacevole abitudine “E poi?”

“Scusi, è occupato?”

“Sì, deve venire il mio esorcista. Com’è che qui la gente non si fa mai i cazzi suoi? Una non può bere uno straccio di cappuccino senza avere un esercito di rompiballe a fracassarle i coglioni?”

“Se tu fossi un po’ meno carina, dolcezza…”

“Vaffanculo a te e a quella carina di tua nonna.”

“Che tesoro! Ti aspetto stasera a cena, micetta.”

Chiuse la comunicazione prima che Eva potesse scaricargli addosso qualche altro centinaio di improperi. Di nuovo sola, Eva riprese a mescolare il cappuccino, lo sguardo torvo affogato nella brodaglia marroncina. Un’ombra le oscurò la visuale per l’ennesima volta.

“Scusi, è…”

“Sì, è occupato, cazzo!” strillò Eva alzando gli occhi furibondi.

Per un attimo il respiro le si mozzò in gola: il tizio davanti a lei era alto, elegante e aveva morbidi riccioli rossi che arrivavano alle spalle. Prima ancora che potesse controllarlo, il suo cuore ebbe un balzo nel petto così alto e doloroso che Eva ebbe timore che le scappasse via. Poi, incrociò due sorpresi occhi verdi incastonati un una faccia anonima e finalmente realizzò che il tizio davanti a lei era solo un Umano. Alto, magro e coi capelli rossi, ma solo un altro tizio qualunque. Eva abbassò lo sguardo, farfugliando qualche scusa mentre il tizio scappava via a gambe levate.

“Insomma, scimmietta” gorgogliò la voce di Vlad nella sua testa “E’ davvero carino che tu abbia ancora le scalmane per me dopo tutto questo tempo, ma non è ora che cominci ad adattarti all’idea che io non ci sia più?”

Certo che era ora. Anzi, l’ora era già arrivata e passata da un pezzo.

Il fatto era che non ci riusciva.

Non riusciva ad accettare l’idea che Vlad fosse morto più di quanto riuscisse ad accettare l’idea di essere ancora viva. Naturalmente, il sentire costantemente la sua voce in testa non le era affatto d’aiuto. Sempre più spesso si sorprendeva a pensare a quando avrebbe rivisto quel suo snervante sorrisetto storto e i suoi maliziosi occhi di topazio, senza riuscire a inculcarsi nel cervello che non lo avrebbe rivisto più. Mai più.

“Mai più. Lo vuoi capire o no?”

No che non lo voleva capire. Quelle parole non le entravano in testa, punto e basta.

“Inutile” sospirò la voce di Vlad “Mai più non è un concetto che riesci ad associare a me. Vero scimmietta?”

Vero. Le poche volte che c’era andata vicino, le era mancato il respiro.

“Scusi, è occupato?”

“Crepa.” sibilò Eva senza nemmeno alzare lo sguardo.

L’ombra scivolò via in silenzio e il vicino alle spalle di Eva ridacchiò di nuovo esilarato.

“Che cazzo hai da ridere?” berciò Eva di pessimo umore: pensare a Vlad le faceva sempre quell’effetto. Ecco perché era così arcigna giorno e notte, da un mese o giù di lì.

“Mi piace il tuo stile aristocratico” rispose a sorpresa la voce del vicino, bassa e ridanciana “Mi ricorda qualcuno che conoscevo.”

Eva rimase immobile, il cucchiaino stretto tra due dita, gli occhi fissi sul cappuccino e il respiro fermo in gola. Non osò muovere un solo muscolo: era così rigida e immobile che sembrava una perfetta statua di carne. Per qualcosa come un (secolo? millennio?) minuto rimase in quella posizione: poi, lentamente, lasciò il cucchiaino con le dita decisamente insensibili e riprese a respirare con lentezza esasperante. Quando ebbe finalmente l’impressione di poter controllare le proprie corde vocali, articolò qualche parola che le sembrava sconnessa e senza senso.

“Ragazza simpatica, la tua conoscente?” chiese: la sua voce tremava, ma solo un poco.

“Chi ti dice che fosse una ragazza?”

Eva deglutì mentre la pelle le si accapponava debolmente, diventando sensibile come quella di un neonato.

“Beh, Vlad… dove ci sei tu è ovvio che ci sia una ragazza.”

Il vicino rise: una risata di gola, irresistibile, inconfondibile, così cara e conosciuta che gli occhi di Eva si riempirono immediatamente di lacrime incontenibili.

“Sante parole, scimmietta.” mormorò ammirato il vicino quando smise di ridere.

Eva lo sentì muoversi e intuì che si era girato a guardarla: lei non osava accennare un movimento per paura di rompere quell’improbabile incantesimo, ma sentiva quasi fisicamente l’assurdo calore di due occhi gialli e ammiccanti posati sulla sua nuca abbassata.

“Che ci fai su questo Piano?” domandò con quella sua nuova vocetta tremante.

“Un giretto” rispose lui con la sua solita arroganza “Mi ero un po’ stufato di stare nascosto.”

“Sisar?”

“E chi altri. Nessun altro mi avrebbe dato asilo, dopo quello che era successo e con tutta la Sacra Inquisizione del Comitato di Sorveglianza infilata nel retto. Fortuna che il mio cucciolotto ci tiene davvero alla mia compagnia. Mi sto distruggendo la bocca a forza di fargli pompini, ma al momento è ancora mio alleato.”

Eva dovette trattenere un brivido e le costò molto più di quanto pensasse.

“Il Comitato di Sorveglianza ti dà per morto” lo informò con voce piana “E anche gli altri. Nessuno si spiega come abbia fatto tu a sparire in quel modo, ma tutti pensano che tu sia dipartito per sempre e ne sono felici.”

“Tutti, tranne me.” aggiunse col pensiero.

“Bene. Era esattamente quello che avevo programmato.”

Eva deglutì di nuovo: il desidero di girarsi a guardarlo era diventato un bisogno fisiologico, incontrollabile.

“Come hai fatto a scappare?” chiese quindi per calmarsi.

Un leggero crepitio elettrico le fece intuire che lui si era avvicinato e quando il suo alito le accarezzò i capelli sulla nuca sentì una scarica di brividi lungo la schiena pari a una doccia rovente.

“Scimmietta… non penserai davvero che ti sveli tutti i miei segreti?”

“Magari un segreto del genere potrà servirmi, quando finalmente tornerò in servizio. Mi hanno sospesa dall’incarico di Recuperante autorizzata, lo sapevi?”

“La versione ufficiale è che sei ancora sotto inchiesta. Quella ufficiosa è che ti fai sbattere da Rosaspina, e questo ti rende un po’ troppo intima col Comitato di Sorveglianza per farti esercitare il tuo mestiere liberamente.”

“Che cosa… Io non mi faccio sbattere da nessuno! E tu sei il solito porco bugiardo!”

“Rilassati, scimmietta, lo sai quante malelingue ci siano all’Inferno: la loro è solo invidia. Per Cenerella, ovviamente, dovresti sapere quanto piacciano i biondini a quei pervertiti… quando si stuferanno di ricamare sopra il vostro meraviglioso idillio, tutto tornerà come prima.”

No, non tutto, pensò Eva amaramente.

“E tu? Hai intenzione di tornare in circolazione o passerai l’eternità a fare pompini a Sisar?”

“Per il momento è meglio se non mi esibisco troppo all’esterno. Quindi, per favore, evita di strombazzare in giro la notizia che mi hai visto vivo e vegeto.”

“E perché dovrei farlo? Sono stata la prima a cui hai fatto credere di essere morto! Non una parola in un mese, non un segno mentre io… io pensavo che…”

Un movimento impercettibile alle sue spalle ed Eva capì che Vlad aveva sospirato sui suoi capelli.

“E’ per questo che sono qui, adesso.”

“E con questo che vorresti dire?”

“Un bel po’ di cose, se solo avessi voglia di capirle. Sei proprio dura di comprendonio, scimmietta mia.”

La sua voce era ancora quello struggente mix di ruvidità e tenerezza che riusciva a farla impazzire; l’effetto devastante che Vlad aveva su di lei non era calato di una virgola, intuì Eva con fuggevole rimpianto.

“Perché quella notte sei entrato nel covo di Giacinta?” le scappò chiesto prima di poter controllare la sua stessa bocca.

“Per beccare Ellena.” rispose lui con logica inoppugnabile.

Eva, assolutamente a sproposito, pensò bene di infuriarsi.

“E ti è sembrata una mossa intelligente?” ringhiò sottovoce “Potevi… potevi morire!”

“Balle” rispose lui con snervante leggerezza “Sapevo che ti sarebbe venuto in mente il Triumviro. Cosa che infatti hai usato, anche se un filino in ritardo…”

“Ma potevo non farlo!” continuò Eva tremando di furia repressa “Non avevamo mai parlato di poter usare il Triumviro! E se non mi fossi ricordata? Fino all’ultimo io… io…”

La risata di Vlad, per un attimo, la scaldò come una fiammata.

“Scimmietta” bisbigliò la sua voce maliziosa e meravigliata “Davvero hai pensato che io fossi venuto da te senza avere un piano?”

Il silenzio furibondo di Eva fu una risposta sufficiente per farlo di nuovo ridere sommessamente e con gusto.

“Oh, che spasso!” gorgogliò soffocando le risate “Chissà quanti film romantici ti sei sparata in vena… io che mi immolavo per il tuo amore!”

“Non è divertente.” sibilò Eva frustrata e umiliata: però sentire di nuovo Vlad così indubbiamente e completamente se stesso, essenza demoniaca e strafottenza congenita incluse, le riempiva il cuore di dolorosa nostalgia.

“Sì che lo è” rispose perfidamente Vlad alla sua nuca “Pensare a quanto hai sospirato sul tuo amore perduto e mai consumato...”

“Eh già. Senti che enfisema che mi è venuto a forza di sospirare.”

“Se sono tornato è proprio per ricordarti di non desistere che prima o poi lo faremo.”

“Cosa?”

“Scopare! Non penserai davvero di morire vergine?”

Suo malgrado Eva sussultò e arrossì come un gambero.

“Vlad, vai al diavolo!”

“Eh sì, adesso mi tocca proprio.”

Si alzò in piedi fluidamente. Nel movimento Eva intuì il suo viso vicinissimo ai capelli e lo ascoltò inspirare delicatamente: con la coda dell’occhio, rigida come un manico di scopa, sentì una mano furtiva carezzarle i riccioli sulla nuca, con un movimento così rapido che poteva anche non esserci mai stato.

“Di roba ne ho annusata parecchia in vita mia, ma i tuoi capelli rimangono la più profumata di tutte” mormorò la voce di Vlad dritta dietro l’orecchio, carezzevole ed eccitante come un distillato di seduzione “A presto, scimmietta. Pensami ogni notte.”

“Crepa.” singhiozzò Eva girando il viso verso di lui.

Intuì per un attimo brevissimo il lampo giallo e felino dei suoi occhi, il movimento arrogante della bella testa fiera, lo scintillio irriverente del diamante incastonato sull’incisivo: poi la sua elegante figura le voltò le spalle e si avviò verso l’uscita, indolente come quella di un principe in esilio. Anche parecchi Umani si girarono a guardarlo, attirati dalla sua aura seducente. Eva lo seguì con gli occhi finché non sparì all’esterno in mezzo alla folla: il suo cuore ci mise molto più tempo a rientrare nei ranghi e anche dopo continuò a danzare indisciplinato nel petto. Come in trance, riprese a mescolare il cappuccino ormai imbevibile, lo sguardo luminoso e non più cupo fisso in un punto imprecisato del tavolino.

“Scusi, è occupato?” chiese un’ombra remota lontano anni luce.

“Sì” rispose Eva sottovoce senza nemmeno guardarla, sorridendo radiosa suo malgrado “Che Dio mi fulmini, è proprio così.”

 

FINE

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE:

Pubblicazione anomala, questa di Luce Ombra… ma affetto immutato per tutti voi che mi avete seguita, per le vostre graditissime critiche, per i meravigliosi commenti, per l’incoraggiamento… per tutto, insomma.

Un grazie come sempre specialissimo, condito da tutto il mio cuore, alla insostituibile ROMINA, che ha sempre la metà di ogni merito e nessun biasimo di quello che scrivo.

A tutti voi, grazie ancora, davvero. A presto!

Elfie

  
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