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Autore: Ghostclimber    13/07/2020    2 recensioni
Mukuro è tornato da Chrome, ma lei è cresciuta, proprio come lui voleva.
E sembra essere diventata così indipendente da non aver più bisogno di lui.
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Dedicata a kami, che mi ha servito su un piatto d'argento il finale della storia!
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chrome Dokuro, Mukuro Rokudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Chrome.- la sensuale voce di Mukuro raggiunse Chrome mentre stava esaminando un filetto di tonno al mercato. Lei non reagì, invece si rivolse al venditore: -Prenderò questo.

-Chrome.

-Signorina, penso che quell'uomo ce l'abbia con lei.- disse il pescivendolo con aria spaventata. Quel tale con i capelli a ciuffo d'ananas era parecchio inquietante, tanto che la gente gli girava un po' al largo. Una signora che stava valutando degli sgombri si allontanò di qualche passo.

Chrome si voltò, ma non trovò nulla da dire. Mukuro rimase in silenzio a guardarla dall'alto in basso, e lei accettò l'esame con calma mista ad una certa irritazione.

Mukuro era sparito per qualcosa come cinque anni, e adesso ricompariva dal nulla come se fosse passato un giorno. Cosa si aspettava, davvero, un party di benvenuto? Chrome sospirò: la lontananza da Mukuro, abbinata alla crescente amicizia con Kyoko e Haru, l'aveva resa un po' acida nei confronti del suo mentore.

Dopo aver insistito per mesi, infatti, le due ragazze erano riuscite a estorcerle una confessione su cosa la turbasse e lei aveva finito per vuotare completamente il sacco. Il suo amore per Mukuro, l'abbandono di lui, la corsa contro il tempo per imparare a cavarsela da sola e creare in se stessa l'illusione dei propri organi interni nel giro di tre giorni, la sostanziale indifferenza con cui lui l'aveva trattata anche dopo che lei aveva dimostrato il proprio valore.

Il risultato era quella che si poteva definire solo con il termine di “shitstorm”. Se Mukuro fosse stato in zona, o comunque reperibile in qualche maniera, si sarebbe trovato alla porta due ragazzine terribilmente incacchiate e armate di mattarelli e battipanni.

Ma per fortuna, Mukuro si era già dato alla macchia da tempo. E con il passare del tempo e grazie alle cure di Kyoko e Haru, Chrome aveva imparato a vivere la propria vita, non come discepola di Mukuro ma come persona a sé stante; e aveva persino scoperto di piacersi abbastanza.

Certo, nelle notti più buie, quelle in cui si rigirava tormentata fra le lenzuola, si domandava se quella sua autostima non fosse invece una mescolanza di illusioni e desiderio di credere alle belle parole delle amiche, ma quando il sole sorgeva e lei si preparava ad affrontare un'altra giornata in lei ritornava la consapevolezza del fatto che sì, si amava.

Mentre ancora Mukuro la studiava senza dire una parola, pensò alla dolce Kyoko, la ragazza a cui era più legata, anche se sarebbe morta prima di ammetterlo con Haru: quest'ultima era di una gentilezza impagabile, ma alle volte il suo entusiasmo esplosivo per qualunque cosa era un po' estenuante. Kyoko, invece, era più pacata, sempre pronta a mettere una buona parola per tutti, sempre pronta a farsi in quattro per gli amici, e sembrava sapere sempre quando era il momento di parlare, di ridere o solo di starsene in silenzio a guardare l'erba che cresce.

Ispirandosi a lei, Chrome trovò un tono di voce gentile e chiese: -Mukuro sama, quanto tempo. Ci tieni compagnia per cena?- il diavoletto sulla sua spalla, quello a forma di Haru, ghignò nel vedere il sorriso di Mukuro che vacillava appena.

-Io... beh, in effetti sono tornato per restare.- rispose.

-Bene!- rispose Chrome, poi si voltò e chiese al pescivendolo: -Quanto le devo?- l'uomo biascicò una cifra, lei pagò e si voltò di nuovo verso Mukuro, -Teniamo pronta una stanza per te, se ci sbrighiamo faccio in tempo a cambiare le lenzuola prima di uscire.

-Una stanza?- chiese Mukuro. Si era volutamente dissociato dalla Kokuyo Gang, e quando era rientrato a Namimori per prima cosa era andato a cercare Chrome.

-Non ti aspetterai che io viva per sempre in un teatro diroccato, vero? Abbiamo ristrutturato con l'aiuto del Boss.- Mukuro storse il naso sull'ultima parola, ma Chrome lo ignorò.

-Dove devi andare?- insistette l'uomo.

-Oggi è il cheat day, vado in centro a mangiare dolci con Kyoko e Haru.- rispose Chrome, poi si fermò al banco del fruttivendolo.

 

Mukuro avvertì una sottile scia di timore invaderlo.

Aveva la sensazione di essere come Topolino in quel vecchio cartone animato, Fantasia: la sua scopa, Chrome, si era animata, ma ora non pareva volerne sapere di fermarsi.

“Non sono una scopa, e non sono tua” eruppe la voce di Chrome nella sua mente. Mukuro sussultò e arretrò di mezzo passo. Guardò la sua schiena, un po' più ampia di com'era stata nell'adolescenza, mentre la giovane donna lo ignorava ostentatamente, come a volergli dimostrare che la scelta tra mele golden e mele renette era più importante di lui.

Poi, Chrome si voltò e gli sorrise. La sensazione di contare meno di una mela si intensificò: -Andiamo? Non voglio fare tardi, le mie amiche

“la mia vita”

mi aspettano.-

-Sì. Andiamo.- rispose Mukuro e si incamminò dietro di lei. Salirono in metropolitana, e per tutto il tempo Chrome non fece altro che canticchiare tra sé e sé. Non chiese dov'era stato per tutti quegli anni, non gli disse che era contenta di rivederlo, non lo sfiorò nemmeno.

Mukuro si ritrovò appeso ad un palo della metro a guardarle la nuca e a chiedersi perché gli mancasse tanto la sua voce che in un sussurro lo chiamava “Mukuro sama”: dopotutto era andato via proprio per liberarla, per liberarsi.

“Catene d'argento, catene d'oro”

 

Chrome mantenne una facciata di stoicismo fino alle quindici e quarantun minuti.

Portò Mukuro in esplorazione della base, mostrandogli come avevano riarredato gli ambienti interni per renderli confortevoli. Accolse con un sorriso appena accennato i suoi complimenti: sapeva di meritarseli. Con l'aiuto del Boss aveva trasformato un teatro che sembrava in piedi solo grazie ai rampicanti che l'avevano invaso in una villa di pregio, oltretutto ben nascosta perché l'esterno non era stato toccato se non per qualche intervento puramente strutturale.

Ken e Chikusa furono felicissimi di vederlo, e Chrome sgattaiolò via, non vista; cambiò le lenzuola nella stanza padronale che avevano approntato apposta per lui, si cambiò d'abito e tornò nel salotto a salutare: -Io esco, a stasera!

-Chrome, aspetta!- la richiamò Mukuro.

-Non posso, sono già in ritardo! A più tardi!

-Traditrice...- bofonchiò Ken.

-Stiamo meglio senza di te!- le urlò dietro Chikusa. Lei ignorò entrambi: sapeva che era tutta facciata, che alla lunga avevano imparato a convivere. Era tutta una scena a favore di Mukuro, si stavano solo comportando come fanno i bambini quando c'è un ospite importante: e se c'erano due bambini cresciuti al mondo, erano proprio quei due.

Alle tre e mezza precise si incontrò con Kyoko e Haru davanti alla pasticceria. Ordinarono una montagna di torte e corsero a casa di Haru per mangiarle con calma; Kyoko lanciò un'occhiata alla torta Sacher che Chrome si era fatta mettere in una borsa a parte, ma non disse nulla, rimandando saggiamente la conversazione a quando sarebbero state lontane da eventuali occhi indiscreti.

Giunte a casa di Haru, si tolsero i vestitini che si erano messe per uscire e indossarono i pantaloni da biscotto, indumenti larghi e sformati sgraffignati da Kyoko a suo fratello ormai anni prima; all'inizio, Chrome si era sentita in imbarazzo, ma Kyoko le aveva assicurato che Ryohei aveva tanti di quei pantaloni da ginnastica che se ne sarebbe accorto nel duemilamai, lo stesso anno in cui presumibilmente si sarebbe reso conto di avere una cotta per Hana.

Haru esclamò: -HAHI! Addirittura una torta intera oltre all'Assaggiatutto?- Chrome arrossì. Come sempre, si erano fatte comporre una torta a testa con fette di dolci differenti, ma la Sacher non era stata toccata.

-Ecco... no... non è per me, è che...

-Avanti, Chrome, puoi dirci tutto!- la incoraggiò Kyoko.

-Mukuro sama è tornato.- rivelò Chrome, poi scoppiò a piangere.

 

-Chrome.- chiamò la voce di Mukuro dopo cena, e la cucina svanì nel nulla, -Nagi.- si corresse, e l'ambiente, da nero com'era diventato, prese forma diventando il giardino immaginario in cui spesso si erano incontrati, tanti anni prima, dal loro primissimo incontro mentale in poi.

Il respiro di Mukuro carezzò la lievissima peluria sulla nuca di Chrome, che rabbrividì. Cercò di ripensare ai discorsi edificanti che le avevano fatto le amiche nel pomeriggio, ma non riusciva a ricordarli. Il caratteristico odore del corpo di Mukuro, qualcosa di indefinibilmente mascolino e al contempo dolce, quella traccia sensoriale che lui usava per annunciarsi poco prima di mettersi in contatto con lei o prendere il possesso del suo corpo mentre lui era ancora rinchiuso nella prigione di Vindice, la stordiva.

Riportava a galla i vecchi ricordi, quelli che tanto aveva faticato per sbloccare e riesaminare a freddo con le amiche, e gli antichi brividi di emozione le sollevarono i pori della pelle sulle braccia.

Un tenue profumo di primavera, erba nuova e terra bagnata e fiori appena sbocciati, si insinuò nelle sue narici accompagnandosi all'odore di Mukuro in una sensuale danza olfattiva.

I capelli di Mukuro le sfiorarono la nuca mentre lui si chinava su di lei, raggiungendola da dietro. Chrome respirò a fondo e si rese conto di cosa avrebbe dovuto dire alle amiche, tempo prima e quel giorno stesso: che non era questione di do ut des, non con Mukuro.

Non lo rivoleva con sé solo per una mera questione di gratitudine perché lui le aveva salvato la vita, lo rivoleva con sé perché lo percepiva come un'anima affine.

Una piccola, indifesa creatura abbandonata che si era dovuta ricostruire da capo per sopravvivere. Poco contava che Chrome avesse avuto bisogno di Mukuro per restare in vita, Mukuro aveva avuto bisogno di lei per uscire dal proprio limbo. Tra sette miliardi di persone, aveva scelto lei, la creatura a lui più compatibile.

-Ti ho preso una torta, Mukuro sama.- bisbigliò Chrome, voltando appena in viso verso di lui, -Al cioccolato, come piace a te.

-Nagi, siamo solo io e te qui. Posso dirti una cosa?

-Certo, Mukuro sama.- il respiro dell'uomo sul suo collo cominciava a diventare una seria distrazione: Chrome non riusciva più a pensare lucidamente mentre gli sbuffi del suo fiato caldo si facevano sempre più rapidi.

-Sono terrorizzato, Nagi.- Chrome si voltò verso di lui e si sentì cadere. Atterrò con grazia nell'erba fragrante, su una zolla di terra morbida e accogliente. Mukuro era semisdraiato quasi sopra di lei, le gambe ripiegate sotto di sé di fianco a quelle di Chrome e le mani appoggiate ai lati della sua testa. I suoi occhi erano chiusi, quasi serrati, le palpebre contratte spasmodicamente.

-Mukuro... sama...- bisbigliò lei, incapace di proferire un pensiero coerente.

-Mi vuoi ancora, Nagi? Ti prego, dimmi che mi vuoi ancora.- disse Mukuro, e Chrome ritrovò in sé un pizzico di orgoglio. Cercò di mantenersi neutrale, ma la voce le uscì con un tono più aggressivo del previsto: -Mukuro sama, mi hai abbandonata. Hai detto che dovevo dimostrare che potevo farcela da sola, e l'ho fatto. Ma tu mi hai abbandonata lo stesso. Mi hai lasciata sola a badare a Ken e Chikusa, e a tirare su Fran. Per cinque anni, cinque anni, non ti sei fatto vedere né sentire. Per quanto ne sapevo, potevi essere sparito dalla faccia della terra. Perché te ne sei andato?- Mukuro raddrizzò la schiena, allontanandosi da lei, e si sdraiò al suo fianco. Per quanto non si fosse allontanato, Chrome percepì il suo spostamento come un abbandono; cominciò a sentire freddo.

-Avevo paura anche allora. Temevo che tu mi abbandonassi e sono fuggito prima che tu lo potessi fare. Eri così bella, così fiera, così indipendente...

-Mukuro sama, quello era ciò che mi avevi chiesto di diventare.

-Lo so!- esclamò l'uomo, poi emise una risata sardonica, -C'è un maledizione Cajun che dice “Ti auguro di ottenere tutto ciò che desideri”, e l'ho capita fino in fondo solo in quel momento. Desideravo che tu diventassi forte, che imparassi a vivere senza di me, e solo quando l'hai fatto mi sono reso conto che amavo averti così dipendente, così succube... e mi sono detestato. Mi stavo comportando esattamente come il mafioso che avevo giurato di non diventare.- Chrome si voltò su un fianco e lo guardò. Gli occhi di Mukuro erano fissi sulle nuvole che si rincorrevano l'una con l'altra in quel cielo di illusione, spinte dal vento della confusione dei suoi pensieri.

-Kufufu. Sono stato in tutti i sei regni dell'esistenza solo per scoprire che ne esisteva un settimo.

-Un settimo?- chiese Chrome. Mukuro si voltò verso di lei. Sull'iride di fuoco del suo occhio destro c'era il kanji del numero sette. -L'inferno dell'amore non corrisposto.- bisbigliò.

Il cuore di Chrome sprofondò nel suo petto. Per tutto quel tempo lei era stata convinta che l'uomo si fosse limitato a spingerla a crescere solo per potersene andare, forse con quella tizia, MM, che nel futuro aveva affermato che Mukuro era suo. L'aveva odiato, disprezzato, si era sentita usata, convinta di essere stata gettata via una volta esaurita la sua utilità, e invece ecco che Mukuro era al suo fianco, a guardarla con gli occhi di un supplice in pellegrinaggio, a spogliarsi di fronte a lei e lei sola della sua aura di mistero e potenza.

-È come nella storia di Orfeo ed Euridice, Nagi. Ho percorso i sei regni fino all'Ade per trovarti, poi mi sono girato e tu non c'eri più. Al tuo posto c'era una donna, una meravigliosa donna, forte e indipendente, che non aveva più bisogno del mio aiuto per tornare nel nostro mondo. E io mi sono ritrovato intrappolato nell'Ade.

-Mukuro sama, la storia non va così.- lo corresse dolcemente Chrome. Con un atto di estremo coraggio, allungò una mano e per la prima volta lo sfiorò veramente. Il suo ventre era magro e teso sotto ai suoi polpastrelli, e la sensazione era tanto familiare quanto aliena: nella semincoscienza in cui entrava quando Mukuro prendeva possesso del suo corpo e lo riplasmava nel proprio, Chrome aveva potuto avere un assaggio di come sarebbe stato toccarlo, ma era sempre accompagnato dalla sensazione che qualcuno stesse al contempo sfiorando lei, perché per quanto fosse mutato era sempre del suo corpo che si stava parlando.

Ora, invece, poteva sfiorarlo senza sfiorare se stessa, e la sensazione era sconvolgente, in parte quasi spaventosa: finalmente erano due creature distinte l'una dall'altra, e se da un lato ciò era un sollievo, dall'altro significava lasciare la comfort zone: sentendosi come una bambina che avverte la mano del padre che si stacca dal sellino della bici e si ritrova a dover pedalare senza rotelle per la prima volta, disse: -Quella che rimane intrappolata nell'Ade è Euridice, e succede perché Orfeo si gira a guardarla. Tu non ti sei girato, Mukuro sama, e ne siamo usciti insieme. Non riconosci questo posto?- Mukuro la guardò, stupito, e lei accennò con il capo a un fiume che scorreva lì vicino.

Mukuro si voltò a guardare la corrente, attonito: lui aveva creato quell'illusione, ed era assolutamente certo che non ci fosse nessun fiume.

-Le anime dei morti, quando sono purificate, si risvegliano sulle rive del fiume Lete.- spiegò Chrome, -Scelgono la loro prossima vita e quando bevono un sorso delle acque del fiume si reincarnano.- la ragazza si alzò e porse una mano a Mukuro.

Lui si lasciò sollevare e si ritrovò guardarla dall'alto in basso. Il viso dolce di Chrome, i suoi occhi violetti, il suo dolce sorriso insicuro, tutto in lei era una luce di speranza. Poi, la ragazza distolse lo sguardo, lo prese per mano e lo portò sulle rive del fiume. Si lasciò cadere in ginocchio sulla terra friabile della riva e Mukuro si inginocchiò al suo fianco.

Chrome immerse le mani a coppa nel fiume e disse: -Scegli quello che vuoi, Mukuro sama. Puoi.- la ragazza bevve avidamente, poi prese dell'altra acqua e porse le mani a Mukuro.

L'uomo capì che quello era il momento di seguire il proprio cuore, non l'astio o l'orgoglio o la paura. Decise di reincarnarsi in niente più che se stesso, il reduce dalle torture degli Estraneo, l'ex galeotto della prigione dei Vindice, il Guardiano della Nebbia dei Vongola, l'uomo innamorato di Chrome Dokuro. Si portò alle labbra le mani della ragazza, fredde e grondanti acqua, e bevve.

-Cosa succederà ora?- chiese. Mai, nei suoi viaggi metafisici nei Regni degli Inferi, se l'era domandato, si era sempre gettato a capofitto nella morte, spesso sperando di non risvegliarsi.

-Ora nasceremo a nuova vita, Mukuro sama.- rispose Chrome, poi i suoi occhi persero la lucentezza e lei cadde al suolo. Mukuro si fece avanti per aiutarla, per stringerla a sé, ma riuscì solo a cadere a sua volta; poi, il mondo si fece buio.

 

-PIANTALA DI URLARE, O SVEGLIERAI MUKURO SAMA!- ululò Chikusa.

-Io non sto urlando, tu stai urlando, imbecille.- ribatté Ken a un tono di voce più basso e pacato.

Mukuro Rokudo aprì gli occhi.

La lucentezza dell'alba, candida e appena appena calda, filtrò dalle tende bianche che coprivano la finestra, mosse da una lievissima brezza che le spingeva a sfiorare il pavimento in legno di faggio con un fruscio quasi impercettibile.

Era disteso tra coltri bianche e morbide, la testa affondata nel cuscino e la pelle nuda solleticata dal cotone del lenzuolo.

Qualcosa si mosse tra le sue braccia, e una testa di capelli scuri si mosse contro il suo petto.

-Chrome...- chiamò.

-Mukuro...- rispose lei. Nessun titolo onorifico, solo una quieta familiarità. Il corpo nudo della ragazza aderì al suo mentre lei si muoveva per tirare la test fuori dalle coperte. Mukuro l'aiutò, accompagnando il gesto con una carezza quasi impercettibile.

-Hai scelto di tornare a Kokuyo?- chiese Mukuro.

-Sì. Non voglio essere una persona diversa da quella che sono adesso.

-Non potevi scegliere nulla di meglio.- Mukuro scostò una ciocca di capelli dal viso di Chrome; era ormai rassegnato ad amare quella splendida donna per il resto dei suoi giorni. Così aveva scelto e così sarebbe stato.

-Solo se sono me stessa posso amarti.- disse Chrome. Mukuro abbassò lo sguardo su di lei, e la consapevolezza dei loro corpi nudi stretti l'uno all'altro lo investì.

-Ti amo, Chrome.- disse. Lei sorrise e disse: -Finalmente hai lasciato perdere quel “Nagi”. Lei è una parte di me, ma non è me. Ti amo, Mukuro.- l'uomo sorrise, rendendosi finalmente conto che era sempre stato così e che lui era stato troppo cieco, troppo impegnato a contare le proprie cicatrici per rendersene conto. La trasse a sé, assaporando il contatto dei suoi seni tondi e morbidi contro il petto, e la baciò a fior di labbra.

Le gambe di Chrome circondarono le sue, e con un sospiro trattenuto lui la prese per i fianchi per approfondire il contatto: voleva sentirla contro di sé, voleva sentire se stesso dentro di lei, voleva... la porta si spalancò.

-OW! OW! CHIEDO SCUSA, MUKURO SAMA!- urlò Chikusa.

-Te l'avevo detto di bussare, cretino. Mukuro sama, Chrome, quando volete la colazione è pronta. C'è la torta al cioccolato.

-Arriviamo.- rispose Chrome, sdraiandosi sul petto di Mukuro. L'uomo la strinse a sé e capì di essere finalmente libero.

 

 

 

 

Sproloqui di un'autrice:

La frase che Chrome pensa e che Mukuro capta, “catene d'argento, catene d'oro” è un riferimento alla canzone “Romeo and Juliet” dei Dire Straits. Intendevo approfondirla, ma niente, è rimasta lì e basta. Il verso dice “when you can fall for chains of silver, you can fall for chains of gold”: l'ho sempre intesa come il passaggio da un amore adolescenziale a un amore più maturo e intenso.

I miei più profondi ringraziamenti a kami, che è riuscita a togliermi il blocco dello scrittore manco mi avesse sparato con un Proiettile dell'Ultimo Desiderio (grazie anche per non avermi sparato!). Dalla regia, Fuuta mi dice che sei prima nella classifica degli Sbloccatrame della mafia U_U

Spero vi sia piaciuta la storia, battete un colpo se avete gradito!

XOXO

 
   
 
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