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Autore: Final_Destiny98    01/08/2020    0 recensioni
Non aveva idea che un trasloco potesse essere tanto impegnativo. Aveva immaginato se stesso buttare tutto ciò che aveva in alcuni scatoloni, caricarli in macchina e partire subito alla volta della nuova casa che avrebbe condiviso con la sua dolce metà. Eppure era stata proprio quest’ultima a fargli notare quanto fosse in realtà un lavoro lungo, che richiedeva anche una certa attenzione.
[Bokuaka week day 2: moving in]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non aveva idea che un trasloco potesse essere tanto impegnativo. Aveva immaginato se stesso buttare tutto ciò che aveva in alcuni scatoloni, caricarli in macchina e partire subito alla volta della nuova casa che avrebbe condiviso con la sua dolce metà. Eppure era stata proprio quest’ultima a fargli notare quanto fosse in realtà un lavoro lungo, che richiedeva anche una certa attenzione.
  Dopo anni di relazione, lui e Akaashi avevano deciso, finalmente, di andare a convivere. Era stata una sorpresa per lui che il minore glielo avesse chiesto, ma aveva accettato di buon grado.

«Potremmo iniziare a convivere qui», disse Akaashi con un piccolo sorriso sul volto.
  
Koutarou aveva sollevato lo sguardo dalla classifica della League per posarlo sul moro che era appena entrato nel salotto. Erano fidanzati da anni, sin dal liceo, e fino a quel momento avevano soltanto passato diversi giorni insieme nella stessa casa senza davvero ufficializzare la cosa. Aveva sempre trovato quella cosa divertente perché somigliavano a due compagni di stanza universitari, ma dormivano nello stesso letto e non solo. In quel periodo Bokuto aveva capito di dover cominciare a cercare un posto in cui potesse vivere da solo e, chissà, magari invitare Keiji a vivere con lui – ma l’ultima parte era un segreto, e per questo motivo il fidanzato l’aveva preceduto.
  
«Non mi sembra per niente male come idea», rispose con un sorriso dopo aver appoggiato il giornale sul tavolino basso davanti al divano. Si alzò in piedi per andare verso di lui e una volta vicini lo baciò teneramente sulle labbra. «Posso cominciare a radunare le mie cose anche ora».
  
«Dovremmo pensare prima a come sistemare l’armadio e le altre cose», parlò l’altro frenando così leggermente il suo entusiasmo, anche se per una buona ragione. Bokuto si lamentò per alcuni secondi e alla fine cedette sotto le carezze e attenzioni dell’altro.

  Sapeva che non sarebbe stata la cosa più semplice del mondo, ma in fondo amava le sfide. Conosceva già le abitudini di Akaashi, certo, ma la questione era diversa: passare intere giornate insieme, stare uno accanto all’altro costantemente scoprendo mano a mano piccoli segreti e dettagli che nessun altro conosceva, quello era realmente ciò che li aspettava. Glielo avevano detto tutti che la convivenza non era facile, ma più e più volte si era ripetuto che tutto sarebbe andato bene e che non c’era niente che Keiji non sapesse di lui.
  O almeno, così sperava. In fondo non ne era nemmeno certo, ma aveva bisogno di convincersi della cosa per non rimanere schiacciato dalla paura che il ragazzo cambiasse idea su di lui. Doveva e voleva assolutamente essere sicuro di se stesso: la sua filosofia di vita – anche se non amava definirla così, non gli piacevano le etichette – era quella di affrontare tutto con positività e lasciare che fosse quella a vincere sul suo opposto, o non sarebbe mai riuscito a cambiare nulla della sua quotidianità.
  Stava chiudendo uno degli ultimi scatoloni, quello pieno di fotografie e ricordi vari. Tra tutti quello che più lo preoccupava conteneva ceramica e vetro che, secondo Akaashi, non bastavano mai. Di lì a poco sarebbe arrivato il camion che l’avrebbe aiutato a trasportarli tutti, e a quel punto lui avrebbe solo dovuto prendere la macchina e andare verso la nuova – anche se ci aveva già trascorso tantissime giornate – casa.

  Non era stato facile. Aveva avuto paura per settimane prima che un discorso del suo fidanzato mettesse in chiaro le cose una volta per tutte. Ricordava quando aveva messo piede in casa sorridendo, caricando sulle spalle larghe due scatoloni, e lui l’aveva guardato con un sorriso sognante e gli occhi accesi di allegria. Aveva cancellato tutti i suoi dubbi per quel giorno e insieme si erano dedicati soltanto a disfare i pacchi, poi la sera stessa avevano fatto l’amore. Si era sentito bene come mai prima d’allora e aveva capito di aver preso la decisione giusta accettando di fare quel grande passo. Per i primi tempi l’euforia della novità aveva riempito le loro vite e aveva permesso di accantonare le poche ma importanti insicurezze di Koutarou, ma era solo una questione di tempo: si erano presentate e in maniera evidente.
  Era diventato stranamente impacciato, quasi si vergognasse automaticamente di alcuni suoi gesti. Aveva visto Akaashi guardarlo in modo diverso e ciò aveva generato in lui solo più paura, facendo sì che si comportasse in maniera ancora più assurda rispetto al solito. Koutarou temeva, nel profondo, di essere fastidioso e insopportabile, come sapeva che Keiji temeva di essere noioso e di poco conto.
  Lui e tutti i loro amici lo trovavano estremamente interessante, ma lui non aveva mai realmente provato a parlare dei suoi dubbi con gli altri, soprattutto il suo fidanzato, e questo soprattutto perché non era così spesso preso da preoccupazioni da aver bisogno di parlarne. Più spesso era invece l’altro a confidarsi con lui.
  Aveva paura di non essere più lo stesso ai suoi occhi se avesse mostrato quel timore nascosto. Eppure ancora una volta Keiji l’aveva sorpreso, riuscendo a rimetterlo i carreggiata e a far tornare i giorni d’oro della loro convivenza.

  Si trovava sul divano e seguiva la partita di pallavolo in televisione. Era in realtà un vecchio incontro che aveva già visto un paio di volte, ma non si stancava mai delle belle azioni e delle strategie di gioco, soprattutto poco prima di un torneo. Ogni volta non poteva non pensare al Fukurodani, ai pomeriggi in palestra e alle vittorie con i suoi compagni. Era stato su quel campo che aveva conosciuto Akaashi, su quello si erano innamorati e avevano deciso di non lasciarsi mai. Nella sua mente a volte nasceva l’idea di comprare un anello e fargli una sorpresa portandolo proprio in quel luogo per fargli la proposta di matrimonio – naturalmente in intimità, senza nessuno eccetto loro: non voleva certo metterlo a disagio. Tuttavia aveva deciso di aspettare ancora, in fondo nessuno dava loro un tempo stabilito in cui farlo.
  
Keiji arrivò accanto a lui e gli sorrise. Koutarou fece lo stesso e si avvicinò al suo viso per dargli un bacio leggero, alzando con una mano gli occhiali che da un paio d’anni erano sempre presenti sul più piccolo. Si guardarono per alcuni secondi.
  
«Ora che ho finito di controllare quelle cose che ti dicevo potremmo andare ad allenarci un po’», propose Keiji appoggiandosi leggermente a lui.
  
Se anche aveva smesso di giocare in via ufficiale a differenza sua, Akaashi continuava a tenersi allenato per evitare di perdere tutto quello per cui si era tanto allenato.
  
Ma aveva già chiesto all’altro di fare pratica il giorno prima. Bokuto rimase in silenzio per alcuni secondi: non voleva risultare fastidioso, o pesante. Sapeva che normalmente non gli avrebbe nemmeno lasciato finire la frase – soprattutto in un periodo di pausa dagli allenamenti ufficiali come quello – ma da quando avevano iniziato a convivere aveva deciso di cambiare alcune cose per andargli incontro.
  
Gli avvolse le spalle con un braccio e sorrise. «Dovresti riposare. Siamo andati ieri in palestra», disse.
  
Tornò a guardare la partita e per un po’ calò il silenzio. Poi la televisione si spense all’improvviso e voltandosi notò che l’altro teneva il telecomando tra le mani. Sembrava seccato, e Koutarou mandò giù a vuoto istintivamente: era difficile far innervosire in quel modo Akaashi.
  
«Tutto bene?», chiese stupidamente. Era ovvio che qualcosa non andasse.
  
«Lo chiedo io a te. Sei strano da settimane, da poco dopo che venissi qui», lo rimbeccò. Bokuto sapeva che il moro aveva raggiunto un livello di sicurezza tale con lui da fare quel genere di discorsi. Lo fece sorridere come pensiero: si sentì speciale. Ma tornò subito a concentrarsi sulla questione.
  
«Non voglio che ti stanchi, hai lavorato molto oggi», si giustificò. Mentiva: sapeva che non era così stanco, e che se lui l’aveva proposto significava che voleva farlo davvero. Fu proprio questo che gli disse.
  
«Lo sai anche tu che non è vero. Sei strano ultimamente. Ti ho lasciato tempo di ambientarti, ho provato a pensare a tutto quello che poteva essere un problema, ci ho rimuginato e alla fine non sono nemmeno riuscito a darmi una spiegazione. Vorrei solo capire cosa succede, se ho sbagliato qualcosa».
  
Era tipico di Akaashi darsi la colpa di ciò che non riusciva a capire. Poteva immaginare idealmente gli ingranaggi del suo cervello che lavoravano velocemente alla ricerca di una soluzione che non potevano trovare e si rese conto di essere stato sciocco a non parlare con lui dei suoi pensieri. Come poteva pretendere che quella cosa funzionasse se non comunicava? Era la prima persona a offrire il suo supporto all’altro, eppure aveva commesso un errore banale ed evitabile. Tutto ciò che doveva fare era, tranquillamente, parlarne. Gli sembrò così semplice in quel momento che si chiese perché non ci avesse pensato prima – e una vocina nella sua mente gli spiegò che si era deciso a farlo solo perché aveva notato che ad Akaashi quel silenzio non stava bene.
  
«Ho paura di essere insopportabile, ed esagerato», gli rivelò.
  
Notò un lampo di stupore attraversare i suoi occhi. Akaashi si alzò persino in piedi.
  
«Come?», gli domandò come se non avesse sentito.
  
Koutarou distolse lo sguardo. «Hai capito».
  
Niente si mosse per alcuni istanti, poi vide il ragazzo sedersi nuovo e con una mano lo costrinse a voltarsi verso di lui. I loro occhi si incontrarono e Bokuto lo notò sorridere, cosa che lo rassicurò. Anche l’altra mano arrivò al suo viso, che ora si trovava racchiuso tra entrambe. Gli diede un bacio pieno di sicurezza, proprio quello di cui aveva bisogno. Quando si allontanò, continuarono a guardarsi negli occhi.
  
«Io ti amo per come sei», gli disse semplicemente senza troppe parole. «Non hai bisogno di cambiare niente per farmi stare meglio».
  
Fu un po’ come un fulmine a ciel sereno, una rivelazione. Sapeva che in realtà non era una cosa nuova, ma si rese conto che aveva bisogno di un momento del genere che tornasse a riempirlo di quella sicurezza che aveva via via perso in quelle settimane. Non servivano grandi discorsi: bastavano le giuste parole, un sorriso sincero e un bel bacio a cambiare tutto il suo modo di vedere le cose.
  
Lo guardò contento e gli chiese di andare ad allenarsi, più rilassato e felice; Keiji accettò volentieri.

  Da quel momento aveva capito molte cose e tutto andava a gonfie vele. Diversi dei loro amici avevano scherzato dicendo che si comportavano come una coppia sposata ormai e che dovevano solo ufficializzare la cosa, ma loro non avevano fretta. Si allenavano insieme quando potevano, Akaashi continuava a venire alle sue partite e ormai si erano abituati l’uno al ritmo dell’altro. Trasferirsi non era stato semplice all’inizio e per alcuni giorni aveva davvero temuto che sarebbe stato un disastro, ma in quel momento gli sembrava la cosa più naturale del mondo: non riusciva nemmeno a pensare a come aveva fatto prima d’allora. Ogni mattina aveva la possibilità di svegliarsi e baciare il suo fidanzato, facevano insieme colazione, l’amore quando volevano e tutto sembrava perfetto.
  Koutarou sapeva di essere una persona tremendamente rumorosa, totalmente opposta al suo fidanzato, e a loro stava benissimo. Non si annoiavano mai, e ogni occasione era ottima per ridere o scherzare, o per rubarsi una carezza o un abbraccio. Amava la loro vita insieme e non avrebbe rinunciato a essa per nulla al mondo. Naturalmente erano aumentati i loro piccoli battibecchi, ma aveva imparato a gestirli e a non farne una questione più grande del reale: era un po’ meno melodrammatico, e forse Akaashi era più estroverso di prima. A Koutarou piaceva quell’aspetto della loro vita. In realtà, se pensava bene, gli piacevano tutti.

   
 
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