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Autore: Final_Destiny98    10/08/2020    0 recensioni
Il principe era stato nella sua vita un qualcosa di inaspettato. Bello da mozzare il fiato, occhi così luminosi da poter benissimo essere usati come guida per la propria vita, gentile, educato, forte. Promesso sposo. Tutto quello che aveva sempre voluto in una persona era a due minuti da lui e, al tempo stesso, distante anni luce. L’aveva accolto nel palazzo, eppure all’inizio non sembrava avere interesse verso di lui. E poi era cambiato di nuovo tutto: i baci, le carezze, le parole sussurrate di nascosto per i corridoi e in giardino, e poi quell’unica notte non conclusa nella residenza estiva. Si sarebbero amati, lo sapeva, se solo non ci fosse stata lei, Kaori. La sua promessa sposa era quanto di più adatto ad un principe ci fosse: nobile famiglia, abiti costosi, buone maniere con tutti – o quasi. Il perfetto ritratto della principessa, se solo Koutarou l’avesse amata davvero. Keiji era ormai certo che non fosse così.
[Bokuaka week day 9: Royal! AU
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  Se Akaashi aveva mai pensato a una situazione del genere? Sì, decine e decine di volte. Aveva immaginato il palazzo in festa, gli addobbi, il sole che splendeva e moltissime persone felici. Aveva immaginato di avere indosso l’abito bianco tremendamente sfarzoso e di avanzare lentamente al centro dell’immensa sala affrescata, e aveva persino creato nella sua mente un perfetto discorso da novello sposo e principe. Aveva iniziato da bambino, e poi era cresciuto: erano arrivati i campi e il bestiame, le carestie e il sole, le piogge torrenziali. Il palazzo sfarzoso era un’utopia, aveva smesso di pensarci fin troppo tempo prima, quando la sua priorità era diventata la possibilità o meno di mangiare qualcosa a pranzo. L’abito bianco ed elaborato era diventato uno più comodo, adatto al lavoro dei campi, i capelli ben acconciati e erano diventati corti e rovinati. Le mani curate erano ora piene di tagli e sporche, non adatte ad un signore, non sicuramente ad un principe. Gli dispiaceva, lo rendeva triste, ma aveva accettato la cosa: era il suo destino, qualcosa aveva deciso che non dovesse essere lui quello fortunato con la corona sul capo. E non che fosse quella a renderlo felice, quanto piuttosto la certezza di avere un futuro stabile. Non era una cosa scontata nella sua posizione, non quando servire è il proprio scopo e sostanzialmente ci si trova a dover sottostare a qualcuno che è più grande e potente di sé. Da bambino aveva pensato di avere una possibilità per i particolari occhi azzurri, i capelli lisci e neri, e poi tutto era cambiato: aveva capito che la sua strada non era quella. Ma un sognatore rimane tale per tutta la vita, e non aveva mai lasciato perdere nessuna occasione che potesse farlo vivere davvero: il ballo in maschera durante il quale aveva incontrato Koutarou era tra quelle. Keiji si era cucito un abito elaborato da uno vecchio, aveva creato una maschera e sistemato i capelli, aveva provato tutto. Ne era valsa la pena, perché grazie a quella follia aveva incontrato la persona della sua vita, che gli aveva rubato il cuore e gli aveva anche offerto un luogo sicuro in cui abitare – era diventato, infatti, uno dei servi del palazzo.
  Il principe era stato nella sua vita un qualcosa di inaspettato. Bello da mozzare il fiato, occhi così luminosi da poter benissimo essere usati come guida per la propria vita, gentile, educato, forte. Promesso sposo. Tutto quello che aveva sempre voluto in una persona era a due minuti da lui e, al tempo stesso, distante anni luce. L’aveva accolto nel palazzo, eppure all’inizio non sembrava avere interesse verso di lui. E poi era cambiato di nuovo tutto: i baci, le carezze, le parole sussurrate di nascosto per i corridoi e in giardino, e poi quell’unica notte non conclusa nella residenza estiva. Si sarebbero amati, lo sapeva, se solo non ci fosse stata lei, Kaori. La sua promessa sposa era quanto di più adatto ad un principe ci fosse: nobile famiglia, abiti costosi, buone maniere con tutti – o quasi. Il perfetto ritratto della principessa, se solo Koutarou l’avesse amata davvero. Keiji era ormai certo che non fosse così.
  Il profumo di rose in quella sala era così forte da dargli alla testa, i mazzi erano così tanti che sembravano occupare l’intera enorme sala. Il lavoro era tanto, non stava fermo un secondo, ma non riusciva a non guardarsi intorno. Gli sembrava di essere in uno dei suoi sogni, con la differenza che lui non era destinato a salire quei gradini  tanto bramati e ad affiancare l’amato. Lui doveva solo obbedire, eseguire, preparare.  Cercare di non piangere. Era difficile, perché tutta la sua vita gli stava scappando di mano in quel preciso istante, ma cercava di tenersi occupato tanto da non pensare.
  Meno dieci minuti, meno nove, meno otto. Il tempo scorreva veloce tanto quanto le serve sistemavano la tavola per il pranzo e indirizzavano tutti gli ospiti ai loro posti per la cerimonia, tanto quanto batteva il suo cuore. Era certo di non sentirlo nemmeno più, si confondeva con tutto il resto, con tutto il vociare e i complimenti, e le lacrime che scorrevano, e gli altri servi che gli chiedevano come stesse. Non si era nemmeno accorto di aver cominciato a singhiozzare nel bel mezzo del corridoio, con le spalle scosse dai tremiti e le gambe che non stavano ferme, la vista appannata e un dolore sordo al petto. Si era fermato senza rendersene conto e aveva cominciato a ricordare ogni secondo passato con Koutarou, che in quel momento era ancora più lontano da lui: nel suo bellissimo abito bianco e dorato era la persona più splendida che Akaashi avesse mai visto in tutta la sua vita. I suoi occhi brillavano di una loro luce, i capelli perfettamente acconciati lo rendevano etereo: l’abito era stato creato per lui su misura e risaltava ogni parte del suo corpo. Keiji ne era innamorato, e lo sapeva, aveva anche la vaga idea che l’altro ricambiasse, ma la verità era che non contava a nulla.
  Non stava a loro decidere, loro eseguivano.
  Lui, soprattutto, non poteva fare altro che singhiozzare e cercare di respirare. Bokuto, Akaashi lo aveva visto, sembrava impassibile. Keiji tuttavia aveva imparato a conoscerlo: la paura, le aspettative, il rifiuto, la tristezza, gli aveva trasmesso tutto con una singola occhiata. Con solo quella gli aveva chiesto aiuto, gli aveva chiesto di scappare con lui anche se ad un principe non conviene. E il moro aveva accettato per alcuni secondi, aveva cominciato a camminare verso di lui, e aveva sperato ancora.
  Ma tutto era finito. Si era odiato nel momento in cui aveva letto lo sguardo terrorizzato e allo stesso tempo rassegnato dell’altro: era quello di chi ha davanti l’oggetto della propria felicità così vicino eppure dolorosamente lontano.
  Desiderio: quella sensazione di mancanza e nostalgia che si prova nel guardare le stelle e capire che sono così lontane da essere irraggiungibili. Si erano lanciati uno sguardo di desiderio, e poi tutto era finito.
  Keiji era tornato al suo dovere, Kutarou aveva sofferente salito i gradini. Un principe adempie sempre al proprio dovere. Un principe si presenta sempre davanti alla folla, non importa in che stato d’animo si trovi. Un principe fa ciò che giusto, non importa ciò che vuole. Non importa ciò che ama. Importa il padre, importa ciò che conviene, ciò che bisogna, importa l’esteriorità, quello che si vuole far credere, la menzogna.
  Kaori fece il suo ingresso nella sala. Gli applausi erano tantissimi e la musica forte da farlo sentire male, perché gli colpiva direttamente il cuore. Le orecchie fischiavano, in pochi secondi si ritrovò tremante sul pavimento freddo. Le mani erano davanti al viso, ormai non c’era nulla a cui riuscisse a pensare se non a quanto quella cerimonia stesse distruggendo ogni suo sogno. Ogni loro sogno. Si era detto che quel giorno sarebbe stato come tutti gli altri, ma sapeva di essersi preso in giro fino a quel momento. Tutto era finito: l’amore, il segreto, i baci al buio, il sentimento. Tutto era scomparso come l’ombra sotto il sole cocente. Ma quando il caldo diventa soffocante, è proprio quello il luogo in cui ci si vorrebbe isolare: l’ombra che dà pace, che rinfresca, che protegge.
  La musica era così forte che Akaashi sembrava non sentire i suoi stessi singhiozzi. Si chiese se anche Koutarou, nel suo cuore, si sentisse come lui. Non potevano fare nulla per fermare tutto quello, non era possibile. E, lo sapeva in fondo, tutta la loro situazione era sbagliata. Eppure non aveva mai desiderato così tanto una persona in vita sua e, nello stesso tempo, non aveva mai desiderato che qualcosa finisse così in fretta. Era straziante. Non riusciva nemmeno più a dire il suo nome, c’erano solo singhiozzi, tremori, il suono dell’organo. Come nella più terribile delle scene, gli sembrò di sentire i passi della ormai principessa: erano lenti e ansiosi, presi da una smania incontrollabile. Non era possibile, però, lei era troppo lontana.
  Forse li confondeva con i battiti del suo cuore.
   
 
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