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Autore: Kagome    25/09/2020    9 recensioni
What if, subito dopo gli eventi di Miracle Queen. Seduto in macchina con Katami dopo aver mangiato il gelato con i suoi compagni, Adrien è confuso. Aveva visto Marinette piangere, ma non ne capiva il motivo. Una chiacchierata rivelatrice con Katami gli apre gli occhi e si ritrova a passeggiare senza meta sotto la pioggia, cercando di chiarire con se stesso quale paio di codini avesse catturato davvero il suo cuore. Angst, ma con un lieto fine. Pubblicata in Inglese sulla fanzine "In the Rain" dedicata alla coppia Adrinette.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Kagami Tsurugi, Luka Couffaine, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Eye Opener

Scritto da: Kagome (JuliaFC su FFN e Ao3)

Copertina di: Rose Manley

Beta: Genxha e Maria Lace. Grazie infinite! ^-^

Rinunzia Legale: Questa storia è basata su personaggi e situazioni creati da Thomas Astruc. “Miraculous - Tales of Ladybug and Chat Noir” (c) TS1 Bouygues, Disney Channel, Zagtoon, Toei Animation. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e non è intesa alcuna violazione del diritto d'autore.

oOo

Aveva visto le sue lacrime. 

Le aveva viste e lo avevano lasciato pieno di dubbi. Pensava che lei amasse Luka, ma mentre la osservava camminare verso di lui con il gelato di André in mano e sedersi a mangiarlo con lui, le era sembrata davvero triste e quasi morta dentro. Perché piangeva? Più ci pensava, meno riusciva a capirlo. 

"Tutto bene, Adrien?" disse Katami, riportandolo alla realtà. Si guardò intorno come se si fosse appena svegliato da un sogno. Oh sì, era nell'auto di Katami, la ragazza gli aveva offerto un passaggio dopo che avevano finito di mangiare il gelato con i suoi amici. Lui annuì distrattamente, ma lei gli mise una mano sulla gamba e con l'altra gli toccò il mento per farlo guardare verso di lei. "La tua espressione suggerirebbe il contrario", gli disse. "O mi dici cosa c'è che non va o ti giuro che fermo la macchina, ti butto fuori e ti faccio tornare a casa a piedi."

Non è che mi dispiacerebbe in fondo, pensò lui. Avrebbe avuto un po' di tempo per schiarirsi le idee prima di tornare in quella prigione dorata che chiamava casa. Rimase in silenzio per molto tempo, ancora perso nei suoi pensieri, ma la mano di Katami non sembrava voler mollare la sua gamba. La guardò e si accorse che lei lo stava osservando, in attesa che lui dicesse qualcosa.

"Sono confuso", ammise alla fine.

"Per quale motivo?" chiese lei.

Lui sospirò. "Stava piangendo", disse infine, come se quella frase spiegasse tutto. Vide Katami lanciargli uno sguardo interrogativo e continuò: "Pensavo che amasse Luka."

Katami fece una smorfia e aggrottò la fronte; perché si era rattristata pure lei? Perché nessuno gli diceva mai niente?

"Capisco", sussurrò la ragazza. Tirò indietro la mano come se scottasse, allontanandosi il più possibile da lui e spostandosi verso l'altro lato dell'auto; incrociò le braccia e accavallò le gambe. Un paio di minuti trascorsero in un silenzio assordante, facendolo sentire sempre più a disagio. Non sapeva perché, ma sentiva di aver ferito Katami, di nuovo. "È questo il motivo per cui hai mangiato il gelato con me?" aggiunse lei infine.

Lui le lanciò uno sguardo ancora più confuso. "In che senso, scusa?"

Lei lo guardò dritto negli occhi, incontrando il suo sguardo confuso con uno che trasudava sconfitta. 

"Davvero non capisci, eh?" Katami vide che la macchina si avvicinava a villa Agreste, e interpellò subito il computer di bordo: "Riportaci alla Torre Eiffel". Questo confuse Adrien ancora di più; le lanciò uno sguardo dubbioso e lei dovette averlo notato, perché aggiunse: "Non abbiamo ancora finito di parlare".

L'auto superò villa Agreste e continuò a girare a sinistra e Adrien sbuffò, appoggiando un gomito sulle gambe e il mento sul palmo della mano. "Perché nessuno mi dice mai niente?" Fece una smorfia imbronciata. “Prima Marinette piangeva e non so perché, e ora tu mi parli per enigmi. Se sai perché fosse così triste, per favore dimmelo perché io non capisco. Stava mangiando un gelato con il suo ragazzo. Cosa avrebbe mai potuto rattristarla a quel modo?"

Katami sospirò e gli lanciò uno sguardo deciso. "Probabilmente mi pentirò di quello che sto per dirti Adrien, ma per quanto ti ami, non ce la faccio più."

Il suo cuore si fermò. "Puoi spiegarti meglio?"

“Mi chiedi perché fosse triste. Beh, se hai proprio bisogno che te lo si dica, ecco... Forse Luka non è il ragazzo di Marinette, o forse, peggio ancora, Marinette è stata spinta a farlo diventare il suo ragazzo perché il ragazzo che le piace davvero è più cieco di mia madre." 

"Eh?" mormorò lui, ignorando completamente l'ultima parte del discorso di Katami. “Avrebbe dovuto essere felice e invece anche mentre mangiava il gelato mi ha trasmesso un senso di tristezza e malinconia." Si mise le mani nei capelli e gemette. “Se sai qualcosa che non so, Katami, per favore dimmelo. Voglio che Marinette sia felice; è una delle mie migliori amiche."

Katami rabbrividì alle sue ultime parole. "Ecco. Una delle tue migliori amiche. Hai appena messo il dito nella piaga.” Sospirò allo sguardo confuso di lui e gli si avvicinò con un sorriso forzato. "Ti amo tanto, Adrien, ma non capisco come un ragazzo istruito e intelligente come te possa essere così... cieco."

"Cosa?" disse lui.

Katami sospirò di nuovo. “Adrien, abbiamo mangiato un gelato insieme oggi pomeriggio, e ci siamo anche coccolati un po', ma quando ho provato a baciarti qualche giorno fa, hai detto che non eri pronto. Perché?"

"Perché cambi argomento?" 

"Non cambio argomento, scemotto." Lui mise il broncio alle sue parole, e lei si sforzò di sorridere. "Rispondi alla domanda."

"Te l'ho detto l’altro giorno", disse lui. "Non mi sento pronto."

"Sì. Perché non mi ami." Il cuore di Adrien prese a battere all’impazzata. Stava per rispondere, ma lei gli mise un dito sulla bocca e continuò: “Non osare negarlo. Se mi avessi amato, saresti stato pronto." 

Lei sorrise di nuovo, amaramente. “Non mi merito di essere un ripiego, Adrien. E mi rifiuto di aspettare ancora. È chiaro come il sole che tu non mi ami quanto ti amo io; non posso continuare così. Oggi abbiamo mangiato il gelato di André insieme, e tu eri così preoccupato per le lacrime di Marinette che non ti sei neanche accorto di quanto mi stessi pugnalando il cuore ogni volta che la guardavi. E sai perché?" Lui scosse lentamente la testa, anche se un barlume di comprensione finalmente iniziava a insinuarsi nel suo sguardo. "Perché non sono importante per te quanto... lei."

"Non… non è che io… sia innamorato di lei..." iniziò a dire lui, il cuore in gola. Gesù, non poteva essere, vero? Che razza di idiota sarebbe stato se fosse stato vero? Katami gli lanciò uno sguardo così pieno di scherno che si sentì il viso diventare paonazzo. "...vero?"

Lei rise, una risata amara e senza allegria.  “E lo chiedi a me? È il tuo cuore signor mio, tu dovresti esserne l'esperto!” 

"M-ma a lei ... piace L-Luka!" Non gli piaceva la piega che aveva preso la loro conversazione, né gli piaceva lo sguardo serio che Katami gli stava rivolgendo. Si mise le mani sul viso e appoggiò entrambi i gomiti sulle gambe mentre ripensava agli eventi accaduti quel pomeriggio. Aveva visto chiaramente Marinette baciare Luka sulla guancia e sorridergli mentre lui le suonava quella bellissima melodia con la chitarra. L'aveva vista mangiare il gelato con lui. Ma... non era felice. L’aveva vista piangere mentre si avvicinava a Luka. Perché? Se Luka non le piaceva... chi era il ragazzo che la stava facendo soffrire? 

"Non credo che Luka piaccia a Marinette più di quanto io piaccia a te, Adrien. Non credo che lei lo possa considerare, né ora né mai, la sua prima scelta, esattamente come tu non mi considererai mai la tua." Sentì la macchina fermarsi davanti alla Torre Eiffel e ordinò di nuovo: "Riportaci a Villa Agreste".

Lui la guardò preoccupato. “Ma tu mi piaci, Katami. Sei una ragazza bellissima e ammiro molto la tua decisione e la tua forza."

"Sono lusingata che tu mi ammiri per qualcosa, Adrien, ma l'ammirazione non è amore. E se volessimo continuare ad esplorare una possibile relazione, io vorrei che tu mi amassi davvero." Il cuore gli si frantumò in pezzetti minuscoli, perché nel momento in cui le sentì dire quelle parole si rese conto che Katami aveva ragione. Si sentì sprofondare mentre lei continuava, “E so che non puoi farlo Adrien, perché io per te sono solo un’amica. Non sarò mai più di un’amica e questa conversazione me l'ha evidenziato ancora più chiaramente."

"Mi stai mollando." Era un dato di fatto, non una domanda. 

“Ah, ah... Non posso mollare qualcuno che non è mai stato mio. E non guardarmi in quel modo”, disse Katami quando lui si accigliò e si voltò a guardarla. "Pensi che non abbia notato quanto fossi geloso di Luka quella volta, alla pista di pattinaggio?"

"Non ero..." iniziò a dire lui, ma lei gli diede una botta sulla spalla e rise un po' più allegramente. 

"Bugiardo. Anche lì, l’unica ragazza per cui avevi occhi era Marinette. Neghi per caso di avermi lasciato in mezzo alla pista di pattinaggio come un idiota, solo per correre dietro a lei?"

"Volevo assicurarmi che stesse bene!" La voce di Adrien si incrinò e gli si strinse il cuore. No, non poteva essere vero! Cercò di non pensare al suo disagio quel giorno alla pista di pattinaggio. Alla fitta dolorosa che gli aveva tormentato il cuore quando aveva visto Marinette pattinare con Luka. All'epoca aveva cercato di sotterrare nel suo inconscio la sua confusione e si era convinto di temere che Luka non avrebbe trattato bene la sua amica e che Marinette sarebbe stata infelice. Ma ora Katami gliela stava rimettendo platealmente davanti al naso e... non poteva più negarlo.

“Aveva un ragazzo che avrebbe dovuto prendersi cura di lei — e lascia che te lo dica Adrien, Luka lo stava facendo. O per meglio dire, lo ha fatto finché non ha visto un altro ragazzo correrle dietro. Tu invece avevi un appuntamento con me. E mi hai lasciata nel mezzo della pista per correre dietro a un'altra." Adrien arrossì, perché non poteva negare che fosse vero. Katami aveva ragione, e lui se ne rendeva perfettamente conto.

"Mi dispiace", disse infine.

"No che non ti dispiace", ribatté lei. "Sei solo confuso perché, per qualche strano motivo che ancora mi sfugge, non accetti la verità."

"Non è..." iniziò lui, ma non riuscì a finire perché si sentì sprofondare nella consapevolezza che forse, solo forse... la ragazza avesse ragione. 

I suoi pensieri tornarono a Marinette, a quanto fosse dolce ogni volta che si intimidiva e gli balbettava davanti; a quanto fosse coraggiosa, meravigliosa e fantastica con tutti. Come lui ammirasse la sua disponibilità, il fatto che trovasse sempre il tempo per aiutare tutti, quanto fosse creativa, quanto fossero belle le sue creazioni, quanto si fosse sentito orgoglioso di lei quando aveva vinto il concorso indetto da suo padre. 

No, non può essere.

Quel giorno al parco l'aveva soprannominata la loro ‘Ladybug di tutti i giorni’, perché gli ricordava così tanto la sua Lady. La stretta che aveva sentito al cuore quando lei lo aveva baciato sulla guancia. La sensazione di calore che aveva provato quando aveva ballato con lui alla festa di Chloé e quanto gli aveva fatto piacere stringerla tra le sue braccia. Quanto aveva voluto guadagnare la sua ammirazione nei panni di Chat Noir contro Dessinateur. Quanto le era stato grato quando lei l’aveva ascoltato e confortato prima che lui e Ladybug combattessero Gelatone. 

No!

Come gli era venuto il batticuore, e il calore che aveva provato, quando Jagged Stone aveva mostrato tutte le foto che lo ritraevano nella stanza di Marinette e aveva presupposto che fosse il ragazzo che le piaceva. E quando era entrato poco dopo nella stanza di Marinette nei panni di Chat Noir, lui aveva dovuto controllare che quelle foto fossero davvero lì. Aveva passato un sacco di tempo quella sera a sospirare abbracciato al cuscino a chiedersi… se per caso Jagged avesse avuto ragione. Poi, quando ne aveva parlato con lei la mattina dopo... Marinette gli aveva dato a bere di avere le foto solo perché le piaceva la moda e ammirava il lavoro di suo padre. A lui era venuto il dubbio che Marinette mentisse, ma aveva accettato la sua scusa. Il dubbio che mentisse l’aveva sempre avuto, però… e l’aveva tormentato a lungo.

No no no no no no...

E quel giorno al museo? Di nuovo, quando lei aveva dichiarato il suo amore alla statua di Adrien, lui aveva pensato per un attimo che lei stesse dicendo la verità. Almeno… non sembrava stesse scherzando, ma poi lei lo aveva convinto del contrario. Ma lui non poteva dimenticare quel fremito che aveva sentito nello stomaco nel momento in cui le sue labbra stavano quasi incontrando le sue... era molto diverso da quello che aveva provato qualche giorno prima, quando Katami aveva cercato di baciarlo. Si era rifiutato in entrambe le occasioni. Ma qualche giorno prima, aveva sentito di non voler baciare Katami; non gli sembrava giusto, non era pronto. Invece quella volta con Marinette si era tirato indietro solo perché era stato preso dal panico; non voleva che lei lo baciasse pensando che fosse una statua. Non sarebbe stato giusto nei suoi confronti e sarebbe stato uno scherzo esagerato. Ma per un secondo, per una minuscola frazione di secondo che nella sua mente era durata all’infinito, aveva effettivamente considerato di non muoversi. Aveva voluto davvero baciarla. Come... quando stavano girando il film di Nino, e Chloé lo aveva interrotto mentre stava per baciare Marinette. Era furioso, incazzato nero. A quel tempo aveva pensato solo di essere stufo di tutte le interruzioni, ma... e se quell'irritazione fosse stata per motivi completamente diversi?

No… 

Ripensò a quanto gli si fosse stretto il cuore quando aveva visto la camera di Marinette distrutta il giorno in cui il signor Dupain era stato akumatizzato. Quanto fosse turbato dal fatto che suo padre volesse rinchiuderla in una gabbia dorata e tenerla al sicuro, ma in completa solitudine. Papà Mannaro lo aveva quasi ucciso, ma lui non si era arreso. Non si sarebbe mai arreso. Avrebbe fatto lo stesso per qualunque altro dei suoi amici... o era solo il pensiero che Marinette avrebbe sofferto a turbarlo così tanto? Pensò a quanto gli avesse fatto piacere quando lei gli aveva improvvisamente dichiarato il suo amore a Chat Noir, e quanto si fosse sentito un verme il giorno dopo, a doverle dire che non poteva ricambiare i suoi sentimenti...

Oh no... 

"Odio aver ragione", mormorò Katami in un tono di pura sconfitta. 

Lui le lanciò uno sguardo imbarazzato. "Ma lei non mi ama." 

Katami inarcò un sopracciglio. "E da quando?"

"Me l’ha detto lei!" gemette Adrien, alzando le mani in un gesto di totale esasperazione. "Le ho chiesto ben due volte cosa provi per me, e mi ha detto che mi ammira perché ama la moda e il lavoro di mio padre".

"Adrien, so per certo che è una bugia." Sentì Katami parlare, ma in quel momento si accorse di aver bisogno di una boccata d’aria. Vide che la macchina si stava dirigendo verso Pont d'Arcole e che si fermava a un semaforo rosso, quindi aprì la portiera e uscì all’improvviso. 

“Continuo a piedi. Grazie, Katami,” disse mentre la pioggia battente iniziava a bagnargli i vestiti e i capelli. Non si era nemmeno accorto che stesse piovendo, perso com'era nei suoi pensieri. Il sole doveva essere già tramontato dietro le pesanti nuvole grigie, perché il crepuscolo stava lentamente sfumando nell’oscurità e le luci della città si stavano lentamente accendendo. 

"Sei sicuro, Adrien?" chiese Katami e lui annuì. "Prendi un ombrello dal portabagagli!", disse lei, ma il semaforo tornò verde e Adrien chiuse la porta e si spostò sul marciapiede. Katami poté solo voltarsi e guardarlo mentre la sua macchina svoltava su Pont d'Arcole e scompariva nel traffico. 

Adrien sospirò e sollevò lo sguardo, lasciando che le gocce di pioggia gli bagnassero il viso. Mise le mani nelle tasche dei jeans e iniziò a camminare senza meta. Non aveva la più pallida idea di dove stesse andando, come se i suoi piedi si muovessero da soli. Attraversò la strada e iniziò a salire sul Pont d'Arcole, mentre le pesanti gocce di pioggia gli inzuppavano i capelli e la camicia. Ma non gli importava. Aveva bisogno di un po’ di tempo, per stare da solo e pensare. 

“Sei tutto bagnato. Nasconditi in un vicolo e trasformati”, disse Plagg nascosto da qualche parte dietro il suo collo. 

"Nah," rispose lui facendo spallucce. “Voglio restare Adrien. Non importa se mi bagno."

"Dove vai?" chiese il piccolo Dio della distruzione. Ormai Adrien era arrivato alla fine del Pont d'Arcole e prese il Quai aux Fleurs. 

"Non ne ho idea. Dove mi portano i piedi. " 

“Va bene... ma non mi convince molto. Rischi di farti akumatizzare." Plagg sospirò. "Odio bagnarmi, ma non posso farti colpire da una farfalla. Farò la guardia qui, tra i tuoi capelli; per favore ritorna in te, gattino." 

Adrien sorrise grato a Plagg e continuò la sua passeggiata. Quando raggiunse Pont de l'Archevêché, si guardò intorno come se si fosse svegliato da un sogno e vide in lontananza la panetteria di Marinette. Sbuffò. Non voleva passarci davanti e rischiare che lei lo vedesse. Non era nello stato d'animo giusto; voleva stare da solo, camminare e riflettere. Sospirò e si voltò di proposito nella direzione opposta rispetto al panificio, imboccando il Quai de la Tournelle. Incrociò le braccia dietro la schiena e continuò ad aggirarsi senza meta, osservando con interesse le numerose barche ormeggiate alla banchina, finché la sua attenzione fu catturata da una barca che conosceva molto bene. 

La Liberty era ormeggiata tra altre due barche, il suo scafo viola e blu illuminato dalla luce proveniente dagli oblò. Curioso, le passò davanti e diede un’occhiata: magari avrebbe potuto salutare Luka, o Juleka. Probabilmente non lo avrebbero nemmeno riconosciuto bagnato com'era, ma valeva la pena di provarci. 

E invece no, non ne valeva la pena, perché all’improvviso, all’interno di una delle camere (che lui sapeva essere quella di Luka), vide Marinette. Il cuore di Adrien iniziò a battere all’impazzata. Non era pronto per affrontare Marinette, non dopo quello che aveva detto Katami. Aveva ancora bisogno di tempo, tempo per pensare e digerire il sovraccarico di informazioni che gli erano state fornite. Fece per allontanarsi, ma per qualche strana ragione i suoi piedi non sembravano ascoltare il suo cervello, e restò lì impalato, mentre suo malgrado continuava a sbirciare all’interno dell’imbarcazione. 

Si spostò leggermente a destra e vide il letto di Luka, con lui seduto a gambe incrociate e la chitarra in mano. Marinette sembrava piuttosto agitata. Stava dicendo qualcosa che lui non poteva sentire, poi sorrise a Luka, ma era un sorriso finto, un sorriso senza gioia. Uno di quei sorrisi di cui Adrien aveva perfezionato l'esecuzione negli anni che aveva passato a vivere in quella  gabbia dorata che chiamava casa. Si chiese perché una persona solare come Marinette stesse sorridendo in una maniera così falsa, ma poi vide le lacrime che le scorrevano sulle guance e vide Luka alzarsi dal letto, facendo cadere la chitarra, e correre ad abbracciarla. 

La fitta che sentì allo stomaco e il sapore della bile che gli riempì la bocca lo colsero di sorpresa. E così anche il fortissimo dolore che lo aveva sopraffatto mentre osservava la scena, le mani serrate in pugni che tremavano per la rabbia. Luka inclinò la testa e si avvicinò al viso di Marinette, in quello che senza dubbio sembrava essere un bacio. Non poteva esserne sicuro ovviamente, poiché poteva solo vedere la nuca di Marinette da dove si trovava, ma ne aveva quasi la certezza. Gli occhi iniziarono a bruciargli e la sua gola si serrò come se qualcuno stesse cercando di soffocarlo. Non riusciva a respirare e il battito serrato del suo cuore di certo non lo aiutava. 

"Cataclisma!" sentì Plagg mormorare da dietro la schiena. Si voltò in tempo per vedere che qualcosa spariva in una nuvola di cenere nera.

"Una ... akuma?" chiese a Plagg. Il mesto "aha" di Plagg gli mandò il cuore in gola. "Grazie, amico." 

Mosse la mano dove sentiva la presenza Plagg e gli diede un rapido grattino sul mento, a cui il suo piccolo amico peloso reagì con un sonoro ron-ron. Le fusa di Plagg erano quasi catartiche, e lo aiutarono a calmare il tumulto del suo cuore ferito. Fece attenzione a non guardare più verso l’oblò; non voleva vedere niente di più compromettente e sentirsi ancora peggio, magari attirando un'altra farfalla. Anzi, a pensarci bene... mise la mano nella tasca interna della camicia e prese una fetta di Camembert, purtroppo fradicia, che passò a Plagg per aiutarlo a ricaricarsi.

"Blergh ... che schifo ..." gemette Plagg. “Cerca di tirarti su, gattino. Oppure vammi a prendere una fetta asciutta. Il formaggio bagnato è molliccio e disgustoso."

Adrien fece spallucce. “Scusa, Plagg. Non so cosa mi sia preso."

“Non lo sai eh? Invece penso che tu lo sappia benissimo...” lo prese in giro Plagg.

Il suo sarcasmo non aiutava, davvero. Adrien fece il broncio e si trascinò un po' più lontano dalla Liberty, cercando di mettersi in una posizione dove nessuno potesse vederlo. L'ultima cosa che voleva era che Marinette lo trovasse e lo vedesse in quello stato. No. Si accasciò a terra, sedendosi sul bordo della banchina come aveva fatto quel pomeriggio quando aveva mangiato il gelato con Katami. Oddio, era stato solo quel pomeriggio? Sembrava essere già passato un secolo. Il marciapiede era bagnato fradicio, così come i suoi jeans, e a questo punto era sicuro che anche i suoi boxer stessero condividendo la stessa sorte. Il suo sedere era bagnato e freddo... ma poco gli importava. 

Fissò a lungo l'aria davanti a sé, senza davvero guardare nulla. Sapeva che Marinette si era messa con Luka, e l'aveva già vista piangere quel pomeriggio. Ma allora perché questa sensazione? Perché quella la rabbia ardente, perché l'odio profondo verso uno dei suoi migliori amici? Si rese improvvisamente conto che se Luka gli si fosse presentato davanti in quel momento, non sarebbe stato responsabile delle proprie azioni. La rabbia che gli bolliva nelle viscere era quasi ferale, e lo bruciava nel profondo. Sentì i suoi occhi riempirsi di lacrime e non fece nulla per fermarle, lasciando che gli scorressero liberamente sulle guance. 

"Ah... gelosia umana", mormorò Plagg sornione. “Non la capirò mai. Se vuoi seguire il mio consiglio, gattino, lascia perdere le donne e pensa al formaggio. Più stagionato è, meglio è."

"Non sono geloso!" gridò Adrien, e sussultò al suono della propria voce. Non intendeva fare tanto rumore. Lanciò un'occhiata nervosa alla Liberty, ma non ne uscì nessuno, e lentamente la sua scarica d’adrenalina si dissipò, consentendogli di respirare meglio. "Non sono geloso" ripeté, con un sibilo sommesso. 

"Ma fammi il piacere..." fu la risposta sarcastica di Plagg. “Smettila di mentire a te stesso! Stai diventando ridicolo. Vuoi diventare una calamita per le Akuma?"

Adrien si asciugò gli occhi con il dorso delle mani e tirò su col naso. "Perché fa così male, Plagg?" 

Con cautela, Plagg si guardò intorno e uscì dal suo nascondiglio, osando volare velocemente davanti al viso di Adrien e dare una bella occhiata al suo prescelto. "Wow, sei un disastro."

Adrien sbuffò. "Grazie tante, lo so. Non ho bisogno che tu me lo faccia notare."

“Per rispondere alla tua domanda", continuò il piccolo Dio della Distruzione, mentre i suoi occhi verde magnetico sembravano scrutare i più profondi recessi della sua anima, "fa male perché continui a mentire a te stesso."

Adrien interruppe il contatto visivo con il suo amico peloso e abbassò lo sguardo sulle sue mani. Gocce fredde di pioggia dai suoi capelli fradici gli caddero lungo le tempie e sulle guance, fino al collo, facendolo rabbrividire. Stava per replicare qualcosa, ma Plagg si infilò di nuovo nella sua camicia con una velocità tale da dare ad Adrien un senso d’ansia. Il ragazzo si voltò e vide qualcuno che non si sarebbe mai aspettato di vedere, specialmente mentre si trovava in uno stato simile. 

"Ciao, Adrien, stai bene?" Wayhem si mise in ginocchio e lo guardò accigliato; anche lui sembrava fradicio quanto Adrien. "Sei l'ultima persona che mi aspettavo di vedere seduta sotto la pioggia con l’aria di un cane bastonato."

"Uh ..." iniziò a dire Adrien, imprecando con se stesso e cercando di mantenere un tono di voce dignitoso, "No, niente di che… stavo facendo una passeggiata e non avevo l’ombrello, ecco tutto." Si portò la mano destra all’altezza della nuca e sorrise nervosamente. 

Wayhem ricambiò il sorriso, tristemente. Si sedette accanto ad Adrien e gli mise una mano sulla spalla. “Anch'io sono inzuppato fino alle mutande, come puoi vedere. E non per caso." Sospirò. "Magari penserai che sia sciocco ridursi così per una ragazza, ma non sono un modello famoso come te."

Adrien si asciugò il naso con il dorso della mano e si voltò verso Wayhem. Gli lanciò uno sguardo curioso e gli fece un sorriso un po’ più luminoso. "Se hai bisogno di un paio d’orecchie, sono bravo ad ascoltare."

"Ah no!" Wayhem alzò le mani. "Non preoccuparti, non vorrei annoiarti con i miei problemi! Non è così importante!" Poi dovette averlo visto bene in faccia, perché aggrottò le sopracciglia e lo guardò in maniera curiosa, aggiungendo: “Ad essere completamente sincero, e mi dispiace se ti offendo, non sembri neanche tu al 100%. E non solo per i vestiti bagnati."

Adrien trasalì. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era che i suoi fan su internet venissero informati della sua disastrosa situazione sentimentale. Sarebbe stato terribile per la sua immagine. "Se ti dicessi che ho solo un po’ di pioggia in faccia, ci crederesti?" Adrien rise tristemente quando Wayhem scosse la testa. "Bene... allora suppongo che la mia reputazione verrà distrutta, perché non riesco a trovare una scusa migliore."

Wayhem rise di tutto cuore. "Ma per chi m'hai preso? Sì, è vero, quel giorno postai una tua foto online e ti misi nei guai, hai ragione. Ma davvero, ora come ora non tradirei mai la tua fiducia. Il tuo segreto è al sicuro, non lo dirò a nessuno." Fece il segno di chiudere una cerniera invisibile sulla bocca. 

“Sai che ti dico,” disse Adrien mentre si alzava da terra, aiutando Wayhem a fare lo stesso. "Dimmi che è successo a te e io ti dico che è successo a me." Gli mostrò la mano da stringere. “Affare fatto?"

"Okay!" Wayhem gli fece un gran sorriso. 

Cominciarono a camminare sul molo, allontanandosi dalla Liberty in direzione di Notre Dame. Stavano camminando già da un po' quando Wayhem finalmente iniziò a parlare. "Si tratta di una ragazza," disse con un sospiro. “È nuova nel tuo fan-club e mi considera quasi come una specie di celebrità, solo perché ho il tuo indirizzo email e ti ho parlato un paio di volte. Lei... pensavo davvero di non piacerle."

"In che senso?" Adrien sentì Plagg muoversi dietro il suo collo e un paio di gocce di pioggia gelata gli caddero dai capelli sulle spalle. Rabbrividì.

“Be', vedi... è molto timida con me, si agita sempre e balbetta cose senza senso". Adrien annuì alla descrizione. “Quindi pensavo di metterla in soggezione, dato che sono uno dei membri più in vista del fan-club, e ho fatto del mio meglio per metterla a suo agio. Ma più ci provavo, più lei si agitava."

“Conosco il tipo. Una mia compagna di classe è esattamente come lei. Anch'io pensavo che mi odiasse. Siamo partiti con il piede sbagliato." Adrien sospirò pensando al suo primo giorno di scuola, quando Marinette lo aveva beccato a cercare di togliere il chewing-gum dalla sua sedia. "Allora... perché sei rimasto sotto la pioggia battente e non per caso, come dicevi? Colpa sua?"

"Oh no... vedi, pensavo che mi odiasse, invece oggi ho scoperto che le piaccio e anche tanto. Ecco la ragione della sua timidezza e del suo balbettare. Pare che le ragazze timide a volte reagiscano in questo modo con il ragazzo che gli piace." 

Adrien afferrò il braccio di Wayhem con il cuore in gola."Puoi ripetere per favore?"

"Quale parte?" domandò Wayhem. "Se... una ragazza è timida... può agitarsi e balbettare col ragazzo che le piace?" 

"Questa ragazza… è timida con tutti?" Il cuore di Adrien stava andando a mille. Se quello che diceva Wayhem fosse stato vero... 

"No, ovviamente. Questo avrebbe dovuto essere il mio indizio principale. Era timida solo con me." Il ragazzo rise nervosamente, poi guardò Adrien e gli mise una mano sulla spalla. "Tutto bene? Sembri pallido."

Adrien respirò profondamente e fece un sorriso da modello."Sì. Continua."

"Be'... oggi è riuscita a prendere coraggio e mi ha detto che le piacevo, che le piacevo da molto tempo. Sono rimasto scioccato", disse Wayhem e diede un’occhiata nervosa ad Adrien. "Non ero preparato a una notizia del genere. Le ho detto che dovevo pensarci e la sua delusione mi ha spezzato il cuore. Non volevo farle male." Sospirò mentre continuava: "Così ho deciso di fare una passeggiata sotto la pioggia per decidere cosa fare."

"Buffo..." mormorò Adrien. "È la stessa cosa che ho fatto io. Ma la mia storia è un po’ più... imbarazzante.” Si passò la mano destra sulla nuca. "Te lo racconto. Ma davvero, se viene fuori sono un uomo morto, quindi apprezzerei davvero il tuo silenzio."

"Come ho già detto, mi porterò il ricordo di questa conversazione nella tomba. Mano sul cuore." Si portò una mano al petto e arrossì leggermente. "Sono davvero onorato che tu voglia raccontarmi qualcosa di imbarazzante che ti riguarda. Non mi sognerei mai di tradire la tua fiducia."

Adrien fece di nuovo il suo sorriso da modello. "Okay... vedi, il fatto è che sono un idiota." Arrossì profusamente. "Ricordi la ragazza che ti dicevo essere timida, quella che balbettava di fronte a me?" Wayhem annuì. "Beh... è la prima vera amica che abbia mai avuto, e ho cercando così tanto di salvaguardare e proteggere la nostra amicizia che ho finito per rovinare tutto."

"Non vuole più essere tua amica?" Wayhem aggrottò le sopracciglia, confuso.  

"No, no, non è quello... è che l'ho tenuta a freno per così tanto tempo e l'ho relegata così a lungo nella friendzone che deve essersi stancata di me e si è messa con un altro." Ammettere tutto ciò costò molto ad Adrien. Sentì di nuovo il sapore della bile in bocca e deglutì a vuoto.  

"Ah, allora cosa c’è che non va? Lei è contenta e tu hai un problema in meno." Wayhem fece spallucce, come se non capisse che ci fosse di male. 

Adrien sospirò di nuovo. "Ma io non ne sono felice, e nemmeno lei sembra esserlo. Io... non so cosa fare."

"Ma dai, mica è imbarazzante; sei solo confuso." Erano quasi arrivati ​​al Trocadero. Adrien vide Wayhem voltarsi e tornare indietro e lo ringraziò mentalmente, perché se non fossero tornati indietro ora si sarebbero allontanati troppo, e lui non si era nemmeno accorto di essere arrivato così lontano. 

"È che… credo di essere geloso", ammise abbassando lo sguardo.

“Ma quindi… tu l’ami?" 

Hai fatto bingo, Wayhem. Domanda da un milione di Euro.

"Credo di sì. L'ho vista baciare quello che penso sia il suo ragazzo un attimo fa." Guardò il marciapiede arrossendo profusamente per la vergogna. "Sto ancora cercando di riprendermi da quello che ho visto."

Wayhem si fermò e iniziò a muovere lo sguardo un po' dubbiosamente tra Adrien e la strada che avevano appena attraversato. Poi strinse i pugni e gli lanciò uno sguardo deciso. "Se ti piace, combatti per lei!" Alzò un pugno al cielo. “Parlale, spiegale quello che senti. La tipa di cui ti parlavo aveva paura di parlarmi perché temeva che le dicessi di no. Tu sei un modello famoso e hai migliaia di fan… magari pure questa ragazza ha paure simili. Non vuole rovinare la vostra amicizia e preferisce rinunciare a te che perderti come amico. Pensa che quella tipa mi ha detto che ha quasi fatto la stessa cosa per una persona insignificante come me…”

“Non sei insignificante, Wayhem”, disse Adrien con decisione. "Sei un amico."

Wayhem sorrise. "Grazie. Non sai quanto io tenga alla tua amicizia." Detto questo, lo salutò con la mano. “Comunque ora devo girare, casa mia è per di qua. In bocca al lupo con quella ragazza e se hai bisogno di qualcuno con cui parlare, sai dove trovarmi!"

Adrien lo salutò a sua volta e riprese a camminare sotto la pioggia. Camminò ancora un po' e poi si accasciò di nuovo sul bordo della banchina. Dopo aver parlato con Wayhem, aveva ancora più cose a cui pensare prima di tornare a casa. Purtroppo l’oscurità del cielo parigino e il contrasto con le luci della città gli fecero capire che se non fosse tornato presto a casa suo padre avrebbe sguinzagliato un'intera centrale di polizia per trovarlo. Ma non poteva farci niente, erano successe troppe cose di recente, a partire da una delle akuma più forti che avessero mai dovuto affrontare, la rinuncia di Master Fu alla sua posizione di Guardiano in favore di Ladybug, le lacrime di Marinette che aveva visto poco prima, la conversazione avuta in macchina con Katami... 

Aspetta un attimo. Trattenne il respiro e si portò una mano alla bocca. Se Wayhem e Katami avessero avuto ragione... Le lacrime di Marinette oggi sarebbero state... proprio colpa sua, di Adrien. Non c’era un altro ragazzo che stesse facendo soffrire la sua migliore amica. Aveva fatto tutto lui... Diede un’occhiata accigliata alla propria mano destra e, con un gesto deciso, si diede uno schiaffo sulla guancia. 

"AHIO," mormorò tra sé e sé, e mentre sentiva il pizzicore delle lacrime che gli stavano iniziando a uscire dagli occhi, qualcuno fece una risatina soffocata dietro la sua schiena. Stranamente la pioggia aveva smesso di battere sul suo viso e sui suoi capelli. Si voltò per vedere che stesse succedendo e il suo cuore si fermò.

Marinette era in piedi dietro di lui, con un ombrello nero in mano e il braccio teso per coprirgli la testa. "Perché ti dai gli schiaffi da solo, scusa?" chiese lei. Non balbettava più. Il cuore di Adrien sprofondò nella Senna. Era arrivato tardi per caso? Dopo tutto, prima lei aveva baciato Luka. Stava piangendo a causa sua? Perché lui aveva mangiato il gelato con Katami? Perché ... Oh cavolo. Un paio di mesi prima aveva chiesto a Marinette di aiutarlo a conquistare Katami. E lei era stata così gentile da aiutarlo... si voltò a guardarla e gli occhi di lei si spalancarono.

“Adrien, che ti è successo? Sei bagnato fradicio.” Gli offrì una mano per aiutarlo ad alzarsi e lo guardò preoccupata. “Vieni con me, dovrei avere qualche prototipo delle mie creazioni da prestarti. Magari non sono esattamente della tua taglia, ma almeno sono asciutti.” 

Adrien vide la preoccupazione negli occhi di lei, e gli venne un groppo alla gola nel notare che finalmente la ragazza riusciva a parlargli senza balbettare. Avrebbe voluto che qualcuno lo prendesse a pugni. 

"Mi dispiace," mormorò, e abbassò lo sguardo.

"In che senso? Dai, non stare lì a bagnarti. La panetteria dei miei è proprio lì." La ragazza indicò poco più avanti, e Adrien si diede una botta virtuale in testa. Che scemo… ovvio che l’avesse beccato e si fosse offerta di aiutarlo. Aveva avuto la grandiosa idea di mettersi seduto a pensare proprio davanti alla panetteria. E ora non avrebbe potuto nasconderle lo stato in cui si trovava. 

Che scemo, davvero.

Aveva di nuovo il cuore in gola e tremava dalla testa ai piedi, chissà se per l’ansia o solo perché stava gelando per quanto si era inzuppato sotto la pioggia? 

“Sicuro di stare bene, Adrien? Hai gli occhi rossi…” Marinette rimase a bocca aperta per lo shock nel vederlo in quello stato; probabilmente non si rendeva conto che anche i suoi occhi erano rossi. Adrien sapeva perché erano così rossi: era per colpa delle lacrime che lei aveva versato per lui. Ma non era il momento di autocommiserarsi. Le diede un’occhiata furtiva e si sentì ancora peggio. Marinette era davvero bellissima quella sera. Per una volta, aveva sciolto i codini, e i suoi capelli scuri incorniciavano la pelle di porcellana del suo viso creando un bellissimo contrasto di colori. I suoi meravigliosi occhi azzurri sembravano brillare più luminosi del solito sotto l'ombrello nero. 

A pensarci bene, quell’ombrello gli sembrava familiare. 

“No, mi dispiace davvero, Marinette. Non volevo farti piangere,” riuscì a dire, ma dovette abbassare lo sguardo. Non poteva guardarla negli occhi. 

"Uh," ansimò lei. "Non mi hai fatto piangere, che dici?" Rise nervosamente e arrossì. “Cosa ti ha dato quest’impressione? Ma no, che stupidaggine!" Si irrigidì mentre parlava. 

“Ti ho vista oggi pomeriggio, mentre mangiavamo il gelato. Sei andata a sederti vicino a Luka, ma stavi piangendo. E poco fa... stavo passando davanti alla Liberty e ti ho visto per caso nella stanza di Luka. Piangevi di nuovo. Scusa."

“Ma non è colpa tua!" 

Adrien prese il coraggio a due mani e la guardò dritta negli occhi. "Sì invece", disse, afferrando saldamente la mano con cui la ragazza non reggeva l'ombrello. "Mi ci è voluto troppo tempo per capirlo, Marinette, ed è per questo che ti chiedo scusa."

Gli occhi di Marinette si spalancarono. "Capire... che cosa?" mormorò. 

Il ragazzo deglutì a vuoto e le lanciò uno sguardo imbarazzato, ma il suo sguardo si addolcì quando i loro occhi si incontrarono. Sentì il viso andargli in fiamme mentre le diceva tutto d’un fiato, "Mi piaci". 

Lo disse a voce così bassa che per un attimo temette lei non l’avesse sentito, ma gli occhi di Marinette si spalancarono e la ragazza impallidì. Poi i suoi bellissimi occhi blu si riempirono di lacrime e l’ombrello le cadde di mano, ma lui riuscì ad afferrarlo immediatamente e lo resse tra di loro, assicurandosi di coprire bene Marinette, perché era inutile coprire lui: era già bagnato fradicio. 

"Che cosa? P-puoi ripetere per piacere?" sussurrò lei con voce tremolante, mentre le si imporporavano le guance, rendendo ancora più evidenti le piccole lentiggini che aveva sul naso.  

Lui le si avvicinò, ma cercò di mantenere un po’ di distanza tra di loro, per non bagnarla; lei però si avvicinò ancora di più e gli sorrise timidamente. Il cuore di Adrien batteva all’impazzata; si sentiva quasi stordito. Il suo sguardo incontrò quello di lei per un lunghissimo istante.

“Mi piaci tantissimo, Marinette Dupain-Cheng. Scusa se ci ho messo troppo a capirlo." Abbassò lo sguardo. "Scusa se sono arrivato tardi."

Gli prese entrambe le mani e le tenne nelle sue, in modo che entrambi tenessero saldamente l'ombrello tra di loro, mentre il vento incalzante gli dava i brividi. "I-in che senso, s-sei arrivato t-tardi?" I loro sguardi si incontrarono e Marinette divenne rossa come un peperone. "Io ... anche io… ti.. anche tu mi p-piaci ..." Ora era il suo turno di spalancare gli occhi. Wayhem e Katami avevano ragione! "M-mi p-piaci da t-tanto tempo."

Non riuscì a resistere e la abbracciò con tutte le sue forze, ma così facendo gli sfuggì di mano l'ombrello, che spinto dal vento, si innalzò nel cielo e volò lontano. Con la coda dell’occhio, Adrien vide la sagoma nera dell’ombrello diventare sempre più minuscola e svanire in lontananza, e si fece prendere dal panico. "Uh... scusa, non volevo perdere il tuo ombrello." Poi la sentì rabbrividire nella sua presa e si rese conto che la stava infradiciando. Cercò di allontanarsi, ma lei lo abbracciò ancora più forte. 

"No, non muoverti ti prego", sussurrò. "Ho aspettato tanto questo momento." 

Lui sorrise e l’abbracciò più forte, inclinando la testa per guardarla negli occhi. Poi, distolse lo sguardo mentre sussurrava: “Pensavo di averti perso. Pensavo tu avessi scelto Luka."

Lei sospirò tra le sue braccia. “Ci sono andata vicina.” Si mosse quanto bastava per alzare la testa e guardarlo. “Luka mi è stato accanto e mi ha sostenuta quando ho avuto bisogno di supporto. Lui…” Marinette distolse lo sguardo per un attimo, ma tornò a fissarlo mentre continuava, “...anche lui è innamorato di me, me l’ha detto. Ma sa anche che a me piaci tu. Io… di recente ho cercato di dimenticarti, perché pensavo fossi felice con Katami, e mi sono avvicinata a lui. Ma Luka e io abbiamo appena fatto una bella chiacchierata e… mi ha detto di non poter continuare così. Io ho cercato di non darlo a notare, ma lui sapeva che io stavo ancora pensando a te. E… mi ha detto che può aspettare, ma che se io decidessi di stare con lui, lui vorrebbe che io pensassi solo a lui. E io... non ero ancora pronta per farlo. Non credo che lo sarò mai, dopo quello che mi hai detto.”

Adrien si chinò leggermente per bisbigliarle nell’orecchio: "Ti ho visto baciare Luka e mi ha fatto molto male."  

Lei sussultò e aggrottò le sopracciglia nel guardarlo: "Non lo stavo baciando. Se parli del momento in cui piangevo nella sua stanza, Luka mi ha abbracciata, si è avvicinato a me per parlarmi e rassicurarmi. Non mi ha mai baciata." 

Adrien arrossì. "Scusa..." mormorò, ma lei gli sorrise dolcemente e gli toccò il mento, costringendolo a guardarla. 

"Oh mio Dio," disse poi, quasi con fare divertito. "Eri geloso?" Marinette ridacchiò quando lo vide annuire lentamente. "Non posso credere che Adrien Agreste sia geloso di una come me." Ridacchiò di nuovo. 

“Ma che dici, Marinette? Perché non dovrei essere geloso? Tu sei incredibile!" Vide il suo sorriso allargarsi e sorrise di rimando mentre continuava: “Se hai bisogno che lo ripeta all'infinito, lo farò. Sei incredibile, bellissima, creativa, piena di passione e di talento, e sempre pronta ad aiutare tutti. Sarei uno sciocco se non mi fossi innamorato di te, Marinette.”

Gli occhi di Marinette si riempirono di lacrime e il suo labbro inferiore iniziò a tremare; Adrien non poté resistere. Abbassò la testa e con decisione, posò le labbra sulle sue. La sentì sussultare, ma non cercò di divincolarsi o di interrompere il bacio. Anzi, iniziò a baciarlo a sua volta. 

“Mi dispiace per il tuo ombrello,” sussurrò lui senza fiato, quando finalmente si separarono per respirare. Appoggiò la fronte sulla sua e le mise le mani sulle guance, guardandola dolcemente.

Lei gli fece un sorrisetto furbo che lo lasciò basito. “In realtà… quello era il tuo ombrello. Me l'avevi dato il giorno in cui mi sono innamorata di te. Non mi serve più ormai; ho te.” Detto questo, lo baciò di nuovo. E nulla ebbe più importanza al mondo. Nulla, davvero. 



Nota d’Autore:

Ciao! *saluta nervosamente* Chi non muore si rivede! Haha… lo so, sono scomparsa dalla faccia della Terra per quasi 20 anni… mi dispiace ragazzi. Purtroppo sono partita per il Regno Unito, ho perso le mie storie… è successo un casino. Poi mi sono sposata, ho avuto figli… non ho più avuto tempo per me. Che ve lo dico a fare? 

Di recente il mio bimbo si è appassionato a guardare Miraculous, e ovviamente questa storia mi ha appassionata e mi ha fatto rivenire voglia di scrivere, ed eccomi di nuovo quì (per vostra sfortuna, haha). Ho scritto diverse altre storie in Inglese, che magari piano piano tradurrò. Per il momento beccatevi questa oneshot. L’ho scritta per una fanzine Adrinette, “In the Rain”, che uscirà il 30 Settembre in Inglese. Ma visto che c’ero, ho deciso di tradurvela perché… così posso iniziare a rompere le ba**e anche a voi. E che pensavate di cavarvela? No! 

Cmq spero che la storia vi piaccia e che decidiate di scrivermi un commentuzzo. Commentuzzi sono il mio pane e burro, come dicono quì in Irlanda (ebbene sì, mi sono trasferita di nuovo!), quindi se arrivano i commentuzzi, io sono felice e contenta e magari m’ispiro pure. Niente commenti e povera me sta a piangere in un cantuccio e perde l’ispirazione. Bah, la scelta a voi!

Nel frattempo, non vedo l’ora di poter vedere lo speciale… meno di 24 ore ormai! E ho messo questa storia come ‘what if’ proprio per questo. In teoria sarebbe stato un continuo di Miracle Queen ma… con il nuovo speciale in uscita ora, ecco che diventa what if. *fa spallucce*

Insomma, commentate, che così mi stimolate a tradurre le mie altre storie. Che perdo tempo a fare a tradurre se non le legge nessuno? 

Un bacio e (spero) alla prossima!

   
 
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